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L’esperienza etica del 2023

Non si tratta di greenwashing, e anche se lo fosse sarebbe nient’altro che un modo per rendere ancora più capillare e perpetua l’urgenza che sia appunto etica ogni scelta della nostra vita quotidiana, finalmente semantizzata di un senso che, appunto, è anche una direzione. Quotidiane sono, del resto, le nostre scelte alimentari. Scelte individuali, certo, ma che, se sommate le une alle altre, diventano scelte collettive in grado di determinare una differenza reale sulla filiera e, con essa, a poco a poco, sulle sorti del mondo che viviamo. Ecco quindi che, nel nostro piccolo, ci sembrava doveroso tirare le somme di questo 2023 con una rosa di scelte etiche che si sono dimostrate, non a caso, anche estetiche e che hanno coinciso, ça va sans dire, con epiche mangiate.

Leonardo Casaleno

Non bisogna mai dare nulla per scontato. Ma la degustazione Reale, trasposizione in tavola di un lavoro meticoloso che ha raggiunto la massima espressione di pensiero, profondità e gusto della cucina vegetale, mi induce ad essere decisamente banale nell’individuare la scelta etica illuminante dell’anno. Un risultato così elevato da non apparire scontato nemmeno di fronte alla prestigiosa reputazione del suo artefice. 

Antonello Sgobba

A La Taverna del Capitano c’è uno Chef, Alfonso Caputo, poco mediatico. Il suo rapporto viscerale col territorio, una brigata giovanissima, il pescato delle piccole barche locali, le verdure che provengono dagli orti eroici della Costiera e, non ultimo, il primordiale e autentico piacere di mangiare a pochi passi dal mare, rende il percorso “L’orto e la riva” tra le esperienze eticamente più autentiche e illuminanti del mio 2023. 

Orazio Vagnozzi

Stadera porta la cucina partenopea su un palcoscenico internazionale esaltando al contempo le diversità di Milano. L’autenticità dello Chef Aldo Ritrovato e della sua creatura si manifestano nell’approccio flessibile e inclusivo, simboleggiato dal sous chef di origine egiziana Fam Keliny. Non un “super ristorante” ma una gastronomia, per far vivere un’esperienza autentica e umana. Sono banditi gli eccessi in questo spazio intimo e familiare che naturalmente incoraggia la comunicazione tra i commensali.   

Luca Turner

Cook more Plants! Manifesto di nuova cucina vegetale. Davide Guidara. Un’esperienza a tutto tondo vegetale, vibrazioni che partono dalla terra dell’isola eoliana di Vulcano. Un episodio festivo all’insegna di uno studio ed una ricerca sul vegetale che ha pochi eguali.

Davide Bertellini

Il progetto dell’orto del ristorante Volta del Fuenti a Vietri sul Mare di Michele De Blasio dove vengono coltivate piante alofite come portulaca, salicornia, finocchio di mare con le quali viene preparato la prima parte dell’aperitivo italiano composto da una finta mandorla (glassata con polvere di salicornia)  e un’oliva sferica che un oliva non è (ottenuta con la sferificazione della portulaca).

Gianpietro Miolato

Cucina a km 0 da Natiia – Osteriia sotto l’egida dello Chef Andrea Vitali e buona in tutti i sensi: ci si appoggia a produttori locali per eventuali ammanchi stagionali. E poi ancora circolare, dall’orto adiacente la tenuta al piatto, con attenzione alla componente vegetale, valorizzata in ogni portata. 

Giovanni Gagliardi

La Valle Aurina, i torrenti, il profumo del bosco e del sottobosco, l’odore delle stalle, la valorizzazione di una rete di piccolissimi produttori di eccellenza. Cucina etica come poche quella di Matthias Kirchler al Lunaris 1964. Per chi ama la natura e vuole prenderla a morsi!  

Claudio Marin

I prodotti dell’orto di Monte Carmelo, carni ed il pesce di lago illuminati da cotture sovrumane, l’incontro felice tra la gente di Appiano ed appassionati in cerca di rivelazioni o risvegli nonché la fiducia di un cuoco nei confronti degli avventori: il tutto a prezzi più che popolari. Paolo Lopriore attraverso una cucina etica sta compiendo una rivoluzione.

Gianluca Montinaro

Che cos’è l’«etica» se non la dedizione al proprio lavoro? Se non il rispetto di ciò che si è e si compie, nel riguardo di chi e di cosa lo si compie? Non serve scomodare la seconda Critica di Immanuel Kant per comprendere che ‘etica’ è appunto molto di più di ciò che comunemente si pensa che sia (i triti discorsi sul green). L’esperienza etica, in questo 2023 che ci lascia, l’ho avuta a casa dei fratelli Bracali (Francesco in cucina, Luca in sala), a Massa Marittima. Qui non ho solo mangiato in modo grandioso, ma ho visto passione e dedizione. Ho visto attenzione e cura. Ho visto umanità e professionalità. Perché per essere bravi cuochi, per essere bravi ristoratori, si deve necessariamente essere prima bravi uomini. Spiritualmente forti tanto nei successi, quanto negli ostacoli. Perché etica è, innanzi tutto, ‘etica dell’uomo’.

Giacomo Bullo

Che i Martucci’s fossero già al vertice dell’eccellenza nel mondo della pizza, è già ben cosa nota. Ebbene nel credo di questa storica famiglia casertana si cela anche uno delle manifestazioni più virtuose (e tangibili!) d’impatto circolare, motivo ancor più d’orgoglio. Sasà Martucci, nella sua pizzeria, sposa maestranza gastronomica ma anche attuale consapevolezza. Nel caso dell’evocativa pizza “Mangiafoglia” omaggio alla tradizione napoletana in millimetrico utilizzo gustativo dell’elemento vegetale sia per tipologia che tecnica, si ha pure il risvolto semplice e concreto nel processo di riforestazione grazie alla piantumazione di un nuovo albero, legato al cliente, per ogni pizza realizzata. I Masanielli di Sasà Martucci, sono fulgido esempio di piacevole schieramento pratico a favore di un orizzonte temporale imperniato anche sulla neutralità carbonica. Sustainable Warriors from Caserta!

Fiorello Bianchi

Contrada Bricconi, sostenibile a 360°, partendo dall’approvvigionamento delle materie prime (quasi esclusivamente autoprodotte), al no waste, fino alla attenzione al capitale umano (riduzione dei giorni di lavoro).

Claudio Persichella

Nel menù “Orizzonti” del Lux Lucis c’è tutto: eleganza, delicatezza e versatilità. Valentino Cassanelli è uno Chef di grandissima sensibilità che, nella sua interezza, soddisfa pienamente l’occhio, la gola e la mente. Anche questa è una forma di etica.

Giampiero Prozzo

Una storia da raccontare quella di Giulio Gigli, faccia da eterno ragazzo, 34 inverni quasi la metà dei quali già spesi in cucina. Valigia in mano approda infatti giovanissimo nei grandi ristoranti dove oltre alla tecnica affina passo dopo passo la consapevolezza di ciò che vuole fare da grande. Une, il suo ristorante nelle pieghe di Foligno, oggi è appunto tutto questo, il figlio dal lungo travaglio partorito in tempi di pandemia, la materia dei suoi sogni. Qui, il difficile sarà solo andarselo a cercare, nel verde, fuori dalla città e fuori da tutto un progetto etico a tutto tondo, a cominciare dal nome, che in dialetto è acqua, fino al recupero della struttura con il culto della memoria; e ancora un orto in divenire fino alle stoviglie, passione di un’artigiana del posto, passando per un menù denso di suggestioni anche grazie all’aiuto di piccoli produttori in luoghi dimenticati. La tecnica è raffinata, e arriva dai suoi grandi maestri, Anthony Genovese e il trio magico del Disfrutar, dove in quella cucina affollata è emerso prepotente il piacere di ritagliarsi un luogo della dimensione giusta. La sua.          

Gherardo Averoldi

Un gruppo giovane ed affiatato quello di Contrada Bricconi, guidato in cucina da Michele Lazzarini, ha ridato vita con passione e dedizione ad un antico borgo del XV secolo. Qui il legame con la montagna si manifesta in ogni aspetto dell’esperienza dall’eccellente produzione di formaggi, ortaggi e salumi fino ad una cucina fatta di equilibrate fermentazioni e lievi affumicature.

Leila Salimbeni

Perché ci si può – anzi si deve – anche divertire. Un principio edonistico quanto volete, eppure essenziale quando si parla di cibo tra uomini e donne di mondo. Ecco dunque che non posso non pensare Al Gatto Verde e al Cotechino Sangue di Drago di quel gran genio di Jessica Rosval che qui spadella per interposta persona del cuciniere nazionale per antonomasia, Massimo Bottura. E lo fa divertendosi appunto, e vivaddio, tanto eticamente quanto delicatamente ma senza celare nemmeno un certo gusto per la violenza, quantomeno nei sapori. Ecco quindi che non cammina ma anzi danza sulle braci ardenti del barbecue e su affumicature roventi, proiettando il cotechino, e dunque l’Emilia, nella terra del dragone, ma limitando a zero ogni spreco e servendosi della filiera più locale e artigianale che esista.  

Alessandra Vittoria Pegrassi

A pochi passi da Brera, sito in Via della Moscova e avviato nell’ottobre 2022, Horteria è germogliato dalla passione di Giorgia Codato per la buona cucina e il rispetto rigoroso verso la stagionalità dei vegetali che giungono nel piatto dall’orto di famiglia.

Erika Mantovan

Siamo con il padre della cucina vegetale in Italia, lo possiamo definire tranquillamente così. Pietro Leemann entusiasma sempre con le sue preparazioni colorate, briose e mai parche di sapori tanto quanto di contrasti. Parliamo di un’esperienza che ti porti a casa per davvero, essendoci nel menù cartaceo dei semi da piantare nel proprio orto. Un invito a guardare alla bellezza della natura in prima persona.

Marco Bovio

Mentre il granchio blu indossa il kilt e come William Wallace/Mel Gibson sfida i “poteri forti”, un istmo di terra lambito da brezza marina e acque salmastre, mette in relazione il sapere dei biologi della Laguna di Nora e la cucina di Francesco Stara a Fradis Minoris.

Davide Scapin Giordani

Come si dirà foraging in dialetto veneto? La risposta è nei piatti di Andrea Rossetti da Osteria V in cui creatività, tecnica e studio hanno pari obiettivo: dar valore ai viticoltori dei Colli Euganei, ai pescatori del Sile, agli allevatori della bassa padovana.

Alfonso Isinelli

A Mazzorbo, Chiara Pavan e Francesco Brutto, hanno deciso di non utilizzare carne ma solo vegetali autoprodotti nell’orto di Venissa e, riguardo le specie ittiche, solo quelle invasive che depauperano l’Adriatico, come la Rapana Venosa (in foto). Una scelta non ideologica, che non va mai a discapito del gusto.

Giancarlo Saran

Un’ideale sintesi della civiltà serenissima, tra prodotti di terra e di mare. L’esofago di manzo razza fassona by Franco Cazzamali è una frattaglia recuperata dalle proprietà molto simili a quelle della lingua. Qui fa le veci dell’acciuga, tagliato a rondelle e marinato con cipolla e uvetta passita. In soldoni, la tradizione salvaguardata, la materia riciclata. Siamo da Ponte Peron, a Pagnano d’Asolo.

Andrea Mucci

Questo risotto targato 2023 mi ha fatto pensare a una “primavera nel piatto”, una portata che ricorda idealmente la riproduzione del naturale ciclo della terra. Dal silene, pianta rustica, spontanea e perenne, alle altre erbe e fiori del periodo, sino al kefir posto in superficie, lavorato in modo da dissolversi in bocca, paragonabile allo sciogliersi delle nevi sul finire dell’inverno. Una nota acidula che arricchisce il fresco assaggio di un risotto vegetale originale, equilibrato e gustoso, perfetta esplicitazione dell’ora etica. Da Alberto Toè di Horto.

El pibe de oro della pizza abita a Caserta

Sulla personalità e sul talento di Francesco Martucci, alias el pibe de oro, abbiamo veramente poco da aggiungere. La sua crescita è inarrestabile: dopo aver attrezzato più di 300 metri quadri di cucina con ogni diavoleria conosciuta sull’orbe terracqueo (abbattitori, roner, essicatori, liofilizzatori, estrattori, affumicatori) lui continua a sperimentare; il fine? Costruire un nuovo codice della pizza contemporanea. E lo fa a suo modo, con un suo percorso personale, e con doti davvero rare: perseveranza da un lato, talento istintivo dall’altro e un grande, grandissimo palato che gli fa scoprire equilibri e dosaggi a molti ancora sconosciuti.

La sua versione di marinara, il futuro di marinara, oltre che nella mirabile tripla cottura (al vapore a 100°, fritta a 180° e al forno 400-420°) che conferisce una croccantezza unita a una leggerezza davvero formidabili, è un punto di riferimento per quella salsa di pomodoro concentrata quanto leggera e per gli ingredienti sapientemente dosati: crema di pomodoro arrosto, per la precisione, che ricorda il ragù cotto ore e ore sulla stufa economica; pesto di aglio orsino, capperi di Salina, olive di Caiazzo, alici di Trapani e origano di montagna.

L’innovazione e il gusto nella pizza migliore del mondo

Un tripudio e un’esplosione di sapori e un grande, grandissimo assemblaggio di prodotti. Francesco Martucci cerca il meglio, non solo in Italia, e lo lavora fino a fare della pizza una materia nobile in barba alla sua estrazione popolare. Ma il capolavoro compiuto è proprio questo.

Anche nelle pizze più tradizionali, tipo la Parmiggiana, riesce a imprimere una forza e un sapore che solo i grandi palati riescono a codificare. Quale? In questo caso il ricordo della parmigiana della nonna, quella un filo ossidata ma meravigliosamente golosa. Passando attraverso la 4 pomodori in 4 consistenze, con un lavoro tra asciugature/essicature, concentrazioni e lavorazioni che rende davvero onore al re pomodoro. Finiamo con il capolavoro contemporaneo della Popeye,  spinaci al burro di Normandia, coppa di testa di Simone Fracassi, crema acida di bufala, zest di limone. Un unicum davvero micidiale.

Un talento unico, che non si arresta, e che continua la sua crescita e la sua evoluzione con costanza e tenacità.

La Galleria Fotografica:

La nuova capitale della pizza è Caserta?

Francesco Martucci, assieme a Franco Pepe, sta facendo risuonare parecchio, nel cuore e nella testa di molti gourmet, la domanda riportata nel titolo. È in parte una provocazione, una iperbole. E non ce ne vogliano i puristi e tradizionalisti della pizza napoletana. Ma questo giovane cuoco, che per caso e per destino si è impegnato in questo specifico settore, sta tracciando una strada tutta sua, personale, autentica e decisamente innovativa sul grande lievitato partenopeo.

Un grande cuoco innanzitutto, che ha portato una ventata di tecnica, ingegno e innovazione tutta personale. La sua pizza non è gourmet, non è stravolta rispetto all’originale. Ma è avvolta di un manto di studio e progettazione avanguardististica unica. Impasti lievitati sino a 50 ore, di una lievità unica, a tratti quasi imbarazzante. Ne mangerete tranquillamente due di pizze, forse anche tre. Ingredienti iper selezionati. E tanta progettazione.

Chi può vantare un laboratorio di 300 mq in cui poter sperimentare? L’emblema della caratura di questo grande cuoco è certamente la sua interpretazione di salsiccia e friarielli. Salsiccia di nero casertano e friarielli prima cotti, poi frullati ed emulsionati con acqua di governo della mozzarella. Che gli dona una nota lattica che tende a smorzare l’amarezza del friariello, rispettandolo.

L’innovazione e la tradizione nel grande laboratorio di Martucci

Per non parlare poi delle pizze più tradizionali, realizzate a regola d’arte. Senza sbavatura alcuna. I puristi noteranno un leggero eccesso di cottura, qualche bruciatura di troppo. A noi la sua pizza, invece, ha entusiasmato proprio per questo. Cottura ad alta temperatura e lievitazione magistrale rendono l’impasto lieve ed etereo. Un encomio per i prezzi, popolari come dovrebbero essere sempre in locali di questa tipologia. Che ne decretano anche il successo di pubblico, oltre che di critica.

Chapeau quindi a questo grande pizzaiolo, pardon cuoco, che nel suo chiassoso e rumoroso ristorante, con molti coperti, fa il tutto esaurito tutte le sere. Troverete, dalle 20 in poi, una coda chilometrica, anche di un’ora, ma alla fine ne varrà veramente la pena. Qui Caserta, la nuova patria della pizza, di grande qualità e passione. Ma la gentilezza del personale, tutto attento e disponibile, e le meravigliose pizze vi faranno svanire in un attimo lo stress per l’attesa.

Capita di rado, ma per fortuna ancora succede, d’imbattersi in artigiani che lavorano in maniera eccezionale pur senza avere riverbero mediatico.
E così, in una di quelle serate in cui ci si trova fuori per lavoro, magari in una città in cui non ci si aspetta di scoprire meraviglie gastronomiche, può capitare di entrare in una pizzeria di cui, incredibilmente, non sono piene le pagine di siti e blog. E di rendersi conto che, in quella pizzeria, si mangia una delle migliori pizze italiane.
I Masanielli è ospitato in un locale abbastanza anonimo di una strada altrettanto anonima di Caserta, ma superata la soglia, accomodatisi a un tavolo che ricorda quello di mille pizzerie italiane, già aprendo il menu qualcosa non torna.
E’, sì, plastificato e un po’ “vissuto”, ma comincia con un elenco di produttori di olio, mozzarelle, pomodori, salumi da strabuzzare gli occhi, per poi passare all’elenco delle pizze: sterminato, dalle classiche a quelle più creative, descritte ognuna con dovizia di dettagli.
Potrebbe sembrare maquillage se poi, alla prova del gusto, non si scoprisse che la descrizione non si avvicina nemmeno alla realtà, perché fondamentale per una pizza, per quanto ben guarnita, è l’impasto.
In questo caso, formidabile, grazie al lavoro di anni di Francesco Martucci, l’imponente creatore di queste vere e proprie meraviglie che ha creato un suo blend di farine che pare la formula perfetta. In spregio agli estremisti di una fazione e dell’altra c’è anche farina integrale, insieme a 0 e 00, e il risultato finale è una pizza scioglievole sì, ma leggerissima e digeribilissima.

In due serate consecutive (sì, va confessato… non siamo riusciti a resistere) abbiamo provato alcuni dei suoi capolavori: dalla Burrata e Piennolo (con pomodorini di casa Barone, burrata del caseificio Casa Modaio e olio extravergine cilentano Madonna dell’Ulivo) alla “alletterata”, in cui al pomodoro si affianca mozzarella di bufala de Il Casolare e un fantastico tonno “alalunga” di Pisciotta, alla fantastica multicolor con pomodori rossi e gialli.
L’aspetto è sempre invitante, la cottura perfetta, il cornicione molto alto è straordinariamente leggero, il mix tra pasta e condimento perfetto. Impossibile fermarsi a una sola pizza.
I fritti, provati per completezza, sono all’altezza, leggeri e non unti, anche se da queste parti il consiglio è di dare più spazio possibile alle pizze, anche perché la selezione è sterminata.
Il capitolo bevande è curato, con una bella selezione di birre artigianali e alcuni vini locali selezionati con attenzione: non si raggiungono le eccellenze di alcuni altri colleghi le cui carte fanno ormai invidia a ristoranti blasonati, ma si nota ricerca e sensibilità al tema.

Nota dolente: in spregio alla scarsa copertura mediatica, gli appassionati non mancano, per fortuna di Martucci, e dalle 20 in poi aspettatevi di trovare una fila anche lunga, per cui il consiglio è di fare i nordici e presentarsi all’apertura, alle 19:30.

Burrata e Piennolo.
Pizza, I Masanielli, Francesco Martucci, Caserta
Alletterata.
Alletteratta, Pizza, I Masanielli, Francesco Martucci, Caserta
Multicolor.
Multicolor, Pizza, I Masanielli, Francesco Martucci, Caserta
Crocché di patate.
Crocchè, Pizza, I Masanielli, Francesco Martucci, Caserta
Un estratto della monumentale carta.
I Masanielli, Francesco Martucci, Caserta