I nostri migliori ristoranti del 2018
Ecco a voi, in chiusura d’anno, i tre migliori pranzi, o cene, del nostro 2018. Un pronostico per il 2019? Lo rubiamo volentieri a Italo Calvino quando, nelle lezioni americane, sosteneva le ragioni della leggerezza come forma del pensiero: per riuscire a percepire «ciò che è infinitamente minuto e mobile e leggero» e, auspicabilmente, perdere qualche kg di troppo.
Scherzi a parte, ecco, in pillole, il nostro 2018.
ALBERTO CAUZZI
– Le Clarence (Parigi): Con la sua importante brigata, che prepara basi e linea a ogni servizio, partendo da zero, ogni giorno, partendo da ciò che dona il mercato, siamo convinti che è qui, tra le mani di un francese, Cristophe Pelé, e un italiano, Giuliano Sperandio, che si gioca il futuro della nuova cucina francese.
– Reale (Castel di Sangro): A Castel di Sangro, nell’entroterra abruzzese, è dove si attualizza il talento, la concretezza, il gusto e la personalità di uno degli chef più preparati e autorevoli d’Italia. Senza esitazioni, il migliore quest’anno in Italia.
– Dina (Gussago): Perché è proprio qui, in questo angolo appartato della grande Lombardia gastronomica, che si trova una delle più importanti scommesse, ormai divenuta promessa, dell’alta cucina italiana.
ANDREA GRIGNAFFINI
– Piazza Duomo (Alba): Per l’inaspettata svolta di Crippa, che negli anni ha saputo stupirci tanto, ma che adesso esercita una cucina che, né più né meno, appare come mai in grazia di Dio.
– Uliassi (Senigallia): Nei tanti anni di frequentazione, stavolta ci ha regalato la migliore perfomance di sempre; spiegare perché ne rovinerebbe in parte la bellezza. Andate a Senigallia – Banchina di Levante 6 è l’indirizzo – per scoprirlo: cosa state aspettando?
– Dina (Gussago): A proposito di sorprese, non poteva mancare quella, assoluta, di Alberto Gipponi a Gussago. Una cucina che non somiglia a nessun’altra, per un livello di profondità e concentrazione, senza iperboli, senza precedenti.
ALESSANDRO PELLEGRI
– Lume (Milano): Il menu di cacciagione di Luigi Taglienti è un trionfo dell’autunno, con portate rigorosamente accademiche servite accanto ad altre smaccatamente più personali, tutte accomunate da uno stile e una tecnica prorompenti, con un pizzico di irriverenza che spinge la cena ad un livello superiore.
– Concettina ai Tre Santi (Napoli): Molto più di una semplice pizzeria: al netto dell’onorevolissimo aspetto filantropico che contraddistingue Ciro Oliva, il livello squisitamente gastronomico del suo menu degustazione è di valore assoluto, ben più vicino ai canoni da ristorante che a quelli di una pizzeria.
– Bubbalicious Brunch at the Westin Mina Seyahi (Dubai): Il friday brunch alla massima potenza: tutto il meglio proveniente da ogni angolo del mondo, a disposizione in un buffet senza sosta. Il tutto accomunato dalla grandissima qualità. Se esistesse un girone dei golosi all’inferno, ci piacerebbe immaginarlo così.
LUCA TURNER
– Cracco (Milano): Il gioco delle parti funziona, televisione o non televisione il Cracco Cuoco c’è, e si percepisce come una presenza indiscreta, eppur onnisciente, a ogni livello di questa grande storia italiana.
– Seta (Milano): Profondità, sempre, e il continuo mettersi in gioco fan sì che l’esperienza di sedersi al tavolo di Antonio Guida sia sempre un viaggio; dentro sé stessi.
– Derby Grill dell’Hotel de la Ville (Monza): Una cucina elegante e talentuosa, che riesce ad esprimersi senza fari puntati addosso, ma con la disinvoltura di chi non ha nulla da temere, volendo, al cospetto dei grandi.
ORAZIO VAGNOZZI
– Lasarte (Barcellona): Una cucina astratta e autorevole, che cerca la quintessenza concentrando i sapori con purezza, potenza ed equilibrio delle composizioni. Impeccabilmente, qui, si assurge a un livello spirituale.
– Lido 84 (Gardone Riviera): Senza limiti, l’impronta culinaria di Camanini non sembra conoscere battute d’arresto. Una ricerca continua, che parte in primo luogo dall’io dello chef.
– Seta (Milano): Tra sedute verde ottanio, lo chef raggiunge l’equilibrio partendo da contrasti apparentemente impossibili da sanare.
ROBERTO BELLOMO
– TempuraLa tempura è un piatto tipico della cucina giapponese a base di fritto misto di molluschi, crostacei e verdure. Gli ingredienti vengono intrisi, prima della frittura, in una pastella di farina di riso, acqua gasata e ghiaccio.... Leggi Matsu (Kyoto): Un kaiseki
Designa nella gastronomia giapponese una forma di pasto tradizionale che include tante piccole portate con ingredienti rigorosamente stagionali. Il termine si riferisce altresì alle competenze tecniche che occorrono per cucinare un tale pasto comparabili alla grande cucina occidentale. Nella cucina kaiseki è attribuita molta importanza al rispetto degli elementi vegetali, lasciati integri nel loro sapore e tutelando i valori nutrizionali.... Leggi contemporaneo, rispettoso della tradizione ma aperto al nuovo e pieno di stimoli. Il tutto, in un contesto di straordinaria grazia.
– Antica Osteria del Ronchettino (Milano): Cosa succede quando la trattoria incontra l’alta cucina? Di certo succede qui. Classici italiani eseguiti con la mano di uno chef di vaglia.
– Kiyota (Tokyo): Il tempio del sushi, dove capire a che livelli di eleganza e intensità può arrivare questa espressione della cucina giapponese.
ROBERTO BENTIVEGNA
– Tempura Matsu (Kyoto): Un fulgido esempio di quali livelli può raggiungere un minuzioso lavoro di attualizzazione della cucina kaiseki. Un’esperienza spirituale prima ancora che materiale. Da tornarci domani o, meglio, adesso.
– Osteria Francescana (Modena): Anno dopo anno, il menu creativo di Massimo Bottura rimane l’appuntamento da non mancare. Perché? Perché è un modo per tastare, in una maniera straordinariamente sensibile, il polso della creatività nazionale contemporanea; e non solo in cucina!
– Magorabin (Torino): Siamo al cospetto di un’evoluzione vera e propria: nella fattispecie, applicazione, studio e passione, ben coltivate e mescolate tra loro: voilà la ricetta di una crescita esponenziale, al servizio di un’esperienza che si fa via via più memorabile.
DAVIDE BERTELLINI
– Pavillon Ledoyen (Parigi): Nel cuore di Parigi ma come per magia lontano dal caos de La Ville Lumiére. La grande cucina francese contaminata dall’esperienza di Alleno e proiettata nel futuro.
– Del Cambio (Torino): Un luogo straordinario ricco di storia unito alla cucina di Matteo Baronetto che, da fuoriclasse, sa come reinterpretare i grandi classici della cucina in chiave contemporanea.
– Lido84 (Gardone Riviera): Uno dei ristoranti stellati più sottovalutati d’Europa. Location con vista mozzafiato e cucina di altissimo livello.
FILIPPO BOCCIOLETTI
– Uliassi (Senigallia): Smussate alcune concessioni un po’ piacione, quella di oggi è una cucina all’avanguardia dal punto di vista tecnico: è originale, elegante negli impiattamenti, efficace espressione del territorio, piacevolmente spigolosa e gourmandPer "gourmand" si intende una persona amante della buona tavola, in particolare delle preparazioni di stampo classico, un cultore della gola. Ghiottone.... Leggi. Non ultimo, Mauro Uliassi ha una mano unica nel trattare la caccia.
– Locanda delle Grazie (Curtatone): La migliore tradizione italiana a tavola, per materie prime, funzione “didattica” della cucina, piatti gustosi e serviti nelle quantità che ci si aspetta in locali di questo tipo. L’offerta spazia dalla carne al pesce di lago e di mare, perché così si usa a Mantova dai tempi dei Gonzaga.
– DaGorini (San Piero in Bagno): La cucina italiana attuale, e nella sua espressione massima: pulizia dei sapori, distinguibilità delle materie prime, abile uso delle erbe per profumare e dare acidità, preparazioni alleggerite dai grassi ma estremamente gustose.
GIACOMO BULLO
– Troisgros (Ouches): Il miglior pranzo in assoluto. Una giostra che sale subito nella vertiginosa, ripida, dritta cucina acidulée di Michel Troisgros, alla quarta generazione di un’iconica famiglia che, oltre 50 anni orsono, ha cambiato il profilo della gastronomia dando luogo alla nouvelle cuisine, oggi più viva e rinnovata che mai.
– DaGorini (San Piero in Bagno): La geniale creatività declinata sulla grande materia del territorio. La dimensione domestica, calda, accogliente s’interseca con quella estrosa, deliziosamente tecnica, di questo giovane ed esperto chef.
– Caffè Stern (Parigi): Mangiare italiano all’estero è da sempre una grande scommessa. Gli Alajmo vincono per l’ennesima volta riuscendo a dimostrare la grandeur di questa dynasty italiana anche in terra d’Oltralpe.
CARLO LODOVICO CAPPELLETTI
– Lume (Milano): Il menu di caccia di Luigi Taglienti è un compendio di cucina classica, borghese, regionale e, allo stesso tempo, un trattato di personalità, quella di uno chef che sta disegnando i connotati della cucina contemporanea.
– Pashà, Conversano: Il nuovo corso avviato a quattro mani da Maria Cicoriella e Antonio Zaccardi racconta, finalmente con le parole dei giorni nostri, una terra di prodotti e tradizioni stratificate come poche altre.
– Lido 84, Gardone Riviera: Riccardo Camanini non segue le mode, le crea. E basta questo a definirlo. Un grande esperienza che si rinnova a ogni visita, e che ci indica la strada della contemporaneità cena, dopo cena, dopo cena…
LEONARDO CASALENO
– Enigma (Barcellona): Accorrete a Barcellona gente. Dal genio di Albert Adrià c’è un nuovo concetto di ristorazione. È spaesante, coinvolgente e indubbiamente unico. Le tecniche di avanguardia convivono con cotture primordiali e i ricercatissimi ingredienti vengono serviti nella loro più naturale purezza.
– Disfrutar (Barcellona): Dopo aver fatto la storia de elBulli la magica coppia Oriol Castro/Eduard Xatruch continua a regalare sensazioni indelebili, sprazzi di puro godimento per mente e palato. Effetti speciali mai fini a se stessi generano l’equazione perfetta della felicità: tempo/divertimento, qui a vette altissime.
– Reale (Castel di Sangro): È qui, nel cuore dell’Abruzzo, che si trova la cucina più avanguardista d’Italia: un “topos” gastronomico attorno alla filosofia dell’ingrediente, allo studio della sua essenza, in mai più di quattro ingredienti. E scusate se è poco.
ELENA MAFFIOLI
– Manna (Milano): Una cucina a tratti scabra, scontrosa e irriverente quello di uno chef, Matteo Fronduti, che con il suo sguardo profondo color nocciola prepara una tartareLa bistecca alla tartara (conosciuta anche come carne alla tartara, steak tartare o più comunemente tartare) è un piatto a base di carne bovina o equina macinata o finemente tritata e consumata cruda. La ricetta prevede che dopo essere stata triturata la carne deve o marinare nel vino o in altri alcolici oppure viene aggiunto del succo di limone e... Leggi di cuore mettendocene anche del suo. Tanto cuore, possibilmente crudo.
– Il Portico (Appiano Gentile): Provare ogni singolo ingrediente per capirlo, per distinguerlo e combinarlo. In autonomia. Piccoli gesti guidati da cucchiaini che tintinnano nelle piccole scodelle in cui si racchiudono le creazioni, i pensieri e l’anima di un chef umile e misurato.
– Tsuta Ramen (Tokyo): Il RamenIl ramen è un tipico piatto giapponese (ma di origini cinesi) a base di tagliatelle di tipo cinese di frumento servite in brodo di carne e/o pesce, spesso insaporito con salsa di soia o miso e con guarnizioni in cima come maiale affettato, alghe marine secche, kamaboko, cipolla verde e a volte mais. Praticamente ogni località del Giappone ha la... Leggi con la “R” maiuscola. A soli tre minuti dalla stazione di Sugamo c’è il primo ramen-shop insignito di una stella Michelin. La particolarità? Il brodo di shoyu
Shoyu è il termine giapponese per definire la salsa di soia, salsa fermentata ottenuta da soia, grano tostato, acqua, sale e koji.... Leggi aromatizzato al tartufo in cui intingere soba
Soba è un formato di pasta sottile, tipica giapponese, a base di grano saraceno, a volte aromatizzato con alghe o tè. La forma è simile ai tagliolini italiani, porosa ed elastica, e viene servita sia fredda che calda.... Leggi di grano fatta a mano, fettine di maiale e l’uovo perfetto, dal tuorlo liquido.
CLAUDIO PERSICHELLA
– Geranium (Copenhagen): Kofoed ha messo a punto una personale versione della cucina nordica davvero originale e interessantissima. In una location unica e spettacolare.
– L’Argine a Vencò (Dolegna del Collio): La cucina di una grande chef che riesce a coniugare personalità e sensibilità esaltando la natura che la circonda con rara maestria. In un ambiente di bucolica atmosfera.
– Materia (Cernobbio): La netta sensazione che la passione e la ricchezza di spunti che traspaiono dal lavoro di questo giovane chef produrranno risultati eccellenti.
LEILA SALIMBENI
– Andreina (Loreto): Poche cose sono appaganti quanto la carbonara di Errico Recanati e, allo stesso tempo, conturbanti quanto i suoi piatti a base di frattaglie stagionate, affumicate, essiccate. Brutalismo e futurismo in un sol colpo.
– Marconi (Sasso Marconi): Per l’intimismo e, allo stesso tempo, la comunicatività di piatti che si comprendono più con l’istinto che con la ragione. Aurora Mazzucchelli vuol farti entrare nel suo universo psichico, e ci riesce, con una cucina estremamente femminile e, quel che più conta, felice d’esser tale.
– Enoteca Pinchiorri (Firenze): Perché dopo il sugo di gallina in tegame col tuorlo d’uovo marinato alla senape dal tavolo imperiale dell’Enoteca Pinchiorri è partito selvaggio, e popolare, un applauso: un piatto senza tempo, deflagrante di una bontà così pura da essere trascendentale.
ANDREA SOLARI
– Del Cambio (Torino): Un percorso originale, sterminato, ma di grandissima coerenza; un percorso che, pur nella sua importanza, ci ha lasciato, se non affamati, comunque desiderosi di tornarvi al più presto.
– Reale (Castel di Sangro): In questo angolo di Abruzzo si esercita una delle mani, e delle menti, più fervide d’Italia. Il tutto, al servizio della valorizzazione di una materia prima e di una perizia tecnica, ad ora, ineguagliate.
– Acquerello (Fagnano Olona): Inaspettatamente, irreversibilmente, l’ultima cena da Silvio Salmoiraghi è stata qualcosa di spettacolare: scenografica, teatrale, sorprendente.
MATTEO VALERIO
– Enigma (Barcellona): Per il superamento stesso del concetto di cena. Perché è spiazzante e irriverente, sconcertante e tremendamente anticonvenzionale. Per la prospettiva nuova in cui ti immerge, una realtà parallela in cui si è attori, e non spettatori, di una messinscena stravagante e magnificamente eccessiva.
– Nerua (Bilbao): Per la semplicità dell’intenzione che si trasforma in un boccone di infinita profondità; perché è una cucina viva, che diverte e fa riflettere. Ed è fruibile da tutti, in tutti i sensi. Nonostante Josean Alija sia all’apice della sua carriera, riesce sempre a superarsi con semplicità e naturalezza.
– Inkiostro (Parma): Perché Terry Giacomello è un eroe che osa in una terra che raramente concede strappi alla tradizione. Flirta col territorio, crea piatti che nascondono con intimità il prodotto e la cultura del luogo. Va oltre senza essere dissacrante. Ha un carattere puro e non si vergogna di averlo.
FRANCESCO ZITO
El Celler de Can Roca (Girona): Pranzare dai fratelli Roca è un’esperienza intellettuale: qui si diventa parte di un ordigno complesso e precisissimo, che deflagra nell’unicum di un’esperienza ineguagliata, cementata da solidi legami di famiglia.
Torre del Saracino (Vico Equense): Una cucina riconoscibile, soprattutto nei primi piatti, che magnifica il paniere della costiera amalfitana, di cui impasta antiche tradizioni e accostamenti, con squisita leggerezza contemporanea.
Geranium (Copenaghen): Da fare almeno una volta nella vita: poiché si accede a una subliminale conoscenza del territorio danese, traslato al meglio delle sue potenzialità commestibili. E oltre a trasmettere conoscenza, c’è serenità, calma e speranza nella cucina di Rasmus Kofoed.
Miei cuochi del 2018, per ordine alfabetico: Bottura, Crippa, Gagnaire, Pelè