Valutazione
Pregi
- Una sala rilassata, premurosa e consapevole.
- Il sommelier, Matteo Bernardi, e la sua capacità di coniugare sensibilità e professionalità.
- Un insospettato, e assai importante, carrello dei formaggi.
Difetti
- La frustrazione data dall'impossibilità, fisiologica, di assaggiare tutto.
Il favoloso mondo di Massimiliano Alajmo
Entri in sala e c’è “profumo di memoria”. È un profumo di quelli che a poco a poco non senti più ma che appunto si fissa nella memoria, e che difatti si ritrova in ciascuno dei poli della costellazione Alajmo dove rappresenta non solo la declinazione olfattiva di quella che, in marketing, chiamano “immagine coordinata” ma anche l’inoculazione di un ricordo e non è un caso che, tutto, rimandi qui all’infanzia.
Accomodandoci carpiamo i frammenti di una conversazione: seduta al tavolo accanto al nostro c’è una coppia che a Le Calandre ci viene tutte le settimane… Il locale, già gremito, è saturo di un’energia tangibile, collettiva, contagiosa.
Su ciascun tavolo, poi, c’è un gomitolo di lana: il nostro, di colore azzurro, viene prelevato dal maître Andrea Coppetta Calzavara e, dopo l’ordine, attaccato al muro. È il gioco il filo conduttore di questa storia nonché dell’identità più intima di Massimiliano Alajmo che, non a caso, permette a tutti di pizzicare tra i piatti dei tre menu generando quello che, a guardarci bene, è uno degli aspetti più divertenti, più intelligenti e finanche più misteriosi de Le Calandre: perché è un mistero come siffatta complessità (41 piatti, in tutto) venga amministrata tanto semplicemente e tanto più che non ci sono chef’s table, qui: il biglietto è uguale per tutti, ci sono tre menu che, come tre storie, possono intrecciarsi in qualunque momento facendo di ogni tavolo un potenziale chef’s table.
Un posto dove tornare bambini
E così, seduti al nostro, ci ritroviamo bambini al mare. Mar Mediterraneo e Cappuccino murrina sono due piatti coloratissimi: iridato e naïf il primo, quasi un test di Rorschach il secondo, a tratteggiare due tipi di mare completamente differenti, un fondale di coralli, colori, profumi e dolcezze, quasi una tropicalizzazione del Mar Mediterraneo il primo, lagunare, anche nel rimando alla murrina, il secondo, golosissimo nella componente amidacea della patata che tutto avviluppa, anche gli spigoli della spirulina e quelli, più dolci, del nero di seppia.
Quindi, altri due giochi: la reminiscenza, nei giorni di festa, del brodo donde da bambino andavi a pescare, oltre al raviolo, la crosta del Parmigiano ormai gommosa con le dita delle mani e il deliquio del cannellone, invece, da inzuppare, sempre con le mani, in una salsa di pomodoro che è quasi un sugo, tanto è denso e coeso.
Le mani sono, a Le Calandre, un elemento ricorrente: sia la cucina che la sala di questo 3 stelle Michelin esortano all’uso delle mani sia nella fruizione che nella realizzazione del piatto. E ciò è lapalissiano nel risotto che, difatti, arriva a tavola coi nostri nomi scritti sul piatto: è un risotto goloso ma anche delicatissimo, mantecato all’olio d’oliva e rinfrescato dal rush balsamico di un gelato di carciofo realizzato ad acqua, senza latte.
Giochi d’acqua e reminiscenze
Ecco dunque l’altro elemento ricorrente di questa storia. Tutto si serve, e si risolve, rigorosamente e giocosamente nell’acqua. Perfino il rognone, che devi andare a cercartelo tra gli umori della senape e quelli dell’estragone, è nascosto in un anfratto boschivo, balsamico e clorofilliano al punto che tutto profuma, irrora e irretisce. Ma a ben vedere l’acqua è presente in ciascuna delle preparazioni di Massimiliano Alajmo: la componente lipidica, se c’è, proviene sempre dal mondo vegetale, olio extravergine d’oliva o olii essenziali estratti dai semi.
Come accade, oltretutto, anche nei dolci. È qui che alberga, crediamo, tutta la felicità espressiva dello chef e, soprattutto, nella mozzarella di mandorle, un piatto storico dove il guscio spezzato deflagra in un soffio, una nuvola, un sospiro di vapore di latte di mandola a contenere, a veicolare tutti i profumi più archetipici del Mediterraneo: basilico, origano, olio extravergine d’oliva e oliva nera.
Un sapore indimenticabile che fa sorridere, peraltro, come un ricordo ritrovato.
Buongiorno, potrei avere un commento sul "livello medio" dell'intero percorso? Mentre alla nostra prima visita alle Calandre siamo passati da un picco all'altro, per un chiaro 19 finale, al nostro ritorno vi abbiamo trovato piatti eccezionali come il "Mar Mediterraneo" ma anche altri molto meno emozionanti, quasi banali per una tavola del genere, come il rombo, che era "solo" un buon piatto di pesce. Alla fine, non mi sarei spinto oltre il 18. Forse hanno ulteriormente lavorato sulla riuscita di ogni singola portata? O i picchi erano così alti da compensare alcuni passaggi meno riusciti? So bene trattarsi di dettagli, ma a questo livello contano anche quelli. Tanti saluti e complimenti per il vostro, di livello: sempre altissimo e di piacevolissima lettura.
Buongiorno philip, la scheda a 19 e i commenti esemplificano il nostro punto di vista. Massimiliano Alajmo è uno dei grandi, grandissimi, cuochi italiani.
ci sono appena stato, il 31 ottobre, per la 4a volta. Menù Max. non avevamo mai trovato un livello medio così elevato per TUTTE le portate. è stato il best of the best. ogni singolo piatto ha mantenuto una brillantezza inusitata.
I piatti minimalisti nelle mono piccolissime porzioni inizialmente ti fanno storcere il naso poi capisci che si è di fronte al Max dei cuochi x il livello espresso della cucina italiana e allora non puoi fare altro che decantarne la bellezza''( Molto bello il piatto di presentazione Cappuccino Murrina pieno di colori che richiamano il mare d'inverno è d'estate !)'' , l'invenzione pura e dare un plauso x la bravura complessiva…..prezzi comunque alti perché i vini sono pagati a parte O_O , saluti PG siete buoni giornalisti gastronomici .