Passione Gourmet Diverxo - Passione Gourmet

Diverxo

Ristorante
Calle de Padre Damián, 23, Madrid, Spagna
Chef David Muñoz
Recensito da Claudio Marin

Valutazione

19/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • La qualità delle materie prime e il livello tecnico.
  • Le numerose culture e citazioni gastronomiche che si intersecano con incredibile naturalezza.
  • Il servizio di sala: la perfetta commistione tra precisione ed empatia.

Difetti

  • Il prezzo del menù, in seguito al recente significativo incremento, è diventato molto impegnativo.
  • L’esterno del ristorante non è all’altezza (ma nel 2024 si trasferirà in una nuova sede, in zona La Finca).
Visitato il 06-2022

Diverxo: una cucina di rivendicazione identitaria

L’approccio all’alta ristorazione di David Muñoz è ben sintetizzato dal nome del suo ristorante, Diverxo. Infatti, una volta saliti i primi gradini che conducono alla sala, si ha immediatamente la sensazione di trovarsi in un luogo pensato da una persona che desidera rivendicare la propria identità; il diritto di far parte del gotha della gastronomia mondiale senza dovervi rinunciare ma, al contrario, celebrandola. 

L’emblema di questa attitudine è rappresentato con immediatezza dall’estetica della sala – una commistione tra manga, Dalí, cartoni animati, etc. – che, pur non incarnando i canoni della più tradizionale eleganza, non lascia certo indifferenti. Tuttavia, una volta superato l’approccio iniziale – un po’ straniante e, nel contempo, divertente – ci si rende immediatamente conto di come l’esperienza sia pensata e curata nel minimo dettaglio al fine di assicurare all’avventore il massimo comfort: ciascun tavolo – ben distanziato dagli altri e perimetrato da una tenda, per la massima privacy –  è seguito da un solo cameriere, con attenzione alla lingua parlata dall’ospite; le sedute sono straordinariamente comode, ciascuna portata viene accompagnata da un cartoncino che ne illustra nel dettaglio gli ingredienti e la preparazione (che meraviglia!) e la posateria è sempre perfettamente studiata per facilitare l’approccio al piatto (le mini marise per le salse – già presenti da anni alla Madonnina del Pescatore – ne sono un esempio).

La carta dei vini è profonda e ricca di rarità, molte delle quali offerte a prezzi assolutamente corretti, se non convenienti. Per altro verso, il prezzo del menù – da poco sensibilmente incrementato e oggettivamente impegnativo – risulta commisurato alla qualità dell’offerta e all’eccezionale livello della materia prima impiegata. 

Il nuovo menù “flying pigs cuisine”

Il nuovo menù “Flyng pigs cuisine” è un concentrato densissimo di ricordi personali – la cucina spagnola è sempre presente – viaggi – spesso trovano posto tecniche e sapori orientali, indiani e giapponesi – feticci gastronomici – il wagyu A5 di Kagoshima, l’astice galiziano, le angulas – e perversioni, come la citazione del culto francese dell’ortolano (oggigiorno vietato e, quindi, “sostituito” da una quaglia di trenta giorni di vita, di cui venti passati all’ingrasso). 

Una cucina che mira a combinare elementi tra loro distantissimi, all’insegna dell’individualità del Cuoco. Come se quest’ultimo avesse l’urgenza di trasporre nel proprio percorso di degustazione quanto ha visto, assaggiato, imparato, letto e ascoltato nel corso della propria vita, infischiandosene dell’apparente incomunicabilità tra mondi e culture così distanti. Una cucina “di vissuto” che, come tale, non è riconducibile a generi o correnti; in cui il tratto che accomuna tutti i passaggi è una notevole immediatezza palatale – che, tuttavia, cela un livello di complessità e tecnico non comuni – nonché un utilizzo tutt’altro che timido di spezie e note piccanti, decisive nell’equilibrare le sapidità.

La cucina è una sola e, come tale, senza limiti

In molti casi le portate sono costruite intorno a un ingrediente principale – di qualità eccelsa: tonno, astice, agnello, piccione, wagyu e quaglia – declinato in più preparazioni (echi baschi, kaiseki, ma anche Pierre Gagnaire e Enrico Crippa). Ad esempio, in Tonno rosso con pomodori, il classico binomio viene trasposto in più “versioni”: un sashimi di ventresca di tonno da intingere in un consommé di pomodori dalla straordinaria concentrazione (8 chilogrammi ridotti per 24 ore, con una resa finale di 250 ml), un altro boccone di pancia di tonno cotto sui carboni così come il pomodoro che lo accompagna nonché del midollo di tonno essiccato e fritto da mangiare con un marmitako – una zuppa di pesce basca – preparato con lo stesso midollo, pomodori gialli, calamansi e ají giallo

Lo stesso schema vale per Astice della Galizia svegliandosi sulle spiagge di Goa, un incontro tra cucina spagnola e indiana: il corpo è arrostito lentamente nel tandoor e accompagnato da pelle di latte di bufala, butter massala, chutney di pomodoro e riso di sushi; la testa è insaporita con curry vindaloo e le chele servite con un pani puri ripieno di salmorejo. 

La vetta del menù, che sfugge dalla regola compositiva di cui si è detto, è Mondo al contrario: insalata congelata del fondo del frigorifero e i suoi contorni marini in cui il vero protagonista del piatto è un’insalata ghiacciata (tra i tanti ingredienti: semi di pomodoro, olio d’oliva, rucola selvatica, edamame, emulsione di lattuga e lamine di ghiaccio sfogliate) a cui vengono accompagnati – proprio a mo’ di contorno, in un’inversione di ruoli –  bocconi di triglia, rombo e occhialone cotti sulla brace da yakitori (su di un solo lato), a conferire una doppia consistenza. 

Un rovesciamento delle texture tradizionali è poi rinvenibile in Sashimi tiepido di angulas fritte al contrario, in cui le piccole anguille vengono abbattute a -40° centigradi (per irrigidirne la spina dorsale), scongelate e irrorate con olio bollente che dona loro una consistenza croccante – e non morbida, come quella consueta –, insieme ad una velouté di molluschi sfumati con del riesling, funghi enoki e seppia alla brace

E ancora…

Sul versante delle carni, i passaggi che più ci hanno colpito sono stati il filetto di Piccione macerato una settimana [nel Palo Cortado] – servito freddo con la sua marinata e in perfetto equilibrio con il caviale, le note salmastre ed erbacee del plancton nonché la grassezza del tuorlo –, i Succhi dell’arrosto dell’agnello, latticello con olio di erbe dei Pirenei, gnocchi all’aglio nero – dall’inaspettata delicatezza ed eleganza – nonché la Royale di brodo di vitello bianco e katsuobushi, un “boccone” di brodo di manzo dalla straordinaria intensità e concentrazione. 

Per ciò che attiene ai dessert, il primo dei due proposti – Risotto di burro tostato con tartufo estivo – è nettamente il più interessante. Si rivela infatti essere un piatto che si colloca a cavallo tra il dolce e il salato, eccellente nell’equilibrare numerosi sapori ed ingredienti, tra cui noce moscata, barbabietola, pepe bianco, olive nere, aceto balsamico di Modena e rabarbaro

In conclusione, il motto David Muñoz è “Vanguardia o morir”, ma qui l’avanguardia non si traduce in discomfort, stimoli che vadano oltre i cinque sensi o piatti di difficile approccio – significato che, pure, trova in Spagna le proprie radici nonché cuochi tra i più illustri – bensì in un’accezione egoriferita, intesa come fedeltà assoluta ai propri gusti e al più sfrenato edonismo, rifuggendo presunti limiti – tra cui l’incomunicabilità tra differenti culture e tradizioni gastronomiche – o tendenze effimere, in un’esperienza che indubbiamente è attualmente tra le più significative a livello internazionale.

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