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Il miglior piatto di pasta del 2023

Che si tratti di pastasciutta, di pasta fresca o essiccata, di una sfoglia all’uovo o semplicemente approntata mescolando acqua e farina, diviene chiaro che la pasta abbia mille volti e si presti ad altrettante declinazioni. Un mondo talmente vasto e vario che da tempo abbiamo scelto di occuparcene approfonditamente in questo sito a lei esclusivamente dedicato, dove raccontiamo i formati di pasta esistenti e diamo spazio a tutti quelli che con la pasta ci hanno a che fare ogni giorno: produttori e grandi cuochi. Abbiamo così voluto riassumere l’anno attraverso il miglior piatto di pasta del 2023.

Tra quelli elencati dai nostri autori troverete ricette di tradizione secolare, così come piatti dall’animo estroso e contemporaneo; la solidità e il conforto della cucina che ci riporta a casa e quella che ci proietta in un viaggio alla scoperta di gusti e abbinamenti insoliti. Quale che sia la vostra versione preferita, il bello è proprio questo: la pasta è buona in tutte le salse e può incontrare il gusto di tutti.

Leonardo Casaleno

Cappellaccio di lepre à la Royale: pasta fresca al cioccolato, fegato grasso e tartufo nero – Eugenio Boer – [bu:r]

Pensate ad Escoffier che si ispira a Carême. Poi immaginate di poter conferire un accento italico a un classico intoccabile della cucina transalpina… et voilà: un piccolo medaglione di lepre della misura di pochi centimetri quadrati diventa un delizioso ripieno di un cappellaccio al cioccolato  adornato con tartufo e adagiato su una salsa tirata, come si deve, con cioccolato e sangue dell’animale. È la Lièvre à la Royale secondo Eugenio Boer. Un piatto monocromatico, visivamente affascinante, dannatamente goloso, che cattura l’essenza di entrambe le ricche tradizioni gastronomiche, pur restando, sempre, un piatto di pasta.

Orazio Vagnozzi

Tagliatelle burro e parmigiano – Diego Rossi – Trippa

Chi non ha nella memoria il gusto dolce e casalingo della pasta in bianco? E, se come fa Diego Rossi, arricchisci le tagliatelle di umami, cuocendole nel brodo di pollo e al burro aggiungi del buon Parmigiano, il ricordo diventa sublime!

Leila Salimbeni

Spaghetto Felicetti al caviale ferrarese e panna acida – Cristina Maresi – Le Occare

Minimale, quasi monastico lo Spaghetto Felicetti al caviale ferrarese e panna acida (ma può trattarsi di burro chiarificato o altre emulsioni, a gusto e capriccio di Cristina Maresi, cuoca e ospite tanto sensibile quanto raffinata) de Le Occare, luogo che con la sua potente individualità ha (di)segnato l’indole di tutto il mio 2023. Perché alcuni luoghi restano attaccati addosso e finiscono per abitarti molto più di quanto tu sia in grado di abitare loro. 

Gianni Revello

Spaghetto con olio all’alloro – Matteo Baronetto – Del Cambio

Lo spaghetto è mantecato al momento, c’è una forte componente olfattiva, un elemento decisivo, la spiegazione è già nel profumo (mi viene in mente il sacchetto a maglie non strette pieno di semi di cardamomo caldi messo in tavola a El Bulli nel momento di pausa nel passaggio dal gruppo di piatti “tapas” al gruppo di piatti “caccia”). Infine qui viene posato un disco compresso di parmigiano reggiano. L’elemento balsamico amaro di norma spiazzante in un piatto di pasta, qui diventa sorprendente col molto ben calibrato veicolo oleoso nel ravvivare il carboidrato e nella funzione di stacco, messo circa al centro della quindicina di piatti salati. La gola (pasta, olio, grana) e la testa (alloro, netto) che detta il mood.

Claudio Persichella

Tortelli di pero misso, burro e Parmigiano – Diego Rossi – Trippa

In uno dei templi nazionali della cucina materica e golosa, altissima espressione dell’italico artigianato ecco una paradigmatica sintesi di abilità manuale, assemblaggio perfetto di sapori e sapientissima selezione di materie prime di assoluto livello.

Giovanni Gagliardi

Spaghetto al riccio di mare – Marco Sacco – Piccolo Lago

Quest’anno mi piace premiare il mare che non ti aspetti. Quello assaggiato su un lago. Per l’intensità delle note iodate contrastate meravigliosamente dalla nota di liquirizia regalata dall’aglio nero utilizzato in mantecatura. Un bravo a Marco Sacco ed alla sua squadra.

Antonio Sgobba

Raviolo amaro, tuma persa, miele d’ape nera e bottarga – Riccardo Fazio – Blum Restaurant

Il piatto di pasta dell’anno è questa pasta ripiena mangiata in riva al mare nella baia di Mazzarò, dove Riccardo Fazio non ha avuto paura di proporre un piatto dalle note amare nettamente percepibili solo elegantemente smussate dal latticino e dalle nuances salmastre. Una creazione originale e dalla lunga persistenza palatale.

Davide Bertellini

Tortellino gratinato al forno a legna con crema di Parmigiano Reggiano 36 mesi – Jessica Rosval – Al Gatto Verde

La magia del fuoco nel nuovo ristorante a Casa Maria Luigia eleva all’ennesima potenza questo iconico piatto di Massimo Bottura

Claudio Marin

Tagliatelle ai funghi – Antonia Klugmann – L’Argine a Vencò

Il coronamento di un tenace lavoro sulla pasta fresca, l’ossessione per gli spessori e le glassature che culmina in una sorprendente compenetrazione tra sfoglia e condimento. Una meravigliosa nota di fumo, che rimanda al bosco. Un piatto che vive dell’equilibrio di un istante. La capacità di innovare ciò che sembra cronicizzato.  

Alfonso Isinelli

Anelletti, estratto di pesci di scoglio, tenerumi e crema di fagioli Cosaruciaru – Gabriele Camiolo – Capofaro Locanda & Malvasia

Affacciati da Salina sullo splendido panorama delle Eolie, si gode a Capofaro della cucina di Gabriele Camiolo, che infonde nei suoi piatti leggibili ma di magistrale tecnica, tutti i profumi e i sapori isolani. In questa magnifica minestra si fondono mare e vegetale, sucpportati dal perfetto e classico formato siciliano, gli anelletti. Una vera goduria.

Fiorello Bianchi

Pasta al non pomodoro – Riccardo Scalvinoni – Il Colmetto

Spaghetto con ciliegie cotte e estratto foglie di fico, delizioso e originale per l’acidità e dolcezza del pomodoro portata invece dalle ciliegie, delizioso.

Gherardo Averoldi

Spaghetto cotto in acqua di pomodoro con ricci di mare e grue di cacao – Stefano Baiocco – Villa Feltrinelli

Piatto spigoloso, complesso e stratificato in cui si sommano molteplici elementi tra loro apparentemente dissonanti ma che rivelano un ineffabile equilibrio ed una infinita profondità.

Giacomo Bullo

Gigli al Ciliegiolo, seppia e olivello spinoso – Bruno Cossio – La Trattoria di Enrico Bartolini

A ricordare le radici toscane, il famoso giglio. A suggellare uno dei piatti meglio riusciti del 2023 a tema pasta, Bruno Cossio de La Trattoria di Enrico Bartolini a L’Andana dallo spirito maremmano. I gigli sono qui cotti in una vigorosa riduzione di ciliegiolo, finanche ad una nota di caramello. La forma perfetta sposa e raccoglie la dolce salsa di cipolla incontrando la fresca acidità irriverente dell’olivello spinoso. Chiude la seppia in fondente tessitura. Piatto complesso nella costruzione tecnica ma dannatamente goloso.

Gianluca Montinaro

Pasta Arsa – Jessica Rosval – Al Gatto Verde

Nelle barchesse che circondano i curati giardini di Casa Maria Luigia (il magnifico relais modenese di Massimo e Lara Bottura) ci si diverte a sovvertire, come da ‘filosofia botturiana’, i dettati classici della cucina. Sicché, come i gatti diventano verdi, anche la pasta può diventare un risotto. È proprio quello che fa Jessica Rosval, ai tavoli – disinvolti e raffinati al contempo – di Al Gatto Verde. Qui la pasta è «arsa»: ovvero bruciata, poi cotta come un risotto e accompagnata da sfilettature di biancostato e da sciroppo d’acero. Il risultato? Una pietanza cosmopolita che, attraversando l’oceano, lega una idea canadese di barbecue al feticcio per eccellenza della tavola italica. Sentori di fumo, molteplici tendenze dolci, il grasso vellutato della carne, l’aromaticità dello sciroppo d’acero… un piatto sì complesso e tecnico, ma centrato sul gusto e di piacevolezza estrema!

Gianpietro Miolato

Chitarra, Kombucha al Pomodoro arrosto, Pepe verde, Olio di Baccelli, Kefir all’Aceto di Gelsomino e Bottarga – Richard Abou Zaki e Pierpaolo Ferracuti – Retroscena

Piatto intenso, temerario, giocato su una spinta acida all’apparenza eccessiva ma funzionale a unire tramite nuances fermentative elementi di terra e mare in un connubio indimenticabile. Un piatto audace e non accondiscendente; semplicemente ottimo.

Marco Bovio

Culurgiones con riduzione di marmitako e tonno fresco – Dabiz Muñoz – RavioXO

La fusione tra un raviolo tipico di Ogliasta, una ricetta tradizionale Basca e un sushi giapponese? Ebbene sì, dalla folle mente dello chef Dabiz Muñoz, arriva questo piatto saporito e attraente. Un culurgiones fatto alla perfezione, servito con una riduzione di stufato di tonno (marmitako) ed una lucida fetta di tonno. La distruzione di mille preconcetti in un sublime boccone.

Andrea Mucci

Fusillone Zaccagni, triglie, salsa di fegati, olive nere – Simone Parisotto – Insight Eatery 

Il fusillone in tal caso rappresenta un formato di pasta ideale sia per il buon legame con la salsa, densa, ottenuta dal recupero di fegatini da più pesci dell’Adriatico, che per la vista, con una bella congiunzione cromatica. Le triglie dal canto loro, caratterizzate da gusto terroso, amplificano i sapori, rifiniti dalle olive nere, che ricordano la loro ottima predisposizione per condire e arricchire piatti di mare. Da apprezzare l’idea di cucina a scarti zero.

Unica e inimitabile

Se chiedete a Diego Rossi come è nata Trippa, lui, con quel pizzico di saccenza che può permettersi solo il fuoriclasse, vi dirà che l’ha creata perché non c’era nulla che a lui piaceva in giro. Infatti, fin dai primi mesi dopo l’apertura di questo locale, sono stati in molti a voler replicare la creatura di Diego Rossi e Pietro Caroli, tutti tentativi poco riusciti perché Trippa non è una trattoria e neppure un ristorante, è un vero e proprio microcosmo. Ne fanno parte i fornitori, la brigata di sala e cucina, i clienti (più o meno affezionati), le modalità di prenotazione e quella voglia di rompere e sovvertire le regole che sono l’essenza intrinseca di ogni avanguardia. Volendo paragonare Diego Rossi a un artista, la migliore similitudine è quella con Michelangelo Merisi, perché questo cuoco, come Caravaggio, padroneggia la tecnica ma eleva a protagonisti i vegetali più bistrattati così come i pesci e le carni dimenticate. Il tutto innovandosi sempre mediante la leva di quanto stagioni e mercato offrono ogni giorno.

La nobiltà delle materie “povere”

Tra i piatti più riusciti ci sono sicuramente la zucca arrosto con la bagnacauda oppure il cavolfiore, dal sapore schietto, con fonduta e tartufo nero. Croccanti e delicati invece i carciofi, proposti in insalata con sarde di lago e pompia, un agrume, quest’ultimo, quasi sconosciuto ma di estrema bontà.

Tra i primi sono imperdibili le paste fresche col ragù del giorno, nel nostro caso un sugo di daino dal gusto ricco ma non invadente. Eccellenti anche i secondi, dove meritano di essere citate le cotture alla brace eseguite sempre a puntino. Lo chef è bravissimo anche a nobilitare il quinto quarto in tutte le sue forme, non solo la classica trippa, quasi sempre in carta e proposta in vari modi, ma anche qualcosa di meno usuale come il fegato di coniglio alla veneziana oppure il lampredotto all’amatriciana.

Se si è fortunati tra i fuori carta si possono trovare le parti meno nobili del pescato, dalla buzzonaglia di tonno ai sottogola alle teste del pesce arrostite, da mangiare rigorosamente con le mani.

Ma quando si parla di Trippa non si può dimenticare Pietro Caroli, l’alter ego di Diego, tra i tavoli, e tutto il personale di sala, per metà rimasto immutato dall’apertura e capace di instaurare un rapporto diretto con gli avventori, pur restando molto professionale. La carta dei vini è cresciuta col tempo, purtroppo anche nei prezzi, conservando la sua originalità e offrendo un’abbondante scelta, comunque per tutte le tasche.

Dopo varie visite, pensiamo sia arrivato il momento di valutare Trippa alla stregua di un ristorante, perché si può fare avanguardia e ricerca anche riscoprendo le tecniche di cottura classica come avviene tra questi tavoli, oppure proponendo dei prodotti vegetali alla stessa stregua di ingredienti più nobili e costosi. E poi ci sono piatti iconici come il vitello tonnato o la trippa fritta, ormai “classici” della cucina italiana d’autore.

La Galleria Fotografica:

Quali sono i piatti che più ci sono mancati in questo 2020 appena trascorso? Eccovi una carrellata di piatti memorabili: bocconi che ci hanno fatto sobbalzare dalla sedia e che si sono impressi con così tanta efficacia, e altrettanta ferocia, nella nostra memoria, che ci è ancora possibile rievocarli, in attesa del tanto anelato bis.

Alberto Cauzzi

La lièvre à la royale, mio piatto feticcio, di Luigi Taglienti al Lume. Un piatto che, pur mantenendo legame e attinenza filologica con la trazione, si proietta nel futuro attraverso piccoli tocchi e dettagli che lo rendono raffinato e avanguardista.

Andrea Grignaffini

Mi manca la cucina di caccia che infiammava gli antichi inverni di Igles Corelli. Per un ritorno alla normalità, però, non vedo l’ora di gustarmi la super-classica Carbonara dell’Osteria Angelino di Milano.

Orazio Vagnozzi

Riso, pane e pepe nero con riduzione di Marsala, di Davide Oldani al D’O. Piatto goloso e raffinato, che interpreta in modo del tutto originale il piatto tipico della cucina lombarda, il risotto, usando ingredienti poveri. Il risultato è da leccarsi i baffi.

Alessandro Pellegri

Uno dei piatti di cui più sento la mancanza è Acqua Olio Limone Liquirizia, di Luigi Taglienti: questa entrée mi manca non come piatto a sé, ma in quanto costante preludio dei sublimi menù degustazione di Luigi Taglienti, sempre presente, negli anni, in tutti i ristoranti in cui ho avuto il piacere di provare la sua cucina. E non vedo davvero l’ora di tornare a farlo.

Davide Bertellini

Senza ombra di dubbio la lièvre à la royale dello chef Antonio Guida al Seta. Un piatto che ho assaggiato diverse volte, un confort food d’eccezione di cui ho sentito parecchio la mancanza… Fortunatamente presto colmerò il vuoto.

Erika Mantovan

Le Cicale di mare, tapioca e bergamotto di Enzo Di Pasquale  ad Aprudia. Un tuffo nel mare, il sale invade ogni cosa. Stuzzica, solleva, agisce: al palato c’è un velours che non lascia intravedere i confini, il piatto afferma quanto promette, arricchendosi di parti più acide e amare, grazie alle perle di tapioca.

Leila Salimbeni

Le capesante, il midollo e il brodo di fagioli di Matteo Baronetto, e l’abilità di utilizzare il veicolo lipidico del midollo come prisma per modulare almeno due tipi di sapidità: quella, umamica, del brodo di fagioli, e quell’altra, più dolce, della capasanta. Un piatto che è la conciliazione perfetta tra libido e intelletto.

Leonardo Casaleno

L’inimitabile vitello tonnato di Diego Rossi, da Trippa. Un vuoto quasi incolmabile nella normalità della vita milanese di un appassionato di cibo.

Giovanni Gagliardi

Dim Sum ripieni di coscia di piccione al brodo con thè nero e anice di Silvio Salmoiraghi, ovvero della concentrazione dei sapori. Ti resta a lungo in bocca e per sempre in mente. Entusiasmante. 

Claudio Persichella

Patate, caviale, dragoncello, burro affumicato, spinaci e coquillage del sommo Troisgros, ovvero quando artigianato e arte hanno confini che diventano sfumati e indistinguibili: sensibilità, raffinatezza e gusto sono legate in un ricordo che scatena, parimenti avvicendate, malinconia ed euforia.

Giacomo Bullo

Il cappuccino murrina del Gran Caffè Quadri degli Alajmo. Non ci stancheremo mai di questo piatto e di tutte le sue declinazioni, sempre centrate! Tuttavia la golosità di questa versione, in ogni boccone, è un caleidoscopico viaggio tra i sapori nella laguna veneziana. La cremosità della crema di patate unita alla sapida carnosità dei molluschi catapulta l’avventore nel più bel salotto del mondo: Piazza San Marco. Conturbante!

Gianpietro Miolato

Il mare di frutta all’arancia, a Le Calandre di Massimiliano Alajmo: l’Alajmo-pensiero fatto piatto, e, per di più, come antipasto. Gioco di contrasti tra consistenze e sapori, alternanza tra morbidezza e croccantezza, eleganti passaggi tra dolcezza e acidità, il tutto senza dimenticare pulizia e golosità in chiusura. Confortevole per chi ama la rotondità; ragionato per chi ama l’introspezione. In una parola: universale.

Adriana Blanc

L’entraña del The Brisket è un tenerissimo taglio di manzo, nello specifico Black Angus americano, allevato libero. Il morso sprigiona i succhi sapientemente conservati all’interno, rivelando un boccone particolarmente ferroso e saporito. Attenzione, però, alle controindicazioni, perché questo piatto dà dipendenza.

Silvia Izzi

La mano delicata e decisa di Davide Caranchini a Cernobbio nel piccione cotto in crosta di sale e fave di cacao in due servizi: un viaggio di andata verso Oriente, e ritorno, qui in un succulento petto di piccione con burro alle spugnole, biete scottate ed estratto di alloro. Il burro alle spugnole trova il suo contraltare nella nota amaricante dell’estratto di alloro. Una gioia per le papille gustative.

Francesco Zito

Il risotto alla pescatora di Antonio Zaccardi al Pashà di Conversano: un piatto classico della tradizione italiana reinterpretato in chiave contemporanea. Riporta alla mente gli anni Ottanta, è ricco e gustoso, richiama il mare del Sud e, in un certo senso, riporta alle feste di una volta, che tanto ci mancano. 

Carlo Nicolo

Insalata 21, 31, 41… 121 di Enrico Crippa al Piazza Duomo di Alba. Un piatto che nella sua apparente semplicità scatena reazioni sinaptiche complesse che attivano e stimolano tutti i sensi; un giardino lussureggiante, un dedalo di vegetali nel quale è un piacere perdersi  dolcemente. Capolavoro!

Antonio Sgobba

I ravioli di melanzana con ventricina e crema di olive Nolche di TrippaDiego Rossi è un bravissimo cuoco di cui tutti celebrano le capacità di valorizzare gli ingredienti poveri e il quinto quarto; tuttavia, ritengo che il meglio di sé lo dia coi vegetali. Infatti, a un’attenta selezione della materia prima affianca un’ottima tecnica con cui riesce ad esaltarne tutti i sapori. Questi ravioli dalla sfoglia sottilissima racchiudono un fondente di melanzana dolce e concentrato che trova nella salsa di olive il contrasto amaro. La ventricina dà la parte grassa al piatto e un piacevole finale piccante al boccone. Un piatto assaggiato a fine estate, fortemente evocativo di cui ho sentito la mancanza nelle fredde giornate di “forzata reclusione” autunnale.

Luca Nicoli

Il riso all’aglio nero di Riccardo Camanini. Forse anche per i ricordi legati al Lido 84, oltre che per la perfezione del piatto in sé: il riso contemporaneo per definizione. Eccellente anche quello con scampi olio di fragole e acqua di governo provato nell’ultimo menù: cremoso e perfettamente equilibrato nella sua dolcezza.

Cento di queste forchettate

Abbiamo deciso di suggellare la fine di questo anno solare con un’inconsueta classifica, la nostra classifica, dedicata all’italianità a tavola per antonomasia: la pasta. Per risvegliare il senso di appartenenza e, se non proprio l’amor patrio, quantomeno il gusto di essere italiani e così introdurvi, piatto dopo piatto, forchettata dopo forchettata, uno dei nostri progetti più ambiziosi di questo imminente 2020.

ALBERTO CAUZZI

Cappelletti alla genovese, zuppa forte di piccione, yogurt acido, lampone e funghi di Antonino Cannavacciuolo

La pasta ripiena è spesso utilizzata dallo chef partenopeo per perseguire il suo credo legato alle contaminazione tra Nord e Sud, tra la sua terra adottiva e la sua terra d’origine. Una commistione realizzata con classe ed eleganza estrema, come in questa pasta in cui la genovese del ripieno, dolce e sugosa, si amalgama incredibilmente con il dolceforte di piccione. Chiudono il cerchio le acidità di yogurt e cristalli gelati di lampone, la terrosità del brodo di funghi e il piccione, dalla nota ematico-piccante: un piatto tanto classico, tanto italiano, tanto sottile ed elegante, oltre che profondo e contrastato. Un inno alla pasta italiana.  

ANDREA GRIGNAFFINI

Cacio e 7 pepi alla brace di Errico Recanati

Sulla base dello stile narrativo di Errico Recanati che triangola spiedo, griglia e fumo ecco una Cacio e Pepe che parte dalla cottura della pasta alla brace, ovviamente dopo pre-cottura in acqua bollente prima e passiva poi. La brace quindi interviene in ripasso (per 5/6 minuti) con tecnica del cappello. Così si ottiene una sorta di breve affumicatura a caldo.  Il cacio si sdoppia tra la classicità del Parmigiano e il genius loci del Formaggio di Fossa che moltiplica peraltro l’idea di affumicatura. La base casearia è pronta per essere innervata dai 7 pepi mixati ad hoc: Timut, Lungo, Selvatico del Madagascar, Verde naturale della giungla, Bianco, Sichuan, Nero di Sarawak. L’affumicato precede il boccone, l’amido dello Spaghettone Benedetto Cavalieri si diffonde sul cacio, il pepe riverbera e punteggia.

ORAZIO VAGNOZZI

Pasta agli anemoni di mare di Antonio Guida

Il mare nel piatto in un’interpretazione tanto personale – quella di Antonio Guida – quanto universale, nei colori, nei profumi, nei sapori e nelle consistenze. Un piatto dall’equilibrio perfetto.

DAVIDE BERTELLINI

Le tagliatelle di patate con tartufo bianco d’Alba di Matteo Baronetto

Tanto semplice quanto straordinariamente buono: la consistenza incredibile della pasta di patate con cui sono realizzate le tagliatelle e lo spessore perfetto con cui sono tirate ne fanno il piatto di pasta antonomastico dell’anno appena trascorso.  Un mix di sapori, consistenze ed emozioni che rimandano all’ infanzia ma, al tempo stesso, alla contemporaneità e al grande carattere, oltre che alla filosofia, di questo grande chef italiano.

ALESSANDRO PELLEGRI

La Lasagna alla Bolognese di Luigi Taglienti

Un piatto realmente popolare, di cui è difficile – per non voler utilizzare il termine “impossibile” – trovare due versioni uguali in due case diverse. Nella versione proposta da Luigi Taglienti esso viene preso e, senza snaturarne né l’idea, né la forma né tantomeno l’esecuzione, viene sparato nell’iperspazio dell’alta cucina: gusto, finezza, golosità e italianità all’ennesima potenza. Un piatto in grado di posizionarsi, con pari spessore e dignità, tanto in una proposta alla carta quanto in un menù degustazione. Sublime.

Lume, Luigi Taglienti

LEONARDO CASALENO

Il tagliolino al tartufo di Diego Rossi 

Come può un piatto di pasta arginare l’idea di un cibo popolare? Basta mettere molti tuorli e tirare un tagliolino di callosità ed elasticità inappuntabili, unire brodo di pollo con tanto Parmigiano Reggiano e tantissimo burro, mantecare il tutto e, dulcis in fundo, affettarci sopra qualche fetta di tartufo bianco. Solo già la salsa che ne sortisce ha un equilibrio raro, che già parla per sé, ma l’allungo irresistibile del tubero lo rende magico. È la magia di un piatto semplice che si veste d’opulenza, in trattoria, lì dove alta cucina e tradizioni danzano senza soluzione di continuità.

ROBERTO BENTIVEGNA

Garganelli con astice, porcini e tartufo nero di Nicola Portinari

Il piatto “inclusivo”: capace di unire invece che dividere, che mette d’accordo tanto il gourmet quanto il gourmand, il seguace della creatività così come il fedele alla classicità estrema. Perché è semplicemente perfetto, per gusto, tecnica e precisione stilistica. Un grande classico de La Peca, un piatto da grandissimo ristorante.

GIACOMO BULLO…

Penne, burro ai ricci di mare, capesante essiccate, erbe spontanee e seppia ai carboni di Moreno Cedroni

Proprio un piatto di pasta consacra Moreno Cedroni al rango del fuoriclasse: un piatto assoluto dove la carica gustativa della capasanta è amplificata grazie all’uso della liofilizzazione, cui si unisce il vigore delle erbe selvatiche essiccate e poi passate sulla brace e la seppia appena scottata. La nota empireumatica del fuoco impressa sulle erbe si sposa con la dolcezza del riccio regalando sentori e ricordi di una grigliata di pesce sul mare del litorale di Marzocca.

…e FILIPPO BOCCIOLETTI

Più che un piatto di pasta “il” piatto di pasta, tale da rappresentare, iconograficamente, il manifesto del corso nobile del celebre carboidrato italico. Innanzitutto al posto della posata classica è sagacemente imposto all’ospite l’uso di una pinza, che costringe a gustare le penne una ad una: il ritmo “lento” va a nobilitare l’elemento nazional-popolare. Poi, la mano del maestro fa il resto: il burro ai ricci di mare insieme alla polvere di capesante dona sapidità, l’ortica e le seppie ai carboni l’amaricante e una textura da manuale, per un equilibrio d’insieme di ingredienti apparentemente antitetici davvero superlativo. La stellina composta di ricci di mare liofilizzati, da sbriciolare tra le dita sulle penne completa il servizio, confermando una tecnica all’avanguardia ma anche quella componente ludica tanto caratteristica di Moreno Cedroni. Un piatto che, a distanza di mesi, è ancora ben impresso nella memoria.

CLAUDIO PERSICHELLA

Pasta e cipolla di Andrea Leali

Un grande piatto di pasta che con maestria e solo apparente semplicità si anima degli ingredienti che lo compongono, in questo caso differenti tipologie e cotture di cipolla, tirandone fuori un concerto di sapori con gradazioni che si avvicendano in modo sorprendente e definito.

LEILA SALIMBENI

Spaghetto mantecato al burro di genziana, caciotta di capra, scorzetta di bergamotto candito di Gianluca Gorini

Servito alla fine del menù degustazione, una deflagrazione: un ko dei sensi. L’onda d’urto è spaventosa e somiglia alla carica, sia metaforica che letterale, di una capra appena uscita dal bosco: una capra che ha fatto incetta, per la precisione, di radici, cortecce e d’altre forme, tutte boschive, di amarezza. L’amaro purissimo della genziana e quello agrumato del bergamotto proiettano la percezione in una dimensione di gusto praticamente infinita: avanguardia pastorale.   

GIANPIETRO MIOLATO

Spaghetti freddi alla carbonara con uova di salmone e caviale di Massimiliano Alajmo

O di come semplificare la complessità con una profondità di pensiero impressionante. Dissimulazione e reinvenzione; nello specifico: la sapidità delle uova di pesce, in sostituzione del guanciale, e la base all’uovo a garantire quella rotondità capace di legare gli ingredienti, senza nostalgia, in un servizio a bassa temperatura. Una scelta straniante che permette tuttavia alla componente ittica di sprigionare tutta la propria potenza, facendo spiccare un salto vertiginoso, tanto immediato quanto ragionato.

FRANCESCO ZITO

Pasta mista in zuppa di crapiata, bisque di gamberi agli agrumi, crema di foie gras al Cardenal Mendoza, pesto di prezzemolo e tartare di gamberi  di Vitantonio Lombardo 

È un piatto visivamente ed emotivamente di impatto: è l’omaggio più bello e buono a Frank Rizzuti, compianto chef e prima stella Michelin in Basilicata. Gusto deciso, sapori netti, definiti e bilanciati caratterizzano una vecchia ricetta della tradizione materana, arricchita e nobilitata dal foie gras e dalla quenelle di tartarre di gambero. Il risultato è strepitoso… e commovente!

La trattoria del futuro è a Milano

Non ci stancheremo mai di Trippa. Uno di quei luoghi che ha dato una svolta importante al panorama della ristorazione milanese, cresciuto vertiginosamente nell’arco dell’ultimo quinquennio e oggi ai vertici europei, per quantità e qualità delle proposte gastronomiche. La trattoria 2.0, firmata Diego Rossi e Pietro Caroli, è indiscutibilmente uno dei fiori all’occhiello della “Milano da mangiare”. Non lo pensiamo solo noi, visto che trovare un tavolo prima di un paio di settimane è praticamente improbabile.

Trattoria o bistronomia che dir si voglia, prima di tutto parliamo di una cucina di assoluta qualità. Al passo con le tavole gourmet a buon mercato che si possono reperire a Parigi, a Londra, a Barcellona o a New York.

C’è un menu, ma nel corso di un mese cambia alla velocità della luce. C’è un cuoco in grado di improvvisare, concependo piatti istintivi, meravigliosi, senza dare punti di riferimento verso un particolare stile (c’è amore per i prodotti dell’intero stivale, scelti seguendo la stella della stagione); c’è una cucina con una identità marchiata a fuoco, materica, tradizionale, innovativa, tecnica e appagante. Una cucina impermeabile alle tendenze.

Dalla trippa fritta al vitello tonnato: già tanti classici in soli tre anni

In soli tre anni di attività, sono già tanti i piatti che hanno reso questa tavola un punto di riferimento per palati trasversali. La Trippa fritta con rosmarino è ormai un appetizer cult, come il Midollo alla brace o la Battuta di Fassona – fornita dalla Macelleria Martini – con nocciole, dal sapore cristallino. Mentre del Vitello tonnato ormai si è scritto e detto in ogni dove e spesso ci si ritrova lo stesso stile/impiattamento in altri ristoranti più o meno blasonati.

Il lavoro che si fa su frattaglie (c’è sempre un piatto a base di trippa che varia, in media, giornalmente), verdure, carni e pescato freschissimo (non per forza pregiato), riserva sempre sorprese – da una semplice Insalata tiepida di pecora si può passare con disinvoltura a un magistrale Boudin noir di maiale con erbe amare e aceto, così come si può restare estasiati da un Tonno rosso del Mediterraneo, che non avrebbe nulla da invidiare al miglior ristorante di pesce della città.

Tante ricette del comfort food italiano vengono reinterpretate senza troppi fronzoli, a volte smussando angoli più rustici, come nel caso dello Spaghetto alle vongole (al pomodoro!) che ti proietta in un borgo marinaro del passato o gli Gnocchi cacio e pepe, che con la forma un po’ concava consentono di farsi gustare godendo appieno della salsa.

Stagionalità, fuochi e costanza. Sono i tre semplici diktat che questa tavola rispetta a ogni servizio, in maniera sacrosanta. Senza prenotazione – per qualcuno può risultare scomodo l’unico mezzo disponibile, ossia whatsapp – è quasi impossibile trovare un buco in una sera qualunque, figuriamoci il weekend. La sala è rumorosa, ma il servizio di sala, volutamente informale, è potenzialmente in grado di sintonizzarsi con ogni singolo cliente sapendo ben consigliare. Il prezzo, dulcis in fundo, è più che onesto. Una piccola nota ci sentiamo di riservarla alla cantina. Sebbene in crescita, privilegiando i vini naturali, non guasterebbe se fosse rimpolpata con qualche etichetta “mainstream”. Visto e considerato il prezzo popolare, consideriamola pure una trattoria, ma Trippa è una delle migliori tavole della città.

La galleria fotografica: