Passione Gourmet Rousseau Archivi - Passione Gourmet

I nostri vini del 2021

Chiudiamo un anno intenso, movimentato dalla ripresa degli eventi e dalla frenesia del poter nuovamente comunicare. Ma in maniera differente. Abbiamo ripreso a girare per cantine, e a presenziare agli eventi con una nuova consapevolezza: ossia quanto sia prezioso il nostro tempo. Nei dodici mesi che ci lasciamo alle spalle abbiamo avuto l’opportunità di ponderare il significato di molte parole. E allora ci ispiriamo alla definizione di “Champagne” data da Flaubert…

“Distingue la cena fastosa.
Fare finta di detestarlo, dicendo: «Non è un vino!».
Suscita l’entusiasmo della gente modesta.”

…per ripensare ai consumi, e ai gusti di nuovi target, che si stanno approcciando al vino. E ai mercati che mutuano in continuazione. L’elenco dei nostri migliori assaggi include esperienze sublimi, reminiscenze di metodi di vinificazioni del passato, anteprime e fotografie attuali. Il tutto sempre guidato da una sola cosa: la passione.

Alberto Cauzzi

Mauro Mascarello – Barolo Monprivato Docg 2004

Il nostro paradigma di Barolo si svela con questo Barolo Monprivato 2004. A dispetto dell’alcol, assai presente, i suoi 13,5 gradi sostengono un vino acceso da un color rosso rubino scarico, tipico di queste zone con, al naso, note di fiori di campo secchi e l’immancabile viola, timbro  originale dei Mascarello più nobili, e una punta di oliva nera, che denota al termine la sua quasi impercettibile evoluzione. Il tannino levigato, ma ancora incredibilmente persistente e aggressivo, dona freschezza gustativa supportata da una prugna secca in evidenza e un finale setoso e armonico, davvero grande anzi di più, immenso.

Drappier – Champagne Brut Nature Sans Soufre

100% Pinot noir, vanta note ossidative pronunciate, nonché una piacevole e lieve bollicina, che incalza la degustazione. Al naso, i sentori di fragoline di bosco mature unite a una punta di crema pasticcera e all’immancabile mela cotogna, caratteristica più o meno saliente di tutti gli Champagne della Maison, sfociano in un profumo agrumato e sapido, davvero potente. Un mosaico che si ritrova assai nitidamente anche all’assaggio dove la nota sapida, molto persistente, incalza una beva straordinariamente scorrevole e, ça va sans dire, anche molto piacevole.

Château Le Pin – Pomerol 1998

Al naso l’incipit è un tripudio di amarene macerate, cassis, cioccolato fondente, tartufo e un tocco di melassa. La nota verde e sottile della foglia di fragola si affaccia timidamente, fino a diventare prorompente nel prosieguo e anche al palato, dove si trova conferma dei sentori e dei profumi avvertiti poc’anzi, e in cui diventa prevalente la nota ferroso-ematica, di brodo dashi, con l’alga in evidenza. Un sostegno umamico importante, questo, che termina con una punta di piccate, di mostarda, e un lieve sentore di salsa di soia. In bocca è teso, persistente e lungo, lunghissimo, ma con tannini avvolgenti e voluttuosi. In poche parole, un grande Merlot!

Andrea Grignaffini

Trinoro – Tenuta di Trinoro 2018

In memoria del genio di Andrea Franchetti un assemblaggio di Cabernet Franc e Merlot che rappresenta lo stile personale ma internazionale del suo creatore. Una sorta di omaggio a Bordeaux in un sorso potente, ricco ma sfaccettato. 

Arnaud Lopez Hautes-Côtes de Nuits Rouge Pinot Noir 2019

Una micro produzione su quattro etichette e tre diverse denominazioni per questo produttore biodinamico che macera a grappolo intero per tre settimane e affina in barrique usate. Il Pinot Noir è verace e profondo con gli umori della terra e dei suoi piccoli frutti.

Avanguardia Triple ANuovo Paradisetto Rosso 2020

Dalla nuova azienda agricola delle Triple A e dalla mente combinata di Luca Gargano e Fabio Luglio un vino, imbottigliato nella mitica bottiglia di Caroni, che ha il soffio del mare e un sorso fragrante di frutti rossi che invoglia a quello successivo.

Orazio Vagnozzi

Vega Sicilia – Unico 1970

Vino dall’intensità aromatica prodigiosa e dall’integrità stupefacente, Vega Sicilia Unico 1970 da una parte esprime forza e poderosa struttura, dall’altra eleganza sublime. Immenso.

Rousseau – Chambertin Grand Cru 2010

Modello di purezza ed eleganza lo Chambertin 2010 di Rousseau un vino che incapsula tutto quello che rende i vini di Borgogna così avvincenti, grazie a un profumo intenso di lampone e amarena e un sorso in cui dolcezza, setosità dei tannini, acidità succosa e sapidità stanno in vibrante equilibrio. Magnifico.

San Salvatore – Paestum Fiano “Pian di Stio” 2016

Dall’azienda agricola San Salvatore di Boscoreale, nel cuore del Cilento, un grande Fiano, il Pian di Stio 2016, dall’ammaliante impatto olfattivo di pesca, fico, susina, menta e dal sorso morbido, fresco e sapido e avvolgente e dal finale lunghissimo. Eccellente scoperta. 

Leila Salimbeni

Krug 2008

Uno dei più maestosi, imponenti, autorevoli vintage degli ultimi anni. Apparentemente freddo, scalda il palato di un ardore quasi piccante ma freschissimo: un’accelerazione vorticosa, rapinosa nella successione di fiori bianchi, quasi narcotici, ed irresistibili eco mentolate e balsamiche. Il palato è una sciarada fittissima, e pertanto irrisolvibile, di acqua di mare e dolce di sorgente, vivificata da un’acidità pura e tagliente, adesiva, che ne magnifica tutta la struttura, ancora in nuce.

Marqués de MurrietaCastillo Ygay Gran Reserva Especial 2010

Da un’azienda leggendaria, con sede in uno degli edifici industriali più antichi d’Europa, un vino innocente e vivo, abitato da una grazia serafica e una giovinezza fruttata ma imprevedibile, capace di zigzagare tra note nere ma luminose, e potenti suggestioni vegetali. Il palato, innervato di un succo fresco, è attraversato da una striatura tannica salata e ritmata.

AccorneroBricco del Bosco Vigne Vecchie 2016

Berrei vini come questo dalla mattina alla sera. E non perché sia un vino facile, né perché sia, tantomeno, un vino piccolo. Piuttosto, si tratta di un vino dalla grandissima presenza scenica, ma mascherata da una disinvoltura e da un carisma irresistibile, che fa finire la bottiglia in un baleno. Non ho preso appunti di degustazione ma ho solo scritto, da qualche parte, “l’amore che strappa i capelli“. Un deliquio di carne e spirito.

Gae Saccoccio

NATALINO DEL PRETE – VINO QUOTIDIANO NEGROAMARO DA LITRO A 10.5%

Vino salmastro. Agli antipodi dalla Puglia delle melasse e dei vinoni stucchevoli. Il vino come il pane è nutrimento giornaliero. Negroamaro da litro a 10.5% di Natalino Del Prete, vignaiolo a San Donaci in Salento. Bevanda quotidiana, a ricordare che il vino come il pane è un alimento giornaliero, nutrimento della pancia, energia solare per lo spirito. Succoso, beverino senza risultare banale. Si rischia di berne un litro da soli ad accompagnare un pasto frugale.

Junpei Fukunaga – Vino -Shu 2014

Tempo fa nei pressi di Kobe (prefettura di Hyōgo) in una fucina dove forgiano lame nella maniera tradizionale giapponese, mi viene incontro Ryoici Aoki  che anni fa ha lavorato all’Osteria dell’Arancio a Grottammare dal mitico oste Michele Alesiani. Una volta rientrato in Giappone come ha chiamato il suo ristorante? Osteria dell’Arancio! Vino naturale giapponese di Junpei Fukunaga, Botanical Life: Vin-shu 2014 da uve Muscat Bailey A. Junpei-san ha cominciato da zero, senza aiuti ne finanziamenti, poco a poco affittando appezzamenti in disuso di Muscat Bailey A, ridandogli vita. Frutto integro e croccante, acidità erbacea, succulenza. Leggero e dissetante. Bailey A fu introdotta nell’era Meiji proprio nella regione del Kansai per produrre vino e poi finire come uva da tavola. Gli anziani in giro per il villaggio dicono spesso che facevano fermentare uva a casa di nascosto.

Drogone Lambic – Cantillon 

“Drogone Lambic”. Vino e birra. Daniela & Antonio De Gruttola di Cantina Giardino in collaborazione con Jean Von Roy di Cantillon. Perché una Lambic da vinacce di Drogone è per sempre. Le uve, prima di essere unite al lambic, hanno subito una macerazione pellicolare di 3 mesi in botti di castagno. Cantillon Drogone Lambic (precedentemente etichettato come Aglianico con un’etichetta generica di uva) è un lambic di tre anni macerato per 10 settimane con 300 chilogrammi di vinacce di uva Aglianico in lambic fermentato con fecce lorde di Cantina Giardino ad Ariano Irpino. 

Vania Valentini

Annamaria Clementi 2009

Un Franciacorta in grado di raggiungere, con il tempo, un’intensità e una complessità senza pari. Il millesimo 2009, riassaggiato a qualche anno dall’uscita, impressiona per definizione, profondità ed espressività delle sensazioni olfattive, con le note iodate che si miscelano a quelle, ormai sempre più intense, di torrefazione, incenso. Infine, una bocca avvolgente, salda e freschissima, dalla carbonica raffinata e dalla persistenza tenue, penetrante. Una vera fortuna trovarlo in carta.

Erick Schereiber – Grande Reserve

Chi lo ha detto che i vini biodinamici non possono essere elegantissimi? Il Grande Reserve di Erick Schereiber, pionere della biodinamica champenois a Courteron, Aube, è uno di quegli champagne che stupisce, oltre che per forza ed energia, per eleganza, classe. Una bocca costruita con mano virtuosa, decisa, che si esprime in un sorso scalpitante, dinamico e intriso di sale, agrumi, dallo sviluppo omogeneo e cristallino, puro e roccioso come acqua di sorgente. Buonissimo.

Benoît Lahaye – (Magnum) Brut Nature

Uno dei più bei Pinot Nero (anche se vi è una componente del 10% di Chardonnay ad illuminare la scena) di terra di Champagne bevuti quest’anno. Un vino lirico, che profuma di peonia, viola, frutti rossi e polvere di grafite per un sorso vellutato, ampio e freschissimo. Sa di agrumi, piccoli frutti rossi, è succoso e appagante, di infinita persistenza. Merita la Magnum ma anche un calice ampio per lasciar emergere fino in fondo il suo talento odoroso più raffinato.

Angelo Sabbadin

Lis NerisTal Lùc .1.2 Vino Passito Friulano

Difficile fare di più col Verduzzo, Alvaro Pecorari riesce ad interpretarlo in maniera magistrale. Le sfumature aromatiche fondono note esotiche di fichi, datteri, frutta secca, miele di castagno, agrumi canditi, croccante, biscotto, orzo, cannella, cioccolato bianco e a finire un soffio di zafferano e mirra. Il sorso ha un’avvolgenza straordinaria, vellutata e caldissima la materia ricca che esprime, un viaggio sensoriale che si traduce in un viaggio dei sensi, finissimo, complesso, voluminoso.

Giuseppe QuintarelliRecioto della Valpolicella Classico 1988

Vino che va oltre ogni dimensione, incredibile sotto ogni punto di vista, mai sentito niente del genere. Al naso un gioco di sfumature che partono con marasca, lampone, mora di rovo, mirtillo, prugna che poi virano verso il floreale di rosa e violetta, poi entrano dolci note di humus, corteccia bagnata, fungo…e poi evolvono ancora in un finale che gioca fra il pellame pregiato, legno dolce, ruggine, paprika, incenso, mirra e l’ultimo soffio mentolato. La bocca ha una dimensione, una compattezza e una compostezza indescrivibile, inavvicinabile da qualsiasi vino. Entra con avvolgenza, una parte morbida composta che delizia il palato, un tannino composto di una delicatezza estrema solletica e  gioca con una scia fresco-sapida che lascia senza fiato, impensabile per un vino dolce.

Russiz SuperioreCol Disore 2017 DOC Collio

In ricordo del compianto Roberto Felluga che ci ha premeturamente lasciati. Col Disore al naso è impressionante per ricchezza e intensità, sfilano frutta matura, spezie dolci, fiori gialli, burro fuso, note tostate, di ponka, iodate. Sul palato è voluminoso, cremoso, ricco, opulento, di grande struttura. Il Collio racchiuso in bottiglia con tutta la sua forza e complessità.

Erika Mantovan

Domaine Leflaive – Puligny Montrachet Clavoillon 2002

La vigna vecchia e un’informazione del suolo segnalata da tempo con un’alchimia tra frutto e la sua parte tessitura che non crea armature ma te ne fanno vedere i segni, permanenti, di una capacità di contrastare il tempo con grande classe ed energia. Scintille minerali, talco, un sorso generoso. 

Cogno – Barolo Ravera Vigna Elena Docg 2016

Un esemplare di eleganza, raffinatezza, una sorta di rivolta del nebbiolo che riesce a unire florealità, tannino, morbidezza e capacito di invecchiamento. Una porzione della denominazione che diventa un archetipo di questa MeGa di Novello magnificata in una grande annata.

Vietti – Barolo Brunate Docg 2018

Un’anteprima, tra qualche giorno disponibile nel mercato, che sfoggia un solletichio tannico che fa ammaliare il succo, rendendolo profondo e di densità che non si ferma anzi rimarca uno sfondo balsamico. Persistente e strutturato, il vigneto si palesa più della stilistica aziendale. 

Gianluca Montinaro

Al di là dei sommi nomi di Borgogna e di Bordeaux, sono tre i vini che – quasi sentimentalmente – mi hanno colpito in questo 2021. Fra gli italiani senz’altro un magnifico Chardonnay Curtefranca Doc 2000 di Ca’ del Bosco: uno dei pochissimi grandi bianchi del nostro Paese, magistralmente pensato pour la garde, capace di rivaleggiare alla pari con molti fra i più celebri Mersault.

Spostandomi Oltralpe, indicherei due etichette della Champagne, prodotte solo nelle annate favorevoli e solo in pochissime migliaia di bottiglie: Paul Bara Special Club rosé 2014 e La Côte aux Enfants 2012 Coteaux Champenois di Bollinger. Cremosa nella bolla, suadente negli aromi, piena, tesa e lunga nel sorso la prima; sconvolgente per mineralità, finezza e freschezza la seconda, frutto di una storica parcella en monopole di Pinot Noir di quattro ettari, situata ad Ay.

Riccardo Corazza

Terre Bianche Dolceacqua DOC 2020

Una versione di Rossese memorabile per equilibrio e concentrazione, frutto di un’annata da incorniciare. Ha un naso di geranio, ribes rosso e melograno, poi arriva la macchia mediterranea e le sensazioni di liquirizia amara. La bocca è succosa e piena, salmastra e tesa, con finale sulle note del chinotto.

Palladino – Barolo DOCG Ornato 2017

Uno degli emblemi del terroir di Serralunga, in una versione benedetta. Naso ermetico e riservato, mirtilli, poi sottobosco ed eucalipto, la bocca invece è muscolare, tannini salati, con bellissimo ritorno balsamico a chiudere. Persistenza clamorosa, con un finale ancora sulle note balsamico-fruttate.

Isole e Olena – Chianti Classico DOCG 2018

Un vino che assomiglia semplicemente a sé stesso. Naso molto sfaccettato, note di ribes e fragola nera, poi sottobosco e tocchi balsamici, di eucalipto, con finale sulle note della radice di liquirizia. Bocca di persistenza e tensione e chiusura con ritorno della liquirizia e anche del sottobosco.

Adriana Blanc

TerenziMadrechiesa 2018

Una vera sorpresa in quella zona poco conosciuta, enologicamente parlando, che è la Maremma. Pulito, sottile, di estrema eleganza. Al naso scorza di arancia rossa, in bocca freschezza e sapidità che si infondono in una trama tannica di velluto. Ancora un filo giovane, ma certamente una promessa per gli anni a venire.

Giorgio Mercandelli“U” 2007 Vino biotico rosso

Un vino che racconta una storia incredibile, fatta di viti di oltre 150 anni e delle cure affettuose riservate loro da Giorgio Mercandelli. Uva, storia e filosofia si fondono in un solo fluido che percorre voluttuosamente il calice e infonde benessere nello spirito. 

VenissaBianco 2016

Un’altra storia che merita di essere raccontata, quella di Venissa. Nella piccola isola di Mazzorbo, nel solo ettaro vitato, ogni anno la Dorona di Venezia sfida sale e acqua alta per dare vita a questo vino prodotto in sole 3500 bottiglie. Un’etichetta in foglia d’oro lo rende poi bellissimo, oltre che buonissimo.

Thomas Coccolini Haertl

Montevertine – Le pergole Torte 2018

Dal 1977 è un punto di riferimento fra i toscani, merito di Sergio Manetti e ora del figlio Martino, ma anche di Giulio Gambelli, con la tipica etichetta del pittore Alberto Manfredi. Fra i primi supertuscan che hanno generato questo nome, Sangiovese 100%, l’annata 2018 si fa ricordare. 

Bosio – Franciacorta Rosé Pas Dosé Riserva Girolamo Bosio 2011

È il risultato di 3 giorni di macerazione dopo aver lasciato l’uva più a lungo sulle piante, una cuvée per 2/3 vinificata in bianco; poi 7 anni sui lieviti (sboccatura gennaio ‘19) e 100% Pinot nero. È lo spumante rosé che vorremmo bere sempre.

Anna Beatrice – Vulpis in fabula 2018

Omaggio ai colli reggiani, le mie terre, Anna Beatrice è una piccola cantina di qualità. Un metodo classico rosso da uve 100% Lambrusco Maestri (sboccatura marzo ‘20), prima fermentazione da soli lieviti autoctoni, non è solo una rarità: è soprattutto un ottimo spumante.

Sara Comastri

Marta ValpianiRomagna Albana DOCG “Madonna dei fiori” 2018

È un’espressione fuori dagli schemi per questo vitigno, volta a restituire l’impronta del territorio, piuttosto che a rincorrere la sua potenziale alcolicità e opulenza fruttata. Eleganza composta (fiori, agrumi e spezie), freschezza vibrante, intrigante scia sapida; questo ci donano le vigne vecchie, ubicate sull’antico letto di un fiume. 

Cantina ScuropassoButtafuoco Storico DOC “Vigna Pianlong” 2017

È una dimostrazione delle grandi potenzialità qualitative dell’Oltrepò Pavese. Un uvaggio della tradizione (Croatina, Barbera, Ughetta di Canneto e Uva Rara), un rosso potente e tannico in felice connubio con eleganza e bevibilità. Consigliate almeno due bottiglie: una da godere nell’immediato, e una per testarne la longevità.

Marco de BartoliTerzavia Metodo Classico Brut Nature

Rappresenta la modalità espressiva più innovativa del Grillo della mitica contrada Samperi. Un sorso intriso di Sicilia e di mare, agrumi e macchia mediterranea, una salinità intensa e scalpitante, che stupisce e rapisce.

Laura Bonato

Fattoria San Lorenzo – “Il San Lorenzo Bianco” Igt 2008

Rara e personalissima espressione di verdicchio di Jesi, che solo nelle migliori annate viene lasciato riposare per oltre 12 anni sui propri lieviti. Beva materica, ricca, balsamica e persistente. Da condividere o con cui meditare. Un vino che… “nel concavo cielo sfavilla” e, scoprendoci bambini, ci spinge ad esprimere un desiderio.

Bérêche et Fils – Champagne Rosé Extra Brut

Champagne fine, potente e cerebrale, che colpisce e affonda anche i palati più diffidenti ai rosé. Il timbro e la sensibilità del giovane Raphael, astro nascente nel panorama spumantistico francese, caratterizzano questa cuvée a prevalenza di pinot nero, che si incaglia tra i ricordi per il sorso teso, ricco negli aromi e persistente in bocca, grazie alla lenta fermentazione in barrique e al basso dosaggio.

Veuve Fourny & Fils – Champagne Rosé Extra Brut

Une Famille, un Clos, un Premier Cru” recita l’etichetta di questo rosé de saignée, fortemente autentico e genuino, ottenuto da solo mosto fiore di pinot nero dopo una lenta macerazione delle bucce. Riflessi salmonati e perlagé finissimo, naso sottile e di grande mineralità, sorso pulito e fresco. Una foto senza filtri dei terreni gessosi di Vertus.

Quale sarà la ristorazione del futuro?
Potremmo parlare delle ore di questo argomento ed ognuno avrebbe una propria tesi.
C’è chi profetizza la fine della grande table, delle maison dai conti stellari, delle brigate kilometriche, delle cantine ricolme di gran cru, a tutto vantaggio dei locali informali, dei cuochi da “one man show”, della sostanza senza grande cura della forma.
Di sicuro, c’è più di qualche ristoratore che, col tempo, di quella vita tutta sacrifici che caratterizza un ristorante dalle grandi ambizioni, ha capito di non farsene granché. Per dirla in maniera popolare: “era più la fatica che il gusto.”
A questo deve aver pensato anche Roland Chanliaud, dopo una vita passata al “Le Jardin des Remparts”, noto ristorante del centro storico di Beaune.
I due servizi al giorno, la gestione della brigata, i fornitori, le guide: no, no, basta così.
In fondo, il 90% delle persone che viene in Borgogna, non ci viene certo per il cibo.
La Maison du Colombier è il risultato di questo cambio di vita.
Tre piccole sale, una mini cucina a vista, una lavagna del giorno frutto di una classica cucina du marché, tanti stuzzichini e tapas da scegliere per accompagnare una delle grandi bottiglie presenti in cantina. Proprio la carta dei vini è il motivo più valido per prenotare il vostro posto qui: una lista sterminata, con quasi tutti i grandi nomi di Borgogna; la profondità di annate non è vastissima (ma dove lo è più a Beaune?), ma dagli anni 2000 in poi si trova tutto il meglio possibile.
Se volete stare più comodi, al momento della prenotazione chiedete l’ultima saletta, dove potrete accomodarvi su comodi divani.
Le tapas sono tutte buonissime, frutto di ingredienti di alta qualità selezionati in maniera impeccabile: il nostro consiglio è di concentrarvi soprattutto su queste.
I piatti del menù sono molto meno interessanti, un po’ troppo pasticciati e confusionari.
Nella bella stagione, c’è anche la possibilità di mangiare all’aperto.
Un locale divertente, dove si sta bene e si beve anche meglio.
Una tappa da non perdere nel vostro tour in terra di Borgogna.

Pata Negra.
pata negra, Maison du Colombier, Chef Roland Chanliaud, Beaune, Francia
Tartina con ventresca di tonno.
tartina con ventresca di tonno, Maison du Colombier, Chef Roland Chanliaud, Beaune, Francia
Tartina con minisardine, burro e limone.
tartina con minisardine, Maison du Colombier, Chef Roland Chanliaud, Beaune, Francia
Tartina con sgombro affumicato al pepe.
tartina con sgombro affumicato al pepe, Maison du Colombier, Chef Roland Chanliaud, Beaune, Francia
Tartina con foie gras e gelatina di idromele.
tartina con foie gras, Maison du Colombier, Chef Roland Chanliaud, Beaune, Francia
Chipirones.
chipirones, Maison du Colombier, Chef Roland Chanliaud, Beaune, Francia
3 uova bio a 63°.
uova, Maison du Colombier, Chef Roland Chanliaud, Beaune, Francia
Risotto Acquerello al pomodoro e olive taggiasche.
Risotto, Maison du Colombier, Chef Roland Chanliaud, Beaune, Francia
Tête de veau e patate.
Tete de veau, Maison du Colombier, Chef Roland Chanliaud, Beaune, Francia
Elegante ma possente, delicato ma profondo: come un foulard di seta, ti avvolge stordendoti. Un capolavoro assoluto.
Chevalier montrachet, Maison du Colombier, Chef Roland Chanliaud, Beaune, Francia
Chambertin 2008, Maison du Colombier, Chef Roland Chanliaud, Beaune, Francia
Maison du Colombier, Chef Roland Chanliaud, Beaune, Francia
leflaive, Maison du Colombier, Chef Roland Chanliaud, Beaune, Francia
Maison du Colombier, Chef Roland Chanliaud, Beaune, Francia
Maison du Colombier, Chef Roland Chanliaud, Beaune, Francia
Maison du Colombier, Chef Roland Chanliaud, Beaune, Francia

C’è un anno da segnare con il pennarello rosso nel vostro calendario: 2017.
Lavori permettendo, sarà proprio il 2017 a segnare un passaggio epocale per tutti gli appassionati della grande cucina d’autore: la T più famosa d’Europa cambierà sede.
Una storia lunga già 84 anni, un mito per chiunque abbia avuto la fortuna di passare qualche ora tra queste mura.
E’ il 1930 quando Jean-Baptiste Troisgros decide di rilevare l’Hotel des Platanes di Roanne assieme a sua moglie, Marie.
Lei in cucina, lui, grande anfitrione ed esperto di vino, in sala a coccolare i suoi clienti.
Nel 1935 il cambio di nome in Hotel Moderne, il lungo periodo buio della guerra ed ecco, nel 1954, il ritorno alla base di Jean e Pierre, figli di Jean-Baptiste, a seguito del loro girovagare tra le più importanti cucine dell’epoca.
3 anni dopo, l’Hotel Moderne diventa “Les Frères Troisgros”: sarà una cavalcata inesorabile verso il successo, che li porterà a rivoluzionare la cucina francese e ad ottenere tutti i maggiori riconoscimenti di pubblico e critica.
Nel 1983, l’improvvisa morta di Jean, accelera l’entrata in scena di Michel che riesce a rivoluzionare ogni cosa senza cambiare nulla.
Un passaggio nel segno dell’eccellenza, fatto anche di scontri padre-figlio per la pulsione indomabile di Michel di poter esprimere davvero sé stesso attraverso i piatti che uscivano dalla cucina. Uscire dall’ombra e farlo da vincenti, una delle cose più difficili per ogni essere umano.
Con continuità e costanza: 2 volte al giorno, per tutti i giorni.
Il resto è attualità, è una piazza nel frattempo diventata Place Troisgros, è un ristorante moderno e classico allo stesso tempo, è un posto unico al mondo: semplicemente, è la Maison Troisgros.
La quarta generazione è rappresentata da César, figlio di Michel: il futuro non può che essere luminoso.
Di qui sono passati, solo per fare alcuni nomi, Marc Haeberlin, Bernard Loiseau, Gualtiero Marchesi, segno di una casa che ha saputo e continua ad essere anche scuola e palestra di grandissimi futuri chef.
La nuova casa troverà collocazione a una decina di km da Roanne, ad Ouches: una nuova scommessa per rimanere al passo con i tempi.
Bisogna quindi affrettarsi per poter cenare tra queste mura storiche, proprio davanti alla stazione dei treni di Roanne che tanti appassionati ha visto transitare negli anni.

sala, Maison Troisgros, Chef Troisgros, Roanne, Francia

Ci ronzano nelle orecchie i presagi delle moderne Cassandre, che parlano della fine del grande ristorante, che insistono ad indicare la cucina “pop”, i bistrot o le corte brigate come l’unico futuro per la grande cucina d’autore.
Poi arrivi qui e ti siedi davanti al bancone del bar: ti gusti un fantastico Americano e nel frattempo ti vengono serviti amuse-bouche, ti viene portata la fantastica carta dei vini, il tutto in attesa di accomodarti al tuo tavolo.
Classe, precisione e sensibilità regnano in ogni gesto, in ogni angolo: allora non puoi che sorridere, goderti il tuo cocktail e pensare che il grande ristorante non potrà morire mai finché ci saranno persone che avranno voglia di essere coccolate, almeno una volta ogni tanto, che la grande cucina d’autore non può venire rinchiusa in una unica, sterile, forma, ma può esprimersi in mille e più modi.
Quella espressa alla Maison Troisgros, in un piovoso giovedì di maggio, è stata molto vicina alla perfezione.
Avevamo acceso un piccolo campanello d’allarme negli ultimi anni, per una cucina non perfettamente a fuoco in tutte le sue parti.
Questa visita ha sgombrato il campo da ogni dubbio: Troisgros è sempre Troisgros, e questo è uno dei migliori ristoranti del mondo.
Perché non si ferma mai, perché sa fare sue influenze giapponesi e italiane con una classe smisurata, perché ha creato uno stile e lo porta avanti con convinzione in tutte le portate. Uno stile riconoscibile ad occhi chiusi. Tutta la gamma dell’acido è studiata a 360 gradi: tamarindo, rabarbaro, fermentazioni, e non solo i classici agrumi.
Purezza e pulizia, nelle forme e nel gusto.
Basterebbe citare l’asparago con salsa al Ranfio, noci e uva marinata al Verjus: semplicemente una nuova verità per l’asparago. Quatto ingredienti portati al massimo livello possibile, un piatto sconvolgente.
O quel piccione all’arachide, due ingredienti che nessun sano di mente si sognerebbe mai di avvicinare, ed invece un piccolo capolavoro in questa Maison dove tutto sembra girare all’unisono.
Maison Troisgros, semplicemente.

Amuse-bouche: crocchetta di piselli e menta, di una pulizia incredibile
amuse bouche, Maison Troisgros, Chef Troisgros, Roanne, Francia
amuse bouche, Maison Troisgros, Chef Troisgros, Roanne, Francia
Sgombro all’ananas. Acidità e freschezza, lo sgombro che fa rapidamente volare la mente al maestro Jiro. Un reset prima della partenza.
sgombro all'ananas, Maison Troisgros, Chef Troisgros, Roanne, Francia
Asparagi e noci al Ranfio: un capolavoro, una nuova verità per l’asparago che diventa il paradigma per qualunque altra preparazione di questo tipo.
asparagi e noci, Maison Troisgros, Chef Troisgros, Roanne, Francia
Triglia al brodo di tamarindo: ancora un salto in Giappone, per un brodo di rara intensità. L’acetosa è la firma del Maestro.
triglia al brodo, Maison Troisgros, Chef Troisgros, Roanne, Francia
triglia, Maison Troisgros, Chef Troisgros, Roanne, Francia
Gamberi all’agrodolce: la sardina affumicata è il colpo del fuoriclasse.
gamberi all'agrodolce, Maison Troisgros, Chef Troisgros, Roanne, Francia
gamberi all'agrodolce, Maison Troisgros, Chef Troisgros, Roanne, Francia
Cappesante che “si incollano ai denti”: un classico, ulteriormente migliorato.
capesante, Maison Troisgros, Chef Troisgros, Roanne, Francia
capesante, Maison Troisgros, Chef Troisgros, Roanne, Francia
Piccione all’arachide, radici: una potenza inaudita senza perdere classe e misura. Che piatto…
520
Fuori Menu degustazione, un piatto “au temps de la nouvelle cuisine (1969-1983): manzo di Charolles al vino di Fleurie
manzo, Maison Troisgros, Chef Troisgros, Roanne, Francia
Formaggi
formaggi, Maison Troisgros, Chef Troisgros, Roanne, Francia
formaggi, Maison Troisgros, Chef Troisgros, Roanne, Francia
pane, Maison Troisgros, Chef Troisgros, Roanne, Francia
Primavera cioccolato e cardamomo: caffè, cioccolato, limone e cardamomo. Ancora acidità.
primavera cioccolato e cardamomo, Maison Troisgros, Chef Troisgros, Roanne, Francia
L’uovo “rococo”: Gelato al cocco, uovo di meringa, zenzero e granita al frutto della passione
uovo, Maison Troisgros, Chef Troisgros, Roanne, Francia
Tra le vostre dita
piccola pasticceria, Maison Troisgros, Chef Troisgros, Roanne, Francia
La nostra scelta da una bellissima carta dei vini, che, considerato il cadre, consente di bere molto bene con ricarichi umani
Puligny-Montrachet Les Pucelles 2009 – Domaine Leflaive
Maison Troisgros, Chef Troisgros, Roanne, Francia
Clos de la Roche 1995 – A. Rousseau: immenso, un giovanotto con ancora tanti anni davanti
clos de la roche, Maison Troisgros, Chef Troisgros, Roanne, Francia
Maison Troisgros, Chef Troisgros, Roanne, Francia

A Beaune non si viene principalmente per mangiare, questo è sicuro.
Ma negli ultimi anni abbiamo personalmente sperimentato la crescita della ristorazione locale, soprattutto quella low cost: gli indirizzi dove pranzare o cenare in modo soddisfacente stappando grandi bottiglie non sono una rarità, anche in centro città.
Il Ma Cuisine ha un notevole successo di pubblico, soprattutto tra la clientela straniera: più volte nel corso della serata abbiamo visto rimbalzare clienti che non avevano prenotato. (altro…)

Notre métier, notre mission, consiste avant tout à donner du bonheur à nos clients. Jour après jour”.
Le parole di Dominique Loiseau esprimono alla perfezione la filosofia che qui impera.
Bernard Loiseau dal 1975 al 2003, anno della sua tragica e prematura scomparsa, ha portato questa maison alle stelle, anzi alla terza stella conquistata nel 1991 e mai più persa, coronando così il sogno che cullava fin dai tempi dell’apprendistato dai Troisgros: “un jour, j’aurai 3 étoiles !”.
Quante storie potrebbero raccontare questi muri.

Quella di un uomo che non ha sopportato il peso del mondo, il brusio della gente, fino a farsi divorare da quel buco nero che, grande o piccolo, alberga in ogni uomo.
O quella di un secondo, Patrick Bertron, che da un giorno all’altro si è trovato tre stelle puntate sul petto, lui, che dopo 10 anni di totale controllo sulla cucina, è ancora per tanti solo un onesto esecutore, niente di più, un eterno secondo. Un grande cuoco invece, con due spalle enormi per reggere un’eredità che avrebbe messo in difficoltà chiunque e che invece lui ha condotto con personalità negli anni duemila. Del resto era lo stesso Loiseau a dire: “Patrick cucina Loiseau meglio dello stesso Loiseau”.
E poi lei, Dominique, tanto carisma da poterlo percepire nell’aria: al suo ingresso in sala, siamo certi di aver contato almeno cinque secondi di totale silenzio, come se una regia nascosta avesse calato il buio e acceso un riflettore solo su di lei. Una sola parola: classe.
Eppure, entrando nel Relais Bernard Loiseau, non ci si sente schiacciati dalla storia né tantomeno aleggia una sensazione di malinconia o di stanchezza. La prima sensazione che si prova è quella di trovarsi in un posto bello, curato, vivo e al passo con i tempi. Non è certamente un tre stelle in formalina.
Nessun dettaglio è lasciato al caso: si prende l’aperitivo, si studia il menù e la monumentale carta dei vini comodamente seduti in salotto. Una sala di grande mestiere, precisa e puntuale: vedere sporzionare al gueridon la poularde è l’immagine migliore di quanto possa essere sublime l’arte del servizio.
La cucina è oggi il regno di Bertron, una cucina di territorio, ma non statica, molto attenta al prodotto, rigorosa e tecnicamente ineccepibile. Il motto del suo Maestro non è caduto nel vuoto: “le goût, le goût, toujours le goût!”
Lo chef porta in tavola i prodotti di stagione e del territorio cercando di esaltarli attraverso cotture delicate, salse leggere con il minimo indispensabile di grassi aggiunti, senza stravolgere la texture, ma puntando esclusivamente a concentrare ed esaltare al massimo il gusto nei piatti proposti.
E’ celebre il lavoro di alleggerimento delle salse svolto da Loiseau assieme al suo fido scudiero: le famose salse all’acqua, riprese ultimamente anche da un famoso chef italico che cerca nell’ingrediente la risposta a tutte le domande, proprio come faceva il duo Bernard-Patrick.
Ma non si può capire Bertron senza prima capire Loiseau. E niente può spiegare meglio la cucina di Loiseau-Bertron delle parole di Loiseau stesso. Ecco cosa diceva Bernard in una delle sue numerose interviste:
Bisognerebbe poter riconoscere quello che si sta mangiando, per cui io non faccio evaporare nella ricetta vini o altri alcolici, perché questo farebbe cambiare il gusto. Non faccio nemmeno raddensare le salse con la farina o l’albume. Nemmeno panna, né fond, né demi-glace, nessun fumet, niente grassi salvo per un pochino di burro quando faccio saltare le cose, che poi asciugo con un panno di carta. Non c’è ristorante in Francia che usi tanta carta quanta ne usiamo noi. Quando si tratta di fare una salsa, gli altri mettono mano ai vasetti di crème fraîche. Io uso l’acqua. L’acqua è la cosa migliore del mondo. E’ completamente neutra, per cui adotta esattamente il sapore dell’ingrediente. Si ottiene il vero sapore. I clienti non vogliono più mangiare la panna. Qui puoi pranzare e serbare ancora un po’ di appetito per la cena. Sto ribaltando tutto quanto. Fra dieci anni tutti vorranno mangiare in questo modo”.
Forse troppo avanti per la clientela dell’epoca: qualsiasi esercizio commerciale deve confrontarsi con l’impatto che hanno le idee sui gusti della gente. Bernard fu costretto a fare una leggera marcia indietro, lui che stava pericolosamente per essere identificato come il Crociato anti-salsa. Una posizione troppo forte per la Francia di venticinque anni fa, ma forse anche oggi.
Si racconta che un grande amico di Loiseau, il mitico Bocuse, amante alla follia di battute e scherzi , camminando con alcuni colleghi vicino a un fiume disse: “Bisogna dirlo a Bernard! Guardate quanta buona salsa sprecata!”. La frase fece il giro di Francia.
Chissà se fu questo a convincere Bernard, fatto sta che smise di parlare di salse all’acqua.
Ma non si mosse di un passo rispetto al suo vero credo, quella “cuisine des essences” a cui aveva dedicato una vita intera di lavoro.
Tornando al presente, in carta ci sono, come è logico, i classici della Maison e del Maestro, ma accanto ad essi troviamo anche preparazioni più legate a Bertron, che viaggiano su binari paralleli senza mai scontrarsi, ma integrandosi alla perfezione in questo ingranaggio ultra collaudato.
La nostra visita ha ampiamente superato le attese, abbiamo trovato la cucina in grande forma: cotture millimetriche, salse tirate alla perfezione.
Non tutto impeccabile: un appetizer discutibile, una entrée leggermente sapida.
Certo, dettagli di fronte alla cesellatura delle verdure o all’intensità di gusto di quel jus iodé aux accents de tourbe.

Un capitolo a parte merita la Poularde à la Vapeur Alexandre Dumaine: un piatto storico, ripreso e alleggerito da Loiseau che eliminò del tutto la panna. Non abbiamo dubbi a inserire questa Poularde nella lista dei capolavori gastronomici che qualunque appassionato di cucina dovrebbe provare almeno una volta nella vita. E’ necessaria un’ora e 45 minuti di preparazione per questa meraviglia (quindi ricordatevi di prenotarla in anticipo se non volete aspettare troppo al tavolo).
“…in una grossa casseruola di cotto sigillata con un panno, l’animale, ripieno di una julienne di verdure arricchita con fegatini di pollo, foie gras e tartufo, sta su un treppiede sopra un ricco bouillon composto di tre jus, di pollo, ali di pollo e vitello, e un contenitore separato pieno di cognac, porto ed essenza di tartufi. Ripieno all’interno e abbigliato a lutto all’esterno, cioè annerito da fettine di tartufo inserite sotto la pelle, il pollo viene cotto al forno dal vapore che sale dal bouillon e dai liquori al tartufo…”
(tratto dal libro “Il Perfezionista – Vita e morte di un grande chef”, Ed. Ponte alle Grazie, 2006).
La pasticceria non è da meno: Benoît Charvet si muove con disinvoltura sia nei classici, vedi la fantastica Saint Honorè (che ci ha fatto pensare al grande Philippe Conticini) che in preparazioni più personali come il Saveurs exotiques croustillant-fondant di mango e patata dolce al cocco di rara perfezione.
Carta dei vini importante e ricca, ma anche fruibile e corretta nei prezzi: esempio lampante il nostro Chambertin proposto ad un costo più che allettante.
Insomma, una grande sosta, che consigliamo vivamente di visitare almeno una volta nella vita, per conoscere la cucina di quell’autentico mito che è stato Bernard Loiseau, ma anche per comprendere come può ancora essere attuale e stimolante una grande Maison francese.

L’aperitivo: salatini al formaggio.

Da sinistra: bon bon di foie gras e gelatina al vino, bicchierino con pomodoro, aglio e origano e crocchetta fritta di pesce.


Burro, sale di Guerande e burro salato.

Il pane

Amuse-bouche: bouillon di melone, prosciutto croccante, spuma di latte, un inizio così così, troppo brodoso, poco incisivo, da rivedere.

Jambonnettes de grenouilles à la purée d’ail et au jus de persil: uno dei piatti simbolo di Loiseau, ancora attualissimo. Tenere, suadenti, succose, cotte alla perfezione le coscette, accompagnate in un matrimonio d’amore da un concentrato e persistente, ma non invasivo, puré d’aglio e da un delicato succo di prezzemolo. Un sicuro metro di paragone per chiunque voglia cimentarsi con un ingrediente complesso e delicato come le rane.

Pavé de bar côtier doré sur la peau, accompagnato da un involtino di asparagi verdi farciti di salicornia e “jus iodé aux accents de tourbe”: uno dei piatti della serata, uno splendido filetto di branzino di grande qualità cotto alla perfezione in modo da conservare tutti gli umori e la caratteristica consistenza, accompagnato da una salsa leggermente torbata in cui indulgere senza ritegno.

Langoustine Royale poêlé au beurre de citron accompagnati da cannelloni farciti con le parti meno nobili degli scampi, verdure di stagione e bouillon all’aglio orsino: ottima la qualità degli scampi, grossi e succosi, deliziose le verdure cesellate in maniera certosina, ma un pizzico di sale di troppo soprattutto nel cannellone ha parzialmente pregiudicato la piacevolezza del piatto.

L’incredibile lavoro di taglio e intarsio delle verdure.


E finalmente la poularde, in una sequenza che mostra il lavoro e la maestria del maître nel porzionare al gueridon: il profumo che inonda la sala all’apertura della pentola di coccio è indescrivibile. L’obiettivo è raggiunto: tutta la sala volge lo sguardo verso il certosino lavoro di sporzionamento, l’attenzione è catturata e certamente qualche cliente avrà già segnato nel suo taccuino di ordinare la poularde alla prossima visita.






Il piatto finito: il petto sapientemente tartufato sotto la pelle, gustoso e consistente come raramente capita di trovare al giorno d’oggi.
La coscia saporita e con la carne ben attaccata all’osso, la farcia di verdure, foie gras e fegatini di pollo, il riso basmati al tartufo, il bouillon di cottura di pollo e vitello completano un piatto che affascina e commuove, un pezzo di storia della gastronomia.



Il nostro fedele compagno di viaggio: lo Chambertin 2006 di Armand Rousseau, dal bel colore rosso rubino vivo. Al naso parte un po’ chiuso con note vanigliate dovute alla giovane età, ma con l’ossigenazione dovuta all’ampio bicchiere si apre donando note di ciliegia rossa, spezie, terra. In bocca è largo, strutturato, pieno, un gran vino già oggi, ma che sicuramente avrà una lunga vita davanti.


La Saint Honoré per due persone: Benoît Charvet dimostra di avere stoffa con questo classico dell’alta pasticceria, la sua versione è di gran classe: una base di sablè, poi pasta sfoglia leggerissima, panna di gran qualità, golosi profiterole, il tutto legato da una perfetta salsa chiboust.


Croustillant-fondant de mangue et de patate douce à la noix de coco. Un dolce di impostazione moderna, leggero e gustoso adatto a chiudere una cena importante.

La piccola pasticceria, di rara bellezza.



Il caffè.