Il vino che canta l’opera
L’eco musicale delle partiture verdiane che simboleggiano Parma, risuona tutta intorno e arriva sulle colline di Ozzano Taro, tra i boschi che custodiscono Monte delle Vigne, l’azienda dove i vini diventano parte di una vera e propria opera lirica.
Come in ogni libretto d’opera che si rispetti c’è una trama, che narra una terra antica, quella de “Li Monti de le Vigne” così nominati da Frà Salimbene de Adam che li magnificò nelle sue Cronache medievali; perché già nel Medioevo qui si produceva un vino di qualità commercializzato grazie alla via Francigena che attraversa per un pezzo proprio i Boschi di Carrega che contornano il cascinale. Terreni da sempre salubri, che già prima di essere acquistati dall’azienda, erano destinati al pascolo delle frisone olandesi per il latte del Parmigiano.
Attorno ai 60 ettari di terreno, di cui 40 vitati, è la natura che detta le regole di una convivenza armoniosa con l’uomo: l’area protetta del Parco fluviale del Taro, i 100 ettari di boschi, la varietà di specie faunistiche, calanchi e rii d’acqua. Qui è facile comprendere come nel concetto di biodiversità possa instaurarsi un dialogo con chi vi si è insediato per produrre vino.
La cantina di Monte delle Vigne è stata costruita sottoterra per limitare l’impatto sull’ambiente. Una stretta di mano tra uomo e natura per suggellare un patto di rispetto reciproco: il primo potrà beneficiare di una temperatura naturale per i suoi vini e la seconda potrà evitare di essere condizionata massivamente dalla struttura. E poi la scelta di utilizzare i pannelli solari per un approvvigionamento energetico sostenibile e i quattro laghi astanti la cantina come risorsa naturale per la raccolta di acqua piovana, che aiuta il terreno a umidificare i vigneti e viene utilizzata e depurata – nei periodi consentiti – per la pulizia degli spazi.
Dalla vigna alla cantina
Ad accompagnarci tra le vigne durante una fredda matinée invernale è Paola, il volto dell’accoglienza di Monte delle Vigne, che con voce e occhi trasmette tutto l’entusiasmo e la genuinità dei princìpi dei suoi fondatori, la famiglia Pizzarotti, che dal 1983 ha dato il via all’azienda e ha fatto della sostenibilità la cifra delle sue produzioni vinicole.
Il territorio composito dei Colli di Parma, tra calcare e argilla, si presta perfettamente alla creazione di vini verticali, aromatici e persistenti come la Malvasia, che insieme al Barbera e al Lambrusco sono le principali varietà con una capacità espressiva eloquente del territorio. Non mancano i vitigni internazionali come Cabernet Franc, Sauvignon e Chardonnay, ormai tipicizzati anche in questa zona poiché arrivati con la dominazione Napoleonica.
La vendemmia a Monte delle Vigne si fa a mano e l’innovazione si presenta, ancora una volta, anche nelle lavorazioni: dopo la diraspatura gli acini interi arrivano nelle vasche per la fermentazione del mosto direttamente dagli scivoli installati su grandi fori presenti sulla superficie terrazzata che sovrasta la cantina: in questo modo non c’è contatto con alcun macchinario.
La cantina
La produzione, che da quest’anno è 100% biologica, conta 300mila bottiglie in un anno, anche se il 2021 ne ha registrate 270mila a causa della forte gelata di marzo che ha inaridito le gemme delle viti.
Ad autografare i vini ci pensano la mano e la mente di Luca D’Attoma, enologo di lungo corso; e sono 13 ad oggi le etichette di cui l’azienda si fregia.
La Malvasia di Candia aromatica è la protagonista in quasi tutte le linee: in quella dei vini storici insieme al Rosso DOC – blend di Barbera e Bonarda – in quella degli spumanti dove il vitigno sprigiona la complessità dei suoi aromi in un metodo Charmat con macerazione di 20 giorni sulle bucce.
Nabucco 2018 e Callas 2020.
Il Lambrusco, invece, dà il meglio di sé nell’eleganza de “I Calanchi”, il Cru dal rosso carico ed equilibrato al palato.
Si tratta di vini che hanno imparato a parlare in maniera appropriata del loro territorio e oggi ne sono diventati ottimi interpreti, proprio come Maria Callas era l’interprete perfetta dell’opera di Verdi; questo Monte delle Vigne lo sa bene, tanto da aver creato due vini ispirati all’Opera Verdiana, Callas e Nabucco.
L’etichetta Callas, Malvasia di Candia aromatica in purezza, vede il suo primo sipario nel 2009. Si sono susseguite diverse vendemmie da allora, ma quella del 2020 ha visto un’evoluzione: il 30% dell’uva è stata vinificata in anfora e il restante in acciaio con bâtonnage, conferendo una verve contemporanea alla texture e sprigionando nuovi profumi che si rincorrono tra mineralità e agrume. Callas è un vino di bocca morbida ma strutturata, è un canto di biancospino e violetta bianca, è come una donna elegante che parla con la freschezza di un sorso vivido e persistente.
E poi il Nabucco 2018, un uomo d’altri tempi, con una presenza scenica raffinata in etichetta espressa da un lettering limpido e pulito, che regala al palato un sottobosco ricco, frutti rossi e liquirizia. C’è un 30% di Merlot nel Nabucco, il resto è Barbera, che, sui Colli di Parma sa essere carismatico sin dai primi respiri speziati, donare un graffio di morbidezza e rivelarsi piacevole alla vista attraverso un rosso carico dalle ombre brillanti.
Martina Vacca
Mai avrei pensato di leggere su PG un pezzo dedicato a Monte (più o meno) delle Vigne… 😂