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Bolle

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Siamo in una area industriale-commerciale alla periferia di Bergamo e qui un noto imprenditore di utensileria di cucina ha deciso di lanciarsi nella ristorazione, ristrutturando un capannone, dedicando la parte inferiore allo show room e la parte superiore al ristorante. Da Bolle, lo Chef Marco Stagi ha preso, da circa due anni, le redini della cucina, passate da Filippo Cammarata che, dopo un periodo abbastanza breve ha lasciato (ora Chef e socio dell’Osteria Tre Gobbi).

Abbiamo già raccontato il curriculum vitae di Marco Stagi, partito da Bergamo, dall’Osteria della Brughiera, 5 anni da Crippa e poi 2 anni e mezzo da Peter Goosens al tristellato Hof van Cleeve. Torna in Italia da Perbellini fino a diventarne il braccio destro e infine il ritorno a casa, nella sua amata Bergamo. Un importante bagaglio di esperienze, una tecnica indiscussa, tante idee e tanti tributi “concettuali” ai suoi maestri appaiano nella sua proposta gastronomica; lui definisce la sua idea di cucina come “minimale e geometrica, essenziale, senza troppi fronzoli e orpelli“. Quella di Stagi è una cucina che troviamo sempre più spostata sul classico contemporaneo, concretizzata sul gusto e sulla piacevolezza dell’esperienza per i commensali, una cucina che non poteva non essere premiata, così come è stato, lo scorso novembre, dalla Michelin.

A tutto tondo

È il titolo del menù degustazione a mano libera di Stagi che ben esemplifica la proposta, e prevede alcuni spigoli, sapientemente smussati, così come sapidità sempre spinte, ma che gioca più su rotondità e pienezza di gusto. Paradigmatici in tal senso l’Animella con siero di latte e tartufo bianco e gli Agnolotti “Da Alba a Ghent”, un piatto che lo Chef dedica a due delle sue esperienze principali, con gusti che creano una sinergia tra Italia e Belgio: la cipolla dolce Giarratana come ripieno degli agnolotti che riprendono la forma del plin e la liaison di burro e caviale tipica dei condimenti Belgi. Altro omaggio a Goossens è l’unico piatto fusion presente in carta: l’Anguilla alla brace con una interessante laccatura aromatica al lime, tamarindo e wasabi. L’influenza di Crippa si sente nei piatti con i vegetali (anche se li abbiamo trovati un po’ meno interessanti della scorsa volta) e nell’attenzione alla estetica e alla pulizia, rappresentata con grande eleganza nel dolce con perle e bucce di limone, vaniglia e bottarga boreale a chiudere egregiamente uno dei passaggi, se non il migliore, della serata.

Un percorso che prevede materie prime ricche come il tartufo bianco, il caviale, il king crab usato nella riduzione di fondale del broccolo Fiolaro, lo Skrei, pregiato merluzzo norvegese, usato sia come bottarga nel dolce che come perle, insieme alla emulsione di tartufo nero ad accompagnare il cavolo. Un’esperienza che fa indubbiamente stra-felice la popolazione dei gourmand, che usciranno assolutamente appagati. Noi auspichiamo, però, una spinta maggiore, per lo meno all’interno del percorso degustazione, con piatti che siano più stimolanti da un punto di vista di ricerca dell’insolito, lavorando, magari, proprio sul vegetale.

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Gli “Orobic brothers” sempre più a fuoco

Abbiamo già parlato dei fratelli Manzoni, Alex e Vittorio che, nel 2020, hanno aperto il loro ristorante, premiato un anno dopo con una stella Michelin. I due ragazzi hanno passato un po’ di anni a fare esperienze in cucine interessanti: Alex da Bottura, poi cinque anni da Alessandro Dal Degan alla Tana di Asiago, come sous chef, per ritornare a casa, dove Enrico Bartolini l’ha preso come executive chef al Casual. Vittorio Manzoni è specializzato nella conoscenza e cottura della carne, avendo lavorato con grandi esperti come Sergio Motta e Luca Brasi, alla Braseria. Le due anime sono assolutamente complementari nella loro cucina, in sinergia con una sala, molto ben gestita da Giovanna Danzo, moglie di Vittorio. I fratelli Manzoni, da noi chiamati come “Orobic Brothers” fanno una cucina decisamente identitaria, che parte dal territorio, per le materie prime, e spazia sui vari registri di acidità, sapidità, umami, dolcezza, amaro con abilità e originalità. L’uso delle erbe aromatiche, una loro prerogativa, è ora più dosato è equilibrato, pur essendo sempre molto presente, così come le cotture alla brace e, scusateci il gioco di parole, li abbiamo trovati decisamente “a fuoco”.

“Vit-Ale”

Vit-Ale” dai loro nomi, è il menù degustazione più completo, oltre a quello dei loro classici e a quello vegetale, ed è il perfetto compendio della loro filosofia gastronomica. La batteria importante iniziale di amuse bouche introduce, e bene, al loro mondo, molto variegato e intrigante e finisce con un loro classico, Spuma di cavolfiore, nocciola e acciuga, forse il piatto più accogliente in termini di gusto e rotondità. La componente amarognola, invece, compare ora in più piatti e porta quel quid che fa la differenza, come nell’audace e intrigante piatto con Cozze, cime di rapa, paprika, bergamotto e liquirizia, un azzardo, sulla carta, che risulta invece essere vincente. Ben studiato l’utilizzo della nota amara delle armelline, come salsa, per equilibrare un Risotto che gioca sul contrasto, anche questo ardito, fra aglio orsino, albicocca arrosto e rafano, un piatto che non lascia indifferenti. Umami all’ennesima potenza in un piatto, sulla carta semplice come gli Spaghetti ai pomodori, con un pomodoro super concentrato che sembra quasi un fondo di carne, anche come colore, foglie di cappero, pinoli ed erba salvia. Piccolo capolavoro l’Anguilla affumicata, poi cotta alla brace, con pompelmo rosa, sia in riduzione sia in pezzettini, olio all’alloro e nocciole. Ancora una bella complessità di contrasti, che si rincorrono per trovarsi, nel dolce, con una Cialda di cioccolato che nasconde, dentro a una spuma di arachidi, cubetti di torta al cioccolato, caramello, gelato al curry e calamansi. Dolcezza, sapidità, piccantezza, acidità “all in” per un piatto davvero ben riuscito. Qualcosa da calibrare invece su due piatti di carne, il Cervo e l’Agnello, nel dosaggio fra “condimenti”, e la carne, che tendeva ad essere troppo coperta. Nel complesso un menù con davvero tanti spunti interessanti, che testimonia una bella crescita dei ragazzi, che vogliamo premiare con una valutazione, leggermente arrotondata per eccesso; auspichiamo che continuino a osare e a spaziare su più registri, prestando sempre attenzione all’uso delle erbe. Le potenzialità ci sono per fare sempre meglio. Keep on daring Orobic bros!

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Il talento cristallino di Marco Galtarossa

Eravamo rimasti molto colpiti la prima volta che siamo andati a scoprire, a pochi mesi dal suo arrivo, le qualità di Marco Galtarossa, Chef sapientemente scelto da Enrico Bartolini, sopraffino talent scout di giovani talenti. Ebbene, dobbiamo premettere che abbiamo avuto solo conferme da questa ultima visita al Casual, una stella sempre più luminosa e brillante nel firmamento dei ristoranti del grande Chef di​ Castelmartini.

Galtarossa ha, difatti, un talento cristallino nel gestire con grande eleganza sfumature di gusto non perdendo mai di incisività e giocando con maestria in giochi di sovrapposizione. Di origine padovane, ricordiamo il suo curriculum davvero ricco di esperienze: CraccoVilla FeltrinelliEnoteca PinchiorriFeva come capocuoco e Chef di Zanze XVI, a Venezia. Vari, poi, gli stage: Joël Robuchon a Parigi, JoiaTickets e Noma. Nella sua cucina si ritrovano le varie influenze: Venezia che incontra Bergamo, la laguna che incontra la montagna, passando per i boschi dove raccogliere varie erbe spontanee, sempre perfette nell’utilizzo e, ancora, fiori con una funzione non solamente estetica sebbene l’eleganza e la cura estetica dei piatti sia centrale. C’è grande attenzione al mondo vegetale.

Un perfetto menù estivo

When I met you in the summer, to my heartbeat’s sound we fell in love” è l’inizio di Summer di Calvin Harris, una canzone perfetta per rappresentare l’estate così come lo è “Sfumature d’estate”, il titolo del menù degustazione da dieci portate escludendo dal conto amuse bouche e piccola pasticceria. La batteria di partenza è davvero notevole per precisione, eleganza e spunti di interesse al palato, con crudi di verdure, crema di semi di girasole ed estratto di albicocca fermentata a dare il via al menù degustazione vero e proprio, facendoci entrare nello spirito dell’estate.

Un percorso che si dipana su un trittico di piatti freschi, con la Granita di Lapsang souchong e abete rosso ad accompagnare, con uno shock forse fin troppo aggressivo, l’Ostrica in ceviche di erbe che termina con una sorta di Tarte tatin, come ispirazione di impiattamento con Peperone di Carmagnola, prugne e cavallo marinato. Un piatto perfetto negli equilibri, che diverte il palato con la sapidità e la dolcezza ferrosa del cavallo, il gusto del peperone e l’acidità della prugna. La maestria nella gestione di gusti sovrapposti continua con lo Spaghetto con salsa (potente) al fegato di seppie, zotoli, seppioline veneziane alla plancia e levistico a introdurre una nota di amaro che va anche a chiudere il piatto. Altro interessante gioco è nel piatto con i Ravioli ripieni di gallina nostrana con le amarene che arrivano subito e forte nella loro dolcezza per lasciare magicamente spazio al brodo di astice. Intenso il piatto con la succulenta Pecora bergamasca, che si accompagna al ginepro e a un dashi di anguilla, ma il gioiellino è una piccola, purtroppo, porzione di Cervello di pecora con liquirizia e gel di ponzu: un bocconcino davvero prelibato.

Un percorso che rivela una grande personalità, si lavora di pennello, con gusto ed eleganza ma si lascia davvero il segno. Un plauso va alla sala, sapientemente gestita da Andrea Zamblera, con grande professionalità e savoir faire, per un servizio decisamente di alto livello. Un posto, in Bergamo Alta, dove godere di tutte le attenzioni riservate e passare uno splendido pranzo o una splendida cena nel bel dehors.

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La montagna che rivive

Contrada Bricconi è un bellissimo progetto, pensato, egregiamente, per far rivivere la montagna; nasce dalla volontà di tre ragazzi di ridare vita, inizialmente, attraverso l’agricoltura, a un borgo del XV secolo, in Val Seriana. Sono partiti con l’allevamento e la produzione di formaggi e carne e da pochissime settimane hanno ampliato la loro proposta con la ristorazione, a cui si aggiungerà anche l’accoglienza con alcune camere. La cucina è stata affidata a Michele Lazzarini, talentuoso ex head chef di Norbert Niederkofler, che ha deciso di lasciare il St. Hubertus per tornare a casa e continuare a fare quello in cui crede, ossia raccontare il lavoro agricolo e la cultura della montagna, il supporto a piccoli produttori locali, portando il tutto, con eccellenza, nei piatti.

C’è tanta bellezza, qui, a partire dal posto incantevole, dalla ristrutturazione di tutto il borgo, dalla architettura moderna della stalla e del caseificio, alla cura nei dettagli degli interni, al servizio informale ma calorosamente accogliente. Tutto è attentamente pensato, in ogni dettaglio, per un’economia circolare: la sostenibilità, qui, è uno stato mentale: uno stile di vita.

Fine mountain dining

Lo Chef ha voluto partire, con il suo stile di cucina che potremmo definire “fine mountain dining“, inserendo nel suo percorso degustazione alcuni piatti da lui ideati al St.Hubertus. Questo sia per far conoscere uno stile di cucina diverso alla clientela bergamasca, sia per esigenze di tempo e di pianificazione, trovandosi con i tempi molto stretti a ridosso dell’apertura che ha subito, come ultimamente accade, vari ritardi sulla tabella di marcia.

Alcuni piatti, come la Carota BBQ (servita con una salsa barbecue a partire da soli elementi del territorio: mele affumicate, aceto di mele, mieli, agone di Montisola, cotta sotto la cenere, poi nello smoker e infine direttamente alla brace) e la Cagliata (direttamente dal caseificio annesso, il latte, arricchito dalla panna affiorata il giorno precedente, viene fatto cagliare su una macedonia di frutta disponibile nell’orto dei fornitori: fragole ,uva spina, rabarbaro, ribes bianco), resteranno in carta, ma lo Chef sta già lavorando sul nuovo menù per l’autunno. Strepitosa l’Anguilla del lago d’Iseo arrotolata con coniglio e lardo, sempre auto prodotto, laccata con sugo d’arrosto di teste e spalle di coniglio e cotta alla brace e servita, infine, con un delizioso brodo di carcasse affumicate d’anguilla. Particolari gli Spaghetti freddi, mantecati con quello che sarebbe normalmente uno scarto: una piccola realtà di allevamento di trote della Valchiavenna fornisce gli scarti della sfilettatura delle stesse, con cui creano una salsa al fondo dello spaghetto. Nel piatto si trovano poi uova di trota e coregone del lago d’Iseo affumicate ed erbe aromatiche per un connubio perfetto di sapidità, grassezza e parte vegetale a sgrassare. La Trota alla brace è cotta alla perfezione e servita con una perfetta salsa al beurre blanc, alleggerita dall’uso dell’acqua di pomodoro. Giusto il Risotto con la bernia, aglio selvatico e stracchino è, probabilmente, un po’ da tarare sia negli equilibri, essendo la bernia decisamente preponderante, e/o nella quantità. Essendo una realtà appena partita e con un menù che riporta alcuni piatti del St. Hubertus preferiamo non esprimere una votazione e attendere il nuovo menù per valutare appieno le potenzialità e la creatività di uno Chef di indubbio talento.

Intanto non possiamo far altro che suggerire di andare a visitare e testare in prima persona questa affascinante realtà.

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Agri+Bio+Relais

In via di Colletto, nel cuore della bergamasca, non lontano dal Lago d’Iseo, una casa padronale costruita tra filari di viti terrazzate con dieci ettari tra bosco, oliveto e vigneto curati secondo le regole della conduzione biologica. C’è, alla base, un concetto davvero ben pensato ed eseguito di un agriturismo in versione relais.

La struttura è decisamente d’impatto, sia per la cura degli interni che per la bellissima vista, con un ampio dehors a disposizione per la primavera e l’estate. Partiti pochi mesi prima del COVID, hanno deciso di investire su un giovane talentuoso cuoco, Angelo Bonfitto, che è arrivato dall’inizio dell’anno. L’incipit con Filippo Cammarata da Cece e Simo, poi in stage da Romito e Crippa, tre anni da AGA e Osteria della Brughiera e altri tre anni da Camanini forgiano una cucina che ci ha davvero colpito per freschezza, originalità, profondità di gusto e gestione raffinata delle acidità e della aromaticità.

Agri-fine-dining

A modo nostro” è il titolo del menù degustazione che consigliamo, rispetto alla carta, per entrare nel mondo dello Chef, alla scoperta di nuovi gusti e di materie prime di qualità che arrivano da piccoli produttori locali. Il trittico di partenza gioca con la semplicità e il gusto di un brodo di gallina con liquirizia, un sedano rapa con anice e una cialda di finocchietto, sesamo e crauti, tutti centrati e perfettamente contestualizzati. L’apporto di freschezza delle componenti vegetali continua nella tartare di salmerino con barbabietola e sedano acido, molto equilibrato e gustoso. I due primi sono entrambi interessanti: i ravioli ripieni di luccioperca sono spinti da una ottima salsa al lievito di birra e il risotto con Grana, senape all’antica, olio alla salvia e cardamomo ha una grande intensità olfattiva e palatale .

C’è un uso molto intrigante di oli aromatizzati, abbiamo citato il risotto, ma anche il dessert è decisamente originale per l’integrazione di un olio all’alloro in una cagliata di latte, lemon curd e arachidi sabbiate. Piatto assolutamente da fondo scala è rognone, animella, fondo di vitello all’arancia, ravanello fermentato, olio all’aglio orsino e crema di topinambur: una combinazione davvero esplosiva per l’effetto sinergico di tutti gli elementi, per un risultato di grandissimo gusto e intensità, tanto che se ne vorrebbe ancora e ancora.

Il livello complessivo è già alto e, se consideriamo che è una brigata che deve fare i conti con numeri elevati dei coperti, soprattutto nel week-end, e che la partenza è di pochi mesi, ci sono tutte le prospettive per puntare sempre più in alto. La proprietaria è giovane, aiutata dal compagno, e gestisce con i collaboratori la sala trasferendo un caloroso e spontaneo senso di accoglienza, anche col pienone. Un posto che, in definitiva, ci sentiamo assolutamente di consigliare, per una cucina che parte dall’agriturismo per andare decisamente verso il fine-dining: davvero una bella sorpresa!

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