Passione Gourmet Alajmo Archivi - Pagina 2 di 7 - Passione Gourmet

Le Calandre

La natura è perfetta

L’intervento ideale è quello di operare assecondandola, la natura, cercando di coglierne l’essenza andando in profondità, traendo il meglio da ogni ingrediente sviluppandone caratteristiche e potenzialità. Questo lavoro implica un approccio intellettuale assai ponderato in cui la riflessione, mediata da tempo ed esperienza, permette di cogliere i frutti di questa sedimentazione, sublimandoli in piatti che rappresentano le espressioni di una vera e propria presa di coscienza. Il menù messo a punto da Massimiliano Alajmo a Le Calandre (segnatamente, “il Max“, da noi provato) rende pienamente il compimento di questo processo e ci riallaccia a una considerazione che più volte, nel corso degli anni, ci è capitato di fare.

La grande cucina è, a tutti gli effetti, patrimonio culturale e, come tale, andrebbe diffuso il più possibile. Una tavola, allora, che riesce nell’intento di carpire l’interesse del gourmet incallito rappresentando anche un porto sicuro dove invitare l’amico titubante o disinteressato o, ancora, il parente stretto, sicuri che la grammatica gastronomica utilizzata sia comprensibile e latrice di gioia anche al profano, rappresenta una perla di inestimabile valore. Le Calandre appartiene a pieno titolo all’elenco di queste realtà, interpretando da tempo un ruolo trainante tra le pietre miliari della ristorazione italiana.

Siamo ormai vicini alla terza decade dall’avvento degli Alajmo brothers al comando del ristorante di famiglia; l’impeto giovanilistico appare ora saldamente temprato da quella maturità che rende l’esperienza a Le Calandre un must: una cucina i cui piatti hanno una chiave di lettura comprensibilissima anche a chi voglia goderne senza pensieri in quanto gustosi e golosi senza essere mai, in alcun modo, scontati. Ma è anche cucina dall’ordito stratificato e complesso e di tessitura elegante e raffinata, meritevole di attenzione assoluta.

Fertile complessità

Non ci si adagia sugli allori e allora un piatto come lo storico risotto ai capperi e caffè (selezione Gianni Frasi) si arricchisce col tartufo bianco dell’aromaticità del godurioso fungo che conferisce una chiusura rotonda e coerente di pura classe che non strizza l’occhio a scorciatoie di sorta. Quando si parla di fertile complessità e non di sterile complicazione quale esempio migliore dello gnocco di patate al curry e cocco (estrapolato dal menù “Raf”) in cui invece di andare verso la stucchevolezza e la monotonia si risolve tutto con grande eleganza grazie a una emulsione di frutti di mare che, con le note iodate, conferisce quei contrappunti che da par loro completano con vivacità il piatto.

Squisita la guancia di vitello cui la cottura in canevera dona nuance speziate di grande piacevolezza corredate da purea alla curcuma e incenso e una salsa verde da grande scuola. Da segnalare anche l’ormai celeberrima mozzarella di mandorle, un dolce che sfrutta la poliedricità del magnifico frutto secco tenuta sapientemente sul limine tra dolce e salato a chiudere un pasto in cui gli stimoli sono davvero tanti: un percorso in cui ogni pietanza è depositaria della sintesi di quasi trent’anni di lavoro e talento.

Il tutto, giova ricordarlo, in un ambiente essenzializzato sia nella mise en place, effetto della scelta di alleggerire degli orpelli retaggio di un modo classico di intendere la ristorazione, sia nel servizio in sala, davvero easy e giovanile, volto a mettere ancora più a proprio agio la clientela, minimizzando volutamente (e felicemente) il pluriennale blasone del ristorante.

La Galleria Fotografica:

Ovvero delle bellezza innata del sapore

Il desiderio, l’attesa ma anche la voglia di potersi riaccomodare a un tavolo di un ristorante di questi tempi, è ora come non mai ardente di passione. Non appena ci è stato possibile siamo quindi stati a Le Cementine, la nuova realtà su cui l’Alajmo family ha scommesso. L’ambizione di questo gruppo viaggia in parallelo con il successo e la fresca creatività (ma mai semplicistica) che gli Alajmo hanno sempre saputo manifestare.

La tornata delle Cementine ci ha mostrato un’idilliaca realtà contornata dal magnifico orto-giardino, all’interno dell’H-Farm project, avveniristico hub dove didattica, imprenditoria e start-up convivono in un collettore di idee internazionali. L’idea delle Cementine è chiara, limpida proprio come la cucina di Massimiliano Alajmo, riprendendone sempre la fluida naturalezza che contraddistingue lo stile di questo artigiano del gusto, tra i più talentuosi al mondo.

La panzanella di pomodoro alla lavanda con baccalà mantecato e gamberi bianchi celebra il vibrante vigore del pomodoro, declinato ad hoc tra l’aromaticità della lavanda e la cremosa ricchezza del mantecato, tra i capostipiti della tradizione gastronomica veneziana. Ode all’autentica golosità nei mezzi paccheri ammantati, sinuosi tra la salsa al pistacchio insieme alle gemme che l’estuario lagunare sa offrire, come gli asparagi, proposti in duplice varietà, sia bianco che selvatico, in compagnia di vongole e grancevola.

Sulla proteina il cuore di costata di Regina Rossa accompagnata dalla millefoglie di verdure e tartufo, si voglia per storicità o per il fascino di realizzazione, gareggia in bontà con la tartare del patron di famiglia Erminio Alajmo che, conclusa l’esperienza a La Montecchia, volge ora la sua distinta eleganza di sala nell’esecuzione di questa preparazione senza tempo.

La verità, nient’altro che la vertà

Non ci soffermeremo sul capitolo dolci, consolidato oramai da un successo di critica e pubblico, bensì su un ingrediente primigenio e caro a Massimiliano, che ne fa il suo elemento distintivo anche qui: l’olio. Magnificamente espresso nella cultivar itrana prodotta da Zangrilli, in quel di Latina, quest’olio vanta una persistenza e una percezione varietale aromatica semplicemente incredibile. Note verdi con marcati sentori erbacei che si avvertono anche al palato, nella finezza di un retrogusto fresco, incisivo ed elegante. Pennellate aromatiche d’autore a firmare alcuni tra i piatti assaggiati. E pensare che era un semplice giro d’olio a crudo a finire il piatto…

In questa sequenza delle Cementine “made in Alajmo” emerge, spicca, brilla, ancora una volta, la verità: quella raccontata dall’ingrediente stesso.

La Galleria Fotografica:

Il caffè è da sempre utilizzato prevalentemente come una bevanda, con il suo effetto stimolante, che dà inizio alla giornata di milioni di persone in tutto il mondo. Sempre sotto forma di bevanda è utilizzato come fine pasto e come collaterale al pasto stesso. La sua degustazione è una vera e propria arte, tanto che ci è sembrato doveroso tracciare un parallelismo con il mondo del vino e approfondire per intero la filiera, a partire dalle piantagioni in cui si coltivano le Cru de Le Piantagioni del Caffè, ormai nostro punto di riferimento in termini di qualità.

Ma fondamentalmente, sia nella sua forma non tostata – verde – ma anche e soprattutto tostato, è un incredibile e versatile ingrediente che si presta ad essere abbinato a molteplici altri ingredienti ed è utile se non fondamentale nella conclusione del cerchio gustativo di un piatto. Le diverse tostature, ad esempio, regalano aromatiche più o meno intense con sfumature di nocciola, vaniglia, cannella che si comportano come una vera e propria spezia, utile alla conduzione ed esaltazione del gusto di ingredienti principali come la carne, la selvaggina e i funghi.

Il caffè come una spezia

Ma anche nelle preparazioni ittiche, magari utilizzando una tostatura più tendente al verde, la “spezia” riveste un ruolo molto interessante. Pensiamo ad un pesce di fondale come la cernia, grassa e consistente, che con una polvere a basso grado di tostatura può avere risvolti interessanti al pari se non superiori all’utilizzo di un pepe. Aromatiche nuove, quasi spiazzanti, per persistenza e lunghezza gustativa espressa. L’aumento di intensità gustativa, donata dalle derive del nostro protagonista, e l’allungamento dei ritorni aromatici del pesce possono portare ad un risultato che, se abbinato ad un carciofo o meglio ancora ad un fungo, ha del sorprendente.

Carlo Cracco e il suo crudo di dentice

Uno dei cuochi, a nostra memoria, che da tempo immemore lo utilizza come spezia e di riflesso come conduttore gustativo è Carlo Cracco. Ricordiamo ancora un crudo di dentice, capesante, lime e caffè che sorprendeva per il risultato gustativo. L’amaro-acido del lime è un connubio formidabile.

Un altro ricordo interessante di applicazione, qui nella sua forma non tostata, è quello che ci presentò lo chef spagnolo Josean Alija nel suo ristorante Nerua di Bilbao. Carciofo, caffè verde, fondo di jamón ibérico ed erbe aromatiche. Anche qui la grassezza del fondo, in abbinamento con la consistenza e il sapore intenso del carciofo, trovavano la chiusura gustativa con l’estratto di caffè verde che riverbera note vegetali molto intense e speziate, in cui la componente che emerge in maniera eclatante è sostenuta dalle erbe aromatiche in abbinamento.

Massimo Bottura e il camouflage

Massimo bottura, in uno dei suoi piatti simbolo, il camouflage, lo utilizza come spezia, annegato in una miriade di altri ingredienti. Però l’evidenza di quanto il gusto si distenda grazie a questo incredibile tocco è palese a tutti quelli che lo hanno assaggiato.

Il mondo dei dessert

La forma di utilizzo più immediata, a memoria, risulta essere l’applicazione nel comparto dolce. Ma come abbiamo evidenziato con gli esempi precedenti anche il comparto salato ne può beneficiare in maniera significativa. Ciò detto dal tiramisù a sorbetti e bavaresi, molteplici sono gli esempi di dolci, anche della tradizione, con una forte connotazione di questo versatile ingrediente.

Stefano Baiocco lo abbina con il cappero

Non mancano anche qui però riferimenti illustri di innovazione, come nello splendido Cappero, caffè e maggiorana di Stefano Baiocco, che a sua volta rimanda a una preparazione del grande Massimiliano Alajmo, altro cuoco che lo usa spesso, spessissimo in qualità di spezia.

Ecco quindi che l’attenzione verso l’impiego del suddetto, meglio se di grande qualità come quello de Le Piantagioni del Caffè, come spezia o come ingrediente, può aprire le porte ad abbinamenti innovativi, performanti e decisamente originali.

La Galleria Fotografica:


Se la montagna non va da Maometto, Maometto va alla montagna

Ma immaginate per un secondo se Maometto, dopo essersi rimboccato le maniche, si dirigesse verso la predetta montagna e, dopo essersi perso per strada, vi dica, con toni piccati, che la colpa non è sua perché la strada era troppo tortuosa, trafficata e, accampando altre scuse, vanificasse così la sua abilità di trasformare una sconfitta in una vittoria grazie alla perseveranza?

Ebbene, le festività appena passate le ricorderemo per sempre quali epilogo di un anno infausto che ha cambiato la vita di tante persone, nel bene e, ovviamente, nel male. Anche il settore della ristorazione è stato messo in ginocchio dal Coronavirus e da una scarsamente adeguata strategia di salvaguardia economica adottata dal Governo; conseguentemente, il 2020 ha costretto gli imprenditori a trasformarsi, ancor prima di diversificare le attività aziendali, per sopravvivere uscendo sì con le ossa rotte, ma vivi, dal tunnel della pandemia. Così molti ristoratori e distributori, invece di lamentare l’inadeguatezza della classe politica italiana e l’assenza di dignitosi sussidi, hanno studiato nuove strategie che consentissero loro di mettere a frutto la loro arte, lottando contro il tempo, per cercare di salvare una stagione insanabile.

Ecco allora, per nostra gioia, accaniti supporter golosi, che ha preso piede, anche travalicando i confini locali, il fenomeno dei delivery gastronomici che hanno consentito ai cuochi e ristoratori più lungimiranti di portare un pizzico della loro magia nelle case dei clienti, ovunque essi fossero. Un po’ come Maometto che va alla montagna.

E allora che meraviglia, a 776 km di distanza dal Rione Sanità, potersi gustare la fantastica pizza di Ciro Oliva guardando i fiocchi di neve scendere ai piedi della Madonnina. Quell’impasto fatto con amore e quei meravigliosi ingredienti selezionati con cura, arrivati comodamente a casa propria, pronti per essere infornati. E vogliamo mettere la sensazione di piacere nell’addentare una fetta di panettone sfornato da Gianluca Fusto, indiscusso maestro pasticcere milanese, a Ferrara o a Salerno? E per concedersi una botta di vita, per la fine dell’anno, ordinare Champagne e 30 preziosi grammi di caviale selezionato direttamente dalla gastronomia di lusso degli Alajmo a Rubano. E ancora, perché non farsi recapitare direttamente a casa alcune chicche gastronomiche dal più importante distributore di cibi “rari e preziosi” scelti dall’80% dei ristoranti stellati? E che dire dei mitici tortellini alla panna dell’Osteria del Mirasole per il pranzo di Natale?

Sono queste solo alcune delle pretese dei pochi accaniti gourmet, entusiasti di combattere, anche psicologicamente, le restrizioni causate dalla presente “guerra mondiale”, supportando orgogliosamente il settore tramite l’acquisto di cibo da asporto. Purtroppo, però, non sempre il risultato è stato quello sperato. Del resto, era inevitabile che, in una situazione come quella attuale, con blocchi logistici, ordini e spedizioni quintuplicate rispetto a un normale periodo delle festività del passato, ci potessero essere disservizi causati da fattori terzi o forza maggiore. Ci mancherebbe.

Quello che vogliamo raccontarvi è dunque la sottile linea di confine che contraddistingue un mero disservizio da una totale carenza di assistenza alla clientela, una lacuna che rischia di diventare un solco profondo, capace di mettere in discussione anni di professionalità e devozione verso i propri clienti.

La meravigliosa pizza di Ciro Oliva, con 10 giorni di ritardo

È il 18 dicembre. Un venerdì. Riceviamo una telefonata da un corriere. “Salve, dobbiamo consegnare un pacco da Napoli. Mi dice il suo numero civico?“. “Di cosa si tratta?“, rispondiamo. “Concettina ai 3 Santi. Se è in casa consegneremo il pacco lunedì“. Allorché, allarmati per i 3 giorni intercorrenti fino a lunedì, chiediamo quando fosse stata presa in carico la merce per la consegna. La risposta è stata scoraggiante: “lunedì; siamo passati mercoledì ma non ci hanno indicato il civico, quindi abbiamo riportato il pacco al deposito”. La nostra risposta è stata tanto istintiva quanto ironica, facendo presente all’interlocutore che poteva anche evitare la consegna in quanto si trattava di prodotti alimentari deteriorabili. Ma la risposta celava un ulteriore colpo di teatro, a rincarare la dose: “Ah, e ma io non lo so. Tra l’altro noi non abbiamo neanche trasporti che garantiscono la catena del freddo. Ci è stato consegnato tutto da una ditta di Marcianise…”. Contattiamo Ciro Oliva qualche giorno dopo, il quale ci invia immediatamente la ricevuta della bolla di accompagnamento con indicazione “spedizione rifiutata dal destinatario“. Allorché gli specifichiamo che nessun corriere, fino a quel momento, aveva mai recapitato alcunché. La risposta, lapidaria ma emblematica di come sarebbe andata a finire, è stata “Non saprei… purtroppo non è colpa mia“.

Dietro questo siparietto, tuttavia, c’è un antefatto curioso che riguarda sempre in prima persona l’enfant prodige della pizza napoletana. Il nostro ordine, infatti, era stato effettuato il mercoledì sullo shop online della pizzeria che garantisce una consegna entro massimo 48 ore dalla ricezione dell’ordine. In carenza di notizie, scriviamo un paio di giorni dopo (sabato) chiedendo lumi sulla spedizione. La risposta, che non si è fatta attendere, avvisava che la consegna sarebbe avvenuta il martedì successivo perché con il weekend si rischiava di avere un prodotto non all’altezza della sua fama. Fin qui, tutto bene. Peccato però che da quel momento (12 dicembre) e fino alla famosa telefonata di cui sopra, non abbiamo ricevuto un minimo cenno della spedizione e/o rassicurazione sull’invio del pacco. Allorché, solo in data 23 dicembre, finalmente, il pacco arriva a destinazione. Dalla bolla leggiamo che la spedizione è stata effettuata il 15 dicembre. Purtroppo però, come temevamo, a parte il pomodoro, la farina, l’olio e forse la mozzarella (non abbiamo avuto il coraggio di assaggiarla), non c’era molto di commestibile. Gli impasti della pizza (confezionati sottovuoto) erano smontati. Le pizze cotte (avevamo ordinato un paio di pizze ripiene friarielli e salsiccia) erano gialle ed emanavano uno sgradevole odore, oltre a essere ricoperte di terra riversata dalla piantina di basilico e avere il cartone aperto. Ciò che temevamo, e questi riscontri ci convincono, era che la catena del freddo non fosse stata mantenuta, e non per colpa di Ciro Oliva. Così gli scriviamo, tramite il suo account di Instagram, che, nonostante l’inconveniente, non siamo interessati a un rimborso (40€ pagati giustamente in anticipo), ma abbiamo soltanto il desiderio di poter assaggiare le sue pizze, a Milano, con la speranza di ricevere il tutto con tempistiche più adeguate. Il risultato? Siamo ancora in attesa di una risposta…

 

 

 

 

Il cliente ha sempre ragione, forse…

Longino & Cardenal è uno dei nostri shop online preferiti. Si trova di tutto e di più. Una sorta di miniera d’oro di prodotti gourmet, moltissimi dei quali utilizzati dai grandi ristoranti. Sono sempre molto puntuali, sia come tempistiche di consegna (su Milano riescono a consegnare in 24 ore, anche meno), sia come cordialità nella consegna (con una telefonata, che di norma precede la consegna). Anche a Natale, quindi, ci siamo in parte approvvigionati da Longino per i nostri pranzi e cene delle festività.

Un ordine, però, è stato particolarmente sfortunato. Tra i diversi articoli, infatti, ordiniamo una confezione da 200 grammi di calamaretti e un costoso olio al plancton marino della marca Castillo de Canena. Il pacco ci viene consegnato puntualmente ma ci accorgiamo che al posto dei calamaretti c’è una busta di gamberi rosa. Facciamo puntualmente presente l’errore al distributore che, dopo averci ringraziato per la segnalazione, ci chiede una foto del prodotto che scattiamo ed inviamo immediatamente. Alla predetta mail, non fa seguito alcun ulteriore riscontro. Qualche giorno dopo, scartiamo anche la bottiglia di olio e ci accorgiamo che la stessa ha un’etichetta differente da quella rappresentata nel sito web. Ci accorgiamo che il produttore non è Castillo de Canena ma Veta La Palma (famosa azienda che ha messo sul mercato il preziosissimo plancton marino). Iniziamo quindi ad avere qualche perplessità in più e, a seguito di una ricerca, ci accorgiamo che la predetta etichetta è ormai fuori produzione, a seguito di una joint venture tra le due aziende relativamente alla produzione di olio di oliva al plancton. Lo facciamo presente a Longino che, tuttavia, ci risponde adducendo il contrario. Ribattiamo caparbiamente con tanto di prove (segnalando i link delle due aziende), ma anche in questo caso, la risposta si perde nell’oblio…

 

La delusione più cocente: quando il customer care è inadeguato

Immaginiamo un cimitero di panettoni fragranti, giacenti in magazzini a temperature bassissime, che compromettono il gusto e gli sforzi fatti dagli artigiani.

Gianluca Fusto, l’abbiamo già detto, è uno dei nostri pasticceri preferiti. Un fuoriclasse in grado di far percepire il gusto della materia prima, con un lavoro certosino su consistenze e contrasti. Insomma, uno dei più bravi. Anche lui non si è sottratto alla tentazione di mettere in produzione il suo panettone. E figuriamoci se quelli come noi se lo lasciavano sfuggire.

Alcuni hanno anche avuto il privilegio di poterlo assaggiare, buonissimo. Altri invece ancora stanno aspettando che arrivi a destinazione. Le spedizioni partite da Milano con destinazione Ferrara e Salerno si sono infatti perse nel nulla. Vengono inviate una serie di richieste di chiarimento sullo status dell’ordine e sull’invio della merce ma, nostro malgrado, non riceviamo riscontro.

Soltanto all’ennesima email, quasi esasperata, inviata tra l’altro dopo 36 giorni dal primo contatto (per ordinare ben due panettoni) abbiamo scoperto una giacenza presso un deposito di Bologna a causa dei corrieri ai quali il pacco è stato consegnato. Quello che però ci ha lasciato con l’amaro in bocca non è stato il disservizio dei corrieri (lo ribadiamo: eravamo pronti ad accettare ritardi per via dell’elevato traffico di consegne), ma nel momento in cui abbiamo rammentato, dopo diverse richieste di aggiornamento, senza riscontro, che i panettoni li avevamo acquistati “per mangiarli a Natale e non a Pasqua“, invece di ricevere delle scuse per l’enorme ritardo (sarebbe il caso che ci si affidasse a corrieri più professionali e organizzati, visto che abbiamo ricevuto tempestivamente numerosi altri ordini effettuati per le festività natalizie), abbiamo ricevuto una  intollerabile risposta dal tono piccato con la quale ci veniva chiesta la contabile per la restituzione dell’importo pagato, dimostrando totale assenza di customer care adeguato e di rispetto per un cliente che ha accordato fiducia, effettuando anche un pagamento in anticipo.

Se la cordialità vale di più dell’errore fa rima con professionalità

Ma non abbiamo avuto soltanto delusioni e disavventure. Abbiamo infatti molto apprezzato la reazione, composta e professionale, ricevuta dagli Alajmo o la famiglia Cimini, dell’Osteria del Mirasole o, non ultimo da 8pus, la neonata creatura di Giuseppe Iannotti. Ma andiamo con ordine.

È un attimo, in effetti, farsi rapire dall’accattivante grafica dello shopping online del gruppo Alajmo (Le Calandre) e fare incetta di prodotti. Tra i tanti, il nostro ordine è ricaduto su un pandoro – di cui abbiamo sentito faville – e una elegante borsa termica griffata contenente uno Champagne e 30 grammi di caviale, selezione dello chef. Completiamo l’ordine. Il giorno seguente riceviamo subito una telefonata dal servizio clienti che ci avvisa che il pandoro da noi ordinato è terminato e che potrebbero sostituirlo con un altro prodotto. Scegliamo allora un panettone accorgendoci solo dopo che l’articolo in questione (un panettone) aveva un costo superiore di 5€ rispetto al precedente articolo. Ma dagli Alajmo nessuna recriminazione, la spedizione parte e, soprattutto, arriva. Come si suol dire, la classe non è acqua.

Una volta recapitato il pacco, ci accorgiamo che all’interno, però, manca il prezioso caviale, sostituito da un burro e caviale, buono ma certamente altro rispetto alle preziose uova di storione. Inviamo quindi una email per chiedere spiegazioni. Il riscontro è immediato, come il precedente: riceviamo una telefonata di scuse e una rassicurazione che il caviale verrà inviato nuovamente al destinatario, gestendo l’emergenza con classe e professionalità. Abbiamo apprezzato molto.

Un’altra mirabile gestione della crisi arriva dalla mitica Osteria del Mirasole di San Giovanni in Persiceto. Un imperdibile kit di tortellini e panna di affioramento occhieggia sul sito del ristorante. Non ci pensiamo due volte e lo acquistiamo. Veniamo contattati direttamente su Whatsapp dai titolari che ci spiegano come procedere con l’acquisto e ci indicano i giorni di consegna. Tutto molto efficiente. Riceviamo qualche giorno dopo il box. Lo apriamo con curiosità e avidità ma… non c’è la panna! Dannazione! Allora contattiamo subito i titolari, sempre su Whatsapp, che si scusano immediatamente dell’accaduto, e ci dicono che ci manderanno senza problemi la panna nei giorni successivi . Aspettiamo impazienti il pacco, che arriva poco dopo. La scena si ripete, apriamo e…. ancora tortellini, senza panna! Sembra una maledizione. Allorché contattiamo nuovamente i titolari i quali si scusano nuovamente, e ci informano che il corriere ha sbagliato tutte le consegne di quel lotto. Ma non demordono e ci rassicurano che la panna arriverà a destinazione. Così, rispondiamo che accettiamo volentieri l’omaggio, ma ci teniamo a pagare anche per l’ulteriore kg di tortellini. Del resto, sono i migliori d’Italia.

8Pus invece, dopo aver ordinato durante le vacanze natalizie, ci ha contattato e avvisato cordialmente che sarebbe stato molto meglio spostare l’esperienza, e la consegna, dopo le festività, al fine di poter evitare disservizi praticamente certi. Insomma, se non si è in grado di controllare tutto almeno prevenire è la soluzione più appropriata. Bravi!

Cosa dire, dunque, del delivery gourmet?

Che deve necessariamente essere potenziato. Come? Attraverso un piano imprenditoriale preciso, e non improvvisato, che contempli anche una quota di perdita in caso di disservizio. Non ultimo, sarebbe d’uopo selezionare attentamente i distributori dei propri prodotti, tramite test e verifiche, vincolandoli mediante clausole di responsabilità assai più stringenti. Perché noi siamo dalla parte di tutti i meravigliosi artigiani d’Italia, che dobbiamo e vogliamo sostenere, ma dobbiamo al contempo combattere i disservizi che purtroppo rischiano, dal punto di vista dei clienti, di gettare ombre su tutto l’operato di questi grandi professionisti per colpe che in buona misura non dipendono da loro, ma che è loro responsabilità immunizzare e gestire nel miglior modo possibile.

Il bistrot in serie A

Il Calandrino si trova al centro di un triangolo magico per tutti i buongustai itineranti: dietro l’angolo (letteralmente) si cela infatti la casa-madre Le Calandre, di fronte troviamo la gastronomia gourmet In.gredienti e, al centro, lui, il bistrot gourmet supervisionato da Laura Alajmo, terzo elemento di uno splendido trittico completato dai fratelli Raffaele e Massimiliano.

Il locale si presenta in maniera direttissima, con arredi minimali ma assai curati, nel quale assaporare le molteplici leccornie firmate Alajmo, in vari momenti della giornata, dalla colazione alla cena. È una dichiarazione d’intenti precisa e sensata, che intende allargare lo specchio già ampio dell’universo della famosa “J” a un pubblico curioso di assaporare, a prezzi vantaggiosi, la filosofia che anima questa famiglia.

Ciò tuttavia potrebbe indurre a credere che la proposta veleggi su un tono minore rispetto al tristellato sito a pochi passi; e non si potrebbe cadere in errore più grande. Come detto per gli altri locali della costellazione omonima, la grandezza di questa realtà culinaria sta nel dissimulare ciò che è complesso per renderlo immediato e appetibile a tutti, garantendo il fine ultimo di una degustazione: l’universalità del piacere e la soddisfazione del palato, che il Calandrino eleva all’ennesima potenza. 

Rotondità, morbidezza e pulizia, in un solo boccone

La proposta presenta gusti estremamente rotondi, opulenti, morbidi ma intrisi al contempo di una precisione e una pulizia a dir poco irresistibili. Il tutto non dimenticando il piacere di giocare sulle consistenze, in maniera sottile e quasi impercettibile.

Un esempio ne è la meravigliosa focaccia soffice di riso nero con sfilacci di fesa di tacchino e salsa tonnata, nella quale le morbidezze della crema e della carne sono state completate dalla croccantezza della crosta della focaccia, a tratti sorprendente.

O ancora gli spaghetti aglio, olio, peperoncino con melanzane fritte, piatto che da solo meriterebbe il viaggio: perfettamente equilibrato tra la dolcezza delle melanzane e la lunghezza del peperoncino, la portata ha trovato nelle briciole croccanti un coronamento per il palato non meno che meraviglioso. E la purea di melanzane, a parte, ha completato un quadro già di per sé ottimo, invogliando plurime scarpette per la gioia del commensale (e della cucina).

Per ciò che concerne i dolci segnaliamo la crostatina con crema chantilly, passata di pesche e sorbetto di amarene, in cui si è palesato un bel contrasto tra la dolcezza del sorbetto e la lieve acidità della passata di pesche assieme a una crema chantilly tanto precisa nel gusto quanto delicata (per non dire evanescente) nella consistenza.

A causa dei noti e tristi eventi post-Covid, il menu ha subito un leggero snellimento, togliendo (per il momento) la degustazione e lasciando le portate più rappresentative alla carta. Ciò non ha naturalmente intaccato di una virgola la qualità dell’esperienza.

Chiudiamo con una nota sul servizio, vero e proprio marchio di fabbrica degli Alajmo, in cui informalità e spigliatezza hanno messo in risalto la professionalità e la serietà dei giovani ragazzi in sala.

Bravi!

La Galleria Fotografica: