Passione Gourmet Mugaritz - Passione Gourmet

Mugaritz

Ristorante
Aldura Aldea 20, Errenteria, Gipuzkoa, Spagna
Chef Andoni Luis Aduriz
Recensito da Leonardo Casaleno

Valutazione

19.5/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • Qui officia la vera avanguardia gastronomica.
  • L’approfondimento su materia e consistenze non ha rivali.

Difetti

  • La rigida policy di cancellazione della prenotazione.
  • La richiesta di preavvisare tempestivamente per recarsi ai servizi, onde consentire alla cucina di interrompere la preparazione delle pietanze.
Visitato il 10-2023

Che sapore hanno le idee?

Potreste pensare di aver prenotato un ristorante. Ma la verità è che avete appena aperto una porta. Dall’altra parte troverete sorprese, domande, risposte, storie e idee commestibili. Vi invitiamo a fuggire con noi verso nuovi orizzonti; ma soprattutto a scrivere il vostro finale alla nostra tavola: la vostra collaborazione è essenziale, solo voi potrete scolpire la vostra esperienza.” Quanto precede costituisce il contenuto dell’email che riceverete successivamente a una prenotazione sul sito web del Mugaritz. Un testo che rappresenta una dichiarazione di intenti. Un’introduzione mirata a predisporre a un’esperienza interattiva, estremamente pertinente. Definire l’ultimo menù del Mugaritz, quello del venticinquesimo anniversario (andato in scena fino alla fine di ottobre), dal nome “Memorie del futuro”, come una semplice degustazione sarebbe un’approssimazione eccessivamente limitante. E anche se, a giudicare da quanto trapela online, potrebbe sembrare il meno acclamato, il suo valore è immenso nella sua sperimentazione, rappresentando il tratto distintivo di un’intera carriera, quella di Andoni Luis Aduriz, spinta agli estremi con creazioni che, prima ancora di titillare il palato, scuotono la mente.

Per fare subito un esempio di tale audacia possiamo citare il primo piatto del menù intitolato Ama, che richiama il gesto primordiale di suzione al seno materno: un’evocazione potente e primitiva. Il nome stesso, derivato dal verbo spagnolo “amar“, che significa amare, acquista un ulteriore significato in basco, dove si traduce in “madre“. Questi due concetti si intrecciano e si nutrono reciprocamente, offrendo un invito a gustare l’essenza primordiale di ogni cosa. È proprio questo il preludio di una serie di degustazioni – sorprendenti e affascinanti – la maggior parte delle quali devono essere gustate con le mani, per coglierne appieno non solo il sapore, ma anche la straordinaria consistenza, caratteristica imprescindibile della cucina di Aduriz.

Posto lungo il confine tra le città basche di Errenteria e Astigarraga, questo luogo supera di gran lunga l’esperienza ordinaria del cibo. Si erge come un omaggio al confine stesso, indicato come “muga” in basco, e alla maestosa quercia, conosciuta come “haritza“, che da sempre sovrasta questa linea di demarcazione, immersa nella bellezza naturale circostante. Attualmente, il genio di Andoni Luis Aduriz affronta con consapevolezza il connubio tra arte, scienza e gastronomia, amalgamando il tutto in un’esperienza incredibilmente stimolante ma più complessa che mai. In questo contesto, il cuoco non mira semplicemente a soddisfare l’appetito del commensale – anche se questo accade più che sporadicamente – ma aspira a coinvolgerli in un’esperienza cognitiva più profonda, che stimoli i sensi e l’intelletto. Optando per la presentazione di piatti insoliti o sconosciuti, l’obiettivo del Mugaritz è quello di suscitare la curiosità, l’immaginazione e la riflessione degli ospiti. Questa filosofia si basa sulla convinzione che il cibo non debba essere limitato alla sua funzione primaria, ma debba essere un’opportunità per creare connessioni, avviare conversazioni e spingere i commensali a esplorare nuove sfaccettature di una comune esperienza a tavola.

Aduriz: il livello successivo dell’esperienza gastronomica

Quando si visita Mugaritz è essenziale liberare la mente da preconcetti e approcciarsi all’esperienza con una mentalità aperta e curiosa. È così che ci si meraviglia nell’affrontare un piatto senza posate, poiché, come detto, gran parte degli assaggi non prevede l’uso di posate, sebbene gli stessi non siano nemmeno concepiti come comuni “finger food“. Il servizio di sala, di assoluto livello, a tal riguardo, si rileverà determinante nell’agevolare il commensale a comprendere al meglio l’esperienza. L’attenzione ossessiva alle consistenze e il rifiuto di servire piatti comuni sottolineano l’importanza della creatività e dell’interazione. Si viene attivamente coinvolti nel processo creativo, incoraggiati a scoprire nuovi sapori, a esaminare le combinazioni di ingredienti e a partecipare a un dialogo più ampio sulla cultura gastronomica. A questo proposito Aduriz è uno dei pochissimi cuochi a seguire una propria grammatica culinaria, senza richiedere né dare punti di riferimento, creando secondo la propria unica visione perché “creare non significa copiare“, diceva un certo Ferran Adrià.

Il dubbio inizia ad affiorare nella mente dei commensali fin dal duplice servizio delle Ostriche, che pongono un interrogativo sull’atto del mangiare o del bere e sul significato di quale possa essere il corretto ordine tra le due azioni. E sarà proprio il commensale a cercare di trovare una risposta al quesito su un piccolo blocco note, consegnato all’inizio dell’esperienza, contribuendo così a generare nuove idee per le degustazioni future. Si sottolinea anche l’aspetto visivo, come nel caso del Pomodoro arrosto, con garum, basilico e penicillium roqueforti (la tipica muffa del gorgonzola), in cui il pomodoro non sembra affatto tale, mantenendo intatta la sua essenza mentre evita la sua forma. Arriva quindi il piatto per antonomasia, dall’emblematico titolo “Disadattati”, che incarna il concetto di una trasformazione radicale, trasformando l’ostica consistenza gommosa e gelatinosa dei cetrioli di mare in qualcosa di elastico e croccante, da diventare confortevole. Ciò che sembrerebbe incoerente e incongruente diventa qui una celebrazione della diversità tanto inaspettata quanto efficace. Un ruolo significativo è giocato anche dalla pancia, con l’Animella maturata nel saké, cotta poché, succulenta ma ricca di varie consistenze, tra cui piccole parti croccanti, servita con crescione, risultando tra le migliori mai assaggiate. C’è poi il già iconico “Faccia a faccia: la pelle che abito” di Almodovariana memoria, con l’inquietante faccia di gelatina di sidro da utilizzare come se fosse un involucro; una creazione che vuole esprimere l’empatia in cucina, accomunata dal trasmettere l’essenza di un’esperienza senza poterla realmente vivere appieno. Questa sfida viene affrontata da Andoni portando la propria identità territoriale (attraverso ingredienti iconici della zona come sidro, chorizo e mais), per consentire ai commensali di assaporare l’esperienza in modo simbolico. Si segnala, infine, una predominante presenza di fermentazioni e muffe ricorrenti, ma mai come in questo caso l’uso instancabile di tali elementi è finalizzato a raggiungere un gusto specifico e non fine a sé stesso. È una sfida complessa descrivere in poche righe un’esperienza così completa e ricca di stimoli, che comprende una serie di venticinque “momenti” in un percorso che unisce la sperimentazione di nuove consistenze, la contemplazione della naturalità intrinseca in ogni stagione, l’integrazione di nuovi ingredienti, l’indagine attraverso tecniche e forme commestibili che riflettono concetti quali il lusso, il trascorrere del tempo, la bellezza e le tradizioni.

Si può quindi affermare che l’obiettivo primario del Mugaritz e di Aduriz risieda nell’impiego del cibo come pretesto per la ricerca e come stimolo a indagare, immaginare, confrontare e ricordare, fino a suscitare – e persino incitare – un certo disagio utile a spingere al di là dei limiti convenzionali non solo l’ospite, ma il ristorante nella sua totalità. Questo è, probabilmente, il “livello successivo” dell’esperienza gastronomica.

IL PIATTO MIGLIORE: Animella maturata in saké e crescione.

La Galleria Fotografica:

2 Commenti.

  • Valeria4 Gennaio 2024

    Ormai non avete più limiti... Non mangerei più della metà dei piatti??? fotografati. Sono anche brutti da vedere.... I grandi chef sono altri!!!

  • Leonardo Casaleno5 Gennaio 2024

    Gentile Valeria, intanto grazie per seguirci. L'esperienza al Mugaritz è qualcosa di imprescindibile: devi viverla per capire veramente la genialità del cuoco. È una cucina all'avanguardia, senza compromessi, forse la più innovativa proposta al giorno d'oggi. Cordiali saluti.

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