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Vini d’alta quota

06-10-2017
di Leonardo Casaleno

Si è tenuta presso la Griglia di Varrone la degustazione di un prodotto d’eccellenza della nuova frontiera vitivinicola dei vigneti estremi: Ao Yun (ossia “nuvola fiera”), non a caso dai creatori di Cloudy Bay.
Parliamo di un vino d’alta gamma distribuito da Moët Hennessy e prodotto nell’estremità occidentale dell’Himalaya, in quei luoghi in cui sarebbe idealmente ubicata l’immaginaria città di Sangri-La da James Hilton nel suo Orizzonte Perduto.
Siamo in Tibet.
24.000 bottiglie, modesta produzione districata in 27,7 ettari di terrazzamenti sospesi fino a 2.600 metri d’altezza nella Regione dei Tre Fiumi Paralleli (patrimonio dell’UNESCO). Un vino realmente eroico, blend di Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc.
È un esempio tangibile di come le alture rilevanti possano incidere positivamente sulla resa gustativa dell’uva racchiudendo nei suoi succhi affascinanti sfaccettature che trovano un marcato distacco tra naso e bocca, garantendo però persistenza gustativa.
Un sentore a metà strada tra un friggitello e un jalapeño, qualche nota speziata tra liquirizia e cannella e una straordinaria mineralità e spiccata personalità.
E non poteva trovare abbinamento migliore con i pregiati tagli di carne della Griglia di Varrone, la più affidabile e materica tavola dell’universo carnivoro milanese.
Assaggi di manzo di Kobe, Cecina de Leon, un goloso foie gras con fichi e una curata selezione di ribeye culminata con la trionfale tagliata di Rubia Gallega dall’inconfondibile grasso color oro; abbinamento centrato tra la succulenza delle carni e la rotondità di grassi nobili al fuoco.
La degustazione era iniziata sorseggiando un’altra etichetta d’altura, quella di Terrazas de los Andes, vino argentino con spiccate note viola, spezie scure e cacao, un Malbec che sembra nato per essere coltivato ad alta quota.