Mugaritz
Valutazione
Pregi
- Un ristorante che non mira ad essere “solo” un ristorante, bensì a trascendere l’esperienza gastronomica in senso stretto.
- L’approfondimento su materia e consistenze non ha rivali.
- Una cucina dalla potenza rara: non occorrono spiegazioni, i piatti si auto esplicano, nonostante la complessità .
Difetti
- La policy di cancellazione della prenotazione è tra le più rigide mai incontrate.
La cucina come interpretazione della realtà
“La cucina non potrà mai essere considerata un’arte finché non ammetterà nel suo linguaggio il disagio, il fastidio o tutti quegli aspetti che vengono in discorso quando la disciplina in questione non pretende solamente di piacere”: queste parole di Juan Luis Moraza – artista, professore universitario e scrittore basco – sono state di recente utilizzate da Andoni Luis Aduriz per illustrare sinteticamente la filosofia del suo ristorante Mugaritz. D’altro canto, la vita non è fatta di solo piacere – per fortuna, verrebbe da dire – sicché se la cucina ambisce a divenire uno strumento di lettura della complessità che ci circonda e abita in noi, non può essere parziale o selettiva. Di converso, il discomfort non può certamente diventare l’unica cifra caratterizzante l’ars culinaria, perché se la realtà non è fatta di solo bianco non può neppure ridursi unicamente a nero (sarebbe un vero incubo!): eppure si ha la sensazione che, talvolta, qualche emulo del cuoco basco – e alcuni appassionati – ne travisino il messaggio, interpretando la golosità e le rotondità come un disvalore o, persino, una debolezza. La precedente citazione consente altresì di comprendere l’approccio di Aduriz alla materia prima e al territorio, altri ambiti spesso fraintesi.
Innanzitutto, l’ingrediente – di qualità superiore alla media (diversamente da come si legge qui e lì) – è strumento e non obiettivo, ovverosia ciò che consente di indagare la realtà, facendone anche (ma non sempre) un utilizzo off-label: in molti casi, ciò che viene in risalto è la textura – anche a seguito di profonde trasformazioni, a discapito del gusto -, una dichiarata ossessione che, tuttavia, non si riduce mai a onanismo, ma mira a fornire una rappresentazione alternativa della materia nonché a valorizzare sensazioni che trascendono il gusto. In secondo luogo, diversamente da come potrebbe sembrare, la cucina di Aduriz è profondamente territoriale e legata al contesto: tuttavia, vi è chi trovandosi davanti a un oggetto – o un paesaggio – tende a darne una rappresentazione realistica (più immediata e riconoscibile) e chi è mosso dal desiderio di sviscerare anche l’invisibile. Questo approccio è indubbiamente sfidante e, a tratti, disorientante, sicché non stupisce che una non trascurabile parte degli avventori escano da questo luogo contrariati: ciò che non si conosce spesso spaventa e la distanza netta da alcuni modelli tradizionali – veicolati da guide e classifiche – può infrangere le aspettative che questi portano con sé. Pertanto, è indispensabile essere chiari: Mugaritz e Aduriz pretendono di essere scelti con consapevolezza e la giusta attitudine mentale, non per depennare l’ennesima tappa da un lungo elenco.
L’incessante esplorazione della materia
Il primo dei benvenuti – che, tutt’altro che casualmente, vengono serviti all’esterno del ristorante – sintetizza con rara precisione i capisaldi del pensiero di Aduriz: Herbarium of wild and cultivated plants è un una sorta di foglio-pergamena fatto di porro ed erbe spontanee che crescono sui prati che circondano il ristorante, a riprova, da un lato, del legame di quest’ultimo con la natura e territorio e, dall’altro lato, del livello raggiunto nello studio della testura e della materia. Tuttavia, la ricerca non può prescindere da un approccio scientifico, come dimostra Enzymatic molasse of rye bread and sea urchin: un riccio di mare accompagnato da una melassa – viscosa e umami – ottenuta dal lavoro dell’amilasi – un enzima – sul pane: una nuova frontiera sino ad oggi inesplorata (peraltro, il piatto è stato presentato anche alla cena che Aduriz ha cucinato al Del Cambio di Torino per Buonissima: in quel caso, la melassa era di pasta e il riccio era stato sostituito dall’astice). La vetta del percorso è Sake handkerchief, un autentico colpo di genio in cui la bevanda giapponese si trasforma in un fazzoletto edibile – dalla texture simile alla carta bagnata – fatto con il koji (o aspergillus oryzae), ovverosia uno degli ingredienti della bevanda, insieme ad acqua, riso e lievito. Il “boccone” viene accompagnato da due sake dello stesso kura (produttore), ma con due stili divergenti (l’uno più dolce e morbido e l’altro più secco). Una bevanda che si fa solida e, nel contempo, la genesi di un prodotto condensata in un piatto. Ancora, in Creamy cuttlefish, la seppia – unita a mascarpone, caffè e cardamomo – assume la consistenza di un mochi, sgretolando la memoria tattile che si ha dell’ingrediente, in un boccone estremamente goloso. Un altro passaggio incisivo – anch’esso presente a Torino – è Animal cake, un tiramisù in cui il ruolo del biscotto savoiardo è interpretata da una cotenna di maiale: l’ennesimo inganno di consistenze, l’abbattimento del confine tra dolce e salato – un altro caposaldo della cucina di Mugaritz – e la componente animale utilizzata in modo a dir poco originale, controcorrente rispetto al proliferare di menù total green. In ogni menù di Mugaritz ci sono poi dei passaggi confortevoli e tesi a celebrare l’ingrediente e la tradizione con un approccio più canonico – in cui, tuttavia, si coglie la straordinaria padronanza delle cosiddette “basi” -, come in Product and tradition – un’orata cucinata come uno yakitoriLo yakitori è un piatto tipico della cucina giapponese, e consiste in degli spiedini di pollo. Gli yakitori sono composti da pezzetti di pollo o da frattaglie dello stesso infilzati su spiedini di bambù e grigliati, di solito su carbonella Binchōtan. In Giappone, nei ristoranti di yakitori (yakitori-ya), si ritrova ogni possibile parte di pollo. È quindi possibile ordinare spiedini... Leggi, brodo e crutons preparati con le parti povere del pesce e piparras – ed in Spiny lobster – Aragosta, pistacchio e crema delle sue uova -. La parte finale del percorso quest’anno ha definitivamente abbandonato ogni riferimento alla dolcezza – è stata eliminata anche la rassegna di cioccolate a cui ci si era abituati – ed è affidata a Trick: posto che l’intero pranzo ha visto raramente l’utilizzo delle posate, perché non terminarlo raccogliendo un formaggio blu con il dito mozzato a chissà chi (un dito fatto di estratto di carota e con un osso croccante fatto anch’esso di carota)? Un sorriso sancisce il termine del percorso.
Un cenno merita il programma Vis à Vis: i vini dell’abbinamento meno impegnativo sono tutti di cantine spagnole che hanno lavorato al fianco di Haemin Song – la sommelier, capace come pochissimi di comunicare e raccontare ciò che propone agli ospiti – per produzioni sartoriali (nell’ordine di 100/1000 bottiglie) riservate al solo Mugaritz: un’idea brillante, che consente di bere unicità più che rarità (l’ennesima idea fuori dal coro), ma che non è ancora parso completamente a fuoco in termini di valore intrinseco (la mono-provenienza rappresenta un limite oggettivo), soprattutto se comparato con il livello (straordinario) dell’abbinamento proposto lo scorso anno. In conclusione, Andoni Luis Aduriz e Mugaritz sono a tutt’oggi capaci più di ogni altro di mettere in crisi – l’accezione è positiva – il concetto di ristorante, insinuando sempre più il dubbio (o la speranza) che l’oggetto cui si rivolge quel participio presente non debba essere soltanto lo stomaco, bensì possa comprendere ben altro.
La Galleria Fotografica:
Herbarium of wild and cultivated plants (I). Herbarium of wild and cultivated plants (II). Aromatic brush. Fig with seeds. Gazes [zucchero di melassa di mela, caviale e pinoli]. Il primo vino in abbinamento. White tuna with its “marmitaco” stew [Ultimo tonno bianco estivo messo nel garum due giorni, servito con salsa di marmitako (stufato: tonno bianco, peperone e peperoncino)]. Enzymatic molasse of rye bread and sea urchin. La seconda coppia di vini in abbinamento, due chenin molto diversi tra loro. Marrow and banana cream [Osso “ripieno” di crème brûlée di banana]. Bite tartar [tartare di grasso e carne di wagyu (in proporzione 1:1) in mezzo a due foglie di nasturzio]. Il vino in abbinamento ai due piatti precedenti. Sake handkerchief. From Chikugo to Ebro [Riso allo zafferano inoculato con koji, quisquillas e un fiore di zafferano selvatico]. I sake in abbinamento ai due piatti precedenti. Product and tradition [Orata cucinata come uno yakitori, brodo fatto con le parti povere, crutons fatti sempre con il pesce e piparras]. Il vino in abbinamento al piatto precedente. Animal cake. Dark tuna cured in honey. Creamy cuttlefish [Mochi di seppia, mascarpone, caffè e cardamomo]. Il vino in abbinamento ai tre passaggi precedenti. Spiny lobster [Aragosta, crema delle sue uova e pistacchio]. Il vino in abbinamento al piatto precedente. For everyone [Sopressada di pomodoro, arachidi e noci -pelle fatta con lo scooby – miele di kombucha]. Il vino in abbinamento al piatto precedente. Wild duck with pickled blackberries [Anatra selvatica cotta lungamente a bassa temperatura e affumicata, more e salsa di more fermentate]. Il vino in abbinamento al piatto precedente. Black Shallot and Idiazabal [Cipolla cotta 4 giorni e Izidiabal]. Il vino in abbinamento al piatto precedente. Roast chicken and apple [Buccia di mela al forno e riduzione di pelle di pollo arrosto]. L’abbinamento al piatto precedente (sidro di mele). Octopus gummy [Caramella gommosa di polpo]. Mountain and sea [Ostrica affumicata in brodo di agnello]. Between marshes, molluscs and sea fennel [Finocchio marino in tempura e cappalunga]. L’abbinamento ai tre piatti precedenti. Trick (I): il ditto fatto di estratto di carota con all’interno un “osso”, anch’esso di carota. Trick (II): il formaggio blu. L’abbinamento ai piatti precedenti. Il servizio dei benvenuti all’esterno del ristorante. La sala. Ancora la sala. L’ingresso del ristorante.
[…] un piatto che fa venire alla mente “Gnocchi and parmesan sauce“, servito da Aduriz proprio in questa cucina, in un rapporto di specularità (lì il tendine c’era ed era dissimulato […]