Valutazione
Pregi
- L'ospitalità della Famiglia Santini.
- L'ambiente ameno e di grande raffinatezza.
- La monumentale carta dei vini con opportunità interessanti anche al calice.
Difetti
- Anche il reparto dolciario potrebbe essere attualizzato.
La famiglia Santini e l’archetipo di ospitalità
Se dovessimo menzionare un classico imprescindibile che ha fatto la storia della grande ristorazione italiana, il nostro pensiero correrebbe, senza dubbi, al ristorante della famiglia Santini, sperduto nella placida quiete del parco dell’Oglio, tra Mantova e Cremona. Dal Pescatore, oltre a essere un archetipo dell’ospitalità, è un luogo ameno e rassicurante, di essenziale eleganza. Un relais di campagna raffinato come quelli provenzali. Un tempio dell’accoglienza che si prefigge, da sempre, l’obiettivo di porre il benessere del commensale al centro dell’esperienza gastronomica. Nonostante le luci dei riflettori mediatici si stiano soffermando su altre realtà, ancora oggi un’esperienza a Casa Santini riesce sempre a regalare qualcosa di nuovo che rimane scolpito nella memoria. Merito soprattutto delle nuove generazioni che stanno imprimendo la propria personalità sia in sala sia in cucina, in un luogo che – ed è proprio qui che l’impresa diventa più ardua – deve rimanere intatto e degno della sua storia.
La maturità delle nuove generazioni e la spinta verso una nuova eccellenza
L’estetica dei piatti di Giovanni Santini, erede di Nadia ai fornelli, è estremamente curata e la nettezza dei sapori valorizza al massimo un prodotto di estrema qualità che non ricordavamo così buono nel recente passato. È un connubio tra la naturalezza e la sincerità della cucina di campagna che sposa la classe della cucina d’Oltralpe. E allora vediamo affiancarsi ai leggendari Tortelli di zucca, ode al territorio, sempre più buoni con il loro suadente ripieno dai contrappunti in perfetto equilibrio tra sapido, dolce e piccante, salse a specchio che lambiscono ingredienti selezionati con rigore. Lungimirante, da questo punto di vista, anche il lavoro che la famiglia sta facendo con il progetto agricolo di Cascina Runate, a due passi dalle cucine, che ospita ettari di orto, prati e bovini allo stato brado (la scottonaCon il termine scottona si intende la femmina di bovino dall'età compresa tra i 15 e i 22 mesi, che non ha ancora partorito.... Leggi che vi verrà servita proviene da qualche metro al di là del patio). Ricorderemo a lungo la salsa Apicius con una meravigliosa Faraona di fattoria (Azienda Agricola Laura Peri) cotta magistralmente e senza ausilio di sous vide eppur morbida e succulenta. Tante verdure protagoniste, nella loro interezza organolettica: l’Orto di Primavera gioca su toni vegetali e salmastri con un’orata servita ad una maturazione – e con una sapidità – ottimale che si bilancia con la delicata crema di cannellini la cui persistenza è allungata dalla freschezza di asparagi, pisellini e altre verdure croccanti. Il Carciofo violetto (tardivo) di Albenga, in due consistenze, servito con erbe aromatiche è paradigmatico dell’espressione gustativa cangiante dell’ortaggio, declinato in due variazioni, cotto e crudo. Preparazioni, tutte, al contempo lineari e complesse. Il reparto dolciario continua ad offrire grandi classici tra goduriosa sostanza (il SoufflèPreparazione di cucina classica francese, sia dolce che salata, dalla caratteristica forma gonfia e allungata per la presenza di albumi d’uovo presenti all’interno. La cottura del soufflé in forno avviene lentamente, generalmente a bagnomaria: è un processo molto delicato ed a cui bisogna prestare molta attenzione. Ogni soufflé è costituito da due componenti di base: una crema (solitamente burro, farina... Leggi all’arancia con coulisCon il termine "coulis" si intende una salsa dalla consistenza densa e cremosa che somiglia ad una purea di frutta o di verdura.... Leggi al frutto della passione o la Torta agli amaretti) e densa leggerezza (Maccheroni di ananas, crema chantilly, frullato di lamponi e frutta fresca), immancabili per un finale che predilige più la gola. La carta dei vini, argutamente ordinata per annate, è monumentale, offre opportunità interessanti anche al calice e, a memoria, appare una di quelle coi ricarichi più sostenibili tra i tristellati dello Stivale. La gestione della stessa e il coordinamento di un servizio di sala giovane, dinamico e sempre sopra le righe ma mai invadente, sono affidati alla regia del secondogenito Alberto, che sta emergendo con classe nel solco di quel gigante dell’accoglienza che è papà Antonio che continua a dissimulare classe e professionalità dietro una irresistibile simpatia. Ci sono tre menù degustazione proposti: da 150, 210 e quello più esaustivo, da 290 euro, che consigliamo caldamente; un percorso certamente impegnativo ma del quale vi ricorderete più per la proverbiale esperienza che per il conto pagato.
IL PIATTO MIGLIORE: Faraona con salsa Apicius.
Finalmente il 17, chapeau.