La degustazione al Park Hyatt di Milano guidata da Luca Gardini
Ex bancario, Stefano Antonucci rileva negli anni ’80 l’azienda Santa Barbara. Si concentra sulla produzione di vitigni autoctoni come Verdicchio, Montepulciano e Lacrima di Morro d’Alba, mantenendo comunque alta l’attenzione sui vitigni internazionali quali Merlot, Cabernet Sauvignon e Syrah. Per quanto tra i vini della cantina Santa Barbara spicchino quelli a base di Verdicchio, sono circa una ventina i vini prodotti, il cui profilo è definito da eleganza, bevibilità, morbidezza, complessità e rispetto delle caratteristiche del vitigno, rappresentando fedelmente la filosofia del produttore.
L’azienda Santa Barbara – dall’omonimo borgo in provincia di Ancona – ha sede all’interno di uno spettacolare monastero. In cantina si utilizzano serbatoi termocontrollati, sia in acciaio che in cemento, mentre nella “barricaia” troneggiano barriqueCon "barrique" si intende una piccola botte di legno adatta all’affinamento di vino dalla capacità compresa tra i 225 e i 228 litri.... Leggi francesi da 225 l e grandi tonneauIl Tonneau è una botte adatta all’affinamento del vino, dalla capacità di 900 litri.... Leggi da 450 l, per garantire il perfetto affinamento dei vini. In questo contesto, Stefano Antonucci produce circa un milione di bottiglie all’anno, di cui oltre il 50% è esportato in tutto il mondo.
Le sale eleganti dell’Hotel Park Hyatt a Milano erano indubbiamente lo sfondo perfetto per una degustazione dei vini firmati Stefano Antonucci: sul finire del mese di maggio, tre dei suoi Verdicchi – “Le Vaglie”, “Stefano Antonucci” e “Tardivo ma non Tardo” – e il rosso “Mossone”, ottenuto da uve Merlot, sono stati presentati a una platea di addetti ai lavori.
Ecco i vini degustati:
- Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico DOCG “Le Vaglie” 2018
- Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore DOCG “Stefano Antonucci” 2017
- Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Riserva DOCG “Stefano Antonucci” 2007
- Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Riserva DOCG “Tardivo ma non Tardo” 2016
- Mossone 2017
Anfitrione della presentazione Luca Gardini, che ha illustrato alcune caratteristiche del Verdicchio quali la salinità e quella straordinaria attitudine ad essere espressivo nell’immediato e, al contempo, capace di conservare perfettamente le sue caratteristiche con l’invecchiamento.
Le Vaglie 2018 si esprime su profumi di cedro, pesca gialla, erbe officinali e note iodate. Morbido all’attacco ma ben equilibrato dall’acidità; ha una fine vena salina che rende il vino preciso, teso ed eccezionalmente bevibile. Ben più di un vino “entry level” .
Il Verdicchio Classico Superiore “Stefano Antonucci” 2017 – vino che affina in barrique di vario passaggio – ha un naso di glicine, ananas, pesca gialla, cedro e salvia, con una leggera nota di vaniglia. È un vino immediato, di grande densità, morbido ed equilibrato da un’acidità pungente che ne esalta la bevibilità. Il finale è lungo con un piacevole retrogusto agrumato.
Il Classico Riserva “Stefano Antonucci” 2007 ci dimostra come il Verdicchio sia un bianco che regge perfettamente l’invecchiamento. Il colore è giallo paglierino carico, ai limiti del dorato, ma mantiene ancora dei riflessi quasi verdognoli. Il naso, inizialmente un po’ timido, si apre su note di pesca gialla, timo e pietra focaia. In bocca il vino è denso, sapido e perfettamente integro. Attacca morbido e si espande in bocca, per poi sfumare su un lungo crescendo, da vero cavallo di razza. Ritroviamo nel bicchiere quello che Luca Gardini aveva raccontato: l’immediatezza del 2017 e la perfetta integrità del 2007.
L’etichetta che rappresenta un quadro di Catia Uliassi – anima del tristellato Ristorante Uliassi insieme a suo fratello Mauro – ci introduce al “Tardivo ma non Tardo” 2016, che proviene da un Verdicchio leggermente sovramaturo, con grappolo più spargolo del normale e, quindi, meno soggetto allo sviluppo di muffe. Di colore giallo dorato, sprigiona intensi profumi di caco, melone, frutta tropicale, menta secca ed erbe officinali. In bocca il vino è ricco, dotato di grande densità ed equilibrato sia da acidità che da sapidità. Il finale è lungo con una nota ammandorlata tipica del vitigno. Il connubio tra grande annata e perfetto momento di raccolta delle uve ci regala un vino buono oggi, ma forse anche di più domani.
E chiudiamo con il Mossone 2016. Prodotto al 100% con uve Merlot, è stato affinato in barrique – di cui il 30% nuove – per 16 mesi. È di un bel colore rosso rubino carico, con naso di melograno e crema di cassis. In bocca è avvolgente, morbido e corposo, con un tannino delicato ed elegante.
Santa Barbara 2019 Antonucci, tappo a vite come un vino da 2 soldi. Una vergogna. Ho rovinato il vibo aprendolo con un cavatappi, almeno scriverlo