Passione Gourmet La scommessa del 2024 - Passione Gourmet

La scommessa del 2024

di Passione Gourmet

Ecco alcune delle nostre promesse per il 2024: ci impegniamo in questa scommessa, mantenendo sempre lo spirito critico e l’attitudine al lungo termine che ci guidano da oltre dieci anni, spingendoci avanti nel complesso scenario della ristorazione contemporanea con una passione mai doma.

Bianca Celano da Materia | Spazio Cucina

Il Bruno Verjus italiano esiste: ha l’accento catanese ed è donna. Seduti sul bancone all’interno della cucina di un elegante boutique hotel nel cuore di Catania, l’autodidatta Bianca Celano accompagna i propri ospiti in un piccolo viaggio di dieci assaggi di Sicilia tra sapori legati ai ricordi e una strepitosa materia prima. I piatti sono etici, fanno parlare i fornitori e offrono un’esperienza autentica e sincera che toccherà le corde emotive degli avventori appassionati. Un’esperienza da non farsi scappare. Leonardo Casaleno

Simone Perata di A Spurcacciun-a

A pochi minuti dal centro di Savona, sulla spiaggia, all’interno del Mare Hotel, A Spurcacciun-a, a dispetto del nome ingannevole, è uno dei pochi veri fine dining del Ponente Ligure. Il nuovo Chef, Simone Perata, propone una cucina innovativa caratterizzata da grande piacevolezza, equilibrio e rigore estetico, i cui protagonisti, senza tradire lo spirito di questa storica location, rimangono ingredienti locali, freschezza e stagionalità, da sempre al centro della proposta gastronomica di A Spurcacciun-a. Cordiale, competente e professionale il servizio. Estesa la carta dei vini e molto bella la cantina, senz’altro da visitare. Orazio Vagnozzi

Nikita Sergeev de L’Arcade

Benché sia tutto fuorché un nome nuovo nel firmamento enogastronomico contemporaneo, credo che Nikita Sergeev abbia la cultura, l’audacia e la prospettiva per scardinare dall’interno alcuni desueti canoni dell’alta cucina italiana, in particolare quelli che la ingessano laddove vorrebbe e potrebbe liberarsi. Cosa che già fa, del resto, dimostrandosi capace di accogliere il cambiamento, comunque esso si manifesti, pur restando e anzi insistendo sulla sua personalità fatta tanto di rigore quanto di libertà. Leila Salimbeni

Matthias Kirchler al Lunaris 1964

Tecnica, sensibilità e un amore infinito per il suo territorio e per la rete di piccolissimi produttori da cui si fornisce. Questo, in poche parole, Matthias Kirchler del Lunaris 1964. La sua Trota, yogurt, finocchio parla per lui, e di lui sentiremo parlare. Giovanni Gagliardi

Enrico Marmo ai Balzi Rossi

Uno Chef assai dotato torna a casa, nel bellissimo ristorante dove la sua abilità ha cominciato a forgiarsi, dando pienamente corpo e anima alle sue grandi potenzialità. Claudio Persichella

Lorenzo Lunghi da Torre – Fondazione Prada

Lorenzo Lunghi, Chef toscano che officia da Torre, ristorante della Fondazione Prada a Milano, classe ’86, è dotato di una tecnica eccelsa oltre che di una profonda conoscenza delle materie prime e capace di un Piccione (cotto sull’osso) tra i migliori del 2023. Se avrà completa libertà di esprimersi, magari allo chef’s table, sarà tra le sorprese del prossimo anno. Antonio Sgobba

Mauro Pantaleo Daddato da Altriménti

Un ristorante di quartiere, a Milano, in cui il talentuoso Chef Pantaleo Daddato propone piatti di cura e ricerca, pensati e realizzati con mano sicura e spiccato estro, vivendo la stagionalità e privilegiando gli ingredienti. Basso profilo che merita attenzione. Luca Turner

Luca Natalini di Autem

Perché propone una cucina che segue la stagionalità degli ingredienti e di fatti il menù cambia quotidianamente perché non è lo Chef che sceglie il menù ma gli ingredienti. Un piatto indimenticabile? La Capasanta con burro e parmigiano in omaggio al sommo Bernard Pacaud de L’Ambroisie, a Parigi. Davide Bertellini

Matteo Vergine da Grow

Punto su un ristorante dove non sono ancora andato, ma che ho segnato in agenda. Il Grow di Albiate in Brianza. Rapporto diretto con produttori, da frutta e verdura, fino ai cacciatori per la fornitura di selvaggina. Una cucina legata alle radici del territorio tra classico e contemporaneo. Ci scommetto e vi farò sapere. Alfonso Isinelli

Matteo Rossatto di Georges Blanc & Federico Rovacchi di Baita Piè Tofana

Non una ma ben due, promesse su cui puntare e scommettere. La prima transalpina, con Matteo Rossatto l’italiano oggi Chef de cuisine a Vonnas, a guidare la brigata del colosso tristellato di Georges Blanc. La svolta impressa da Rossato ad una delle insegne più blasonate di Francia, sta donando piacevole contemporaneità e ricerca ad un tempio internazionale del classicismo francese, grazie ad innesti gustativi dalla foggia tutta italiana. La seconda promessa arriva dalla conca ampezzana con Federico Rovacchi a Baita Piè Tofana, con una visione intraprendente di una cucina “doloMitica” materica e con divertenti derive territoriali, che donano a questa insegna, a nostro parere un nuovo punto di vista sulla meta (anche gourmet) cui Cortina negli ultimi anni è diventata. Giacomo Bullo

Mattia Pecis da Cracco Portofino

Al termine di un anno denso di tavole, il pranzo da Mattia Pecis resta nitido nella memoria, grazie alla capacità di incidere con personalità sullo stile di una grande casa ed al candore dell’approccio, cui si aggiunge una capacità non comune nel valorizzare ingredienti eccellenti. Il menù del prossimo anno sarà quello della consacrazione (scongiuri d’obbligo). Claudio Marin

Richard Abou Zakie e Pierpaolo Ferracuti di Retroscena

Una cucina temeraria, sperimentale, indomita, che gioca spesso su note acide all’apparenza stridenti ma utili a unire elementi di terra e mare in un connubio dalle lunghezze sbalorditive. Nuances sapide, amaricanti, salmastre, iodate, con elementi fermentativi da collante universale. In sintesi: cucina d’avanguardia con la A maiuscola. Gianpietro Miolato

Matteo Antoniello dell’Hotel Posta Marcucci

Fra le acque termali di Bagno Vignoni, all’interno dell’Hotel Posta Marcucci, Matteo Antoniello ordisce una cucina fine e sensata. I suoi piatti, calibrati sul gusto, declinano i prodotti-feticcio della Toscana con note mediterranee che ingentiliscono il rude vernacolo locale. Tecnicamente meditate, le pietanze sfuggono le astrusità, concentrandosi su cotture, accostamenti ed equilibrio. A contorno un ottimo servizio, una bella carta dei vini e una sala da pranzo con vista spettacolare sulla Val d’Orcia. Cosa chiedere di più per il 2024? Gianluca Montinaro

Luca Natalini di Autem

Ubicato in una quieta traversa di Porta Romana a Milano, sta trovando un’interessante collocazione attraverso una cucina aggraziata ma trasversale accompagnata da un servizio informale e giovane che è parte integrante del suo bel locale. Alessandra Vittoria Pegrassi

Federico Rovacchi di Baita Piè Tofana

Federico Rovacchi ha trovato in Baita Piè Tofana una vetrina sul mondo in cui sfoderare un mix tra la golosità emiliana che porta nel DNA e le doti tecniche ed esecutive affinate a fianco di Michele Lazzarini nelle stagioni migliori del St. Hubertus. Davide Scapin Giordani

Antonio Altamura di Marzapane

Le storie di Marzapane, il bistrot romano dalle mille vite, sono appuntamento periodico per coloro che seguono con interesse il mondo della gastronomia contemporanea. Ecco, oggi, con il solito Mario Sansone in regia e il nuovo Chef Antonio Altamura, ombra fedele prima di Inaki Aizpitarte e poi di Passerini, si ha l’impressione che il cambio di passo sia arrivato, e cuore, fegato e cervello che campeggiano sulle magliette brandizzate abbiano trovato compimento in una squadra giovane, internazionale e motivata. Una brace arrivata dalla Sicilia, con sgabelli e bancone dove varrà la pena vivere in prima fila questo nuovo corso del locale. Lo chef pugliese ha intenzioni chiare e propositi da rincorrere: menù corto e giornaliero, prodotti scelti tra le eccellenze più prossime, tante bottiglie a costi contenuti per accompagnare un menù che si pone nel mezzo tra trattoria e ristorante altezzoso, sicuramente la più difficile da conquistare. In foto, Pomodoro marinda in tempura, alloro, uova di trota e dragoncello, ma degna di nota anche la Tagliatella granciporro, tandoori e verbena. Due soli esempi perché il resto sarà fantasia del vostro giorno. Giampiero Prozzo

Michelangelo Mammoliti di La Rei Natura

Aperto da pochi mesi, l’oneroso progetto di ristrutturazione della famiglia Dogliani nel suo Boscareto Resort di Serralunga d’Alba convince tantissimo e soprattutto invoglia a tornare. Per l’ espressività e una maturità inedita con cui Michelangelo ci racconta le materie prime coltivate in una serra 3.0, costruita su quella che era terra da Nebbiolo da Barolo. L’investimento è pauroso così come la fiducia e la grande responsabilità data all’ostinato Chef e la sua brigata tutta che lo ha seguito in questa nuova avventura. È nella lavorazione dei vegetali, più arrotondata rispetto al passato, che troviamo una nuova voce e un respiro più ampio affatto trafelato. Erika Mantovan

Nicola Bonora da Motelombroso

Motelombroso argina la voglia esplosiva di fare ed esprimere il proprio estro creativo in un habitat, così Nicola Bonora partendo dal fungo si spinge in una sfida che mensilmente rinnova con grande tecnica e gusto. 12 menù da gustare e immaginare. Marco Bovio

Riccardo Scalvinoni a Il Colmetto

Al Colmetto di Rodengo Saiano, non distante da Brescia, Riccardo Scalvinoni propone una cucina concreta e diretta ma mai banale in cui emerge un sapiente uso della brace e delle acidità. Se l’ambiente e il servizio necessitano forse di qualche limatura l’interesse della proposta, che oscilla tra agriturismo e fine dining, così come il talento del cuoco sono fuori discussione. Gherardo Averoldi

Andrea Antonini dell’Imàgo 

In una capitale assai chiacchierata, gastronomicamente parlando, l’anno che verrà, potrebbe far parlare ancor più di Andrea Antonini dell’Imàgo. Maturo, continuo, completato da un servizio di sala impeccabile e circondato dall’eterno fascino della Dolce Vita. L’aspetto trino del Calamaro alla milanese, protagonista del trascorso “Imàgo 8”, esemplifica il pensiero alla base dei percorsi concepiti, piatti centrati nel gusto, che sembrano appartenere ad un veterano della cucina d’autore. La consacrazione di uno chef poco più che trentenne, con una espressività di livello alto, raffinata, dalla forte connotazione italiana che spazia disinvolta tra carni, pesci e vegetali e con una pasticceria di altrettanto ragguardevole spessore, non mi stupirebbe, anzi. Andrea Mucci      


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