Passione Gourmet Georges Blanc - Passione Gourmet

Georges Blanc

20-10-2023
di Giacomo Bullo

La liberté, le goût et la fidélité che parlano (anche) italiano

Le Coqs”, i galletti. Tra tanti soprannomi che contraddistinguono la nazionale di calcio francese troviamo quello che forse meglio incarna lo spirito di una Paese che da sempre, ha mostrato fierezza e orgoglio nelle sue molteplice espressioni artistiche e dei propri mestieri, tra cui la cucina. Scrupolosi e metodici codificatori di un modello gastronomico che da secoli rappresenta una tappa per chi intraprende questo mestiere o per chi ne gode i suoi frutti come cliente. Questo è il mondo dell’ospitalità francese. Siamo tornati tra uno dei più longevi dei tristellati della Rossa d’Oltralpe nel village gourmand di Vonnas alla corte di Georges Blanc.

Patron, chef, imprenditore ma anche divulgatore di quell’esprit che permea gli ambienti del suo regno dove onnicomprensivamente tutto porta il nome alternato a quello del gallo, suo emblema. Un sogno iniziato nel lontano 1868 da una fabbrica di limonata e oggi modello d’impresa (pochi giri di parole per definirla!) che sposta mezzo mondo in questo piccolo paese al nord di Lione, grande poco meno di 18km². Con 80 primavere compiute giusto quest’anno Georges Blanc, nella sua serafica e candida giacca bianca, saluta attento e sornione uno ad uno i clienti che vivono gli spazi del suo villaggio. Dalla pasticceria, alla cantina, dalla sala ricevimenti al garde manger. Difficile prevedere la prossima fermata nella routine quotidiana, ma facile rendersi conto che ogni giorno visiterà gli spazi dove incontrare clienti e i 300 collaboratori che animano queste enclave dell’ospitalità. Il cuore pulsante della macchina risiede nella parte gastronomica del villaggio. Con un sano pizzico di orgoglio patriottico ci si rende presto conto come a far funzionare gli ingranaggi della maison, vi sia anche una parte tutta italiana. Matteo Rossatto è oggi lo chef de cuisine che insieme a Florent Maréchau (l’executive) e al figlio di Blanc Fredéric tengono la barra a dritta.

Solo in cucina 25 preziosi artigiani del gusto, impegnati tra i meandri tecnici di fondi, salse e cotture millimetriche. 1,5 VS 15. Le stesse cifre ma separate da quella virgola a fare la differenza in questo equilibrismo gastronomico e gestionale. 15 sono gli anni che Florent Maréchau, ha trascorso nella cucina tristellata di Vonnas, un anno e mezzo invece è da quando Rossatto ha messo piede nella maison Blanc provenendo dalla cuisine méditerranéenne di Alain Ducasse del Louis XV a Montecarlo. Prima di Ducasse, Rossatto ha collezionato esperienze nella cucina di Carlo Cracco, poi da un altro milanese d’adozione con il vulcanico Diego Rossi, poi con Giancarlo Perbellini fino ad approdare in Costa Azzurra.

Cronaca golosa da Vonnas

Italia – Francia, dicotomico eterno match che in quel di Vonnas si unisce in un gioco di proficua sintesi mutuando ciascun paese dall’altro: la tecnica, il gusto e il savoir-faire. La cucina di Georges Blanc, nel servizio di pranzo e cena comunica sì in italiano, ma sul piatto racconta una solida storia francese enfatizzando il concetto de l’art saisonnier.  Il culto della stagionalità è celebrato nella sua massima espressione con ciò che può offrire, sublimato ogni giorno con perizia tecnica grazie al lavoro del cuoco. Rossato sembra aver interiorizzato tutto questo coniugandolo al metodo Blanc. L’esprit storico e tecnico della Maison si innesta sulla cultura del prodotto franco-italiana. Il risultato è una raffinata armonia che segue tutto il percorso in sontuosi contrappunti su salse classiche dove innestare nuovi coups de théâtre in cui è facile intuire riverberi italiani tra vegetali e intingoli. Mitologica ormai la Pollastra di Bresse in crosta di sale con il suo posto ritagliato nel sancta sanctorum di Blanc, tuttavia troviamo in questa mandata anche il Piccione e l’Agnello sintesi della nuova visione impressa da Rossatto. Il piccione, di Pierre Eudes Quintart storico allevatore della Bresse, è proposto in cottura rosa tipica francese, lontana così dall’ematico stile di cottura italiano. Il volatile è accompagnato dal sedano rapa in agro e da un’irreverente emulsione di tonno e coriandolo a donare freschezza al piatto, collegando in precisa verticalità la parte ferrosa del tonno a quella del piccione. Chiude la golosa Pastillac fatta con le cosce sfilacciate a mo’ di dipping con l’emulsione. L’agnello, bien sûr pré-salé viene presentato in triplice versione. La fondente sella arrostita e affumicata, l’animella dorata al burro con purea di ceci ed infine la costoletta nella sua diretta opulenza materica si abbina ad un pesto di olive e acciughe impreziosita dal jus dell’agnello stesso.

Tra i tavoli è il momento di un ultimo passage di chef Blanc, intorno a lui in scena un servizio di sala preciso elegante, giovane, giovanissimo guidati dai due maître storici. Leggerezza con il sorriso. Dal 1981 le tre stelle brillano fisse nel cielo gourmand di Vonnas e la loro luce si irradia forte come il sorriso dei tanti che hanno calcato questi luoghi. Il segreto? Forse come ce l’ha suggerito Blanc tra una mignardise ed un enciclopedico soufflè, fatto da un altro italiano Matteo Demeglio il sous chef patissier: “Rendere piacevole il proprio lavoro significa essere in grado di abbellire il proprio futuro”.

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