Valutazione
Pregi
- Un percorso studiato con sapienza, in cui ogni piatto è degno di grande attenzione.
- Originalità e grande tecnica.
Difetti
- Contesto meno entusiasta di quanto la cucina meriterebbe.
Il panorama gastronomico italiano è sicuramente in una fase stimolante: da una parte, grandi chef che riescono a portare avanti con successo le loro maison pur essendo molto presenti nella comunicazione, anche generalista; dall’altra, giovani leoni che, girato il mondo, sono tornati in città e in provincia e contribuiscono con vigore a un rinnovamento davvero appassionante.
Ci sono poi, in angoli nascosti, delle gemme di cui si discute poco, talvolta per conformismo e scarsa curiosità di andare fuori dalle rotte più battute, talaltra per desiderio consapevole degli stessi protagonisti.
E’ il caso dell’Acquerello, il cui chef, Silvio Salmoiraghi, ha scelto con decisione, quasi con testardaggine di non apparire mai, di non usare i media tradizionali o innovativi per far parlare della sua cucina, fidando sui suoi notevolissimi mezzi tecnici e sul richiamo che la sua proposta può avere di per sé.
Non siamo certi che la sua scelta paghi dal punto di vista economico, ma non possiamo non dire che per l’appassionato curioso questo locale un po’ retrò ai margini di Busto Arsizio è una tappa obbligatoria.
La cucina di Salmoiraghi è uno straordinario esempio di personalità e anche il richiamo a Paolo Lopriore, con il quale l’affinità è evidente, rischia di non fargli giustizia: i due chef sono anime affini, ma ognuno con una voce originale e penetrante può toccare cuore e cervello del gourmet e lasciargli, a ogni visita, un ricordo indelebile.
Difficile in un pranzo pieno di sorprese nascoste sotto nomi da trattoria (“uovo al pomodoro”, “spaghetti alla carrettiera”) trovare lo zenit, perché di piatti formidabili ce ne sono tanti: forse il coniglio all’ischitana (come direbbero a Napoli “fuiuto”, perché di carne non ce n’è, mentre ce ne sono tutti i sapori, persino le sfumature) si staglia sul resto perché è un esercizio di profondità e leggerezza davvero da maestro. Una cucina così merita solo applausi e, a dispetto dei desiderata dell’autore, che se ne parli anche tanto perché epifanie del genere possano essere godute da più persone possibili.
Lo chef, a voce bassa, presentando alcune delle sue creazioni più avanguardiste minimizza – “faccio cucina italiana” – e nel paradosso c’è anche verità: i richiami sono alla nostra memoria, non localista ma italiana nelle sue varie espressioni, ma mai in modo pedissequo o fintamente innovativo. Non si tratta qui di “rivisitazioni”, titolo elargito con generosità a banali variazioni sul tema, spesso peggiori degli originali: troverete invece lampi, stoccate o nuance sottilissime a rammentarvi piaceri passati in forme nuove.
Carta dei vini non amplissima ma con proposte interessanti, specialmente sulle bollicine d’oltralpe: per noi, un Blanc de Blancs di Pascal Doquet che è un compagno, dissonante e perciò perfetto di una cucina così.
Ambiente in tono un po’ dimesso e servizio “con i suoi tempi” (è normale, a parte qualche aiuto è un one-man-show) non possono compromettere il piacere della visita, che ripeteremo con frequenza perché questo chef ha davvero tanto da dire, suo malgrado.
In apertura, fra gli altri, un soufflé di erbe amare che è un manifesto programmatico in miniatura.
Uovo al pomodoro: più accattivante del seguito, ma già acidità e sfumature aromatiche non comuni, in contrasto col titolo tranquillizzante, fanno capire a che tipo di tavola ci siamo seduti.
Insalata di cicoria: piatto formidabile tra amaro della cicoria e sapido-iodato delle altre uova (caviale e uova di persico) che si scoprono sotto la verdura. Ad arrotondare, ma non troppo, il burro alle fragole.
Spaghetto alla carrettiera: si può fare diventare elegante un piatto “rozzo” per definizione? Lo si può fare senza usare una pasta di grande qualità? Un paradosso e una sfida con se stesso, vinta.
Insalata di rinforzo: ancora un piatto da ricordare, altro gioco con i nomi della tradizione per un abbinamento tra cappasanta e contrappunti vegetali di rara complessità e “mobilità” in bocca. Un piatto dalle mille sfaccettature.
CarpionePreparazione utilizzata per la marinatura di carni, pesci e verdure a base di cipolla bianca, aceto di vino bianco, alloro, salvia, pepe ed altre eventuali erbe aromatiche. La ricetta, tipica di Piemonte e Lombardia, prevede di marinare pietanze precedentemente infarinate e fritte e di servire le stesse fredde come antipasto o secondo, con guarnizione di anelli di cipolla bianca. Le pietanze... Leggi di mare: un classico dello chef che coniuga bontà della materia, precisione nelle preparazioni (il fritto di calamari spillo è soave) e bellezza della presentazione.
Pompelmo, genziana e sedano: la pulizia della bocca in una pralina da re. Genziana dosata al milligrammo ed effetto raggiunto.
Lumache alla finalina: viaggio in un’altra Italia e virata sapida controllata.
Mugnaia: vitello crudo e midollo, piacere quasi primordiale.
A seguire, il fantastico coniglio all’ischitana, già in copertina.
Friandises, servite prima del dolce principale.
Asparagi, cioccolato bianco e cedro: acidità, vegetale, toni amari sapientemente controllati ma non addomesticati. Un dolce non dolce che è un pezzo di bravura anche per chi ama chiusure più classiche.
Due dei buonissimi pani serviti (Salmoiraghi sa fare davvero tutto).
Sono io che non lo trovo, oppure questo questo ristorante non è neppure segnalato nella Michelin?
Pare assurdo ma è così, neppure segnalato da Michelin
Bello l'articolo di Roberto Bellomo che rende giustizia ad un grandissimo chef conosciuto da me all'Antica Osteria del Ponte a Cassinetta di Lugagnano sul finire della scorsa estate.Ma a proposito,come mai non un riferimento a quell'esperienza conclusasi prematuramente?Cordiali saluti
Mi fa piacere il successo di Salmoiraghi. E' stato mio insegnante all'Alma ed era uno dei meno arroganti. Le vicende della Cassinetta (ora tornata ai Santin?) meriterebbe di essere raccontata.
Ci sono stato per l'ennesima volta un paio di settimane fa. Incomprensibile che una cucina di tale valore si tramuti spesso in una sala quasi vuota (un solo tavolo oltre a me quella sera, la volta prima addirittura solo, ma era la vigilia di Pasqua). Meriterebbe ben più considerazione di altri colleghi ben più blasonati, meritatissimo il 18. L'altra faccia della medaglia è che si riesce sempre a trovare posto. Ormai non mi faccio mai mancare il piccione alla milanese, mentre il dessert...ho chiesto il bis!
Dipende dai costi di gestione. La speranza è che siano pochi e che riescano a far quadrare i conti. Alle colline ciociare al sabato sera eravamo solo in due, non che mi dispiacesse avere Tassa solo per me ma prego ogni giorno che non gli capiti mai più (non di avere me come cliente ma il locale vuoto).
Purtroppo alla Cassinetta era lo stesso. Ho talmente stima di questa cucina che l'estate scorsa ero comunque andato li, se ricordo bene, 4 volte. Una volta 3 tavoli, due volte 2, una volta solo, e sempre il sabato sera. Vabbè che se ascolto Scabin il sabato è la sera meno redditizia, in questo caso temo non fosse così. Vero è che la gestione precedente aveva dato adito ad aspre polemiche nelle recensioni su siti online, e ancora non c'era stato tempo per la comparsa del ristorante sulle guide (la Michelin addirittura non segnala nemmeno l'Acquerello). L'impressione è che comunque a Salmoiraghi vada benissimo così.
Non so se a qualcuno è ben chiaro cosa sia successo alla Cassinetta. L'ho chiesto più volte a Salmoiraghi ma ha sempre, almeno parzialmente, svicolato. Probabile comunque che la proprietà avesse delle aspettative economiche che alla fine non si sono concretizzate, o comunque non entro i tempi che speravano. Purtroppo per loro Salmoiraghi è uno dei migliori cuochi d'Italia, ma nel contempo uno a cui non piace la ribalta. Chi ti arriva a Cassinetta se il nome non è uno di quelli straconosciuti? Avessero messo lì un Cracco o un Bottura...
l'ho osservavo varie volte quando passavo dall'alma ...persona schiva, ma sapevo nascondesse un incredibile personalità ...ho passato qualche giorno con lui in cucina ...peccato è vero pochi coperti, (si certamente fine gennaio non è dei più proficui)....siamo andati in giro, mi ha fatto conoscere i suoi fornitori...ho avuto anche l'occasione di dividere il palcoscenico del suo ristorante con una cena a quattro mani...bellissima famiglia ...bravissimi collaboratori innamorati della sua eleganza...per me persona di una finezza e intelligenza inaudita 2 stelle a mani basse in quel di fagnano... ad maiora