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Quadri

Massimiliano Alajmo rappresenta Venezia in quattro atti

Il “sistemaQuadri (Ristorante Quadri al primo piano, bistrot Quadrino e Gran Caffè Quadri al piano terra, sui quali fa perno la sezione lagunare dell’esclusivo catering marchiato Alajmo) gira con precisione svizzera, nonostante le molte difficoltà a cui è stato esposto negli ultimi anni. Un binomio, quello Quadri/Alajmo, capace di garantire un rapporto contenitore/contenuto in perfetto equilibrio e un valore complessivo tra i più alti al mondo. Appaiono quindi comprensibili l’investimento di energie che il gruppo ha dedicato a questa sede, culminato nel complesso restauro affidato al designer Philippe Starck, e l’importanza che queste cucine rivestono nella gerarchia interna, seconde solo a quelle delle Calandre, dove tutto è nato e dove tutto, ancora oggi, si crea. La mente fervida di Massimiliano Alajmo si è immersa nella cultura veneziana e ne ha assorbito la caratteristica primaria: la contaminazione. Ha così preso forma un menù, “Quattro Atti”, che trae ispirazione dai banchetti rinascimentali a Palazzo Ducale, nei quali i dogi pretendevano che le pietanze fossero tutte, contemporaneamente, presenti sul tavolo per trasmettere una sensazione di opulenza e celebrare la grandezza della città. La divisione in quattro “atti”, in ognuno dei quali si assaggiano quattro pietanze, lo rende compatibile con le esigenze del fine dining contemporaneo.

Contaminazione, cultura, tecnica

Guidati dal maître Giovanni Alajmo, esempio di come l’ultima generazione di una famiglia di ristoratori possa sintetizzare le doti migliori dei predecessori arrivando finanche a superarli, si intraprende il percorso di assaggi con il primo atto, nel quale svetta per complessità l’unico piatto interamente vegetale del menu, l’”Orto di Sant’Erasmo”: un raffinato gioco di aromi, sapori, texture e temperature gestito con precisione millimetrica dall’executive chef Sergio Preziosa. Il secondo atto mette alla prova qualsiasi palato, anche il più disponibile e attento, con una serie di giravolte: si inizia con il Risotto verbena, pomodoro fresco e vongole all’olio extra vergine d’oliva che, nonostante gli ingredienti richiamino freschezza e leggerezza, risulta ricco e marcato dalla sensazione umami determinata dalla mantecatura. Passando con leggerezza attraverso gli Spaghettini freddi con salsa di conchiglie, crudo di pesci e crostacei, si plana sulle intense, potenti, saturanti Tagliatelle alla paprika affumicata, letteralmente immerse in una salsa di peperone e spolverate di ricotta affumicata. Nel terzo atto, un’altra carezza al palato dall’Astice con purè piccante (in verità moderatamente) di patate all’olio e salsa montata di sogliole e acciughe, prima di chiudere la parte salata con la Faraona all’aceto balsamico, spremuta di susine, patè di fegatini al lardo e polenta croccante: piatto di chiara ispirazione rinascimentale, goloso, certo, ma che finisce per risultare il più scontato della sequenza. Spezie protagoniste, come deve essere nella città sull’acqua, nella Sfoglia al curry con sorbetto di mandorle amare e albicocche, impeccabile per leggerezza e fragranza, inebriante per aromaticità.

Finisce così un tourbillon di sapori variegato, dinamico, appagante, divertente, il cui apparente disordine sottende un ragionamento progettuale profondo e dettagliato. Utili un buon appetito per sostenere le sedici preparazioni proposte e un filo di attenzione per non lasciarsi andare all’”assaggio compulsivo” dei piatti che arrivano in tavola contemporaneamente. Per chiudere nella maniera migliore la serata, non resta che scendere al Gran Caffè e sedersi a bere un drink nel dehors, sotto lo sguardo vigile del “Paron de Casa” (nome con cui i veneziani chiamano affettuosamente il campanile di San Marco).

La Galleria Fotografica:

L’opera del gusto, in scena a Piazza San Marco

Di fatto il Gran Caffè Quadri, dal 1775, ha rappresentato il luogo per eccellenza dove figure come Stendhal, Byron, Chatwin e tanti altri illustri personaggi erano soliti trascorrere attimi di piacevole ozio. Nella molteplicità culturale veneziana, tra le tante arti meglio espresse tra calli e canali, spicca anche quella teatrale. Gli Alajmo, che qui al Quadri ora sono padroni di casa, cogliendo questa inclinazione hanno saputo creare un parallelismo gastronomico prezioso, nel menù realizzato dagli chef Silvio Giavedoni e Sergio Preziosa.

Perché non lasciarsi trasportare in un percorso dove gli atti di un’opera teatrale sono l’accurata sequenza gustativa di oltre 16 portate in un’originale trama tra temperature, abbinamenti e consistenze? Nell’impossibilità di raccontarli tutti, abbiamo scelto quelli più espressivi.

I Quattro Atti

Come tutte le pièce teatrali, l’opera si svolge su un fondale. Abbiamo già raccontato di boiserie fiabesche, carte da parati simili ad arazzi e leoni alati sul soffitto, ma va sottolineato come qui le figure di sala siano dinamiche e puntuali oltre che di inusitata, empatica freschezza. Formidabili i maître Stefano Munari, Marco Cicchelli e Roberto Pepe.

Atto I. Logica
Ovvero dove i piatti denotano una precisa riconoscibilità, una firma gustativa per una clientela eterogenea, che potrebbe non essere avvezza all’incognita gastronomica: su tutti, citiamo un crudo di dentice la cui texture carnosa sposa la voluttuosa cremosità dell’avocado, volgendo al passion fruit e al bergamotto per ripulire la nota grassa.

Atto II. Tradizione 
Venezia nobile e porto di mare. In arrivo il risotto di gò (prelibatezza lagunare) con grancevola, garusoli e fagioli borlotti. Un piatto dove si alternano dolcezze marine di varia natura, a corollario della farinosa compattezza del borlotto, legume prediletto dalla consuetudine veneta.

Atto III. Tecnica
Gli Alajmo sono sempre stati precursori di tecniche e lavorazioni tradizionali associate a ingredienti inusuali. Menzione d’onore per il filetto impanato ma NON cucinato al tartufo nero dove il filetto, ricoperto da un sale bilanciato, perde i succhi in eccesso fino a raggiungere la succulenza desiderata: godimento extra assicurato dalla croccante panure e il tartufo nero.

Atto IV. Semplicità
Ricapitolando quanto andato in scena, ecco l’atto finale, incentrato sul dolce. La logica: sorbetto di carote, agrumi, zenzero e ananas alla vaniglia. La tradizione: la classica crema della Serenissima. La tecnica: una frolla di mele più che perfetta, e il gelato di prugne all’Armagnac. Lo stile? L’immancabile pipa di frutta al Rhum.

La platea si alza in un applauso scrosciante, già incuriosita dalla prossima opera in scena. Dal canto nostro siamo pronti ad accaparrarci un altro biglietto per il grande spettacolo del Caffè Quadri, al grido di ciò che diventa, era!

Un grande passato, più contemporaneo che mai.

La Galleria Fotografica:

ABC Quadri, Famiglia Alajmo, Venezia

Non è detto che per fare un pasto di qualità in Piazza San Marco a Venezia sia necessario chiedere un mutuo. E il Gran Caffè Quadri ne è la prova.
Da tre anni a questa parte, Massimiliano e Raffaele Alajmo hanno messo il loro zampino tra le magiche calli della città lagunare, pensando ad una offerta poliedrica, che va dal lusso senza compromessi a proposte meno impegnative ma pur sempre qualitativamente certificate.
In questo caso non si parla del ristorante stellato ubicato al primo piano, ma della formula “bistrot” pensata per la sala inferiore di questo storico luogo (aperto dal 1775) rinato grazie alla nuova linfa donatagli dalla corazzata di Rubano, con la complicità dell’altrettanto imponente Ligabue S.p.A., società di catering che opera su scala internazionale, già proprietaria delle licenze del pluricentenario caffè.
C’è poco da dire, si tratta di un progetto che ha assunto uno sviluppo degno di nota ma che, probabilmente, viene offuscato dalla più rinomata proposta “upstairs”.
Il bistrot del Quadri, operativo dalle 12 alle 15 e dalle 19 alle 22.30, permette di mangiare piatti autentici e degni della nostra cultura, con il primario intento di salvaguardare il turista straniero da usi o tradizioni taroccate. Nessuna complessità, ma solo piatti semplici. Certo, semplici, ma concepiti dalla mente di un grande cuoco.
L’Alajmo pensiero si è materializzato anche su questo fronte e la filosofia del “ciò che diventa era” si rispecchia nella elegante e sfarzosa sala da pranzo arricchita da specchi, stucchi e vetrate su una delle piazze più fascinose e famose al mondo, crocevia di popoli e cultura in cui, un tempo, solitamente, sostavano personaggi come Lord Byron e Honoré De Balzac, ed in cui oggi è possibile assaggiare una degna interpretazione dei classici della cucina veneta ed italiana in generale.
Considerando il pedigree, le aspettative sono assolutamente soddisfatte.
La base di partenza è, appunto, quella della storia gastronomica del Bel Paese.
Nel menu si spazia da Nord a Sud, dai più locali “cicchetti” tra cui spiccano le classiche sarde in saor o il baccalà mantecato con polenta, ai piatti della tradizione locale come lo “scartosso de pesse”.
C’è spazio ovviamente anche per gli stereotipi di casa nostra, come lo spaghetto al pomodoro o l’insalata caprese o altri piatti-simbolo come la lasagna alla bolognese o lo spaghetto alle vongole. C’è un concentrato dell’abbecedario della cucina italiana, ma, dato che siamo a Venezia, c’è anche un occhio di riguardo intelligente verso lo straniero più conservativo e meno colto che viene messo a proprio agio concedendosi un pasto extra-tradizionale come la versione “Big Max” dell’hamburger o il club sandwich.
E i prezzi? Assolutamente nella media cittadina con il merito (straordinario vista la location) di non ritrovare la voce “coperto” nel conto finale.

Il design Alajmo è ormai un cult mondiale e coniuga eccellenze locali (vetri di Murano) e stile personale.
design, ABC Quadri, Famiglia Alajmo, Venezia
Pane (unica tipologia lievito madre, ottimo) e grissini, altrettanto buoni.
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La nostra degustazione di “cicchetti”.
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In dettaglio: semplici ma perfette e ingentilite le Sarde in saor
sarde in saor, ABC Quadri, Famiglia Alajmo, Venezia
e il Baccalà mantecato con polenta fritta
baccalà mantecato, ABC Quadri, Famiglia Alajmo, Venezia
Mentre decisamente più modesta ci è sembrata la Insalata di polpo.
insalata di polpo, ABC Quadri, Famiglia Alajmo, Venezia
Apparentemente grasso il Cappuccino primaverile (asparagi, fagiolini, piselli, carote
e rapa rossa), rivelatosi, in verità, in perfetto stile Alajmo, molto leggero.
Cappuccino primaverile, ABC Quadri, Famiglia Alajmo, Venezia
Tagliolini con astice alla busara. Piatto semplice e ricco.
tagliolini con astice alla busara, ABC Quadri, Famiglia Alajmo, Venezia
L’imponente Fritto di sarde, schie e cozze, nello “scartosso” con salsa “Quadri” a base di senape. Frittura asciutta e croccantissima, eseguita con grandi tecnicismi (il pesce viene bagnato nella pastella e fritto, a metà cottura viene asciugato, passato nella farina di mais e nuovamente fritto).
schie fritte, ABC Quadri, Famiglia Alajmo, Venezia
Dettaglio
schie fritte, ABC Quadri, Famiglia Alajmo, Venezia
La cassata di albicocche è una una reinterpretazione non scontata e chiude piacevolmente il pranzo.
cassata di albicocche, ABC Quadri, Famiglia Alajmo, Venezia
Berkel griffata Alajmo.
Berkel, ABC Quadri, Famiglia Alajmo, Venezia
Dipinti carnevaleschi.
dipinti, ABC Quadri, Famiglia Alajmo, Venezia
Tavolini eleganti, essenziali ma anche molto ravvicinati.
tavoli, ABC Quadri, Famiglia Alajmo, Venezia
Ingresso al Gran Caffè.
ABC Quadri, Famiglia Alajmo, Venezia

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Chissà se Giorgio Quadri immaginò mai quale incredibile luogo aveva creato: certo, avrà fantasticato sul suo nuovo bellissimo locale, ma forse nemmeno nei suoi sogni più arditi avrebbe potuto ipotizzare che il suo Caffè sarebbe diventato, nei secoli, uno dei più famosi al mondo. In una delle piazze più belle del mondo, San Marco.
Siamo intorno alla metà del 1700 quando Quadri decide di rilevare “Il Rimedio”, un locale già famoso in città, sotto le Procuratie Vecchie, in cui si vendeva Malvasia, ritenuta all’epoca “un rimedio” perché si credeva “rinvigorisse le membra e risvegliasse lo spirito”.
In realtà è la moglie Naxina a intuire il business: investire in un locale che vendesse “l’acqua negra bollente”, ossia il caffè alla turca. Dobbiamo immaginare la Venezia dell’epoca, estremamente cosmopolita, una città molto alla moda: in quel periodo era quindi molto cool bere il caffè, bevanda ricavata da una semente che i turchi chiamavano “khavè”. Successo assicurato.
Dobbiamo aspettare il 1830 per veder incorciarsi, per la prima volta, i destini del Quadri con quelli di una coppia di fratelli: i Vaerini rilevano il Caffè e aprono al piano superiore il ristorante, ancora oggi l’unico presente a Piazza San Marco.
Arrivando ai giorni nostri, ecco un’altra coppia di fratelli e una scelta imprenditoriale di grande coraggio: Alajmo e Venezia, qualità in una delle piazze a maggior densità turistica del globo.
Ristorante, bistrot, caffè: un locale che vive tutta la giornata, dalla colazione al drink dopo cena.
Un grande salotto, ecco quello che è il Quadri oggi.
Inutile soffermarci sul fascino di questa sala: pranzare in un luogo così carico di storia con vista su Piazza San Marco è un regalo da concedersi almeno una volta nella vita. Attraverso le grandi vetrate, il contatto tra sala e piazza è assoluto: è come stare seduti al bar del paese ed osservare la varia umanità che passa davanti agli occhi; più reale della realtà.
Il servizio è fresco, giovane, preciso: l’impostazione Alajmo che a Rubano ha messo radici trova terreno fertile anche in terra veneziana. In una sala di tale “presenza” fa un effetto ancora più piacevole e spiazzante.
Carta dei vini consultabile su IPad: interessante la possibilità di selezionare i vini anche per fascia di prezzo.
Ma veniamo al punto cruciale, la cucina.
A mettere nei piatti le idee di Massimiliano ci pensa il friulano Silvio Giavedoni, già sous chef in quel di Rubano.
Ma non immaginatevi un Calandre bis: qui l’impostazione di cucina è volutamente molto più basica, diretta. Una ricerca della semplicità del gusto quasi maniacale: si viene travolti dalla potenza espressiva degli ingredienti usati. Cucina indiscutibilmente italiana, quasi uno spot dei nostri prodotti per la numerosa clientela internazionale che frequenta queste sale (locale full e probabilmente noi eravamo gli unici italiani).
Le preparazioni giocano molto su equilibri sottili, non facili tecnicamente da realizzare. Ne sono un esempio i mezzi paccheri con crudo di pesce e succo di datterini: il pomodoro ha una forza gustativa travolgente e finisce col coprire ogni altra cosa presente nel piatto; il gusto che rimane in bocca è piacevolissimo, ma tutto quel pesce viene sacrificato come semplice texture. Evidentemente è necessaria una dosatura millimetrica di ogni componente.
Quando questa riesce, ci si trova davanti piccoli capolavori, come il piccione in padella: d’altra parte un piccione in casa Alajmo non si sbaglia mai.
Diciamocelo: non è un posto da gourmet in cerca di emozioni forti, ma c’è da essere orgogliosi di avere finalmente a Venezia una tale vetrina del Made in Italy. Un turista a Venezia che vuole un esempio di alta cucina italiana, di stampo tradizionale ma con quell’eleganza data dal cuoco di spessore, non ha altri indirizzi.
Quando si parla delle imprese dei due fratelloni, il lato costo è sempre un argomento scottante: lo sappiamo che stare in Piazza San Marco è un dazio da pagare, ma qui i prezzi sono allineati al tristellato padovano (per altro notoriamente già molto pesanti). Tenuto conto che tutti gli accessori non vengono regalati (caffè, acqua e affini), non sarà difficile sfiorare i 500 euro in due.
Noi abbiamo approfittato dell’ottima offerta di casa Alajmo, il Carpe Diem: prenotando e pagando in anticipo direttamente dal sito, c’è la possibilità di ottenere sconti sostanziosi, nel nostro caso del 50%. Questa ci sembra per un appassionato la modalità più intelligente per provare il Quadri senza grossi patemi d’animo. A prezzo intero, ahinoi, il tom tom di gola crediamo ci porterebbe lontano dal fiero Leone di San Marco.

Mise en place
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Pane
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Appetizer
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Gazpacho e frutta
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Battuta di manzo arrotolata con crudo d’ortaggi e maionese leggera al tartufo nero.
Semplicità, linearità, gusto. L’essenza dell’ingrediente al centro di tutto.
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Mezzi paccheri con crudo di pesce, gelatina di acqua di pomodoro, succo di pomodori datterini, capperi e basilico.
Si intuisce che questo possa essere un grande piatto: una pasta fredda haute couture. Il fine equilibrio è però spezzato da un pomodoro strabordante, in dose eccessiva e capace di relegare a comparsa ogni altro ingrediente nel piatto. Comunque buono, ma le potenzialità sono nettamente superiori.
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Uovo in camicia con zabaione di asparagi e insalata di carletti all’aceto balsamico.
Piatto interlocutorio, tecnicamente perfetto ma poco interessante.
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“Scartosso de pesse“ alla venexiana con salsa Quadri.
Ottima frittura: pastella molto spessa, croccantezza ideale. Molto buona anche la salsa, una maionese con una piccola aggiunta di senape.
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Piccione in padella con il suo succo, radicchi amari, crostini di frattaglie, peperoncino e marasche.
Il top della giornata, una marcia in più rispetto agli altri. Letteralmente spettacolare, un piatto trois étoiles.
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Mela – mela – mela
(gioco di consistenze attorno la mela)
3 varietà di mela, 3 diverse preparazioni: succo, meringa e sorbetto, acetosella e peta zeta (il fizz che riporta la mente all’infanzia: il gioco è sempre parte integrante della cucina Alajmo)
Grande acidità a ripulire la bocca.
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Cassata veneziana: una rivisitazione migliore dell’originale, quindi chapeau! Marzapane, ricotta di bufala ai pepi, gianduia, albicocca e rum. Un dessert spettacolare.
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I cioccolatini: lampone e cioccolato bianco, caramello e caffè, cioccolato e rum.
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La carta dei vini su Ipad.
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Un calice di vino bianco scelto dalla carta: la Vitovska 2010 di Skerlj, macerazione sulle bucce, fermentazione spontanea. Una lama di acidità, ottima beva.
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La cucina in lontananza.
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Una delle due sale con vista sulla Piazza.
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