Passione Gourmet L’Argine a Vencò - Passione Gourmet

L’Argine a Vencò

Ristorante
località Vencò, Dolegna del Collio
Chef Antonia Klugmann
Recensito da Claudio Marin

Valutazione

18/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • Il territorio rappresentato con sensibilità e consapevolezza, non ridotto ad alibi o semplificazione.
  • La coerenza tra la cucina ed il servizio in sala.

Difetti

  • I cambi menù non sono abbastanza frequenti per soddisfare il desiderio di ritorno.
Visitato il 04-2023

L’Argine a Vencò o “della coerenza”

La cucina de L’Argine a Vencò è sicuramente legata al territorio, tant’è che il termine “prossimità”, in questo caso, potrebbe quasi sembrare riduttivo. Tuttavia, la simbiosi con il contesto non si riduce a semplificazione, a passiva celebrazione e riproposizione statica della materia: al contrario, la grandezza di Antonia Klugmann sta proprio nella capacità di creare un “altrove” – uno stile personale e riconoscibile come pochi – che sia, nel contempo, una nitida rappresentazione di ciò che si ammira dalle vetrate del ristorante. La cucina dell’Argine è la lampante dimostrazione di come, nella gran parte dei casi, indagare l’ingrediente e superare la soglia dell’immediatezza sia il miglior modo per valorizzarlo e restarvi fedele (cosa vuol dire, allora, “cucina di territorio” e qual è il ruolo del cuoco?).

Ciò che ci circonda non è una verità univoca e statica, bensì, ineluttabilmente, il frutto della sensibilità di ciascuno: quella della cuoca triestina emerge sempre, chiara. La frequentazione regolare di questo luogo consente altresì di apprezzare l’ossessiva attenzione dedicata alle sfumature – anche l’appassionato più incallito troverà utile (se non indispensabile) tornare sullo stesso piatto più volte -, la capacità di dare vita a bocconi che hanno una vera e propria evoluzione nel corso dell’assaggio e di rifuggire le scorciatoie senza cadere nel manierismo. Lo stile della sala – Vittoria Klugmann, Veronica Kriznic e Roberto Stella sono irrinunciabili – è estremamente coerente con l’approccio gastronomico: una calorosa essenzialità, nessuno spazio alla narrazione fine a sé stessa – o tesa a compensare mancanze – e la perfetta spiegazione del piatto, giacché a quest’ultimo è affidato il compito di creare un legame tra il visitatore ed il luogo (una sorta di “prova del nove” che conferma la potenza di questa cucina).

Assonometria di un territorio

Il percorso “Territorio: vita in movimento” si conferma innanzitutto – l’evoluzione nel tempo è stata costante – come uno dei migliori in assoluto in termini di costruzione della sequenza che, in quest’occasione, si apre con Papavero, fave e formaggio di capra, un benvenuto chiaro e diretto: la cucina dell’Argine si fonda sui frutti della natura e sul sapere artigiano. Gamberetti grigi della laguna di Marano, bisque, olio al ginepro, abete e acetosa è capace di coniugare due volti del territorio – entroterra e mare – con un utilizzo sottilissimo delle note balsamiche mentre, in Spaghetto verde alla chitarra, il mare e lo iodio – che pure si percepiscono così intensamente – sono solo una suggestione data dall’utilizzo sapiente del vegetale. Patata al dente, maionese fiori di pruno, mandorla amara e piselli crudi colpisce per la riflessione sul confine tra crudo e cotto e le conseguenze in termini di testura, quest’ultima decisiva – insieme all’ennesimo brodo prodigioso (come quello di pollo e limone di qualche tempo fa) – altresì in Ravioli ripieni di fegato di agnello in brodo di agnello e whiskey, in cui la pasta sottilissima racchiude una “pomata” di fegato, così liscia da sembrare liquida. Cervo cotto in riduzione di vino rosso, cime di rapa, melissa, foglie di carota e mostarda conferma invece l’approccio originale di Antonia Klugmann alle carni, sempre rispettoso nei confronti della materia – quasi a silenziare la componente “istintiva” o “animale” che solitamente caratterizza il genere  -, mediante metodi di cottura che non mirano mai alla golosità (non ho ricordo di maillard, fondi, etc.) quanto, piuttosto, a valorizzare la parte proteica in compenetrazione con il vegetale, così da abbattere la diade proteina/contorno (curiosamente, proprio in occasione di questa visita, era presente in carta un’animella fritta, una rarità).

In conclusione, L’Argine a Vencò si conferma come un luogo di cucina autenticamente autoriale, mai incline al facile compiacimento dell’ospite, di ricerca – ma distante dalle tendenze – e, come tale, meritevole di grandissima attenzione.

IL PIATTO MIGLIORE: Spaghetto verde alla chitarra (aglio orsino), borragine, lattuga, borragine essiccata, erba sale e the matcha.

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