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L’Alchimia

L’Alchimia perfetta, con un quartetto d’eccezione alla guida

Valerio Trentani, Ilario Perrot, Giuseppe Postorino e Alberto Tasinato. Molti locali blasonati farebbero follie per avere anche solo un paio di questi ragazzi in staff. E invece sono tutti concentrati e impegnati in un progetto di nome L’Alchimia. Con classe, professionalità ed eleganza estrema. Con quel fiuto per il cliente e per le sue esigenze che solo i cavalli di razza hanno.

È forse la prima volta che arrotondiamo, e non di poco, un voto non solo per la cucina. Perché qui, in questo magico luogo, si sta bene e si viene coccolati come non mai. E poi perché lo chef Giuseppe Postorino, messo da parte il suo ego, sta mettendo la sua professionalità e le sue capacità al servizio di un progetto condiviso in tutto e per tutto con la sala e orientato esclusivamente al cliente. Ecco, quindi, arrivare al tavolo piatti come i tortellini tre P, o i paccheri 1punto61, tanto golosi e rotondi quanto precisi e puntuali. E poi il tripudio delle animelle, contrastate al punto giusto, e quella sogliola, che è sì sfoggio di tecnica ma anche di precisione e messa fuoco gustativa davvero di alto livello. Per non parlare, poi, del coniglio alla Wellington impreziosito dagli splendidi due servizi in accompagnamento.

Un paio di appunti legati ai lievi eccessi di sapidità di alcune preparazioni e, forse, alla eccessiva convenzionalità del reparto dolce, leggermente sottotono rispetto al resto della proposta, non ci impediscono comunque di valutare questo luogo come uno dei migliori di Milano, dove sarete veramente accuditi come dei re.

La cantina è ottimamente fornita, seppur con ricarichi importanti. Sul servizio abbiamo già detto, Alberto è un fuoriclasse vero ed è affiancato da Ilario Perrot che, oltre ad essere in splendida forma, completa il quadro con la sua professionalità e puntualità.

Per una cena informale o formale, per un aperitivo, per un dopocena, per un pranzo d’affari. Ogni momento è perfetto per mettere in cima alla lista l’Alchimia in cima alla lista, per ciascuna di queste occasioni.

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L’Alchimia perfetta, tra eccellenti cocktail e cucina gourmet

Finalmente si riprende. E nonostante sia grande la voglia di “normalità” decidiamo di ripartire, tra gli altri, con un ristorante la cui storia recente tutto si può definire tranne che “normale”. Parliamo de L’Alchimia, l’interessante progetto che vede al timone, tra gli altri, il bravissimo Alberto Tasinato già brillante restaurant manager del Seta al Mandarin Oriental.

Aperto nel 2018, in pochissimo tempo l’Alchimia è riuscito a conquistare favore e apprezzamenti di buongustai appassionati e delle guide cartacee fino al riconoscimento – dopo solo un anno di attività – dell’agognata stella Michelin. Ma ecco che alla fine del 2019 qualcosa si rompe e lo chef Davide Puleio – proveniente dal romano Pipero di Luciano Monosilio – decide di andare via. Per sostituirlo la scelta ricade su Giuseppe Postorino, con alle spalle importanti esperienze nelle cucine di hotel di lusso, tra cui quella al Magna Pars Suites Milano.

Neanche il tempo di completare il rodaggio e lo stop forzato causa Covid. Quindi la riapertura e la grande curiosità da parte nostra di tornare per verificare gli effetti del cambio di guida in cucina. La formula, accattivante, non è cambiata: atmosfera elegante e rilassata, servizio dalle 12 alle 24, un po’ lounge bar con all’ingresso un bellissimo bancone per i cocktail del bravissimo Valerio Trentani, un po’ ristorante gourmet. Tutto molto cool, arredato con grande gusto e gestito con tanta professionalità. Ci è piaciuto molto, in particolare, ritrovare un locale vivo, allegro, giovane (pare siano tutti under 40) sul quale i protocolli richiesti dall’emergenza sanitaria non ci sembrano impattare granché, fatta eccezione per le mascherine e per un controllo en passant della temperatura. I tavoli d’altra parte erano già adeguatamente distanziati e la marcia in più è garantita da Tasinato, padrone di casa talentuosissimo, capace di mettere il cliente al centro dall’accoglienza.

Una cucina che non perde mai di vista il piacere, la godibilità e la riconoscibilità

La proposta made in Postorino ci è parsa sia inclusiva che rassicurante, semplice e riconoscibile e, ancor più di quella precedente, capace di alternare preparazioni più classiche ad altre più originali e moderatamente creative. L’obiettivo è conquistare i palati di tutti senza mai creare il minimo imbarazzo, e riesce nel suo intento sebbene ci aspettiamo, sia chiaro, un’ulteriore crescita nel tempo. In particolare, sono piaciute l’acidità e la freschezza del crudo di ricciola e la golosità di un coniglio di Carmagnola in versione Wellington, servito con un impeccabile fondo bruno (aggredito da un ketchup di peperoni a nostro giudizio un po’ invadente). Uniche note dolenti i dessert, alquanto sotto tono, nonché l’estetica dei piatti, a nostro giudizio non sempre accattivante.

La cantina è ben fornita, anche se i ricarichi sono abbastanza importanti.

Un bel posto, consigliatissimo per riprendere alla grande la nostra “normale milanesità”, all’ insegna del gusto.

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Il futuro gastronomico by Enrico Croatti

Moebius è un locale affascinante per l’architettura e per l’interior design. Ricavato da un deposito tessile in disuso, è ora un contenitore a diversi livelli con cocktail bar, angolo vendita vinili, spazio concerti, tapas bar e, sospesa a quattro metri d’altezza, una piattaforma. Qui ha preso forma l’idea più avanzata di ristorazione di Enrico Croatti che, dopo varie esperienze prestigiose locali e estere e stella presa, sia in Italia che in Spagna, è ora tornato e ha scelto questo interessante progetto a Milano. In questo spazio sospeso Croatti ha sviluppato un luogo sperimentale, con cucina a vista, chef’s table e una trentina di coperti. Dichiara espressamente di non voler essere “gourmet” e di non voler rivisitare nulla, desidera solo prestare attenzione ad avere le migliori materie prime, servire del buon vino, far divertire e fare stare bene le persone. Non c’è un menù alla carta: ci sono due percorsi fra cui scegliere, il primo, “Histoire d’une idée-2007” ripercorre il passato dello chef cambiando ogni stagione. Il secondo, “L’eternità di un’osteria che si trasforma” , si declina, a sua volta, in una degustazione di carne e una di pesce, attraverso la sperimentazione dei cibi, in una continua evoluzione gastronomica.

L’osteria “gastronomica”

Nella logica dell’osteria ci sono pochi piatti in realtà, sia il menù di carne che quello di pesce prevedono quattro piatti, a cui si può aggiungere un dessert. È una cucina diretta, con una intensità e profondità di gusto notevole, sapori forti e decisi, attenzione all’estetica e anche alla leggerezza delle portate.  Si parte nel menù di carne con una battuta di manzo, scalogno, cipollina, midollo arrosto e ricci di mare. Il manzo viene invecchiato 90 giorni in una cella rivestita con lastre di sale di Cervia che, ogni 30 giorni circa, vengono cambiate. La frollatura lunga restituisce un gusto incredibile a garanzia di un  buon inizio. Sia la trippa di vitello con Parmigiano, in crosta e in salsa,  con una eccellente soupe à l’onion e il levistico a dare un interessante spunto, sia gli agnolotti con ripieno di ossobuco e caprino sono piatti “semplicemente” goduriosi. La costoletta  di vitello di Bra, cotta alla brace con pepe anestetizzante “Asakura Sansho” accompagnata da un raviolo fatto di zucca, con ripieno di cavolo nero e kumquat è interessante, anche se i due elementi non si integrano molto. Sorprendente uno dei due dolci, chiamato Fogliame d’Inverno, con un bel gioco creativo e di consistenze, nella riproduzione del suolo boschivo. Foglie essiccate nascondono un terriccio fatto con un Bonet dalla particolare consistenza e poi  rimandi al bosco con marron glacé, ribes neri selvatici, tartufi d’Alba. I profumi sono poi rafforzati da fave di cacao, rum e bergamotto. L’altro dolce pesca dalla tradizione con un Tiramisù fatto con crema gelata alle mandorle, pellicola di cacao e caffè, biscotto al gianduia, miele e mascarpone.

Forse Moebius è il concetto di Osteria 3.0, o forse no, la cosa certa è che, sospesi su una piattaforma, all’interno di un locale di grande modernità e di bellezza, si “travalica l’ordinario” e si pensa solo di ritornare.

La galleria fotografica:

Divertimento: è questo che rimane addosso dopo una serata passata da Apelle.
Fuori da schemi, regole ed orari, sia in cucina che al bancone del bar.

Nato dalla mente di Matteo Musacci e Andrea Bellinello (imprenditori già molto attivi nel panorama cittadino), Apelle si mostra subito come un qualcosa di diverso. Un locale che sarebbe certamente più convenzionale in una grande città europea, ma nel centro storico di una cittadina come Ferrara il colpo sparato fa un rumore diverso.
In primis per la cucina, affidata a Martina Mosco, giovane chef ma già con esperienze importanti tra Londra e la cucina di Cera a Campagna Lupia: saltata ogni classificazione tra antipasti, primi e secondi, il tutto viene suddiviso tra piccoli piatti (una sorta di tapas moderna) e piatti di portata. Ma a rivoluzionare la proposta sono gli ingredienti utilizzati, che parlano tutte le lingue del mondo, strizzando l’occhio in particolare all’Oriente: ramen, miso, cassis, smoorebrod, e chi più ne ha più ne metta. Senza fare confusione, tenendo sempre una lucidità assoluta e un controllo delle sfumature nel piatto.

Certo, non tutto risulta perfettamente registrato: il raviolo cinese ha un ripieno convincente, ma sarebbe meglio servirlo dopo averlo cotto solo al vapore; il germano reale ha un ottimo sapore, ma risulta leggermente asciutto; sui dessert si può prestare più attenzione nelle temperature di servizio. Ma sono dettagli di un quadro assolutamente soddisfacente: la voglia di tornare per provare i restanti piatti del menù (che in più cambia molto spesso) è segno inequivocabile che la strada presa è quella giusta.
Se a questo aggiungiamo un locale molto bello, un servizio giovane e simpatico -con tempi di attesa però da rivedere- e una proposta di drink che spazia da buonissimi cocktail a birra e vino, capite che gli ingredienti per fare bene ci sono tutti.
Attenzione ai ragazzi di Apelle…

Piccoli piatti:
Spada, carbone, yogurt.
spada, Apelle, Chef Martina Mosco, Ferrara
Toast di triglia, mela verde, panna acida.
toast, Apelle, Chef Martina Mosco, Ferrara
Cannoli di San Pietro, crema di melanzane.
cannolo, Apelle, Chef Martina Mosco, Ferrara
Lobster dog.
Davvero notevole, perfetto in tutti i dettagli.
lobster dog, Apelle, Chef Martina Mosco, Ferrara
Raviolo cinese di manzo in agrodolce.
raviolo, Apelle, Chef Martina Mosco, Ferrara
Costoletta d’agnello, cioccolato, noci pecan.
costoletta, Apelle, Chef Martina Mosco, Ferrara
Piatti di portata:
Cartoccio di mare al miso.
Grande preparazione, sia per cottura che per gusto finale.
cartoccio, Apelle, Chef Martina Mosco, Ferrara
cartoccio, Apelle, Chef Martina Mosco, Ferrara
Ruote pazze, Laphroaig, sgombro, alici al miele.
Azzeccata la nota aromatica del burro al whiskey, gran piatto.
ruote, Apelle, Chef Martina Mosco, Ferrara
Filetto di Merluzzo, Passion Fruit.
filetto di merluzzo, Apelle, Chef Martina Mosco, Ferrara
Germano Reale con crema di cassis.
Come detto sopra, servirebbe più salsa o una cottura più attenta.
germano reale, Apelle, Chef Martina Mosco, Ferrara
Macarons, ganache di gianduia, fegatini di pollo.
Davvero buono questo macaron, tecnicamente perfetto (superficie croccante e interno morbido): difficile però presentare come piatto da dessert un qualcosa che sarebbe più adatto come piccola pasticceria.
Mmacarons, Apelle, Chef Martina Mosco, Ferrara
macarons,Apelle, Chef Martina Mosco, Ferrara
Roll di burro di arachidi, caramello salato, nocciole.
Molto dolce ma di gran soddisfazione.
Roll di burro, Apelle, Chef Martina Mosco, Ferrara
Parfait di yogurt, zenzero, meringhe.
Ancora troppo ghiacciata la base.
Parfait, Apelle, Chef Martina Mosco, Ferrara

Conte Camillo.
cocktails, Apelle, Chef Martina Mosco, Ferrara
Kir Special.
Kir Special, Apelle, Chef Martina Mosco, Ferrara
Cremant d’Alsace Binner.
cremant, Apelle, Chef Martina Mosco, Ferrara
Apelle, Chef Martina Mosco, Ferrara