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Locanda Sant’Uffizio

Suggestioni

Gabriele Boffa fa parte di quel ristrettissimo gruppo di Chef, giovani e meno giovani, talentuosi e assai preparati, selezionati molto sapientemente da Enrico Bartolini, infallibile talent scout italiano oltre che affermatissimo Chef e imprenditore. In questo caso la selezione ha avuto luogo per dare nuovo corso al ristorante di questa dimora storica già convento monastico e oggi incantevole hotel de charme.

Così, dopo importanti trascorsi formativi tra cui Mugaritz, Piazza Duomo, Combal.0, solo per citare alcuni delle principali esperienze galeotto fu il Castello di Guarene che ha permesso l’incontro tra i due Chef Boffa e Bartolini e l’inizio dell’avventura congiunta alla Locanda del Sant’Uffizio. Qui la lontananza dal centro abitato unita al silenzio e alla quiete che l’avvolge donano alla struttura, immersa in uno splendido giardino all’italiana, e alla tavola in particolare, quell’atmosfera sospesa e distaccata che contribuisce al suo discreto fascino. Lo stile della cucina di Boffa è ricco di suggestioni modulate dall’inequivocabile magistero di uno chef che ne offre dimostrazione in un degustazione davvero ricco di profondità e complessità in ogni piatto assaggiato.

Una rigenerante sosta

L’impianto della cucina di Boffa è senz’altro classico con più di una strizzata d’occhio al territorio che lo ospita e alla tradizione ma non si farebbe una corretta cronaca se si circoscrivesse il lavoro dello chef Boffa entro rigidi paletti quali possono essere le definizioni. Queste ultime infatti vengono spazzate da sollecitazioni che spaziano in senso ampio, sia geografico che gustativo, esplorando e fornendo molteplici stimoli che sono il sale delle grandi tavole. Eccellente il Risotto alla mostarda di verdure non solo per l’ottima cottura ma anche il perfetto equilibrio tra la nuance agrodolce e il solido ristretto di manzo e midollo in un piatto che si rivela quantomai riuscito. Equilibrio rispettato anche dalla golosa e squisita Terrina di anguilla il cui contrappeso acido qui è dato dall’agro di una salsa di peperoni di Senise. Giocando su toni ancora più raffinati notiamo anche una Ricciola appena scottata che viene felicemente accompagnata da foie e una riduzione di Porto, vermouth e Marsala.

Una doverosa menzione per il dolce, goloso e di notevole fattura, caratterizzato da una meringa italiana che si fonde mirabilmente con pistacchio e Grand Marnier creando un sodalizio che libera copiose e salutari endorfine a chiudere un pasto in questa perla del Monferrato dove anche in sala i bravi Francesco Palumbo, maître, e Armin Causevic, sommelier, concorreranno degnamente al benessere di una rigenerante sosta.

IL PIATTO MIGLIORE: Risotto alla mostarda di verdure in agrodolce, olio verde, ristretto di midollo, acetosella.

La Galleria Fotografica:

Tra i vigneti del Monferrato, nella limonaia di un monastero, una combo stellare

Con la consueta, cheta precisione che contraddistingue ciascuna delle sue insegne, Enrico Bartolini ha calato l’asso monferrino. La formula della Locanda del Sant’Uffizio è, del resto, ben collaudata e difatti non stupisce il livello qui raggiunto, in così poco tempo.

Oltre alla stella Michelin, a illuminare Cioccaro è ora una proposta solida, che razionalmente viene declinata in due menu: uno, dedicato alla contemporaneità piemontese che chiama, appunto, “Progresso”, l’altro tributatosi, invece, alla tradizione. Due strade parallele, entrambe parimenti pregevoli nel narrare il territorio agendo magari anche indirettamente sulla coscienza non solo di chi lo visita, ma anche di chi lo abita.

Non avrebbe potuto essere diversamente in questo relais immerso in uno splendido giardino all’italiana che, sin dall’inizio della sua metamorfosi, aveva attirato una clientela eterogenea per quanto esigente e, così, la combo Enrico Bartolini – Gabriele Boffa, col decisivo contributo di Francesco Palumbo in sala e di Davide Canina in cantina, perfettamente padrone della liaison vino-cibo, ne rielaborano l’identità facendosi però ulteriormente custodi del territorio finalmente interpretato a mano libera e senza precludersi incursioni sensate come quelle, di natura ittica, provenienti dalla vicina Liguria.

Da queste scelte a La Locanda del Sant’Uffizio prende vita un affresco cangiante che, delle quattro stagioni, compone un ritratto molto definito: l’ottimo nasello mediterraneo, un secondo quasi “al cucchiaio” e tutti i secondi, abitati da una semplicità solo apparente che celano in realtà un perfezionismo fuori dal comune: tra tutti citiamo, oltre al suddetto nasello, il Merluzzo con topinambur, bagna caoda e tartufo nero e il peccaminoso Filetto alla Torrengo o la Robiola di Roccaverano e granita al caffè i cui i volumi, le consistenze e i contrasti si risolvono in un morso intellettuale e voluttuoso assieme.

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In Monferrato l’ennesimo giovane talento alla corte di Enrico Bartolini

Ecco arrivare nel fresco e attivo Monferrato una nuova stella nel firmamento di Enrico Bartolini. Che il cuoco toscano abbia fiuto e capacità per scovare e portare alla propria corte giovani e bravissimi talenti non è un mistero. L’ultimo, in ordine di apparizione, è proprio Gabriele Boffa, già in passato al Castello di Guarene, ora alla Locanda del Sant’Uffizio.

Siamo a pochi chilometri da Moncalvo, nella bellissima frazione di Penango di Cioccaro, dove già negli anni ’80 brillava una piccola e vigorosa stella. Oggi, con l’arrivo del grande Cuoco-Manager, ormai sempre più manager e meno cuoco, ecco tornare a nuova vita, almeno culinaria, uno dei più affascinanti relais di campagna del Monferrato. Metti poi il connubio con un enfant prodige della ristorazione piemontese e il gioco è fatto. Un cuoco con già una solida e lunga carriera alle spalle e una mano decisamente felice.

Vedo e non vedo, una grande cucina che ancora nasconde il meglio di sé

Gabriele Boffa ci ha molto intrigato in questa visita. Abbiamo subito colto che è un predestinato. Ha stoffa, ha mestiere e talento non comuni. Ha il guizzo del campione, che intravedi nella finezza estrema degli impiatti, nella misura di utilizzo degli ingredienti, nella disposizione degli elementi nel piatto. I plin, paradigmatici in tal senso, sono una essenza di golosa pienezza gustativa, in cui il rapporto tra contenitore e contenuto è pressoché perfetto. Così come il piccione, magistrale, cottura e accompagnamenti perfetti, ma anche una anguilla davvero buona e un risotto inusuale e molto interessante.

I dolci uno meglio dell’altro, per intensità e golosità. Allora perché questa valutazione? Secondo noi Gabriele ha stoffa e capacità per fare molto di più. Già il nostro pranzo è stato, con alti e bassi, lievemente superiore alla valutazione che abbiamo deciso di assegnare. Però da un talento come questo, limpido e cristallino, ci aspettiamo molto di più. Innanzitutto, anche un ripiegamento inferiore verso una cucina un po’ troppo borghese, che presta il fianco alle eccessive rotondità senza sferrare il colpo del ko tecnico. Comprendiamo le ragioni di una clientela, che affolla il ristorante per la quasi totalità dei coperti, che non desidera sorprese o voli pindarici. Questo lo condividiamo. il cliente dell’albergo è sacro. E lo capiamo in un percorso degustazione, quello della tradizione, e alla carta. Lo comprendiamo meno nel menu a mano libera, dove vorremmo vedere Gabriele alla prova con il suo talento e le sue capacità fino in fondo. Osando di più, negli abbinamenti, nelle concentrazioni, nelle geometrie. E portando a livelli superiori una cucina che per ora è spesso sussurrata, lascia intravedere ma non vedere; si mostra in parte ma non in tutto. E noi siamo convinti che Gabriele possa osare molto di più.

La galleria fotografica:

-Abbiamo ricevuto comunicazione che dall’8 gennaio 2018 lo Chef di Castello di Guarene non è più Gabriele Boffa-

 

Un giovane chef molto bravo, un antico castello, una meta gourmet molto interessante a due passi dalle Langhe

Un antico maniero settecentesco nel cuore del Roero, recentemente rinnovato per farne un lussuoso hotel 5 stelle con annessa SPA.
Un ristorante affidato ad un giovane albese, classe 1987, Gabriele Boffa. Giovane ma con un bel curriculum, due anni e mezzo con Guido Alciati, quindi Aiachini, Ribaldone, altri due anni con Enrico Crippa per finire con un’esperienza da Davide Palluda all’Enoteca di Canale. Ma non solo, nelle esperienze del talentuoso Boffa anche Messico e Francia (Allèno).
Una cucina che si può definire nitidamente neoclassica, che guarda al territorio di Langhe e Roero -non a caso, uno dei percorsi di degustazione è proprio dedicato alla Tradizione- senza dimenticare l’innovazione, le nuove tecniche ed influenze che ritroviamo nel menu a mano libera dello chef chiamato Progresso. Entrambe le proposte di degustazione pescano da una Carta in grado, dunque, di accontentare tanto i fautori della cucina più tradizionale quanto chi è in cerca di esperienze nuove.

Boffa è bravo. Molto bravo. E ci auguriamo che la proprietà -che nel prenderlo ci ha visto giusto- abbia la lungimiranza di dargli tutte le possibilità in termini di risorse e di tempo per permettergli di esprimere interamente il suo potenziale che, a nostro giudizio, è notevole.
Perché accanto a solide basi classiche e ad una ottima tecnica di base, lo chef ha un ottimo senso del gusto. Cosa tutt’altro che scontata tra i giovani cuochi.
Perché certo i piatti devono essere belli, il più possibile originali, sempre equilibrati, ma soprattutto devono essere buoni. E Boffa nei suoi piatti raggiunge sempre una intensità gustativa di tutto rispetto.
Tre, massimo quattro ingredienti, eleganza, equilibrio, intensità di sapori. Questo, in estrema sintesi, quello che abbiamo riscontrato in un percorso di degustazione in cui è il mare a farla da padrone.
Merluzzo, porcini e salsa verde. Tre ingredienti, tutti e tre protagonisti del piatto alla pari, con il bagnet verd che insieme ai porcini stempera e allo stesso tempo dona grande aromaticità alla grassezza del pesce preparato in oliocottura. Il piatto del talento. Il migliore della serata.
E poi un godurioso Risotto olive e caprino, la cui apparente rotondità già al secondo boccone viene scossa dall’aromaticità balsamica di una intrigante e persistente nota di cardamomo.
Certo, non tutti i piatti sono su questo livello ma, restando in tema di centralità gustativa, ci ha colpito anche il Cuor di zucchina, ricotta al seiras, pomodoro e tuorlo allo zafferano. Piatto di concezione semplice. Fresco, estivo, ma che in bocca esplode letteralmente, con l’aromaticità dello zafferano a condurre la lieve acidità del seirass e la intensa dolcezza del pomodoro.

Una menzione la merita anche il giovane sommelier bosniaco Armin Causevic, capace di raccontare con entusiasmo i vini in carta, del territorio ma non solo. Anche se, nel complesso, occorre rilevare che complessivamente il servizio non ci sembra ancora al livello della cucina.
In conclusione, noi ci sentiamo di scommettere sul futuro di Gabriele Boffa che, riteniamo, in questa affascinante location possa trovare le migliori condizioni per far parlare di sé a lungo. Offrendo, come sta facendo e come ci sembra voglia continuare a fare, la cucina del territorio e quei piatti tradizionali che -soprattutto a queste latitudini- sono molto richiesti, senza necessariamente rinunciare a percorrere contemporaneamente i sentieri dell’innovazione e della creatività. Perché, chi lo ha detto che una cosa debba necessariamente escludere l’altra?