Passione Gourmet Il frutto della primavera - Passione Gourmet

Il frutto della primavera

di Leila Salimbeni

La ciliegia, cerasa in molti dialetti, è il frutto del ciliegio. Il nome dialettale – così come quello portoghese, francese, spagnolo e inglese – deriva dal greco κέρασος (Chérasos) che era il nome della città di Cerasunte da cui, secondo Plinio il Vecchio, furono importati i primi ciliegi. Si tratta di una famiglia botanica assai composita che presiede da un lato alla ciliegia comune, dal prunus avium, dall’altra al prunus cerasus che da cui provengono le amarene e le marasche. Qui, le abbiamo inanellate nell’esecuzione dei grandi interpreti della cucina contemporanea.

Amarene

Adeline Grattard ospite di Viviana Varese

Dal ristorante stellato Yam’Tcha, a Parigi, e dopo aver vissuto per anni a Hong KongAdeline Grattard ordisce un boccone deflagrante e perfetto; palindromo perché potrebbe trovarsi tanto all’inizio quanto alla fine del pasto.

Lux Lucis di Valentino Cassanelli a Forte dei Marmi

L’ormai leggendario menu On the road. Via Vandelli di Valentino Cassanelli propone piatti che sono fotogrammi di territorio da Modena a Forte dei Marmi: qui l’amarena slancia e amplifica la balsamicità delle radici nel morso della carne cruda.

Del Cambio di Matteo Baronetto a Torino…

Come fa il poeta, Matteo Baronetto istituisce figure retoriche – in questo caso rime – tra gli elementi della materia al fine di svelarne la natura più intima, quintessenziale. In questo caso, la rima è tra l’amarezza acida delle amarene e quella, sapida, delle olive taggiasche.

Elena di Cristian Elena a Domodossola

Una cucina molto divertente, divertita e di sostanza che, attingendo dagli ingredienti della montagna, si cimenta coi mostri sacri della cucina classica, piccione compreso, servendosi intelligentemente dell’amarena al fine di sdrammatizzarlo.

Autem di Luca Natalini a Langhirano

Come si evince da questo secondo esemplare, piccione e amarena sono spesso utilizzati in combinazione: in questo caso nella versione sontuosa e voluttuosa di Luca Natalini.

Larossa di Andrea Larossa ad Alba

Terzo capitolo della liaison tra il piccione e l’amarena questo, iconico, di Andrea Larossa è un esercizio ottimamente riuscito di  equilibrio tra piacevoli e consapevoli contrasti dolci, piccanti e acidi.

Seu Illuminati di Pier Daniele Seu a Roma 

Un dolce eppure ancora una pizza la squisita Pizza Croccante con ricotta, coulis di amarene, granella di nocciole e riso soffiato al cioccolato di Pier Daniele Seu: un virtuosismo da parte di un fuoriclasse della pizza contemporanea.

…e ancora Baronetto, benché in trasferta all’Alma

Rima ancora più evidente quella tra l’oliva taggiasca e l’amarena per via di una una precisissima salienza condivisa: un’amarezza agrumata e salata, superbamente veicolata dalla componente lipidica che Baronetto usa spesso come medium tra i sapori.

Ciliegie

Belè di Giulia Ferrara a Milano

Un incipit audace, donde traspare tutta la maturità gustativa della chef diplomata all’ALMA e con esperienze da Sarri, Ratanà e Al Pont De Ferr che impreziosisce le carni “povere” dello sgombro con gli accenti acuti, sapido acidi, e della ciliegia e del cappero.

El Celler de Can Roca di Joan e Jordi Roca a Girona 

La versatilità della ciliegia è seconda solo alla sua bontà. Qui in un’inconsueta combinazione con l’anguilla, sortita dalla mano e dalla mente dei fratelli di un ristorante che è considerato La Mecca enogastronomica della contemporaneità.

L’Argine a Venco di Vittoria Klugmann a Dolegna del Collio 

Un piatto elegante, sublime – e subliminale – sia nelle cromature che nel bilanciamento tra sapori e consistenze. Qui, del ciliegio ci sono “solo” i fiori.

Ego Gourmet Origini di Nicola Popolizio a Matera

Un ritorno alle origini quello di Nicola Popolizio dopo anni di lavoro tra Sardegna, Lombardia, Trentino Alto-Adige e dopo un periodo di formazione sotto l’egida di Felice Lo Basso; un dichiarato omaggio alla Lucania in questo diaframma di vitello arrosto con potata novella, salsa di ricotta e ciliegia al vino rosso.

La Tana Gourmet di Alessandro dal Degan ad Asiago

Selvatiche sono le ciliegie della cucina di bosco, quasi stregonesca, di Alessandro dal Degan, che le utilizza per dare ritmica intermittente, sapido/ acida, al piatto complice anche l’esercizio della fermentazione sotto sale del sorbo.

Grand Royal di Andrea Alfieri a Courmayeur

Una cucina golosa, molto risolta e curata sin nei minimi dettagli, abitata dai giusti contrappunti – in questo caso rabarbaro e ciliegie  –  in grado di rendere felice un ampio spettro di commensali.

Villa Naj di Alessandro Proietti Refrigeri a Stradella (PV)

Un predessert che ha tutta la dignità del dessert questo di Alessandro Proietti Refrigeri, chef di un’incantevole Villa Naj nel cuore dell’oltrepo Pavese.

La Madia di Brione di Michele Vallotti

Una notissima trattoria, tra le migliori d’Italia, da molti lustri buon ritiro di appassionati. Ma lo chef proprietario Michele Vallotti non si è adagiato sugli allori e, folgorato sulla via del Noma ma, ancora di più, dalla straordinaria forager Valeria Margherita Mosca, di cui è allievo, ha ordito un dessert segnature, come questo.

Zia Restaurant di Antonio Ziantoni a Roma

Un cuoco estremamente promettente, sebbene qui il merito sia del pasticcere Christian Marasca (nomen omen!) i cui sempre grandi dessert sono figli di una tecnica solida che venta, dalla sua, anche una non banale dose di personalità.

Nerua di Josean Alija a Bilbao

Decisamente più conformista l’uso della ciliegia da parte di Josean Alija, che assieme ai profumi floreali e agrumati dell’ibisco  le consegna il compito di chiudere il sipario.

Le Chateaubriand di Inaki Aizpitarte a Parigi

Un dessert figlio di un talento cristallino, fautore di una cucina di assemblaggio che vanta tanta fantasia quanta organizzazione, intuibile già in questa piccola creazione che alla ciliegia sposa capperi e foglie di cappero.

Marasche

La Montecchia della famiglia Alajmo e Simone Camellini a Selvazzano Dentro (PD)

Una squisita ouverture che occhieggia alla sensibilità per un’alimentazione alternativa – vegano, senza glutine, senza latticini – è quella che alberga anche in questa entré tanto rinfrescante quanto anche invitante.

 

La Peca dei fratelli Portinari a Lonigo (VI) 

Solo i grandi trovano equilibrio nella complessità, e ciò riesce perfettamente a questa cucina che vive oggi un’impronta davvero definita. Accade in questo risotto dove l’apparente nota pleonastica dei gamberi crudi avvolge di dolce grassezza e dona completezza di texture a un piatto dai sapori formidabili.

Decoret di Jacques Decoret a Vichy

C’è tanta selvaggina nella contemporaneità di questo chef illustre, fautore di una cucina dal solidissimo background tecnico che intende collocarsi, in ogni portata, in uno spazio fuori dal tempo.

Duomo di Ciccio Sultano a Ragusa Ibla

Alla marasca è dedicata anche la chiusura del menu di Ciccio Sultano: “una cucina moderna che trova spunto nelle storiche ricette siciliane per evolversi in una nuova verità, in un nuovo gusto che non ha più una collocazione precisa se non il viaggio (mai finito) verso la perfezione.

Visciole

George di Domenico Candela a Napoli

Profondi affondi nel repertorio classico francese caratterizzato però da elementi personali e ricorrenti, come il fumo: in questo caso un’affumicatura di vite di Piedirosso flegreo ammanta l’astice e le visciole.

Bu:r di Eugenio Boer a Milano

Una cucina con una timbrica classica davvero importante dove convivono salse, fondi, riduzioni, concentrazioni di sapori e l’uso imperioso delle componenti lipidiche, sempre ben addomesticate, e di sapori maschi e ben distinti.

Kresiòs di Giuseppe Iannotti a Telese Terme

Uno chef autodidatta, padrone di sicura tecnica e contaminazioni tra stile francese, spagnolo e continui richiami ai sapori orientali, ma anche molta Italia. Qui in una versione mimetica di ghiaccio sminuzzato, mosto cotto e riduzione di visciole.

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