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Alla ricerca del Piatto Perduto

Vent’anni tristellati

Ci sono storie di eccellenza divenute instant classic, dalle solide radici. Erminio Alajmo e Rita Chimetto, entrambi agli inizi professionali, si conobbero in trasferta, in quel di Udine. Il colpo di fulmine li portò a Padova, da dove era partita Rita. Nella periferica (allora) Sarmeola di Rubano si offrì l’occasione di rilevare la gestione (che poi divenne proprietà) di un albergo con annesso ristorante. Iniziò così la leggenda de Le Calandre, uno dei templi laici della cucina proiettata nel mondo (che oggi rivive in “Alla ricerca del Piatto Perduto“).

Rita fu tra le prime signore dei fornelli a vedere premiato il suo talento con la prestigiosa stella gommata, nel 1992. Erminio, di suo, fidelizzò i palati in sala, con la triangolazione ideale tra cucina e cantina. Chi scrive ricorda ancora il passaggio delle consegne. Mamma Rita, restia alle luci della ribalta, in una delle sue rare uscite dalla sala fuochi, per salutare amici di lunga militanza calorica, presentò il suo Massimiliano, appena rientrato da un percorso professionale Oltralpe. Raffaele aveva già affiancato Erminio da qualche anno nel ruolo di front-man della mission familiare. Il resto è cosa nota. “Massi” brucia le tappe: due stelle a 22 anni, nel 1996. Il botto tristellare qualche anno dopo, 2002. Il più giovane di sempre, con i suoi 28 anni. Paolo Marchi, firma golosa a quel tempo de Il Giornale, non ha dubbi: a Le Calandre si può sgommare di cilindrata gastrica con il Mozart dei Fornelli. Gli anni a seguire sono la progressiva evoluzione di un sogno che diventa realtà, in una costellazione di cucine d’eccellenza che va dal Gran Caffè Quadri di Piazza San Marco, a Venezia, (avamposto anche di altre sedi in Laguna), a Parigi e Marrakech, dove il talento e la sensibilità applicata alla cucina di Massi si integrano a meraviglia con la capacità visionaria e imprenditoriale di Raf. Una sorta di yin e yang in cui l’uno non avrebbe saputo esprimersi al meglio senza l’ausilio dell’altro, e viceversa. Nella corsa a costruire il futuro, una riflessione sul passato è conseguente. Nasce così un assist dell’erede di Erminio all’allievo di Mamma Rita, ovvero quello di ricordare quei piatti che, da quel fatidico 2002, nel ventennale tristellato, compongano una sorta di walk of fame.

Casa Alajmo si racconta

Nasce così “Alla ricerca del Piatto Perduto”. Una scelta non facile, se pensiamo alla dimensione pantagruelica di fantasia e tradizione, innovazione rivoluzionaria ben temperata con cui Massi, in questi anni, ci ha deliziato. Sparigliare le carte uno degli ingredienti della stars family. Ecco allora che le madelaine del palato non le troverete a Le Calandre, ma nel più familiare, a dimensione terrena, Calandrino. L’easy restaurant della porta accanto dove regna Laura, la sorella, perché il tris, nella Alajmosofia, è una costante. Eventi dedicati, quindi, con l’anteprima guascona il 1 aprile, con il taglio del nastro cha ha visto convocati i Cavalieri delle Calandre, sorta di ordine a libido calorica garantita, nata nel 2003. Naturale evoluzione tristellata, posto che risulta essere stato, al tempo, il primo fans club dedicato a tavola di così alto blasone. Il debutto, ovviamente fuori carta, con il Cappuccino di seppie al nero, una coccola golosa che, nel tempo, è stato proposto con silhouette diverse. Una sorta di rivisitazione in chiave salata di un classico tiramisù servita al bicchiere, con stratificazione verticale. Il millesimato 2022 lo vede servito su di una sorta di ostrica ceramizzata, golosa versione di scultura edibile. Così ne spiega la nascita Massi “Mozart”. “Un gioco votato a rivalutare la dignità di ingredienti poveri. La patata si traveste da mascarpone e la seppia da caffè”.

A seguire una Granita di arance, con gamberi rosse e cozze, anche qui un apparente ossimoro tra un finale, la frutta, e un’entré a dimensione marina. Un gioco delle coppie incrociato tra caldo e freddo, dolce e salato. Ci si rilassa a paso doble tra orto e stalla assieme alla Crema di piselli con la spuma di prosciutto. Mai dimenticare le radici, e così, nel ventennale tristellato, il tributo dovuto al trentennale della prima stella, griffato Mamma Rita, quella che ha aperto la strada della Alajmo’s way targata Michelin. Ci si pappa così gli Gnocchi di rapa rossa con salsa di gorgonzola e verde di Montegalda (un’originale ovicaprino dei vicini Colli Berici). Segue un altro ribaltamento di “In.gredienti” in chiave creativa. Il Risotto bianco con polvere di caffè e capperi di Pantelleria, un piatto dedicato a uno dei guru che hanno ispirato, con i suoi prodotti, l’intuizione di Massi Mozart, ovvero l’indimenticato e indimenticabile Gianni Frasi, torrefatore veronese, con il suo Giamaica Caffè. “Ricevetti in regalo un vasetto di capperi siciliani. Avvertii sentori di una varietà di caffè indiano… intinsi un cappero nella polvere di caffè ed ebbi conferma delle prime sensazioni”. Il seguito confezionato al piatto in un evento, sperimentale, nella cucina di famiglia, perché, in certe situazioni, “il caffè va masticato, come fosse cibo”.

Il menù “Alla Ricerca del Piatto Perduto

Ci sono momenti a tavola in cui è un incrociarsi di sensazioni, ricordi che vanno a ricostruire le mille sensazioni provate, in ripetute e recidive “calandrate” del passato. Ecco perché l’intuizione de “Alla Ricerca del Piatto Perduto” assume ancora più valore. Ovvero, per i Massi palati fidelizzati, il rivivere madelaine senza tempo. Per le new-entry, acquisire tasselli importanti del passato per inquadrare al meglio la storia del presente. Coerente al percorso emozionale e gustativo quindi l’Agnello al lardo e lavanda con miele al pepe bianco e purè di sedano rapa. Lo Ricorda così, nel suo “In.Gredienti”, uscito nel 2006. “Per una carne delicata come il carré di agnello l’astuccio di farina e uovo è limitante, troppo resistente”. Si cambia quindi registro “con un supporto aromatico e fondente”. Uova e farina vengono sostituiti con il lardo, più morbido e profumato, integrato dall’aroma vegetale della lavanda. La quadratura del cerchio “con il miele aromatico, utile e prolungarne i sentori”.

Si conclude in dolcezza con i Bignè liquidi al cacao con salsa inglese allo zafferano in un “piacevole confronto tra dolce e amaro”. In questa jam session senza tempo vi sono assenti silenziosi, che però sono rimasti ben radicati nella memoria papillare (e visiva) di chi li ha vissuti. Due per tutti. La Carne battuta alla corteccia dove l’incontro plurisensoriale si completa, dal tatto che puccia la carne nella salsa di uovo e tartufo, all’olfatto, inebriato dai profumi lignei. Oppure “Al Aimo“, un tributo ad uno dei grandi maestri cui si è ispirato Massimiliano, il leggendario Aimo Moroni, toscano di Pescia, milanese di adozione. Un omaggio tricolore alla nostra identità, unendo tra di loro il bianco del pane candido, il verde dell’olio, eccellenza nazionale, e il cuore rosso del pomodoro. Emozioni pure, quindi, che si potranno rivivere alla prossima corrida golosa che si svolgerà il 12 e 13 maggio. Prenotarsi per tempo. Il Calandrino non è l’arena…          

La Galleria Fotografica:

Il bistrot in serie A

Il Calandrino si trova al centro di un triangolo magico per tutti i buongustai itineranti: dietro l’angolo (letteralmente) si cela infatti la casa-madre Le Calandre, di fronte troviamo la gastronomia gourmet In.gredienti e, al centro, lui, il bistrot gourmet supervisionato da Laura Alajmo, terzo elemento di uno splendido trittico completato dai fratelli Raffaele e Massimiliano.

Il locale si presenta in maniera direttissima, con arredi minimali ma assai curati, nel quale assaporare le molteplici leccornie firmate Alajmo, in vari momenti della giornata, dalla colazione alla cena. È una dichiarazione d’intenti precisa e sensata, che intende allargare lo specchio già ampio dell’universo della famosa “J” a un pubblico curioso di assaporare, a prezzi vantaggiosi, la filosofia che anima questa famiglia.

Ciò tuttavia potrebbe indurre a credere che la proposta veleggi su un tono minore rispetto al tristellato sito a pochi passi; e non si potrebbe cadere in errore più grande. Come detto per gli altri locali della costellazione omonima, la grandezza di questa realtà culinaria sta nel dissimulare ciò che è complesso per renderlo immediato e appetibile a tutti, garantendo il fine ultimo di una degustazione: l’universalità del piacere e la soddisfazione del palato, che il Calandrino eleva all’ennesima potenza. 

Rotondità, morbidezza e pulizia, in un solo boccone

La proposta presenta gusti estremamente rotondi, opulenti, morbidi ma intrisi al contempo di una precisione e una pulizia a dir poco irresistibili. Il tutto non dimenticando il piacere di giocare sulle consistenze, in maniera sottile e quasi impercettibile.

Un esempio ne è la meravigliosa focaccia soffice di riso nero con sfilacci di fesa di tacchino e salsa tonnata, nella quale le morbidezze della crema e della carne sono state completate dalla croccantezza della crosta della focaccia, a tratti sorprendente.

O ancora gli spaghetti aglio, olio, peperoncino con melanzane fritte, piatto che da solo meriterebbe il viaggio: perfettamente equilibrato tra la dolcezza delle melanzane e la lunghezza del peperoncino, la portata ha trovato nelle briciole croccanti un coronamento per il palato non meno che meraviglioso. E la purea di melanzane, a parte, ha completato un quadro già di per sé ottimo, invogliando plurime scarpette per la gioia del commensale (e della cucina).

Per ciò che concerne i dolci segnaliamo la crostatina con crema chantilly, passata di pesche e sorbetto di amarene, in cui si è palesato un bel contrasto tra la dolcezza del sorbetto e la lieve acidità della passata di pesche assieme a una crema chantilly tanto precisa nel gusto quanto delicata (per non dire evanescente) nella consistenza.

A causa dei noti e tristi eventi post-Covid, il menu ha subito un leggero snellimento, togliendo (per il momento) la degustazione e lasciando le portate più rappresentative alla carta. Ciò non ha naturalmente intaccato di una virgola la qualità dell’esperienza.

Chiudiamo con una nota sul servizio, vero e proprio marchio di fabbrica degli Alajmo, in cui informalità e spigliatezza hanno messo in risalto la professionalità e la serietà dei giovani ragazzi in sala.

Bravi!

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La spontaneità del Calandrino

All’ombra del gigante o, meglio, proprio all’angolo rispetto all’imponente maestosità gastronomica delle Calandre, là dove Massimiliano Alajmo fa brillare il suo estro creativo,  vive il Calandrino. Tra i  precursori della bistronomia di alto livello, il vezzeggiativo indica l’irriverente, sorniona proposta gastronomica, in piena coerenza con l’identità della famiglia dall’iconica “J”.

L’abbiamo detto più volte nel corso nostre visite, il concetto di replicabilità gustativa non sempre presuppone un’accezione negativa. La cucina del Calandrino, nella sua forma semplice e agile ha un’offerta che si dipana dalla colazione alla cena, passando per un ghiotto aperitivo a base di cicchetti che sono sì tradizionali ma anche da capogiro, tecnicamente parlando. La cantina, poi, è quella delle Calandre, ad un passo di corridoio!

La famiglia Alajmo e i suoi satelliti

Montecchia, Quadri, Stern, Amor, Amo, Calandrino… tanti sono i satelliti che gravitano nella galassia Alajmo ma, al contempo, è la cura dei dettagli e la definizione di ogni piatto, nella sua più alta accezione, a determinare in tutti gli indirizzi il leitmotiv della precisione. Dal tre stelle al bistrot come nel caso del Calandrino i gusti sono calibrati al millimetro e le tecniche magistralmente padroneggiate. Il risultato? Felicissimo sempre, in ogni sequenza o singolo piatto.

Al Calandrino, Laura Alajmo la terza figura dei tre fratelli, magari meno conosciuta rispetto al prodige – non più enfant ormai! Massimiliano e al vulcanico Raffaele, gestisce con accurata dolcezza questa insegna. I piatti ispirati a lei dal fratello Massimiliano nel menu che abbiamo potuto provare sembrano quasi essere diretta emanazione e sintesi tra il rapporto dei tre fratelli.  Il fiore di zucca perfetto nella sua croccantissima (all’inverosimile) panatura, con gelato di piselli e chorizo è un’alternanza tra dolcezza e affumicatura. Espressione di leggiadria e vigore in un solo piatto.

Gli ormai celebri tagliolini all’aneto con vongole, dentice e astice con salsa al pistacchio o il sandwich di triglia con colatura di pomodoro piccante e purè di fave vanno dal semplice al geniale sia come concetto che come sua concretizzazione.

Pennellate precise, che non lasciano margine d’incertezza mostrando, ancora una volta, come gli Alajmo siano dei veri e propri artisti dell’ospitalità e del gusto, nel segno anche dell’unità della loro famiglia.

Sarà mica questo il loro segreto?

La Galleria Fotografica:

Perché andare al Calandrino se facendo gli stessi chilometri, perché il paese è lo stesso, Rubano, si può fare l’esperienza tristellata delle Calandre? A meno che non si arrivi in loco intorno alle 12/13 e, in virtù del fatto che le Calandre siano chiuse in quella fascia oraria, si debba ‘ripiegare’ e prendere, per così dire, ciò che passa il convento.
In molti potrebbero pensarla così.

In molti continueranno a pensarla così, se non abbandoneranno il pregiudizio o la facile associazione mentale che spesso fa collegare un diminutivo all’idea di una prestazione inferiore, e sceglieranno di non varcare la soglia di quello che dall’esterno sembra un bel bar-bistrò affacciato sula strada, con tavolini di legno, un ambiente luminoso e un’atmosfera confortevole eppur di stile, poltrone comode, un banco di pasticceria ben assortito e invitante e il personale sorridente.

Certo non vogliamo dire che cenare alle Calandre o mangiare al Calandrino sia la stessa cosa. Ma ci si consenta il paragone automobilistico: chi avrebbe pensato che una Smart avesse senso quando è stata concepita e immessa sul mercato, in un mondo pieno di utilitarie (in primis Mercedes Classe A)? Eppure, bella esteticamente, tecnologia Mercedes, facile da parcheggiare (anche verticalmente rispetto agli spazi appositi), piacevole da guidare per via dello sprint e comoda (per non dire assai spaziosa, considerando che si tratta di una biposto), la piccola auto ha mantenuto fede al nome che porta, e ha conquistato in breve tempo il pubblico più variegato per il riuscito e inossidabile connubio di design ed efficienza.
Insomma il Calandrino non è figlio di un dio minore; è, in scala, lo specchio della casa madre. Considerandone la natura di bar-bistrò, c’è tutta una cura per gli ingredienti, un pensiero d’autore nella costruzione della ricetta, del gusto e dell’impiattamento che non ci si aspetterebbe, ma che ha personalità e rimanda immediatamente una firma inconfondibile: Alajmo.

Traspare ad esempio nelle sorprendenti, quanto appetitose, patate al carbone con acciughe bottarga e crema alle erbette, nelle rassicuranti tagliatelle con asparagi, burro affumicato e salsa di tartufo nero, dove la pasta è un velo di nerbo insolito, l’affumicatura è perfetta per intensità e finezza, la mantecatura precisa e la salsa al tartufo nulla di più lontano dalla banalità o dalla pretestuosità. Il numero misurato di piatti in carta, la loro essenza consente di realizzare un percorso più o meno articolato che rivela una sintassi di fondo impeccabile, così da spaziare nel mondo dei sapori nelle geometrie, temperature e consistenze delle pietanze e degli ingredienti, con grande piacevolezza e invidiabile leggerezza con piena soddisfazione per il palato. Ciò grazie anche a uno staff, di cucina e di sala, assai preparato, concentrato nel portar al tavolo al meglio, anche in fatto di tempistiche, ogni proposta, pronto a metter a proprio agio gli ospiti con un’attenzione e una cordialità mai ‘impostate’.
Una vera sorpresa (ma, pensando che nulla dagli Alajmo è lasciato al caso… bisognava aspettarsela), provare per credere!

Pizza al vapore, con piselli e prosciutto .
pizza, Il Calandrino, Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Patate al carbone con acciughe, bottarga e crema alle erbette.
Patate al carbone, Il Calandrino, Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Merluzzo di fresca salatura con salsa all’origano e pomodoro fresco.
Merluzzo, Il Calandrino, Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Tagliatelle con asparagi, burro affumicato e salsa di tartufo nero.
tagliatelle con asparagi, Il Calandrino, Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Carré d’agnello al tartufo nero con patate saltate alla cipolla.
Carrè d'agnello, Il Calandrino, Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
La tartara del Calandrino.
tartare, Il Calandrino, Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Brioche con gelato di nocciole e crema (eccezionale).
brioche, Il Calandrino, Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Crema bruciata all’orzo Santoleri e fava di Tonka con gelato al caffè, anice e liquirizia.
crema bruciata, Il Calandrino, Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
I vini che hanno accompagnato il nostro pranzo.
vino, Il Calandrino, Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano