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Angulas

Tra i cibi più cari in assoluto, con prezzi che oscillano dai 1000 ai 5000 euro al chilo, sono gli avannotti, ovvero i piccoli delle anguille, quelle che in Toscana e, in particolare nel versiliese, sono conosciute come cèe, ovvero le cieche. Un tempo numerosissime risalivano l’Arno, ma anche molte altre valli d’acqua italiane (nel ferrarese, ad esempio, ma anche in Puglia) e venivano pescate con particolari sistemi di cattura. Oggi che la specie è a rischio, la pesca di angulas è vietata in Italia e fortemente regolamentata in altri paesi come Spagna, Portogallo e Francia. Le anguille, del resto, non solo non si riproducono in cattività ma lo fanno solamente nel Mar dei Sargassi (al largo della Florida) lì dove tutte sono nate. Una volta schiuse le uova le piccole anguille si rimettono in viaggio per tornare nello stesso identico luogo dal quale la loro mamma è partita. Ci impiegano parecchio, e arrivano ancora cieche, da cui il nome italiano. In Spagna si trovano in genere conservate sottovuoto o in barattolo ed hanno un colore bianco latteo, mentre da vive sono trasparenti come tutto il novellame. Particolarmente apprezzate nella cucina basca, ma anche in quella asturiana e gallega, sono alla base di diversi piatti tradizionali.

Visti i limiti giustamente imposti alla pesca e l’alto prezzo delle anguille, si è molto diffuso un succedaneo delle angulas con il nome di gulas: si tratta di surimi ottenuto da simil-merluzzi (in particolare il Pollachius Pollachius) che imita per colore, forma e consistenza le angulas originali.