Passione Gourmet Dina - Passione Gourmet

Dina

Ristorante
via Santa Croce, 1 25064 Gussago
Chef Alberto Gipponi
Recensito da Giacomo Bullo

Valutazione

17/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • La personalità forte della cucina: profonda e intrigante.
  • Le opere d’arte all’interno del locale.
  • La molteplicità dei percorsi di degustazione.

Difetti

  • Difficile il parcheggio.
Visitato il 06-2019

Introspettività e gusto

Varcare quella soglia per trovarsi nell’oscurità con solo una scritta al neon che si rivela un’opera d’arte dell’artista concettuale Jonathan Monk, fa da preludio all’esperienza tutta: Until then if not before.

Come sperimentato nelle nostre precedenti visite da Dina, Alberto Gipponi, già studioso e appassionato di sociologia, è oggi un cuoco riuscito, risolto in un intento dove molti han fallito: il gusto inteso come il piacere di conoscere nell’interrogarsi. E benché tavolta sia difficile ricordare i dettagli di piatti in cui si condensano gastronomia e arte concettuale, concentrata in titoli evocativi che inducono, se non al fraintendimento, all’incongruenza, nella cucina di Gipponi no! L’opera di Monk all’ingresso di Dina ci dice che non esiste il momento giusto per fare le cose, tuttavia qui, estemporaneo non significa inesperto. Alberto Gipponi con la sua brigata di ragazzi, giovanissimi ma preparati, ha appena iniziato la sua corsa: scatta, parte, anticipa. Una scossa dietro l’altra. L’idea dietro ogni piatto si aggancia al suo trascorso lasciando un’eredità di stimoli e spunti gustativi che Gipponi riesce a far emergere nel suo rapporto tra piatto, cuoco, cliente e quotidianità.

Un flusso di coscienza gastronomico

Il Casoncello crudo ma cotto in omaggio a Marchesi rimanda nella forma alla pasta ripiena tipica del bresciano, per racchiudere un ripieno di molluschi, pesce e zenzero di raccordo all’iconico raviolo aperto. In un boccone la cucina di Gualtiero Marchesi pulita e lineare, in alternanza alla memoria gustativa infantile della pasta cruda, appena fatta e rubata dalla spianatoia riferimento, questo, a un altro grande della cucina contemporanea, Massimo Bottura.

Oppure, il piatto Al visitatore, dove una magistrale quanto strana cottura della seppia accompagnata da kimtchi e purea di dattero è servita su versi dannunziani incisi sul piatto sul tema dell’ipocrisia. Introspezione sull’individuo e, al contempo, ricerca di consistenze inaspettate?

Tutto e di più: esempi come questi sono ricorrenti nella cucina di Dina ma non sono né sfoggio né presunzione: è la naturale concezione di come la cucina possa essere anche sintesi di cultura artistica, letterale o figurativa. Conoscenza ma anche palato, intuizione che è anche concretezza, come la golosa sogliola accompagnata dalla salsa di carcasse di pollo. Un piatto in evoluzione a ogni boccone dove la lisca al termine addirittura invoglia all’assaggio, su suggerimento dello chef, facendo virare il tutto su sentori iodati che richiamano l’ostrica.

Ma la ricerca di Dina si articola anche sulla percezione sensoriale. È il caso dell’animella, salsa Borscht, crema di spinaci, Grana Padano e indivia. Piatto apparentemente semplice dal lato gustativo ma che servito pressoché al buio e, in cuffia, il sottofondo di un battito cardiaco, lo fa sconfinare dalla sua dimensione gastronomica amplificando il focus sui sensi e la percezione, totalmente nuova.

Gipponi, rispetto a molti dei suoi colleghi, non avrà forse la storicità delle gesta passate da esibire come mostrine e, difatti, su ogni tavolo mette un quaderno dove ciascuno potrà scrivere le proprie considerazioni, o le critiche, sull’esperienza.

Una cosa, però, è certa: la storia di Dina è ancora lunga, e noi non vediamo l’ora di potervela raccontare nuovamente.

La Galleria Fotografica:

Lascia un commento

La tua email non sarà pubblicata. I campi obbligatori sono contrassegnati *