Ecco una nuova rubrica dedicata alle influenze, ovvero a quegli chef la cui ispirazione e identitĂ contemporanea è stata determinata da un singolo individuo il quale, con la forza e la sistematicitĂ del suo pensiero, ha fatto âscuolaâ, indicando a molti la traiettoria. Date queste premesse, non potevamo dunque esimerci dal dedicare il primo articolo di questo ciclo a Gualtiero Marchesi, ma con unâavvertenza: âMarchesiani si nasceâ, appunto, nel senso che non bastano un singolo piatto o un pugno di citazioni per esser considerati tali (per questo abbiamo creato unâapposita appendice, quella relativa agli âomaggiâ, in calce). Serve, piuttosto, un registro stilistico da lui forgiato e a lui ispirato; un impianto culinario che sia qualcosa di piĂš che un tributo, per quanto indefesso. Serve, insomma, aver assimilato cosĂŹ profondamente la sua lezione da rifrangerla fedelmente attraverso il prisma della propria identitĂ . E scusate se è poco.
Paolo Lopriore, il Canto, Siena
Forse piĂš di tutti Paolo Lopriore ha incarnato il mito del cuoco contemporaneo. Metamorfico, controverso, cerebrale, viscerale, nonchĂŠ marchesiano di primissima generazione, di cui era considerato lâallievo prediletto. Come tale, Lopriore ha iniziato presto a indagare la lezione del Maestro fino a metterla radicalmente in discussione pur mantenendone il profondo estetismo. Come faceva negli splendidi spazi della Certosa di Maggiano presso Il Canto di Siena dove, fino al 2013, andava in scena una cucina che, attraverso la lezione del Maestro, isolava, indagava, sviscerava e talvolta esasperava leitmotiv che erano solo suoi, come lâamaro, le consistenze – sempre di confine – e le violente aciditĂ . Una cucina che sopravvive nei ricordi di tutti coloro che lâhanno esperita, e che ha fatto di lui il cuoco piĂš intellettuale di sempre.

Giugno 2013
Le lasagne verdi al piatto, omaggio dichiarato a Marchesi nonchĂŠ congedo dal cuoco di Appiano Gentile dalla cucina fine dininig.

Carlo Cracco
Curriculum inappuntabile, da cui occhieggia tanta scuola classica francese (Alain Ducasse e Alain Senderens) e fino a Gualtiero Marchesi, con cui è stato sia da giovanissimo, a Milano, che successivamente allâAlbereta, in Franciacorta. E benchĂŠ la consacrazione arrivi con le tre stelle conquistate al timone dellâEnoteca Pinchiorri, a Firenze, in Carlo Cracco alberga tutta la milanesitĂ – quella fatta di internazionalismo, minimalismo e identificazione con lâarte contemporanea – che permea tutta la scuola marchesiana. Una cucina fatta di ingredienti feticcio, come lâuovo, di tecnica, la stessa che non di rado si presta a stravolgere i piatti della tradizione – sua la  pasta allâuovo senza farina – e, ultimo ma non ultimo, di una radicalitĂ nella definizione del gusto espressa attraverso ingredienti difficili quali le animelle, il caffè, i capperi e i ricci di mare, solo per citarne alcuni.

Andrea BertonÂ
Ha trovato la maturitĂ cercandola semplicemente in se stesso Andrea Berton che, oggi, appare quanto mai maturo e pacificato, anche nell’imprinting. Da lui, come da Cracco, è passata unâintera generazioni di cuochi che oggi sono considerati sĂŹ marchesiani, ma di seconda generazione. Suo, invece, uno stile fatto di padronanza tecnica, una ricerca espressiva completamente vocata alla pulizia nonchĂŠ una precisione millimetrica nellâassemblaggio degli ingredienti e conseguenti combinazioni di sapore. In  poche parole, nel perfezionismo innato dello chef sommato a qualche indovinata contaminazione. Suo il feticcio di un intero menĂš dedicato alle suggestioni del brodo, che sâè dimostrato fecondo sin dal 2017.

Silvio Salmoiraghi, febbraio 2020
Da Gualtiero Marchesi Silvio Salmoiraghi ha attinto lâarte, e la disciplina, della riattualizzazione, e conseguente valorizzazione dei grandi classici della cucina italiana. I primi vagiti di quel movimento, chiamato Nuova Cucina Italiana han preso forma proprio con lui. Uno stile che ha influenzato i canoni estetici molto piĂš di quanto si creda, e che si ritrova in tutte le evoluzioni dei suoi menu degustazione (in ordine cronologico nel 2013, nel 2015, nel 2016, nel 2018 e nel 2020) cadenzati secondo un ritmo affine a quello del kaiseki, ovvero secondo quellâorientalismo filo-nipponico che tanto fu caro al suo Maestro. Quel che ne sortisce, in anni di rifiniture e perfezionamenti, è lâespressione di un talento puro, autorevole e definito, nonchĂŠ il palato assoluto di un direttore dâorchestra, che non fa che perfezionare la stessa pièce: un compositore di spartiti con un pentagramma palatale che fa arrivare e percepire ogni singola nota in modo chiaro e distinto. Qui, oltre allâomaggio dello spaghetto freddo si ritrova anche il topos del carpione.


Riccardo Camanini
Ciò che non si dice mai abbastanza di questo grandissimo talento nostrano è quanta tecnica ci sia nella sua mano. Non una tecnica di laboratorio, ma una tecnica artigiana “fatta di pentole, forni e griglie e, soprattutto, di una conoscenza profondissima della materia in tutte le sue sfaccettature, coerentemente con la lezione marchesianaâ. Al bando sifoni o sottovuoto. La modernitĂ viene qui concepita in altre forme – simili a quelle di Lopriore – che non a caso si magnificano nella ricorrenza dellâamaro, come nella potente componente estetica di ciascun piatto. Unâestetica raffinata e mai sofisticata, figlia di una cultura vera e profonda, la stessa che è servita a Camanini ad affinarsi fino a lambire, con naturalezza e senza forzature, il confine stesso con lâarte. Di Marchesi ritroviamo poi anche i continui rimandi alla grande tradizione italiana, introiettati cosĂŹ profondamente da rifrangerli in chiave personalissima e sempre di grande attualitĂ . Infine, un dettaglio: che tutto abbia un senso nel suo impianto era un sospetto che avevamo giĂ da tempo: lo troviamo puntualmente confermato nelle porcellane – qui nella linea intitolata, non a caso, Oriente Italiano – di Richard Ginori, che giĂ fu cara e ricorrente anche nelle sale calcate da Marchesi.

Enrico Crippa
Il âmarchesismoâ – passateci il neologismo – di questo grandissimo chef consiste in una combinazione precisa: da un lato il fraseggio arioso degli elementi vegetali e floreali (questi ultimi reali o anche solo disegnati), dall’altra il rigore stilistico: una tensione verso l’essenzialitĂ che da un lato lo porta a giustapporre anche decine di ingredienti nello stesso piatto, dallâaltra si manifesta invece come un raffinatissimo lavoro di lima su una materia bruta: un approccio quasi scultoreo alla materia, di michelangiolesca memoria. Tra lâaltro questa posizione, che è estetica prima di tutto, parla del gusto marcatamente orientale che Crippa si porta dentro sin dalla sua fondamentale esperienza in Giappone e che, ancora una volta, giĂ fu di Gualtiero Marchesi.

Davide Oldani
Marchesiano di formazione e di indole, Davide Oldani del Maestro incarna la propensione a lasciare lindo l’ingrediente: a tenersi aperte tutte le strade di manipolazione della materia, memore del fatto che “l’esempio è la piĂš alta forma di insegnamentoâ diceva Marchesi, e “solo quando sai fare un esempio – sostiene Oldani – sei uno chefâ. E lui è uno chef contemporaneo ancora perfettamente sospeso tra il âclassiqueâ e il “pas classiqueâ: una tensione tra due poli tanto feconda da aver determinato, in lui, la capacitĂ di ordire una cucina nuova, pop nel vero senso del termine: e pertanto funzionale, come il design che, non a caso, si ritrova in ogni dettaglio del suo ristorante di Cornaredo.

Ilario Vinciguerra
Sua è la paternitĂ di quella che è stata unanimemente definita come una delle piĂš interessanti cucine del sud Italia, benchĂŠ oggi eserciti in quel di Gallarate, in provincia di Varese. Una cucina “col sole dentro“, per dirla con un eufemismo: leggera, fondata su alcuni prodotti simbolo della mediterraneitĂ , a cominciare dallâolio extravergine dâoliva, che lo chef utilizza sempre anche per mantecare i risotti, fino al pomodoro, passando per le grandi paste artigianali dello Stivale.  Non si tratta solo di un esercizio di stile, come pure potrebbe sembrare: perchĂŠ in Ilario Vinciguerra alberga pensiero, tecnica ed estetica: quella di soluzioni cromatiche mai scontate che gli permettono di ordire piatti che sono sĂŹ molto belli e, dunque, anche molto buoni, secondo la regola aurea di marchesiana memoria.

Pietro Leemann, coming soon
La sua cucina è fatta di scelte rigorose, quasi monastiche nellâapproccio alla materie prima, cui viene rivolta un’attenzione maniacale, imposta dall’etica. Recentemente riconosciuta, peraltro, perchĂŠ insignita della stella verde Michelin, e non poteva essere diversamente essendo lo chef da molti anni uno dei riferimenti, in Italia e non solo, dei valori di ecologia e di sostenibilitĂ in cucina. Oltre allâetica, tuttavia, câè lâestetica, perchĂŠÂ Pietro Leemann non smette di concepite piatti che sono pure architetture ludiche, caleidoscopi di cromie, consistenze e gusti perfettamente puliti e definiti ancorchĂŠ precisamente interrelati. Ebbene, ci piace pensare che larga parte di questa prolifica linfa green che sembra abitare senza cedimenti la creativitĂ dello chef di Locarno naturalizzato a Milano, gli provenga proprio dagli insegnamenti mutuati dal suo  Maestro.

Omaggi
Gli spaghetti freddi alle vongole e prezzemolo di Giancarlo Perbellini
Uno dei piatti piĂš riusciti dellâintero menu. Un colpo ben assestato, quello degli spaghetti freddi alle vongole e prezzemolo, in cui lâomaggio al maestro Marchesi diventa per il suo fautore il pretesto per esprimere personalitĂ e tecnica, nonchĂŠ, anche in questo caso, profonditĂ di gusto.

Leonardo Marongiu
Proviene dalla Scuola Superiore Alma di Colorno, dove ricopre ruoli importanti per quasi 6 anni. Decide quindi di abbandonare il ruolo accademico per riprendere quello fattivo della cucina, e lo fa ambientando la sua idea di cucina regionale italiana in terra sarda. Influenze fusion e riferimenti marchesiani si ritrovano soprattutto nella scelta di servire freddi gli spaghetti: uno dei temi ricorrenti di Gualtiero Marchesi.Â

Enrico Bartolini, settembre 2020
Con la sua fidata squadra lo chef piĂš stellato d’Italia ha ripreso da dove aveva lasciato. Tra estetica, gusto e una materia prima rigorosamente nazionale, con lâintento di valorizzare sempre di piĂš i meravigliosi prodotti italiani. Il tutto allâinsegna della perfezione. A cominciare dallâintroduzione al nuovo menu degustazione, che si tributa al âdioâ della cucina italiana: ancora una volta, Gualtiero Marchesi.

Enrico Bartolini, maggio 2016
Accadeva cinque anni orsono, e si trattava di sorta di sfida bonaria al sommo Marchesi secondo il quale, all’epoca, anche nelle grandi tavole d’Italia i risotti avrebbero avuto tutti solo sapore di formaggio e unâeccessiva aciditĂ . Ed è proprio partendo da questo concetto che Bartolini trova lâespediente: alla base del piatto câè un arcobaleno di sapori sul quale viene, solo in un secondo momento, adagiato un âsemplicissimoâ risotto alla parmigiana, perfettamente bilanciato nel trittico parmigiano-burro-limone. Lâesito, però, è sorprendente: un equilibrio di sapori e richiami allâIndia, allâAsia, alla Provenza e allâItalia, ça va sans dire.

Il casoncello crudo ma cotto di Alberto GipponiÂ
Rimanda nella forma alla pasta ripiena tipica del bresciano, per racchiudere un ripieno di molluschi, pesce e zenzero di raccordo allâiconico raviolo aperto. In un boccone tutta la grande cucina di Gualtiero Marchesi, pulita e lineare, in alternanza alla memoria gustativa infantile della pasta cruda, appena fatta e rubata dalla spianatoia. Il riferimento, stavolta, è rivolto a un altro grande della cucina contemporanea, Massimo Bottura.

Il risotto argento e gĂł di Luca Tartaglia
Nellâepoca bistronomica per eccellenza, Zanze XVI è unâinsegna dove la cucina della Serenissima ritorna a nuovo splendore con Luca Tartaglia. Sul desco dellâavventore si susseguono gli attori, tra cui questo Risotto foglia dâargento e gó che impreziosisce l’ostico pesce di laguna con la lunare foglia dâargento, dichiaratissimo omaggio allâaureo riso, oro e zafferano di marchesiana memoria.

2 Comments
”(Porcupine Tree- Gravity Eyelids)” l’Incanto non il Canto O_O restaurant ”( Paolo Lo Priore)” della cucina del maestro G M Gualtiero Marchesi un Immmortale della cucina non Italiana ma Mondiale .
[…] Salmoiraghi, trascorsi importanti con il maestro Gualtiero Marchesi, docente per lungo tempo alla scuola ALMA, lo ripetiamo spesso, è tra i cuochi piĂš sottovalutati […]