Passione Gourmet Materia - Spazio Cucina - Passione Gourmet

Materia – Spazio Cucina

Ristorante
via Teatro Massimo 29, 95131, Catania
Chef Bianca Celano
Recensito da Leonardo Casaleno

Valutazione

15/20 Cucina prevalentemente classica

Pregi

  • Il lavoro certosino su prodotti e produttori locali.

Difetti

  • Difficile trovare parcheggio in zona.
  • Il bagno, al piano inferiore rispetto al ristorante.
Visitato il 08-2022

Dell’importanza della materia prima: l’affascinante sfida di Bianca Celano

L’importanza della materia prima nelle cucine dei grandi ristoranti è, a nostro avviso, una conditio sine qua non. È sul saper trattare e lavorare la stessa materia che, poi, si gioca la partita per individuare chi è il cuoco più bravo e quale tavola sia migliore di altre. Ma senza il presupposto del prodotto alla base di un piatto crediamo che non ci siano i presupposti minimi per sedere ad una grande tavola di qualità. Il ristorante di cui vogliamo parlarvi in queste righe si chiama, guarda caso, Materia – Spazio Cucina ed è una delle novità del panorama gastronomico siciliano. Si tratta di uno spazio ubicato all’interno del peculiare Habitat Boutique Hotel, palazzo storico trasformato da qualche anno in polo di accoglienza dagli architetti Marianna Nociforo e Antonio Spera, di fronte alla suggestiva cornice del Teatro Massimo Bellini, nel cuore di Catania, città che abbiamo ritrovato in grande fermento gastronomico. È un progetto che punta su territorio e sostenibilità attraverso l’approfondimento della tradizione con l’intento di recuperare e attualizzare un nutrito numero di ricette siciliane, di privilegiare piccoli produttori e realtà virtuose e selezionare ingredienti di nicchia in giro per l’Isola. Un progetto che trae origine da appunti di viaggio, scoperte gastronomiche e tanti altri stimoli e idee che passano per la mente di Bianca Celano.

Lei che, da un passato da imprenditrice nel settore farmaceutico è, ora, e non più solo per passione, cuoca. Autodidatta, ovviamente. Una passione, quella per la cucina e per le tavole dei grandi ristoranti, talmente bruciante da farle cambiare il percorso della sua vita professionale cominciando a raccontare storie attraverso il cibo, le contaminazioni, i sapori e gli ingredienti, e facendola, di fatto, passare dall’altra parte della barricata. Da cliente a ristoratore è un passo tutt’altro che breve. Praticamente un salto nel buio perché lo spirito critico e i gusti devono andare ben oltre le sensazioni personali. Bisogna andare incontro alle esigenze dei poliedrici palati della clientela, scontrarsi con quelli degli avventori locali e trovare un equilibrio che è più di un compromesso. Bastano queste piccole complicazioni a fare di questa decisione una sfida. E, per vincerle, le sfide, bisogna avere carattere e personalità da vendere. Bianca sembra avere idee molto chiare al riguardo: il rispetto per ogni ingrediente, l’etica e la sostenibilità che impongono di interpretare lo stesso in ogni sua sfaccettatura, per valorizzarlo e ridurre gli sprechi, sono i protagonisti della sua idea di cucina. Oltre a questi c’è poi una dose, non scontata, di creatività ed erudizione.

Una carta pensata per far stare bene e uno chef’s table con una proposta audace e personale

Il menu è diviso in due: c’è la parte confortevole e rassicurante, contrassegnata dai piatti della tradizione rivisitati in chiave gourmet e non solo, con la possibilità di scegliere anche tre percorsi degustazione (di terra, di mare e vegetariano) a prezzi assolutamente competitivi, e la parte creativa, chiamata “Dine in the kitchen – 10 piatti – 5 percorsi – 1 Chef” che è la vera chicca del ristorante. Un percorso che è una dichiarazione di intenti a viaggiare, passando dalla pescheria alla campagna, dall’Etna ai Nebrodi, dalla macelleria alla fattoria, dal mercato alla pasticceria, per poter apprezzare la generosità della Sicilia da “scialare“, lasciandosi guidare dalla curiosità, dall’istinto e dalla voglia di sperimentare. Una cucina che, usando un termine ormai abusato, possiamo definire, come non mai, “circolare”. Motivo per cui nel medesimo percorso è possibile imbattersi in reiterazioni di ingredienti che però hanno senso e razionalità nella collocazione temporale in cui vengono serviti. L’Alalunga, per citarne uno, ne è un esempio. Viene acquistata per intero e vengono utilizzate tutte le parti, con differenti tecniche di lavorazione. Ci si approvvigiona con perizia e quasi totalmente si resta all’interno dell’Isola (c’è una sola eccezione, al momento, che conferma la regola: la carne di vitello, proveniente dalla macelleria Cazzamali di Romanengo).

Durante la nostra cena abbiamo riscontrato molti spunti coraggiosi e personalità. Il Prosciutto di cuore manzo, alici, carciofi in conserva, prezzemolo, capperi e marmellata di limone, ad esempio, si è rivelato interessantissimo con due ingredienti dal gusto “ferroso” come il cuore di manzo e il carciofo e due sapidi come il cappero e il limone, la cui coesistenza in un sol boccone sembra impossibile e invece appare equilibratissimo nel suo complesso. Anche lo Spaghetto con tenerumi, mandorla, lattume di tonno, bucce di limone Verdello e croccante di focaccia di Perciasacchi può apparire o molto tenue, privo di mordente, o molto forte, a causa dell’eccessiva sapidità del lattume di tonno e, in verità, colpisce per la sua incredibile visione d’insieme: un affresco in cui tutti gli ingredienti si esaltano nell’aura di un sapore profondo di mare. Coraggioso anche il filetto di Alalunga alla “agghiotta”, spuma di patate acida, riccio e una salsa burro, acciughe e limone, che magnifica tante influenze ed è capace di racchiudere la tradizione del trapanese con richiami alla Francia (per la salsa simil-mugnaia acidulata) e alla Spagna (la spuma di patate ricorda la consistenza del pil-pil). Ma il piatto migliore, senza dubbio, si materializza con i Corallini cozze e patate con estratto di gambero e riccio di mare: apparentemente semplice ma con una concentrazione gustativa notevolissima.

Il racconto dei singoli piatti e di come sono nati è una delle parti più interessanti dell’esperienza al tavolo dello Chef che, oltre che edonistica, è anche filologica. È giusto anche evidenziare qualche cottura non perfetta e qualche dolcezza di troppo nel dessert principale, ma è anche chiaro che bisogna dare tempo al tempo per completare il rodaggio e trovare la quadra con la brigata di cucina. La sala del ristorante, al primo piano dell’hotel, è suddivisa in un ambiente principale, con tavoli sociali, e il tavolo dello Chef, dove ci si può sedere solo optando per il menù degustazione “creativo”. Carta dei vini in divenire, ma coerente con la filosofia del ristorante in quanto giustamente incentrata sulle etichette regionali e sui piccoli produttori; piccola deroga, anche in questo caso, per alcune referenze di champagne non banali, altra vera passione dello Chef.

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