Valutazione
Pregi
- Un gioioso luna park interamente dedicato alle emozioni del gusto
Difetti
- Non è semplicissimo giungervi
Uno dei torti più grandi che si potrebbe fare ad Andoni Luis Aduriz e alla sua cucina è quello di catalogarla.
Senz’altro ci si trova di fronte a uno chef abilissimo e complesso che ha attraversato varie fasi in cui i concetti, le idee evocate nei suoi piatti richiedevano un approccio non esattamente godereccio, non nelle corde di tutti, specie quando ci si trovava di fronte a ostentate sperimentazioni o veri e propri trompe l’oeil, visivi e gustativi.
Quelle erano fasi di una crescita, di una maturazione professionale che al centro del proprio obiettivo aveva sempre, comunque, una costante e personale ricerca del gusto senza compromessi di sorta.
La destinazione finale del viaggio di questo chef è sempre stata, infatti, e ora è più chiaro che mai, la materia, l’elemento primario.
Niente arzigogoli od ostentazioni fini a se stessi, anche se tali potevano apparire.
Il percorso che lui ha compiuto per arrivare all’esaltazione di essa è stato senz’altro originale.
Sembra quasi che lui abbia voluto mettere dei filtri attraverso i quali farci avere percezioni graduali, come se arrivare dopo qualche step alla meta la rendesse ancora più gustosa e soddisfacente.
Una cucina non meno materica di tante altre, solo con dei passaggi propedeutici e probabilmente necessari, senz’altro stimolanti e non necessariamente tutti comprensibili.
Rispetto ad anni fa il viaggio si è spogliato di qualche tecnicismo che lo caratterizzavano per un messaggio ora ancora più diretto ed efficace.
E senz’altro più semplice, anche se il retaggio di qualche passaggio cerebrale tutt’ora persiste.
Certo, si parla di una semplicità solo apparente poichè la vera grandezza e la vera cultura, in questo caso gastronomiche, sono legate alla capacità, unica, di riproporre efficacemente quello che si è assimilato nel corso delle proprie esperienze.
Ora è tecnica e pura conoscenza della natura applicate.
Natura intesa non solo come rispetto delle proprietà degli ingredienti, in primis quelli vegetali presenti in quasi ogni preparazione, ma come applicazione delle potenzialità di ognuno di essi e delle combinazioni che ne possono derivare.
Per non parlare della proverbiale abilità a utilizzare i giochi di texture, ormai una cifra stilistica dello chef basco.
E tecnica….
Beh, la conoscenza della tecnica di questo chef è chiaramente ai massimi livelli possibili.
Basti pensare che, già dotato di proprio innegabile talento, è passato per le cucine di Berasategui, Subijana, Zuberoa, Arzak e, dulcis in fundo, Ferran Adrià.
Il meglio dello scibile gastronomico spagnolo e non solo.
E allora ecco, come detto, giochi di consistenze, l’uso di gelatine come veicoli dell’umami, alternarsi di salato, dolce e acido, salse tirate alla grande, fermentazioni, fritti eterei, sfoglie impeccabili, cotture perfette, grassi dosati al minimo sindacale, creme squisite, incastri convincenti di sapori.
Il risultato oggi è una festa curata in ogni particolare dove il divertimento è altamente fruibile sia per l’appassionato e disincantato frequentatore di grandi tavole che per il turista solo occasionalmente dedito alla frequentazione di straordinari chef o per il neofita agli inizi delle proprie esplorazioni nell’alta cucina.
C’è un solo percorso di degustazione, gioiosamente presentato da uno staff entusiasta, diviso in tre parti che contempla il coinvolgimento attivo dei commensali come elemento essenziale.
Quasi che questa complice partecipazione, anche ludica e quasi dissacrante in taluni momenti, sia l’ingrediente finale senza il quale l’esperienza non possa definirsi completa.
La prima parte è costituita esclusivamente da finger food a stabilire un contatto primordiale col cibo attraverso piccole preparazioni curate e risolte in sé, già dimostrazioni del livello di perizia della cucina.
Segue una seconda parte di piatti tra l’ottimo e l’eccellente all’insegna del “chissà cosa arriva adesso in tavola” di spasmodica e infantile frenesia.
Aspettativa che non viene delusa da piatti impeccabili per rigore formale e concentrazione di gusto.
E’ un luna park e, come tutti i luna park che si rispettano, richiede l’abbandonarsi spensieratamente a esso come migliore condizione per poterne godere appieno.
Ravanelli e concentrato di pomodoro.
Marshmallow di cipolla, pinoli, sangue di maiale e cacao.
Carote con la loro crema.
Sfoglia di pelle del pollo con sua gelatina, crema di aglio e acetosellaOxalis acetosella (nome comune Acetosella dei boschi) è una piccola pianta alta fino a 12 cm, appartenente alla famiglia delle Oxalidaceae. Il nome comune della pianta deriva dal sapore acidulo (ma anche aspro) delle foglie usate anticamente come condimento per le insalate e che ricorda appunto l'aceto. Anticamente (nel Medioevo) si usava come condimento. Al pari dell'acetosa arricchisce di sapore... Leggi.
Il livello di questa sfoglia lascia pochi dubbi sulla grande abilità tecnica di questa cucina.
A proposito di texturas….
Differenti consistenze di kokotxa (la parte sotto il mento) di baccalà. Pelle croccante con dentro kokotxa gelatinosa ed erbe. Un biglietto da visita dello chef.
Cromesqui (frittella) di tendini e ceci.
Crema di pinoli e malto con germogli di Teff (un cereale etiope vagamente amaro che completa gli amuse bouche) che fungono da…..scarpetta.
Decadentia….
Mousse di anguilla affumicata con erbe di campo e, sullo sfondo una forchetta di….zucchero fatta con isomalto, omaggio al periodo storico (1500 circa) in cui lo zucchero valeva più dell’oro. Anguilla con lo zucchero in versione basca.
Capasanta con lenticchie fermentate.
Il protagonista del piatto? Ovviamente le lenticchie e la loro elegantissima acidità.
Guancia di manzo con susine e crauti liofilizzati.
Pan de cristal, crema di kuzuIl kuzu, o kudzu, è un amido estratto dalla radice della Pueraria lobata, pianta tradizionale giapponese dalla quale si ricava questa polvere bianca che funge da addensante. Solitamente infatti, è utilizzato in cucina per addensare e gelificare preparazioni come budini o zuppe.... Leggi (fecola tratta da una pianta giapponese) e caviale di alghe.
Intermezzo giocoso portano l’occorrente per giocare alla morra. Chi vince si becca il caviale. Teoricamente.
CiccioliI ciccioli ('cicoli' in dialetto napoletano) sono un prodotto alimentare ottenuto dalla lavorazione del grasso del maiale nella preparazione dello strutto. Il grasso viene tagliato in piccole parti e viene messo a cuocere su fuoco lento così da far fondere la parte grassa e consentire l'evaporazione dell'acqua contenuta. Quando i pezzi di grasso hanno acquistato un colore giallastro vengono versati... Leggi, zafferano, mais tostato, aglio e un aspic di erbe e germogli.
Tutti in piedi nella sala a pestare e mischiare a piacimento. Ancora meglio con l’aggiunta di pane.
Pesto all’opera….
Crema di zucca con granseola e pasta di arachidi.
Pane, baccalà e caffè.
Il caffè è una spezia e qui lo si comprende appieno.
Triglia con wafer di caramello.
Triglia impeccabile anche se il piatto è un passaggio piuttosto anonimo (o felicemente incompreso).
Polipo con salsa di trippa di maiale.
Fesa di puledro co squisita crema di limone, aceto, olive e origano.
Quando il comprimario ruba la scena al protagonista.
Crema con crumble di mais e riduzione di Pedro Ximènez…..
…..e biscotto alla brace.
Leggera tempuraLa tempura è un piatto tipico della cucina giapponese a base di fritto misto di molluschi, crostacei e verdure. Gli ingredienti vengono intrisi, prima della frittura, in una pastella di farina di riso, acqua gasata e ghiaccio.... Leggi di crema pasticceraLa crema pasticcera o pasticciera è una crema a base di tuorli d'uovo, zucchero, latte e farina (oppure amidi o fecole). Viene servita come tale, ma più comunemente rientra in guarnizioni o farciture per torte, pan di spagna, bignè, crostate ed altri prodotti di pasticceria. Ne esistono cinque varianti principali, quali al limone, al cacao, alla vaniglia, la crema diplomatica... Leggi con pietra (di mannitolo) da grattare…
Meringa con crema al latte e polvere di caffè.
Ciambella di cioccolato e caramello.
Crema e tuile all’arancia con chiodi di cioccolato.
I sette peccati capitali.
Orgoglio.
Invidia.
Ira.
Gola.
Dopo l’avarizia, significativamente vuota, ecco la lussuria.
Pigrizia.
Una gran bevuta …
Interno…..
Orto autosufficiente.
Baia de La Concha dal Palacio de Miramar.
Clima mundial.
È una cucina difficile da decifrare, quella di Aduriz. Cerebrale, ma anche materica. D'inusitata finezza, ma a volte pronta a giocare su registri (apparentemente) rustici. Ludica, a tratti quasi surrealista, ma anche terribilmente concreta. Complessa – il massimo della complessità -, ma anche, almeno in alcuni passaggi, minimalista. Sempre e comunque: dissacrante, imprevedibile, spiazzante (altro che rivisitazioni di lasagne, Caesar salad e bolliti non bolliti uguali ai bolliti: qui si gioca in un’altra categoria). Certo, non si può catalogare; o, per essere più precisi, non si riesce a catalogare: ma questo è precisamente il segno del genio, per usare una parola di cui quasi sempre si abusa. Poi può piacere o meno, e ci mancherebbe altro, ma a questi livelli è quasi secondario. Aduriz è uno dei pochi – forse oggi l’unico – che non cucina per i critici e in un certo senso neanche per il pubblico (nel senso che il suo obiettivo non è épater le gourmet, come cercano quasi tutti, nella cosiddetta cucina alta, spesso in modo fine a se stesso). Uno dei pochi che provi nei fatti, e non a parole, a elevare la cucina a forma d’arte. Speriamo che la terza stella non gliela diano mai, non fa per lui.
Il polipo è una malattia. Il polpo è invece quello che si mangia, con salsa di trippa di maiale. http://it.wikipedia.org/wiki/Polipo Ad maiora
L'etimologia è controversa. Il termine trae origine dal latino "polypus" da cui il termine polipo. Anche l'Accademia della crusca, certo più attendibile dello stentoreo e spesso superficiale wikipedia, indica semplicemente polpo come il termine più corrente ma non come quello giusto rispetto a un altro sbagliato. Saluti