Passione Gourmet Mugaritz, Andoni Luis Aduriz . Errenteria - Paesi Baschi - By Orson - Passione Gourmet

Mugaritz, Andoni Luis Aduriz . Errenteria – Paesi Baschi – By Orson

Ristorante
Recensito da Presidente

Valutazione

18/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

Difetti

Visitato il 04-2024

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Che cos’è l’alta cucina ? Quando andare al ristorante smette di essere un’esperienza conviviale per diventare altro?
Ogni volta che si entra in dibattiti di questo tipo, le posizioni si polarizzano tra chi pensa che la cucina sia un’espressione artistica e chi la ritiene una forma d’artigianato, anche nelle sue massime vette.

La diatriba mi ha sempre appassionato poco (anche perché sullo stesso limite tra arte e artigianato si può discutere non poco), ma mi sono nel tempo convinto di una cosa: ci sono, rare, esperienze culinarie che colpiscono nel profondo, evocano memorie o si fanno, esse stesse, memoria. Capita quando ci s’imbatte nell’opera di chef che esprimono con i loro piatti un complesso percorso di ricerca, spesso lungo, travagliato, segnato dalla loro particolare, estrema sensibilità.

Andoni Luis Aduriz è un cuoco che rappresenta in pieno la più alta forma possibile di cucina contemporanea e una visita nel suo ristorante, il Mugaritz, è una tappa imprescindibile per chiunque abbia un reale interesse al tema, un riferimento che, personalmente, vale come spartiacque tra categorie ( i grandissimi; gli altri ) .

Alla prima visita, 5 anni fa, l’impatto fu fortissimo, al punto da riconsiderare persino la vicina esperienza da un impeccabile Berasategui come eccellente ma meno significativa. Tornarci, aiutati questa volta da un GPS, è al tempo stesso emozionante e un po’ intimorente: cosa sarà successo alla sua cucina in questi anni? Come sarò cambiato io stesso, dopo 5 anni di viaggi alla ricerca di esperienze comparabili a questa e raramente trovate (il Noma, Dacosta, Lopriore, il Mistral di Stoccolma forse) ?
Il locale e l’accoglienza ( confort, cordialità ) sono gli stessi, l’offerta è limitata a 2 menu, uno, il Sustraiak, che si presume meno innovativo; l’altro, il Naturan, in cui si dovrebbero esprimere le idee più attuali dello chef, con la possibilità ( non scritta ) di sceglierne uno e pescare qualcosa dall’altro.
Opto per il Naturan, a cui chiedo di aggiungere gli gnocchi ( infelicemente “gnocci” sulla carta ) di formaggio Idiazabal in brodo di maiale iberico, su segnalazione felicissima di un amico navigato frequentatore di questi luoghi, già rimpiangendo di non aver potuto provarli entrambi ( visto che la volta scorsa il Sustraiak mi folgorò ).

Prima di iniziare: un divertissement, le sin troppo celebri patate al caolino, portate in una ciotola insieme a pietre molto simili, e il gambero appena scottato in un bouillon al riso, di eleganza infinita.

Si comincia con la kokotxa (è una parte della gola del merluzzo) di baccalà, servita con un’emulsione di miele d’acacia: gelatinosa come da classica preparazione basca, con un contrappunto del miele di finezza senza pari.

Poi è il pomodoro a essere celebrato, arrostito e con sorbetto del suo stesso liquido, un viaggio nella primordialità dei sapori.

Segue un piatto decisamente concettuale ( o, se volete, una presa in giro ): il raviolo più sottile del mondo, o meglio un non raviolo, il suo solo ripieno – granchio e noci fresche – in un leggerissimo consommé al profumo di limone: etereo, sfuggente, ancora una volta non lascia indifferenti ( ironia contro la ricerca di sfoglie sempre più sottili? Presa d’atto dei limiti della ricerca? ).

Un’altra presa in giro: il carpaccio in agrodolce, con scaglie di Idiazabal e di verdure, è in realtà fatto d’anguria. Una beffa un po’ fine a se stessa, che fa venire qualche dubbio su come si proseguirà. In realtà, a questo punto del nostro menù personalizzato, arrivano gli gnocchi di Idiazabal: una meraviglia, in cui la tecnica pemettte una perfetta riproduzione della consistenza dello gnocco di patate prima che il formaggio si sciolga letteralmente in bocca, contrastato da un bouillon tutt’altro che etereo. Formidabile.

Ancora sul concettuale, in un territorio un po’ passardiano: la scorzonera “fossilizzata” con uova di pesce, è un matrimonio di terroso e iodato mai provato, inusuale, un viaggio in territori non comuni, spiazzante.

Molto più abbordabile, almeno in apparenza, il rombo con borragine e una riduzione delle sue stesse lische: una cottura straordinaria, un contrappunto grasso della riduzione e iodato della borragine, inappuntabile.

Il vitello da latte arrostito e profumato con brace di vite, timo, cenere e sale, simula un pezzo di carne bruciata, per poi svelare un arrosto di perfezione assoluta: ancora un gioco, forse un po’ gratuito o comunque di cui non si capisce la necessità fino in fondo, che nasconde per un po’ un risultato comunque perfetto.

Il lombo d’anatra con complementi iodati e tartufo estivo è, ancora, un piatto di dissonanze, di rimandi tra terra e spiagge, di contrasti difficili: intendiamoci, la preparazione è perfetta, gli ingredienti ai massimi possibili (mai sentito un tartufo estivo così profumato) , è l’insieme che è inusuale, che non segue piste facili, che spiazza.

Il capitolo dolci è a sé: fantastici erano nel ricordo e fantastici sono. I frutti rossi con una zuppa di foglie d’arancia sono di inarrivabile finezza, mentre le nocciole, felce e vaniglia si presentano in forma di biscotto griffato, con il più formidabile gelato alla vaniglia immaginabile e la felce in guisa di simil stecco di vaniglia, e sono di inaudita golosità. Non resistiamo alla tentazione di un altro dolce (gentilmente offerto) e a sorpresa ci viene portato IL dolce dei nostri ricordi: il pain perdu al rosso d’uovo e caramello, gelato al latte crudo Mai uscito dalla carta del locale, è un assoluto capolavoro, rustico e, per paradosso, finissimo. Una maledizione, forse, perché come si fa a fare meglio?

E ci si convince (magari, sbagliando perche Aduriz è davvero un cuoco complesso ed è immodesto pensare di capirlo avendoci mangiato 2 volte) che più che nelle sperimentazioni più estreme e nelle provocazioni è proprio nell’evocazione del passato, mai banale, mai leziosa, che qui si toccano vette uniche, si colpisce il cuore e il cervello come da nessuno.
Si esce ancora riflettendo, si continuerà a farlo, fantasticando su quando si potrà tornare…

Ecco i piatti:

Gnocchi.

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Gamberi.

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Carpaccio…?

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Anatra.

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Pomodoro.

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Kokotxa.

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Patata.

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Frutti rossi

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il pregio : Uno dei “riferimenti” dell’alta cucina contemporanea.

il difetto : Qualche “compiacimento” tecnico non indispensabile.

Mugaritz – Andoni Luis Aduriz
Otzazuleta Baserria,
Aldura aldea 20.zk,
Errenteria – Gipuzkoa
Tel: (+ 34 ) 943 522455
Mail: info@mugaritz.com

chiuso: da domenica sera a martedì a pranzo
numero coperti: 40
alla carta: no
menu degustazione: 105 €, 135 € (+IVA 7%)

http://www.mugaritz.com/

Visitato nell’ Agosto 2009

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Orson

27 Commenti.

  • Il Guardiano del Faro13 Ottobre 2009

    Tra le più belle, o forse proprio la più bella recensione che abbiamo finora pubblicato...

  • massisol13 Ottobre 2009

    quoto!

  • Il Guardiano del Faro13 Ottobre 2009

    L'uomo giusto nel posto giusto. Il più cerebrale della banda alle prese con una cucina che si basa proprio su sensazioni visive/mentali .

  • Alberto Cauzzi13 Ottobre 2009

    Credo che il mio caro amico Orson abbia dato un punto di vista interessante del Mugaritz. A dire il vero anche del significato più alto della cucina moderna, a tratti condivisibile. Ciò che mi colpì, nella mia unica visita, fu l'estrema eleganza e personalità di questo Chef, decisamente fuori dagli schemi. Meno la sua centralità gustativa, molto più sottile e cerebrale, ad esempio, di quella trovata dalle parti di Bilbao.

  • Luca13 Ottobre 2009

    Bella recensione e belle foto, vorrei fare un giro da quelle parti in primavera conviene macchina o aereo? Luca C

  • emanuele barbaresi13 Ottobre 2009

    Grazie della bella rece. Ogni volta è un’emozione leggere il racconto di un menu del Mugaritz, anche perché gli spunti che questo ristorante offre sono innumerevoli. La dissimulazione, per esempio. È un elemento a volte presente nella cucina di Aduriz, ma a mio parere mai in modo ripetitivo o fine a se stesso. Il carpaccio (ma nel mio caso è stato di melone rosso, non di anguria) in agrodolce, scaglie di formaggio Idiazabal, frutta secca: forse solo un divertissement, è vero, ma intrigante come pochi (il contrappunto croccante della frutta secca attenua e al tempo stesso completa il tono complessivamente virato sul dolce del piatto, senza rompere l’armonia complessiva). Il vitello da latte arrosto colorato con antociani naturali, profumato con brace di vite e timo e servito con sale, ceneri e radici nere croccanti: un capolavoro cromatico e gustativo in cui la carne offre una consistenza straordinariamente moelleuse, più che banalmente tenera. Nettezza, contrasto, persistenza. Un piatto spiazzante, certo, come quasi sempre avviene qui, che ti lascia ko, senza fiato, senza parole. Quella di Aduriz è una cucina finissima, per paradosso, anche quando è rustica, per citare le parole di Orson. È volutamente dissonante. È leggibile con difficoltà proprio perché non dà punti di riferimento, non potendo averli. Ma è anche una cucina in cui l’essenzialità, il senso del bello e la capacità di saper estrarre ogni sapore, ovunque, comunque, non vengono mai meno. Sempre come dice Orson, il Mugaritz rappresenta la più alta forma possibile di cucina contemporanea. Concordo e aggiungo: più del Bulli, più di qualsiasi francese, non parliamo neppure degli italiani. Proprio per questo, per quanto mi riguarda, “deve” valere (almeno) 19. Direi: per definizione. A prescindere dai singoli piatti, più o meno riusciti, più o meno apprezzati, più o meno capiti, che si possono casualmente degustare una volta o l’altra. Per affinità culturale prima ancora che gustativa.

  • Alberto Cauzzi13 Ottobre 2009

    Caro Emanuele come la solito hai dato una descrizione limpida ed efficace del tuo pensiero. Condivido il 90%, purtroppo però sul tema della centralità gustativa ho qualcosa da ridire, e non sono l'unico. Anche Orson ha trovato alcuni passaggi non troppo convincenti in merito. I piatti del Mugaritz hanno la caratteristica finezza e tendenza all'etereo che spesso però è quasi evanescente. Sembra quasi che, alle volte, il gusto venga sottoposto all'impatto visivo e comunicativo. Insomma, per far paragoni con un suo simile, Dacosta soffre meno di questa problematica. A mio modo di vedere, s'intende. Credo che questo spieghi il 18. Come il mio, per altri versi, 18 a Redzepi.

  • emanuele barbaresi13 Ottobre 2009

    Lo immagino, altrimenti il 18 è difficile da capire… Io invece da Aduriz non ho mai trovato tendenza all'etereo né tanto meno all'evanescente. Non riesco neppure lontanamente ad associare questi due aggettivi ai piatti di Aduriz. Nemmeno nei due piatti citati, cioè gli unici che ho avuto "in comune" con Orson. Quanto al paragone con Dacosta, è chiaro che si tratta di due chef completamente diversi, che fanno una cucina completamente diversa. Quella di Dacosta è assai più facilmente comprensibile, anche perché più segnata da note dolci. È più elegante. È più monocorde (pur nella sua straordinaria e quasi inimmaginabile finezza: non vorrei essere frainteso!). Ed è meno evocatrice e cerebrale, ma al tempo stesso è anche meno materica. Rimanendo ai paradossi: ho mangiato meglio da Dacosta, ma intuisco una grandezza maggiore in Aduriz. Questa, almeno, è la mia opinione. Vediamo se la cambierò il prossimo maggio, ossia la prossima volta che dovrei passare dalle parti di San Sebastian…

  • rob7813 Ottobre 2009

    Ragionavo tempo fa con un amico a noi tutti comune su questo argomento e voglio riportare qualche impressione. Parlo forse del "nulla", non essendo mai stato al Mugaritz, ma proprio non condivido la scissione tra affinità culturale e affinità gustativa, tra concetto e realizzazione. Le due cose, a mio avviso, sono legate in modo indissolubile, perché pur sempre di cucina stiamo parlando. Il rischio è quello di dare eccessivo peso all’ideologico, al concettuale , componenti che senz'altro non sono da trascurare e a cui in Italia forse i nostri chef non danno l’ importanza data ad esempio da alcuni spagnoli. Ma non si può ragionare di una cosa senza l’altra, in bocca il risultato deve essere di pari livello, altrimenti, a mio avviso, non possiamo parlare di 19 e, forse, anche un 18 può sembrare eccessivamente generoso.

  • emanuele barbaresi13 Ottobre 2009

    Certo Rob, sono del tutto d'accordo te. E ovviamente per me al Mugaritz - almeno sulla base della mia esperienza lì - non c'è scissione tra concetto e realizzazione.

  • emanuele barbaresi13 Ottobre 2009

    Ops, è saltato un "con"...

  • emanuele barbaresi13 Ottobre 2009

    Rispondo a Luca: può convenire andare a Santander con un low cost (Ryanair da Bergamo) e noleggiare un'auto. Così, tra l'altro, si può passare da Bilbao e provare anche la cucina di Alja del Guggenheim Bilbao. Oltre che, ovviamente, visitare il celebre museo.

  • azazel13 Ottobre 2009

    disorientante...in 2 giorni escono la vostra recensione del mugaritz e quella su la grande abbuffata...la vostra è da considerarsi una risposta o era già programmata per oggi? il giudizio di aureliano e patatone non gira proprio proprio intorno ai 18...e il problema credo sia proprio di centralità gustativa...toccherà andare a verificare di persona!

  • rob7813 Ottobre 2009

    E' la bellezza di internet e di questa nostra grande passione: il confronto. Anche su posizioni diverse, sempre con rispetto. La cosa non era preparata, ma meglio non poteva venire :)

  • orson13 Ottobre 2009

    Sì il consiglio è, senz'altro, di andarci. Magari non aspettandosi una cucina golosa, magari già sapendo che è un cuoco che fa, da anni, un lavoro complesso e personale che richiede attenzione e che non è sempre facilissimo da afferrare. Per dircela come abbiamo fatto col buon Norbert oggi: Bresson (o Rohmer) non è Tarantino e magari non ha molto senso lamentarsi se non ha lo stesso ritmo o gli stessi movimenti di macchina. E si può godere, in modo diverso, dell'uno e dell'altro; come, magari, di Vissani e Lopriore...

  • Arcangelo Dandini13 Ottobre 2009

    Non trovate una precisa similitudine tra il pomodoro del Mugaritz e quello di Tassa?

  • Alberto Cauzzi14 Ottobre 2009

    A scanso di equivoci tengo a precisare che la mia posizione sul Mugaritz è molto più vicina a quella di Orson rispetto alle considerazioni espresse da Aureliano e Patatone. Credo che il raffinato gourmet debba avere una mente molto aperta e priva il più possibile di preconcetti. Sembra banale dirlo ma l'emozione può arrivarti da un piatto di grandissime tagliatelle al ragù così come da una sogliola cotta nello champagne con salsa orzata e Martini dry, vero Rob ? :wink: quindi approccio più laico possibile a tavola, nel senso più nobile del termine. Poi, non dimentichiamo, c'è anche la componente soggettiva, personale. E quindi può starci che ad Aureliano e a Patatone questo ristorante non sia piaciuto come ad Orson, come ci sta che il Noma non mi abbia entusiasmato come invece è successo ad Emanuele.

  • emanuele barbaresi14 Ottobre 2009

    In realtà il Noma non mi ha entusiasmato. Trovo che la sua cucina sia straordinaria e sono convinto che sia quasi incredibile arrivare a quei livelli utilizzando solo prodotti scandinavi. Penso che tecnicamente valga 19 e si possa considerare, quindi, tra i migliori ristoranti del mondo. Però non mi ha entusiasmato, anche perché accade abbastanza di rado che io possa entusiasmarmi e ancora meno in un ristorante. Negli ultimi cinque anni è successo solo da Passard, Dacosta e, appunto, soprattutto da Aduriz.

  • orson14 Ottobre 2009

    @ Arcagelo Anche sul manzo e il vitellino "bruciato" c'erano delle assonanze e delle differenze che ricordano proprio la lontananza/vicinanza degli chef. Naturalmente Tassa è molto più virato sulla golosità, ma è una suggestione curiosa quella che tra i 2 ci possa essere una "sincronicità" (per citare, più che Jung, Sting;))

  • Arcangelo Dandini14 Ottobre 2009

    Ora e' chiaro, non avendo assaggiato il pomodoro del Mu, mi sembravano molto simili fotograficamente parlando.....

  • giovanni gagliardi14 Ottobre 2009

    Interessantecome sempre l'intervento del grande Emanuele sul quale però mi permetto un'osservazione. A mio giudizio non è possibile dire: vale 19 ma non mi ha entusiasmato. Signori, di cibo si parla, non di altro. Deve soddisfare dare immenso piacere prima in bocca e poi solo poi, forse, anche in testa. Per me 19 è dove tornerei il giorno dopo e l'altro ancora e ancora. 19 è entusiasmo, è papille gustative in subbuglio, è supprema aquolina. Un cuoco assai bravo tecnicamente che però non mi fa godere con il palato quando mangio è un professionista inespresso a mio avviso. E comunque non vale 19. Troppa cerebralità ragazzi. Di panza si parla. Ad Majora

  • emanuele barbaresi14 Ottobre 2009

    @ Giovanni Gagliardi Vero, di panza si parla, ma per suscitare entusiasmo - o meglio, emozione – dev’essere coinvolta anche la testa (e quindi i ricordi, i rimandi, i confronti, le interpretazioni, le evocazioni…). Almeno nel mio caso, non pretendo certo di parlare per altri. Anche perché non ho difficoltà a riconoscere che si tratta di una posizione così minoritaria da essere pressoché irrilevante. Quasi inesistente.

  • giovanni gagliardi14 Ottobre 2009

    Emanuele, l'hai detto deve essere coinvolta anche la testa. Ma se la panza non è coinvolta ai massimi un 19 mi lascia perplesso. Per il resto, ti dirò che tra gli amanti/frequentatori dei grandi ristoranti la posizione che io definirei "cerebrale" a mio avviso non è poi così tanto minoritaria. Ad Majora

  • emanuele barbaresi14 Ottobre 2009

    @ Giovanni Gagliardi Infatti in un 19 anche la panza, se proprio vogliamo utilizzare questo termine, è coinvolta ai massimi livelli. È scontato. In ogni caso questi sono nominalismi, anche perché testa e panza legati sono: è difficile stare, ogni volta, a distinguere. Il punto è che per me Aduriz vale 19, su questo non ho dubbi. Di testa, di panza e di qualsiasi altra parte del corpo…

  • kingo15 Ottobre 2009

    la mia unica esperienza risale a ahime quattro anni fa . Ricordo anche io una eleganza e una sensibilità straordinaria ma la cosa che più mi colpì fu la capacità di farmi riflettere sull'anima stessa del lavoro di Andoni Sono del tutto convinto anche io che ci si scalda più il cuore con i cosidetti passaggi più rustici perchè forse è qui che si sprigiona tutta l'anima del grande basco. Leggendo sempre con attenzione le varie rece di guide e in ultimo questa del grande Orson a cui faccio i complimenti , si percepisce chiaramente che Andoni è sempre alla ricerca dell'estrema finezza sopratutto nei suoi piatti più attuali Ma vedo con piacere che anche Orson è rimasto folgorato da uno dei simboli della sua cucina prettamente basca. Forse in quel pain perdu c'è tutto Andoni il miglior dessert mangiato e forse uno dei piatti più emozionanti in questi ultimi anni

  • orson15 Ottobre 2009

    ...e folgorato 2 volte: 5 anni fa e oggi

  • Caporalgourmet29 Maggio 2012

    Tornate al Mugaritz perchè 18 gli sta decisamente stretto. Ho fatto negli ultimi sei mesi: Noma, Roca, Arzak, Bottura più altri e se non fosse che i dolci di Jordi sono di un altro pianeta, questo è diventato il miglior ristorante d'Europa. non sono mai uscito dal vecchio continente.

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