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The Wine Cult: Enrico Serafino

La storia del Piemonte

È difficile non entusiasmarsi ripercorrendo la vicenda imprenditoriale di questo storico brand, un viaggio nella storia del Piemonte e dell’Italia del vino attraverso quasi un secolo e mezzo di vita. Era il 1878 quando a soli 23 anni Enrico Serafino si stabiliva da Romano Canavese a Canale e da perfetto neofita iniziava a produrre Barolo, Barbaresco e Metodo Classico.

L’azienda cresce e si afferma e i suoi vini raggiungono grazie alla vicina ferrovia e all’apertura del tunnel del Gottardo l’Italia, ma anche l’Europa e le Americhe, il desiderio di competere porta l’azienda piemontese a brillare nella prima Esposizione Universale di Parigi del 1900, conquistando quattro medaglie, con il Barolo 1897, il Nebbiolo Secco 1898, il Barbera Secco e il Vermouth Rosso. Nel 1918 dopo aver raccolto successi di ogni tipo, i solenni apprezzamenti di Casa Savoia e il Cavalierato, il patriarca Enrico Serafino viene a mancare. Saranno i figli a continuare nel segno tracciato dal fondatore dimostrando piglio imprenditoriale e visione, tanto che è il Grignolino della Enrico Serafino ad essere servito in una cena di gala al Presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson in viaggio in Europa al termine della Prima Guerra Mondiale.

Le solide radici di un’azienda tra le più antiche e riconosciute del Piemonte vitivinicolo sapranno confermarsi anche in seguito, dedicando risorse ed energie al Metodo Classico piemontese quando era solo un’idea. Nel 1994 l’ingresso nel “Consorzio dello Spumante Metodo Classico – Progetto Alta Langa”, poi le sperimentazioni con i primi 20 ettari di vigneto e la prima vendemmia nella storia della Denominazione.

Tra le date focali, il 1997 quando nasce la prima bottiglia di Alta Langa Docg; il 2004 quando viene commercializzato lo ZERO Alta Langa Docg, primo Pas Dosé nella storia della Denominazione; il 2018 che con lo Zero Alta Langa 140 mesi DOC 2005 si conferma il metodo classico italiano con il più lungo affinamento sui lieviti; il 2014 dove sempre l’Alta Langa Zero, conquista il podio di Miglior Vino Spumante Italiano secondo la Guida Vini del Gambero Rosso. Un percorso luminoso quello della Enrico Serafino, che dal 2015 prosegue grazie alla famiglia Krause Gentile e continua a produrre piccoli capolavori per la gioia degli appassionati.

La degustazione

Enrico Serafino Zero 140 – Alta Langa Docg Pas Dosé 2009

Un Pas dosé che non teme l’invecchiamento anche fino a quindici anni, particolarmente coinvolgente, frutto della competenza e dell’estro dell’enologo Paolo Giacosa, che mi ha colpito per eleganza, freschezza e intensità. Vigneti tra i 25 e i 28 anni che si originano su rilievi tra i 450 e i 550 m s.l.m. improntati a una viticoltura sostenibile, che prevede raccolte manuali, una permanenza di 140 mesi sulle fecce con sboccatura tardiva e assenza di liqueur d’expédition. Sentori di noci pekan, arancia, bergamotto candito, vaniglia, miele di corbezzolo. Al palato cremoso, corposo, suadente, con finale lungo e persistente.

Vitigni: 85% Pinot Nero – 15% Chardonnay

Suoli: calcareo, argilloso

Allevamento: Guyot

Zona: Alta Langa (vigneti Mango, Loazzolo, Bubbio)

Prezzo: 125€

Altrettanto godibili e coinvolgenti i tre vini che vi consiglio di seguito, che hanno caratteristiche per certi versi molto simili e ho trovato stimolanti e di grande piacevolezza:

Cabochon Monterossa 2014

Methius – Dorigati Trento DOC

Marcalberto – Marcalberto Alta Langa

Il Barolo diventa solidale

Il Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani guidato da Matteo Ascheri continua con il suo iter di eventi e progetti per promuovere le Langhe, l’ultimo riguarda il grande ritorno, ma non privo di novità e di upgrade, di BAROLO EN PRIMEUR, un’iniziativa di solidarietà che mette al centro i grandi rossi del Piemonte, che diventano un investimento sicuro e di qualità. Come?

Promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, in collaborazione con la Fondazione CRC Donare e, appunto, il Consorzio, Barolo en Primeur nient’altro è che una gara di beneficenza a sostegno di progetti di utilità sociale, in Italia e all’estero. Ogni progetto è abbinato una barrique di vino prodotto nella Vigna Gustava appartenuta al conte Camillo Benso di Cavour, arricchite da lotti composti dalle bottiglie di Barolo e Barbaresco dei produttori del Consorzio.

L’appuntamento per l’asta è per il 28 ottobre 2022, nuovamente al Castello di Grinzane Cavour, dimora personale di Camillo Benso Conte di Cavour già sindaco del paese, prima di diventare Ministro all’Agricoltura e Primo Presidente del Consiglio dei Ministri della storia d’Italia. I 3,5 ettari di vigneto – di cui 1,5 di piante più vecchie – intorno al castello sono stati acquistati dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo; al suo interno si sono mappate le parcelle da cui si ricavano i diversi vini conservai nelle barrique, che saranno protagoniste anche a New York, dove in collegamento durante l’asta ci sarà Antonio Galloni, critico e CEO di Vinous. 

E a certificare la produzione delle almeno 300 bottiglie ottenibili dalle 15 barrique, è l’enologo Donato Lanati e il suo team presso “Enosis Meraviglia” – centro d’avanguardia in termini di sperimentazione enologica nel nostro paese. Qui, si monitorano tutte le fasi vinificazioni e affinamento. È un progetto unico e prestigioso anche per Lanati, che sente particolarmente, non si tratta di una semplice consulenza, si è parte integrante di un progetto del vino dei Re. “Mi sembra si essere un osservato speciale di Cavour, sento i suoi occhi che mi guardano” – ha affermato prima della degustazione, en primeur, di 8 su 15 barrique.

Nel bicchiere abbiamo i vini prodotti a partire da un’analisi accorta, da parte di Lanati, del vigneto storico, reimpiantato ex novo negli anni settanta; tra le 1200 piante e una dozzina circa di diverse parcelle si sono ottenute 15 diverse espressioni del vigneto, che diventeranno Barolo nel 2024. A valutare i vini, – da botte – sarà nuovamente, come detto, Galloni; i suoi assaggi saranno certificati tramite un Nft (Non Fungible Token) che riporterà un’immagine delle note di degustazione del critico, mentre a “vestire” le bottiglie, numerate, ci penserà l’arte di Giuseppe Penone, noto scultore nonché esponente dell’arte povera. 

Un’asta condotta dalla Casa d’aste Christie’s. Inutile dirlo – ma lo facciamo – l’obiettivo è quello di superare il ricavato della prima edizione, che ha raggiunto ben 660mila euro. Si punta al milione. Un’asta che, coinvolgendo altro produttori del territorio, sfoggia lotti con vini provenienti da tutti i comuni e che entra nel circuito di grandi eventi charity del mondo legati al vino, dall’asta dell’Hospice de Beaune in Borgogna alla Auction Napa Valley in California. Una bella e prestigiosa occasione per gli amanti del Barolo e del Barbaresco ma sopratutto per il territorio che conferma, così facendo, il posizionamento del Barolo nel mercato internazionale come vino di pregio.

BAROLO EN PRIMEUR 

L’annata 2021 si presenta con “un carico produttivo ottimale e ben equilibrato, con acini visivamente più piccoli rispetto allo scorso anno. Questi fattori hanno determinato una dotazione polifenolica importante, essenziale per produrre vini strutturati ed equilibrati, destinati a durare nel tempo.” Dagli assaggi si può affermare di essere di fronte a un millesimo per certi versi simile al 2018 ma più potente ed incisivo. Più persistente e preciso se si guardano i vini in lavorazione, di stampo classico, austeri nel centro bocca ma agili e freschi, un buon risultato nonostante “l’annata caratterizzata da un’importante alternanza climatica, con gelate tardive, temporali, grandinate estive ma anche siccità.” Per i futuri partecipanti all’asta raccomandiamo la barrique 13, per la sua fragranza , il suo tannino increspato prodromo di un gusto che metterà al centro potenza, fittezza in cui trovare nel finale balsamico e più iodato tutta la struttura di un grande Barolo da invecchiamento. Tutt’altra storia invece per le barrique 20, che già al naso emana un volume importante, una densità che non si palesa immediatamente, tra le sue note di eucalipto e fiori; affiorano sensazioni mentolate, la presa tannica è tale che il frutto pare anche’esso piccare il palato. C’è dinamismo, forza, le forze dialogano per un vicino futuro che già parla di equilibrio. Struttura ed eleganza già si sperimentano a vicenda.

Dalla finanza alle Langhe

Per fare il vino, e farlo bene, ci vuole passione.
Quest’antica arte, al limite della sacralità, richiede investimenti ingenti sotto ogni punto di vista. Affinché un vigneto entri in produzione, ad esempio, ci vogliono anni e prima di allora bisogna identificare e acquistare il terreno ideale, quindi curare l’impianto e la crescita delle barbatelle senza che da questa attività si abbia un ritorno economico. Dopodiché bisogna stare in vigna ogni giorno, fisicamente, curare le viti, anticipare gli eventi atmosferici e tutto quello sterminato elenco di problematiche che possono insorgere nel tempo. Il tempo, proprio questo è ciò che in primo luogo esige la coltivazione della vite. Tempo e, ovviamente, denaro. Se non si è motivati dalla passione, difficilmente si deciderà di investire le proprie risorse in un’attività tanto faticosa e dispendiosa.

Ritorno alle radici

Eppure in tanti scelgono ancora oggi di crederci, di tornare alla terra per soddisfare quel richiamo ancestrale insito nel profondo. È il caso di Davide Fregonese, strappato al mondo della finanza senza alcun tipo di esperienza pregressa nel mondo del vino, senza apparente motivo. Se non, come si diceva, per quei felici ricordi d’infanzia che lo vedevano trascorrere le estati in Puglia, nella tenuta di famiglia, dove un po’ di vino si produceva per il consumo personale.

Trascorsi diversi anni e stappate numerose bottiglie, a dimostrazione di una passione mai del tutto sopita, nel cuore delle Langhe nasce l’azienda agricola Bugia Nen. Occorrono più di dieci anni perché Davide Fregonese riesca ad accaparrarsi un fazzoletto di terra in quella zona tanto ambita della denominazione che è Serralunga d’Alba. Ma volere è potere e, alla fine, l’occasione arriva e si traduce nell’acquisto di 0,75 ettari di Cerretta e, sei mesi più tardi, con l’acquisizione di un altro mezzo ettaro a Prapò.

Fare il vino è cosa seria, dunque le pratiche agronomiche ed enologiche sono affidate a qualcuno che lo fa per mestiere e sa farlo bene per davvero: Davide Rosso, dell’azienda Giovanni Rosso. Sono così gettate le basi per quella piccola produzione di Barolo che vede la luce nel 2014, con appena 4000 bottiglie suddivise tra i due vigneti. Oggi le bottiglie prodotte sono 7000, alle quali si aggiungono circa altre 1000 bottiglie di Langhe Nebbiolo Doc. Allo storico avamposto piemontese si è aggiunto un altro progetto, quello di fare “barolismo” sull’Etna. Proprio quest’anno, in contrada Montedolce, a Solicchiata, verrà inaugurata la cantina di proprietà, a coronamento del sogno trinacrio che fino ad ora ha visto la produzione di sole due annate di Etna Rosso Doc Riserva, la 2016 e la 2017.

La Degustazione

Barolo DOCG Cerretta 2017

Un terreno di appena 0,75 ettari quello sul quale si produce questo Barolo, esposto a Sud-Ovest ad un’altitudine compresa tra 250 e 350 m. Le viti impiantate tra il 1984 e il 2000 affondano le proprie radici in un suolo dominato dalla componente calcareo-argillosa, facendo così di finezza ed eleganza il timbro di riconoscimento del vino ivi prodotto. L’uva è vendemmiata a metà ottobre, quindi il mosto fermenta per 25 giorni in vasche di cemento, venendo sottoposto a rimontaggi quotidiani e délestage a metà periodo. L’affinamento si svolge in botti di rovere francese da 15 ettolitri, per un periodo che va dai 18 ai 30 mesi in funzione dell’annata.

Il risultato è un Barolo sottile, dotato di grande grazia e immediata comprensibilità. Al naso spicca la componente floreale, con la violetta in bella mostra. Segue una ciliegia ancora croccante e succosa, che sul finale lascia presagire sentori più complessi, di sottobosco e liquirizia leggermente accennata. Un vino che si distende sul palato con fare suadente, con tannini mai invadenti che cedono il passo a una freschezza piacevolmente dissetante. Il sorso invita a riportare il calice alle labbra più e più volte, mai del tutto sazie di questo nettare dal fascino spiccato. 92/100.

Barolo DOCG Prapò 2017

Il Barolo Prapò nasce da un vigneto impiantato nel 2000 su mezzo ettaro di terreno, prevalentemente calcareo, con una bella esposizione a Sud-Est e un’altitudine compresa tra i 270 e i 380 m. Sebbene il processo di vinificazione ricalchi quello utilizzato per il Ceretta, con giusto qualche giorno di fermentazione in più, il vino prodotto è significativamente diverso.

Si tratta di uno di quei Baroli austeri, di grande potenza, complessità e incredibile lunghezza che, tuttavia, hanno bisogno di tempo per aprirsi e mostrare tutto il loro potenziale. Praticamente un bambino il 2017, anche se il suo assaggio lascia presagire un futuro radioso. Una volta dischiusosi nel calice a prevalere è la componente fruttata, con piccoli frutti neri, come more e mirtilli. Seguono sensazioni speziate di chiodi di garofano e incenso e un lontano rimando di violetta. Al palato emerge una bella sapidità, accompagnata da una tannicità ben presente ma tutto sommato gentile. Buona freschezza, grande persistenza. 90/100.

* I vini di Davide Fregonese sono distribuiti da Partesa.

BaroloBarbaresco tra i più conosciuti al mondo

Identitaria, mitica, l’Etichetta Rossa. Ecco perché non è la prima volta – e non sarà l’ultima – che Passione Gourmet parla, ancora, di uno dei più grandi interpreti dei vini delle Langhe. 

Il successo di Bruno Giacosa nasce negli anni ’60, grazie a un immenso talento nel selezionare le uve giuste, acquistandole da altri proprietari, e trasformarle in eccezionali Barolo e Barbaresco. È il 1982 quando acquista il vigneto “Falletto“, a Serralunga d’Alba. A questo seguono altri acquisti come i vigneti di Barbaresco “Asili” e “Rabajà“, del 1996. Oggi gli ettari di proprietà sono venti, divisi tra i comuni di Serralunga d’Alba, La Morra e Barbaresco.

In lui c’è la capacità di capire l’uva e di interpretare le tecniche di vinificazione rimanendo fedele alla tradizione, ma con la forza di saper fare cambiamenti se ritenuto necessario (si pensi alla transizione dai tini di cemento alle vasche d’acciaio avvenuta qualche anno fa, per ricercare la massima pulizia nel vino, o la scelta di utilizzare grandi botti provenienti dalla Francia per un periodo non eccedente i dieci anni comparata con pratiche del passato che prevedevano un utilizzo delle botti grandi per molto più tempo), rese bassissime, macerazioni lunghe (anche se ridotte a un massimo di tre settimane rispetto ai due mesi di una volta), maturazioni in grandi botti di rovere francese per periodi che superano in alcuni casi i trenta mesi: questa la chiave di lettura di uno stile produttivo ormai consolidato, che ci regala bottiglie immense, che hanno fatto letteralmente la storia.

Etichetta rossa

I vini dell’Azienda Agricola Falletto derivano tutti da vigneti di proprietà e sono vinificati nelle proprie cantine di Neive. I vini con l’etichetta Casa Vinicola Bruno Giacosa, invece, derivano da uve acquistate da conferitori storici di fiducia, e vinificati nelle cantine di proprietà. La famosa e rinomata Etichetta Rossa di Barolo Le Rocche del Falletto è prodotta da uve Nebbiolo, coltivate nel rinomato cru di Serralunga d’Alba e affinato in botti grandi di rovere per 36 mesi.

Barolo Riserva Le Rocche del Falletto Magnum Bruno Giacosa 2004

È un assaggio fortunato ed eccelso, quello di una magnum del 2004 di questa mitica etichetta. Che si presenta di un colore rosso rubino profondo, con leggeri riflessi granati. Al naso, che continua a evolvere nel bicchiere, si alternano note di lampone e petali di rosa, e poi menta e note agrumate, di arancia sanguinella, su uno sfondo di tartufo nero, carne affumicata e goudron. In bocca l’attacco è dolce e morbido per un sorso perfettamente equilibrato in cui acidità succosa, tannino setoso e sapidità minerale cullano un frutto etereo donando al palato un gusto intenso. Il piacere è prolungato da un finale di grande persistenza aromatica e un retrogusto di caramella al lampone e spezie dolci, difficile da dimenticare.  La bocca corre rapidamente al sorso successivo, conscia che la bottiglia, pardon la magnum, è stata notata da tutti e sta per finire. Un vino stratificato, in cui armonia e piacevolezza rendono sensuale e semplice un vino di complessità e intensità uniche.

Chiudiamo un anno intenso, movimentato dalla ripresa degli eventi e dalla frenesia del poter nuovamente comunicare. Ma in maniera differente. Abbiamo ripreso a girare per cantine, e a presenziare agli eventi con una nuova consapevolezza: ossia quanto sia prezioso il nostro tempo. Nei dodici mesi che ci lasciamo alle spalle abbiamo avuto l’opportunità di ponderare il significato di molte parole. E allora ci ispiriamo alla definizione di “Champagne” data da Flaubert…

“Distingue la cena fastosa.
Fare finta di detestarlo, dicendo: «Non è un vino!».
Suscita l’entusiasmo della gente modesta.”

…per ripensare ai consumi, e ai gusti di nuovi target, che si stanno approcciando al vino. E ai mercati che mutuano in continuazione. L’elenco dei nostri migliori assaggi include esperienze sublimi, reminiscenze di metodi di vinificazioni del passato, anteprime e fotografie attuali. Il tutto sempre guidato da una sola cosa: la passione.

Alberto Cauzzi

Mauro Mascarello – Barolo Monprivato Docg 2004

Il nostro paradigma di Barolo si svela con questo Barolo Monprivato 2004. A dispetto dell’alcol, assai presente, i suoi 13,5 gradi sostengono un vino acceso da un color rosso rubino scarico, tipico di queste zone con, al naso, note di fiori di campo secchi e l’immancabile viola, timbro  originale dei Mascarello più nobili, e una punta di oliva nera, che denota al termine la sua quasi impercettibile evoluzione. Il tannino levigato, ma ancora incredibilmente persistente e aggressivo, dona freschezza gustativa supportata da una prugna secca in evidenza e un finale setoso e armonico, davvero grande anzi di più, immenso.

Drappier – Champagne Brut Nature Sans Soufre

100% Pinot noir, vanta note ossidative pronunciate, nonché una piacevole e lieve bollicina, che incalza la degustazione. Al naso, i sentori di fragoline di bosco mature unite a una punta di crema pasticcera e all’immancabile mela cotogna, caratteristica più o meno saliente di tutti gli Champagne della Maison, sfociano in un profumo agrumato e sapido, davvero potente. Un mosaico che si ritrova assai nitidamente anche all’assaggio dove la nota sapida, molto persistente, incalza una beva straordinariamente scorrevole e, ça va sans dire, anche molto piacevole.

Château Le Pin – Pomerol 1998

Al naso l’incipit è un tripudio di amarene macerate, cassis, cioccolato fondente, tartufo e un tocco di melassa. La nota verde e sottile della foglia di fragola si affaccia timidamente, fino a diventare prorompente nel prosieguo e anche al palato, dove si trova conferma dei sentori e dei profumi avvertiti poc’anzi, e in cui diventa prevalente la nota ferroso-ematica, di brodo dashi, con l’alga in evidenza. Un sostegno umamico importante, questo, che termina con una punta di piccate, di mostarda, e un lieve sentore di salsa di soia. In bocca è teso, persistente e lungo, lunghissimo, ma con tannini avvolgenti e voluttuosi. In poche parole, un grande Merlot!

Andrea Grignaffini

Trinoro – Tenuta di Trinoro 2018

In memoria del genio di Andrea Franchetti un assemblaggio di Cabernet Franc e Merlot che rappresenta lo stile personale ma internazionale del suo creatore. Una sorta di omaggio a Bordeaux in un sorso potente, ricco ma sfaccettato. 

Arnaud Lopez Hautes-Côtes de Nuits Rouge Pinot Noir 2019

Una micro produzione su quattro etichette e tre diverse denominazioni per questo produttore biodinamico che macera a grappolo intero per tre settimane e affina in barrique usate. Il Pinot Noir è verace e profondo con gli umori della terra e dei suoi piccoli frutti.

Avanguardia Triple ANuovo Paradisetto Rosso 2020

Dalla nuova azienda agricola delle Triple A e dalla mente combinata di Luca Gargano e Fabio Luglio un vino, imbottigliato nella mitica bottiglia di Caroni, che ha il soffio del mare e un sorso fragrante di frutti rossi che invoglia a quello successivo.

Orazio Vagnozzi

Vega Sicilia – Unico 1970

Vino dall’intensità aromatica prodigiosa e dall’integrità stupefacente, Vega Sicilia Unico 1970 da una parte esprime forza e poderosa struttura, dall’altra eleganza sublime. Immenso.

Rousseau – Chambertin Grand Cru 2010

Modello di purezza ed eleganza lo Chambertin 2010 di Rousseau un vino che incapsula tutto quello che rende i vini di Borgogna così avvincenti, grazie a un profumo intenso di lampone e amarena e un sorso in cui dolcezza, setosità dei tannini, acidità succosa e sapidità stanno in vibrante equilibrio. Magnifico.

San Salvatore – Paestum Fiano “Pian di Stio” 2016

Dall’azienda agricola San Salvatore di Boscoreale, nel cuore del Cilento, un grande Fiano, il Pian di Stio 2016, dall’ammaliante impatto olfattivo di pesca, fico, susina, menta e dal sorso morbido, fresco e sapido e avvolgente e dal finale lunghissimo. Eccellente scoperta. 

Leila Salimbeni

Krug 2008

Uno dei più maestosi, imponenti, autorevoli vintage degli ultimi anni. Apparentemente freddo, scalda il palato di un ardore quasi piccante ma freschissimo: un’accelerazione vorticosa, rapinosa nella successione di fiori bianchi, quasi narcotici, ed irresistibili eco mentolate e balsamiche. Il palato è una sciarada fittissima, e pertanto irrisolvibile, di acqua di mare e dolce di sorgente, vivificata da un’acidità pura e tagliente, adesiva, che ne magnifica tutta la struttura, ancora in nuce.

Marqués de MurrietaCastillo Ygay Gran Reserva Especial 2010

Da un’azienda leggendaria, con sede in uno degli edifici industriali più antichi d’Europa, un vino innocente e vivo, abitato da una grazia serafica e una giovinezza fruttata ma imprevedibile, capace di zigzagare tra note nere ma luminose, e potenti suggestioni vegetali. Il palato, innervato di un succo fresco, è attraversato da una striatura tannica salata e ritmata.

AccorneroBricco del Bosco Vigne Vecchie 2016

Berrei vini come questo dalla mattina alla sera. E non perché sia un vino facile, né perché sia, tantomeno, un vino piccolo. Piuttosto, si tratta di un vino dalla grandissima presenza scenica, ma mascherata da una disinvoltura e da un carisma irresistibile, che fa finire la bottiglia in un baleno. Non ho preso appunti di degustazione ma ho solo scritto, da qualche parte, “l’amore che strappa i capelli“. Un deliquio di carne e spirito.

Gae Saccoccio

NATALINO DEL PRETE – VINO QUOTIDIANO NEGROAMARO DA LITRO A 10.5%

Vino salmastro. Agli antipodi dalla Puglia delle melasse e dei vinoni stucchevoli. Il vino come il pane è nutrimento giornaliero. Negroamaro da litro a 10.5% di Natalino Del Prete, vignaiolo a San Donaci in Salento. Bevanda quotidiana, a ricordare che il vino come il pane è un alimento giornaliero, nutrimento della pancia, energia solare per lo spirito. Succoso, beverino senza risultare banale. Si rischia di berne un litro da soli ad accompagnare un pasto frugale.

Junpei Fukunaga – Vino -Shu 2014

Tempo fa nei pressi di Kobe (prefettura di Hyōgo) in una fucina dove forgiano lame nella maniera tradizionale giapponese, mi viene incontro Ryoici Aoki  che anni fa ha lavorato all’Osteria dell’Arancio a Grottammare dal mitico oste Michele Alesiani. Una volta rientrato in Giappone come ha chiamato il suo ristorante? Osteria dell’Arancio! Vino naturale giapponese di Junpei Fukunaga, Botanical Life: Vin-shu 2014 da uve Muscat Bailey A. Junpei-san ha cominciato da zero, senza aiuti ne finanziamenti, poco a poco affittando appezzamenti in disuso di Muscat Bailey A, ridandogli vita. Frutto integro e croccante, acidità erbacea, succulenza. Leggero e dissetante. Bailey A fu introdotta nell’era Meiji proprio nella regione del Kansai per produrre vino e poi finire come uva da tavola. Gli anziani in giro per il villaggio dicono spesso che facevano fermentare uva a casa di nascosto.

Drogone Lambic – Cantillon 

“Drogone Lambic”. Vino e birra. Daniela & Antonio De Gruttola di Cantina Giardino in collaborazione con Jean Von Roy di Cantillon. Perché una Lambic da vinacce di Drogone è per sempre. Le uve, prima di essere unite al lambic, hanno subito una macerazione pellicolare di 3 mesi in botti di castagno. Cantillon Drogone Lambic (precedentemente etichettato come Aglianico con un’etichetta generica di uva) è un lambic di tre anni macerato per 10 settimane con 300 chilogrammi di vinacce di uva Aglianico in lambic fermentato con fecce lorde di Cantina Giardino ad Ariano Irpino. 

Vania Valentini

Annamaria Clementi 2009

Un Franciacorta in grado di raggiungere, con il tempo, un’intensità e una complessità senza pari. Il millesimo 2009, riassaggiato a qualche anno dall’uscita, impressiona per definizione, profondità ed espressività delle sensazioni olfattive, con le note iodate che si miscelano a quelle, ormai sempre più intense, di torrefazione, incenso. Infine, una bocca avvolgente, salda e freschissima, dalla carbonica raffinata e dalla persistenza tenue, penetrante. Una vera fortuna trovarlo in carta.

Erick Schereiber – Grande Reserve

Chi lo ha detto che i vini biodinamici non possono essere elegantissimi? Il Grande Reserve di Erick Schereiber, pionere della biodinamica champenois a Courteron, Aube, è uno di quegli champagne che stupisce, oltre che per forza ed energia, per eleganza, classe. Una bocca costruita con mano virtuosa, decisa, che si esprime in un sorso scalpitante, dinamico e intriso di sale, agrumi, dallo sviluppo omogeneo e cristallino, puro e roccioso come acqua di sorgente. Buonissimo.

Benoît Lahaye – (Magnum) Brut Nature

Uno dei più bei Pinot Nero (anche se vi è una componente del 10% di Chardonnay ad illuminare la scena) di terra di Champagne bevuti quest’anno. Un vino lirico, che profuma di peonia, viola, frutti rossi e polvere di grafite per un sorso vellutato, ampio e freschissimo. Sa di agrumi, piccoli frutti rossi, è succoso e appagante, di infinita persistenza. Merita la Magnum ma anche un calice ampio per lasciar emergere fino in fondo il suo talento odoroso più raffinato.

Angelo Sabbadin

Lis NerisTal Lùc .1.2 Vino Passito Friulano

Difficile fare di più col Verduzzo, Alvaro Pecorari riesce ad interpretarlo in maniera magistrale. Le sfumature aromatiche fondono note esotiche di fichi, datteri, frutta secca, miele di castagno, agrumi canditi, croccante, biscotto, orzo, cannella, cioccolato bianco e a finire un soffio di zafferano e mirra. Il sorso ha un’avvolgenza straordinaria, vellutata e caldissima la materia ricca che esprime, un viaggio sensoriale che si traduce in un viaggio dei sensi, finissimo, complesso, voluminoso.

Giuseppe QuintarelliRecioto della Valpolicella Classico 1988

Vino che va oltre ogni dimensione, incredibile sotto ogni punto di vista, mai sentito niente del genere. Al naso un gioco di sfumature che partono con marasca, lampone, mora di rovo, mirtillo, prugna che poi virano verso il floreale di rosa e violetta, poi entrano dolci note di humus, corteccia bagnata, fungo…e poi evolvono ancora in un finale che gioca fra il pellame pregiato, legno dolce, ruggine, paprika, incenso, mirra e l’ultimo soffio mentolato. La bocca ha una dimensione, una compattezza e una compostezza indescrivibile, inavvicinabile da qualsiasi vino. Entra con avvolgenza, una parte morbida composta che delizia il palato, un tannino composto di una delicatezza estrema solletica e  gioca con una scia fresco-sapida che lascia senza fiato, impensabile per un vino dolce.

Russiz SuperioreCol Disore 2017 DOC Collio

In ricordo del compianto Roberto Felluga che ci ha premeturamente lasciati. Col Disore al naso è impressionante per ricchezza e intensità, sfilano frutta matura, spezie dolci, fiori gialli, burro fuso, note tostate, di ponka, iodate. Sul palato è voluminoso, cremoso, ricco, opulento, di grande struttura. Il Collio racchiuso in bottiglia con tutta la sua forza e complessità.

Erika Mantovan

Domaine Leflaive – Puligny Montrachet Clavoillon 2002

La vigna vecchia e un’informazione del suolo segnalata da tempo con un’alchimia tra frutto e la sua parte tessitura che non crea armature ma te ne fanno vedere i segni, permanenti, di una capacità di contrastare il tempo con grande classe ed energia. Scintille minerali, talco, un sorso generoso. 

Cogno – Barolo Ravera Vigna Elena Docg 2016

Un esemplare di eleganza, raffinatezza, una sorta di rivolta del nebbiolo che riesce a unire florealità, tannino, morbidezza e capacito di invecchiamento. Una porzione della denominazione che diventa un archetipo di questa MeGa di Novello magnificata in una grande annata.

Vietti – Barolo Brunate Docg 2018

Un’anteprima, tra qualche giorno disponibile nel mercato, che sfoggia un solletichio tannico che fa ammaliare il succo, rendendolo profondo e di densità che non si ferma anzi rimarca uno sfondo balsamico. Persistente e strutturato, il vigneto si palesa più della stilistica aziendale. 

Gianluca Montinaro

Al di là dei sommi nomi di Borgogna e di Bordeaux, sono tre i vini che – quasi sentimentalmente – mi hanno colpito in questo 2021. Fra gli italiani senz’altro un magnifico Chardonnay Curtefranca Doc 2000 di Ca’ del Bosco: uno dei pochissimi grandi bianchi del nostro Paese, magistralmente pensato pour la garde, capace di rivaleggiare alla pari con molti fra i più celebri Mersault.

Spostandomi Oltralpe, indicherei due etichette della Champagne, prodotte solo nelle annate favorevoli e solo in pochissime migliaia di bottiglie: Paul Bara Special Club rosé 2014 e La Côte aux Enfants 2012 Coteaux Champenois di Bollinger. Cremosa nella bolla, suadente negli aromi, piena, tesa e lunga nel sorso la prima; sconvolgente per mineralità, finezza e freschezza la seconda, frutto di una storica parcella en monopole di Pinot Noir di quattro ettari, situata ad Ay.

Riccardo Corazza

Terre Bianche Dolceacqua DOC 2020

Una versione di Rossese memorabile per equilibrio e concentrazione, frutto di un’annata da incorniciare. Ha un naso di geranio, ribes rosso e melograno, poi arriva la macchia mediterranea e le sensazioni di liquirizia amara. La bocca è succosa e piena, salmastra e tesa, con finale sulle note del chinotto.

Palladino – Barolo DOCG Ornato 2017

Uno degli emblemi del terroir di Serralunga, in una versione benedetta. Naso ermetico e riservato, mirtilli, poi sottobosco ed eucalipto, la bocca invece è muscolare, tannini salati, con bellissimo ritorno balsamico a chiudere. Persistenza clamorosa, con un finale ancora sulle note balsamico-fruttate.

Isole e Olena – Chianti Classico DOCG 2018

Un vino che assomiglia semplicemente a sé stesso. Naso molto sfaccettato, note di ribes e fragola nera, poi sottobosco e tocchi balsamici, di eucalipto, con finale sulle note della radice di liquirizia. Bocca di persistenza e tensione e chiusura con ritorno della liquirizia e anche del sottobosco.

Adriana Blanc

TerenziMadrechiesa 2018

Una vera sorpresa in quella zona poco conosciuta, enologicamente parlando, che è la Maremma. Pulito, sottile, di estrema eleganza. Al naso scorza di arancia rossa, in bocca freschezza e sapidità che si infondono in una trama tannica di velluto. Ancora un filo giovane, ma certamente una promessa per gli anni a venire.

Giorgio Mercandelli“U” 2007 Vino biotico rosso

Un vino che racconta una storia incredibile, fatta di viti di oltre 150 anni e delle cure affettuose riservate loro da Giorgio Mercandelli. Uva, storia e filosofia si fondono in un solo fluido che percorre voluttuosamente il calice e infonde benessere nello spirito. 

VenissaBianco 2016

Un’altra storia che merita di essere raccontata, quella di Venissa. Nella piccola isola di Mazzorbo, nel solo ettaro vitato, ogni anno la Dorona di Venezia sfida sale e acqua alta per dare vita a questo vino prodotto in sole 3500 bottiglie. Un’etichetta in foglia d’oro lo rende poi bellissimo, oltre che buonissimo.

Thomas Coccolini Haertl

Montevertine – Le pergole Torte 2018

Dal 1977 è un punto di riferimento fra i toscani, merito di Sergio Manetti e ora del figlio Martino, ma anche di Giulio Gambelli, con la tipica etichetta del pittore Alberto Manfredi. Fra i primi supertuscan che hanno generato questo nome, Sangiovese 100%, l’annata 2018 si fa ricordare. 

Bosio – Franciacorta Rosé Pas Dosé Riserva Girolamo Bosio 2011

È il risultato di 3 giorni di macerazione dopo aver lasciato l’uva più a lungo sulle piante, una cuvée per 2/3 vinificata in bianco; poi 7 anni sui lieviti (sboccatura gennaio ‘19) e 100% Pinot nero. È lo spumante rosé che vorremmo bere sempre.

Anna Beatrice – Vulpis in fabula 2018

Omaggio ai colli reggiani, le mie terre, Anna Beatrice è una piccola cantina di qualità. Un metodo classico rosso da uve 100% Lambrusco Maestri (sboccatura marzo ‘20), prima fermentazione da soli lieviti autoctoni, non è solo una rarità: è soprattutto un ottimo spumante.

Sara Comastri

Marta ValpianiRomagna Albana DOCG “Madonna dei fiori” 2018

È un’espressione fuori dagli schemi per questo vitigno, volta a restituire l’impronta del territorio, piuttosto che a rincorrere la sua potenziale alcolicità e opulenza fruttata. Eleganza composta (fiori, agrumi e spezie), freschezza vibrante, intrigante scia sapida; questo ci donano le vigne vecchie, ubicate sull’antico letto di un fiume. 

Cantina ScuropassoButtafuoco Storico DOC “Vigna Pianlong” 2017

È una dimostrazione delle grandi potenzialità qualitative dell’Oltrepò Pavese. Un uvaggio della tradizione (Croatina, Barbera, Ughetta di Canneto e Uva Rara), un rosso potente e tannico in felice connubio con eleganza e bevibilità. Consigliate almeno due bottiglie: una da godere nell’immediato, e una per testarne la longevità.

Marco de BartoliTerzavia Metodo Classico Brut Nature

Rappresenta la modalità espressiva più innovativa del Grillo della mitica contrada Samperi. Un sorso intriso di Sicilia e di mare, agrumi e macchia mediterranea, una salinità intensa e scalpitante, che stupisce e rapisce.

Laura Bonato

Fattoria San Lorenzo – “Il San Lorenzo Bianco” Igt 2008

Rara e personalissima espressione di verdicchio di Jesi, che solo nelle migliori annate viene lasciato riposare per oltre 12 anni sui propri lieviti. Beva materica, ricca, balsamica e persistente. Da condividere o con cui meditare. Un vino che… “nel concavo cielo sfavilla” e, scoprendoci bambini, ci spinge ad esprimere un desiderio.

Bérêche et Fils – Champagne Rosé Extra Brut

Champagne fine, potente e cerebrale, che colpisce e affonda anche i palati più diffidenti ai rosé. Il timbro e la sensibilità del giovane Raphael, astro nascente nel panorama spumantistico francese, caratterizzano questa cuvée a prevalenza di pinot nero, che si incaglia tra i ricordi per il sorso teso, ricco negli aromi e persistente in bocca, grazie alla lenta fermentazione in barrique e al basso dosaggio.

Veuve Fourny & Fils – Champagne Rosé Extra Brut

Une Famille, un Clos, un Premier Cru” recita l’etichetta di questo rosé de saignée, fortemente autentico e genuino, ottenuto da solo mosto fiore di pinot nero dopo una lenta macerazione delle bucce. Riflessi salmonati e perlagé finissimo, naso sottile e di grande mineralità, sorso pulito e fresco. Una foto senza filtri dei terreni gessosi di Vertus.