Valutazione
Pregi
- Lo smarcamento rispetto alla proposta imperante di tradizione rivisitata.
- La formula di comporre il menu estraendo i piatti dalle degustazioni.
Difetti
- Ricarichi elevati sulla carta dei vini.
La persona giusta, nel posto giusto, al momento giusto
Uno slogan che può davvero riassumere la scommessa intrapresa al George dell’Hotel Parkers, il 5 stelle lusso della famiglia Avallone, già conosciuta a molti per la bella avventura con la cantina Villa Matilde Avallone di Cellole, produttrice di una ampia scelta di etichette per differenti gusti, affinità e tasche.
L’arrivo al panoramicissimo sesto piano dello chef Domenico Candela, preceduto da un restyling totale della sala e della cucina, ha in sé una connotazione di diversità dalla proposta imperante che connota la ristorazione di qualità, ancora sottotono, nella città di Napoli. Qui, per una volta, non si parla di tradizione rivisitata né di assemblaggi di ingredienti in fotocopie di immagini, ma di piatti molto complessi, cucinati, con gli inevitabili rimandi territoriali ma senza il timore di abbinamenti coraggiosi e molteplici, e con salse di mestiere a legare il tutto.
Intanto, una sala elegante avvolta nei toni scuri e la grande parete di vetro con gli abbagli dell’acciaio e del bianco della cucina, ad illuminarla; un servizio impostato rigorosamente sugli standard internazionali, qualificato, con molte presenze invisibili che appaiono prontamente quando necessario e una proposta gastronomica da rintracciare attraverso quattro menù degustazione, da cui prelevare i piatti anche singolarmente, incrociandoli in libertà. Leggendo il menù del George, immediato appare il riferimento alla cucina francese dove lo chef ha imparato a fondo – negli anni trascorsi lontano da casa – la grammatica universale della gastronomia, i suoi termini, le sue tecniche e dunque le sue possibili variazioni.
Dopo una piacevole batteria di appetizer di ottima fattura appaiono da subito idee e contaminazioni che evidenziano la curiosità, il gioco e la tecnica e che fanno rintracciare alcuni temi che percorreranno qualsiasi viaggio possibile: la pasta e fagioli, dove i tubetti sono ottenuti addensando l’acqua dei legumi e poi trafilata o quella maniacale composizione di erbe e verdure nelle loro semplici variazioni di preparazione, son lì ad esemplificare la potenza dell’assoluto. Poi l’esaltazione del gusto attraverso il fumo che prima segna l’anguilla nei tagliolini, poi l’astice, nell’ulteriore allungo del vino; si nota poi ancora l’utilizzo dell’estrazione per concentrare i sapori nella cottura delle linguine di mare prima e dei ravioli di carne poi. Ecco, qui la tradizione si svela sussurrata nelle sue forme e nei suoi modi come le carni e i pesci spesso in più servizi, con la composizione del piatto sul carrello affiancato al tavolo, e nella giusta conclusione del dessert con un tarte tatin ineccepibile nella sua classicità o nella cura della composizione dei piatti, tutti, sempre di grande effetto e incorniciati da una grande hôtellerie.
Al George c’è aria nuova e tanta speranza davvero, con qualche plus. Ad esempio? Con qualche accortezza nella scelta delle bottiglie, l’esperienza completa la si può praticare a un costo molto competitivo, e scusate se è poco.
onorato, felice e soddisfatto di avere partecipato al progetto sin dalla fase embrionale