Valutazione
Pregi
- La mano sicura in cucina.
- Le materie prime straordinarie.
- Il servizio governato da Piras e Dell’Agnolo.
Difetti
- I ricarichi sui vini.
- Il cadre non indimenticabile.
Tutta l’eccellenza italiana in un Luogo, quello di Aimo e Nadia
Non è, e lo sappiamo bene, un discorso di pura attualità. Tuttavia, ad ogni incursione in via Montecuccoli, il nostro pensiero ritorna, come un riflesso condizionato. Per dare un seguito alla storia felice del proprio locale, Aimo e Nadia Moroni non avrebbero potuto scegliere eredi migliori. Se di fronte alla Storia, che in questo caso non può essere citata con l’iniziale minuscola, i modi e i tempi dell’uscita di scena contano quasi quanto le vette raggiunte. L’inossidabile coppia della ristorazione meneghina ha confermato una volta di più di meritare un posto di rilievo negli almanacchi gastronomici della Penisola.
Alessandro Negrini e Fabio Pisani, pressoché complementari per cultura e retroterra palatale, in un’ideale sintesi gustativa dello Stivale, sono andati ben oltre lo stanco trascinamento di una realtà che avrebbe potuto tranquillamente, come altre in Italia o specialmente Oltralpe, accettare il ruolo di vecchia gloria della ristorazione. Senza stravolgimenti, in punta di piedi, ma con inesorabile continuità, i due hanno conservato, a volte limato e, in generale, riplasmato nella forma il pensiero culinario di Aimo. Un’idea di cucina che, a 56 anni dall’apertura del Luogo di Aimo e Nadia, non mostra la corda in un mondo gastronomico in cui la centralità dell’ingrediente, l’importanza dei produttori e le risorse gustative che il regno vegetale, quando non banalizzato a comprimario, è in grado di offrire sono valori tuttora ribaditi in molti dei manifesti più all’avanguardia.
La purezza dei colori primari, gli ingredienti perfetti, una cucina costruita intorno al prodotto
Ha ancora senso, quindi, rinunciare per una sera alle vetrine del centro, agli interni sfarzosi delle sue migliori tavole e investire la stessa cifra per una gita in questa periferia diversamente affascinante e vivere l’esperienza di Renato Pozzetto in toilette stile residence da “Il ragazzo di campagna”? Sì. Ha ancora moltissimo senso. Ci sentiamo, anzi, di dire che di Aimo e Nadia sentiamo sempre più il bisogno. Non certo perché sazi e stanchi di accostamenti più arditi, di tecniche funamboliche e schiaffi sulle gengive, ma perché qui, come da tanti anni, anche il palato più educato riscopre la purezza dei colori primari, degli ingredienti perfetti, di una cucina costruita intorno al prodotto.
Del cadre non indimenticabile abbiamo più volte scritto e, del resto, tanti ne avevano già parlato prima di noi. È un dato oggettivo, quasi indossato con orgoglio, ormai. Il contesto non è però solo costituito da muri e suppellettili, ma anche, e qui ancor più che altrove, la faccenda non è dettaglio di poco conto, da persone. Ad accompagnarci attraverso i sottili giochi di amaro, acido, salmastro, tracce e stimoli sparsi come allegorie medievali lungo il nostro percorso, sono stati, come ormai da tempo accade, Nicola Dell’Agnolo e Alberto Piras, anime anch’esse complementari, Ulisse e Diomede di una sala sorniona, ma complice allo stesso tempo. Assai intriganti, in particolare, le selezioni al calice del giovane sommelier, con etichette non banali, prestigiose ma scelte con personalità e proposte con l’entusiasmo di un amico competente che, per una sera, si diverta a vedere, neppure troppo di nascosto, l’effetto che fa.