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Il Pioniere & The beauty of everyday things

Vino
Recensito da Gae Saccoccio

Siamo tutti figli della Rivoluzione Francese.

Natalino Del Prete

L’eterna bellezza dell’artigianato popolare

Booksellers (2019) è un bel documentario di D.W. Young che esplora il microcosmo delle librerie antiquarie e indipendenti di New York. Un sottobosco bizzarro composto di librai eccentrici, lettori compulsivi, collezionisti strampalati. Proprio i giorni scorsi mi è capitato di andare a New York per lavoro. Passeggiando per Prince Street sono incappato nella McNally Jackson Independent Booksellers. Dopo qualche oretta di vagabondaggi e flâneurie tra gli scaffali ne sono uscito con un classico della filosofia Zen: La Bellezza delle cose quotidiane di Sōetsu Yanagi (1889-1961).

Yanagi agli inizi degli anni 20 del Novecento è stato il teorico del mingei (民芸) cioè l’ideale di un’arte popolare o artigianato tradizionale della gente comune, che valorizzasse gli oggetti comuni e gli utensili d’uso quotidiano elaborati nei secoli dagli artisti/artigiani senza nome con grande saggezza, umiltà e accuratezza manuale. Quella di Yanagi è stata interpretata come una reazione traumatica alla modernizzazione e occidentalizazzione del Giappone alle soglie della Seconda Guerra Mondiale.

La proposta teorica e pratica di Yanagi è che la bellezza deve essere ritrovata negli oggetti quotidiani ordinari e funzionali realizzati da artigiani senza nome, maestri sconosciuti cioè, al contrario delle forme d’arte più elevate create da artisti che firmano le opere a proprio nome. Gli oggetti utilitaristici realizzati dalla gente comune sono “al di là della bellezza e della bruttezza” e quando rispettano determinati criteri raggiungono un grado di “verità” estetica e “profondità” etica anche superiore alla stessa Arte.

Saremo mai delle macchine?

Yanagi fa delle considerazioni di matrice marxista sulle condizioni dei lavoratori e i meccanismi perversi dell’iperproduzione che letti alla luce della condizione subumana attuale di cambiamento radicale dell’universo del lavoro, strappano un sorriso tra il nostalgico e l’amareggiato sull’origine della condizione umana. Amarezza, ingenuità e nostalgia per non so più neppure io quali origini.

Questo comunque è Yanagi da The beauty of everyday things (traduzione mia): <<È risaputo che la meccanizzazione e la commercializzazione dell’industria hanno portato alla produzione senza fine di beni di scarsa qualità. Questo declino della qualità è il risultato dell’eccesso della motivazione del profitto, delle distorsioni organizzative, delle limitazioni tecniche e molto altro. Inoltre, le condizioni di lavoro nelle fabbriche sono opprimenti e i lavoratori trovano il loro lavoro inutile. A ciò si aggiunge il fatto che non ci sono restrizioni alla meccanizzazione, il che porta a una produzione dilagante di qualità ancora inferiore. La sovrapproduzione ha prodotto anche un maggior numero di disoccupati.>>

Proviamo a leggere queste righe in prospettiva contemporanea in parallelo al libro di Mark O’Connell sul transumassimo, Essere una macchina che a proposito dell’inquietante futurologo dottor Anders Sandberg ricercatore del Future of Humanity Institute di Oxford, scrive:

<<Secondo Sandberg, se riusciremo a non estinguerci o a non farci estinguere, quella che ora chiamiamo “umanità” diventerà il nucleo di un fenomeno assai più vasto e luminoso che si propagherà nell’universo “tramutando grandi quantità di materia e di energia in nuove forme organizzate e, in senso ampio, in nuova vita.>>

Tornando al mingei e all’intramontabile nostalgia delle origini, questi sono i punti sostanziali che secondo Sōetsu Yanagi definiscono i presupposti d’antica bellezza dell’artigianato popolare:

 1) l’uso di materiali naturali e la produzione artigianale “naturale”; 2) metodi e design tradizionali; 3) semplicità; 4) funzionalità nella forma e nel design; 5) pluralità, nel senso che l’artigianato popolare potrebbe essere copiato e riprodotto in quantità, portando a 6) l’economicità.

Sono principi di universale buonsenso, criteri teorici adatti a tanti aspetti della vita materiale come a pensarci bene certi proverbi che condensano in sé la sapienza millenaria di intere civiltà e popoli. Se proviamo perciò a riportare questa manciata di norme pratiche alla produzione enologica artigianale/naturale in prospettiva qualitativa vediamo immediatamente come non fanno un piega: materiali naturali, semplicità, funzionalità, pluralità, economicità. Vero pure però che quegli stessi principi possono essere e sono facilmente riadattati/ottimizzati alla grande dalla meccanizzazione industriale che riproduce vini piatti e anonimi in ottica seriale e quantitativa. Cosa o chi fa la differenza a questo punto? Il vignaiolo, la vignaiola che ci mettono la faccia, che marcano la trasformazione dell’uva con le proprie mani, con l’utilizzo di strumenti tecnici essenziali senza abusi manipolatori né sofisticazioni tecnologiche, né scorciatoie chimico-farmaceutiche.

Il Pioniere: Catania New York San Donaci

Qualche giorno prima di volare per New York di passaggio a Catania ho avuto modo di provare il nuovo entusiasmante progetto della chef Bianca Celano ospite dell’Habitat Boutique Hotel. Materia è “un’esperienza dove colori, sapori e mani che lavorano hanno trovato un punto d’incontro a metà strada tra l’arte dell’ospitalità e il concetto di ristorazione. Un’alchimia studiata da Marianna e Antonio, proprietari e architetti, che di Habitat hanno disegnato la struttura e le linee…” Un progetto di design enogastronomico che mi pare molto rispettoso dei principi indicati dal mingei di Yanagi. Mangiamo crema di zucca, porro, cardoncelli e la Frascatula, la minestra di broccolo siciliano e grano Bidì spezzato. Godiamo come ricci io e il mio amico Alberto, sorseggiando di gusto una bottiglia che ha portato lui a a cena: Il Pioniere 2017 di Natalino Del Prete.

Natalino, classe ’46, è un contadino e vignaiolo messapico a San Donaci, nel Salento brindisino. Famiglia di coltivatori da tre generazioni. 7 ettari sono coltivati a vite 4 a ulivo. I suoi vini a base di Negramaro, Primitivo, Malvasia Nera, Aleatico sono concepiti nella massima devozione verso semplicità, genuinità e funzionalità d’uso quotidiano. Il vino come energia solare, alimento che nutre e allieta la regolarità del pasto.

Sono sicuro che Sōetsu Yanagi avrebbe apprezzato molto questo vino come frutto alcolico dell’artigianato popolare, il vino semplice plurale quotidiano economico di Natalino, “nu buenu cristianu”. Mina del Prete la figlia di Nino mi scrive alcune considerazioni sulla 2017. È stata un’annata decisamente calda che ha generato vini con una gradazione molto pugliese. <<Avevamo un Anne (il Negroamaro) a 15.5 %. Ho avuto molta paura per la volatile perché dalle prime analisi a fine vendemmia era già abbastanza alta. Ma con quella gradazione elevata era più che normale. Credo che col tempo sia diventata parte integrante e si sia bilanciata con la materia ricca e complessa che lo caratterizza. Il Pioniere 2017 dopo 4 anni ancora si difende ed è vivo nel ricordo di chi lo ha bevuto e non ha alcuna intenzione di sostituirlo col più giovane 2020.>>

La distruzione della pace e dell’ambiente

Per chiudere il cerchio di film, libri e vini di cui tratto in questa rubrica, consiglio di vedere American Factory (美国工厂), un documentario molto accurato del 2019 di Steven Bognar & Julia Reichert ambientato tra la classe operaia a Moraine (Dayton nell’Ohio), dove anni fa era stato chiuso uno storico impianto della General Motors. Il film documenta con scrupolo angoscioso l’impatto culturale e umano del confronto tra la concezione del lavoro in USA e in Cina. Il drammatico scontro di civiltà è evidente su tutti i livelli soprattutto sul fronte delle battaglie sindacali, sulla concezione di un’economia aggressiva, iperproduttiva e robotizzata che rispecchia la strategia globale della Cina sul debito sovrano del mondo intero. Colpisce molto, alla fine del film, la confessione amareggiata da parte del proprietario e presidente ultramiliardario della Fuyao, Cao Dewang, impenetrabile tycoon comunista-capitalista:

<<Quando ero piccolo, la Cina era povera. Un Paese sottosviluppato. Eppure penso che fossi più felice. Ora vivo in una nuova epoca di prosperità e modernità. Eppure ho un senso di perdita. Mi manca sentire il gracchiare delle rane e il frinire degli insetti, i fiori che sbocciano nei campi. Negli ultimi decenni, ho costruito una miriade di fabbriche. Ho forse infranto la pace e distrutto l’ambiente? Non so più se sono un benefattore o un criminale… Tuttavia, ho questi pensieri solo quando sono triste. Il lavoro è il senso della vita. Non credete?>>

1 Commento.

  • Passione Gourmet31 Dicembre 2021

    […] NATALINO DEL PRETE – VINO QUOTIDIANO NEGROAMARO DA LITRO A 10.5% […]

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