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Cristal 2014

Precisione e perfezionismo

Cristal, lo champagne che da oltre un secolo sa distinguersi oltre che per l’eleganza, la straordinaria longevità, è stato presentato, in diretta Zoom, nella sua ultima annata, la 2014.  

Una bottiglia iconica, creata da Louis Roederer II nel 1876 su richiesta dello zar Alessandro II e che, con quest’ultima edizione, consolida ancora una volta la reputazione e l’immensa statura stilistica della prestigiosa Maison di Reims, in mano alla stessa famiglia dal 1776. Sempre indipendente, la Maison Louis Roederer è oggi diretta dal figlio di Jean-Claude, Frédéric Rouzaud, esponente della settima generazione della dinastia, che dirige la tenuta di oltre 240 ettari situata nei Grands e Premiers Crus de la Marne.

Qui l’eccellenza non può mai essere affidata al caso e dentro a questa bottiglia di “cristallo” si nasconde in realtà un universo fatto di precisione e perfezionismo, di pazienza e di silenzio e si conclude con la complicità del tempo: gli anni in cui riposa nelle cantine sotterranee della Louis Roederer

Blend, vintage e natura

Cristal 2014 trae luce dalla freschezza dello Chardonnay di Mesnil-sur-Oger, si miscela alla cremosità di quello raccolto a Cramant e Avize, per poi poggiarsi sulla solida base vinosa portata in dote dal Pinot noir di Ay, Verzy, Verzenay, Mareuil-sur-Aÿ e Beaumont-sur-Vesle. 39 parcelle del “Domaine Cristal” (sulle 45 che lo compongono) dal 2012 tutte a regime biodinamico e che danno origine a vini di rara finezza e precisione, conferendo a Cristal quel carattere unico e prezioso che gli ha valso la sua straordinaria reputazione.

I vini hanno fermentato in contenitori di acciaio termocondizionati e in legni tronco conici per il 32%, la malolattica non è stata svolta, infine, le bottiglie hanno affinato circa 6 anni sui lieviti e riposato ulteriori 8 mesi dopo la sboccatura. Per un’annata, la 2014, non certo semplice, che Jean-Baptiste Lécaillon, Chef de Cave della Maison, ci racconta così: “L’annata 2014 si è caratterizzata da un valzer climatico a tre tempi, con contrasti forti, netti e determinanti! Una primavera splendida e asciutta che sfocia in un giugno torrido; un’estate autunnale, fresca e piovosa; un settembre caldo, soleggiato e molto secco… degno di un mese di agosto. La “chiave” del millesimo sta nel terreno e nel lavoro dei viticoltori: il gesso, premiante perché più drenante, nella zona medio-bassa dalla collina, ha permesso di eliminare gli eccessi d’acqua dell’estate e di limitarne i ristagni… fondamentali le nostre pratiche viticole, sempre più virtuose, che permettono di spingerci oltre nella ricerca dell’equilibrio delle uve e della maturazione.”

La viticoltura alla Louis Roederer è, da sempre, massimamente rispettosa della natura: dei 240 ettari di proprietà, 115 sono certificati AB e 127 sono certificati HVE e VDC. La Maison pratica la selezione massale e possiede il primo semenzaio privato della Champagne, inoltre, la vendemmia è sempre effettuata al massimo grado di maturazione delle uve e mai al di sotto dei 10,5 gradi potenziali (nel caso del Cristal 2014 oltre l’11% di alcol potenziali). Un’imperitura passione per la tecnica ma anche per il territorio, quella di Jean-Baptiste Lécaillon che, tanto in vigna quanto in cantina, non sembra essere mai pago nella costante ricerca della perfezione e a cui va certamente il merito della crescita costante qualitativa e stilistica negli anni della Louis Roederer.

La degustazione

Così, dopo un 2013 intenso e raffinato, perfetta sintesi dei due millesimi precedenti, il 2008 e il 2012, ecco un 2014 che stupisce per espressività, potenza, energia. Semplicemente impressionante già al naso per l’intensità e l’incisività delle sue sensazioni aromatiche – agrumi gialli, polvere di gesso, pietra focaia, note di caffè con l’evoluzione – e per la sua opulenza in bocca, l’ampiezza, la freschezza dirompente che solleva, muove restituendo tutte le sensazioni percepite al naso. Un sorso dritto, cristallino, pervaso da una sontuosa mineralità iodata e di un finale lunghissimo di meravigliosa purezza salmastro-agrumata. Nonostante sia già di spiazzante espressività, possiede grande potenziale evolutivo. 97/100

Cristal 2014 è composto da 60% Pinot noir, 40% Chardonnay.  La 2014 è la prima annata di Cristal prodotta con il jetting dopo il dégorgement e il dosaggio. 

* Cristal e tutti gli champagne di Louis Roederer sono importati, in Italia, da Sagna S.p.A.

Staccarsi dai sogni è davvero difficile…

Supponiamo noi due. Un amore nulla più

Dall’apparecchio esce una canzone che mi sorprende; a cantare è Rino Gaetano

“Sola davanti a un bicchiere mi aspetteresti la sera. 

Supponendo un amore

Che non voglio che vuoi tu?”

Il “bicchiere” complice, in questo caso, è il rosé Indulgence di Marie Courtin 

L’ambizione esplicitata a partire dal nome, Indulgence, si rivela essere, infatti, lo scenario perfetto in cui ambientare una storia d’amore tormentata e idealizzata. Un’aura di malinconia percorre il calice già dal colore: un rosso rubino rarefatto che partecipa empaticamente ai ricordi del passato; e il naso, incarnato da note di frutti rossi e ciliegie, che evolvono verso sentori di miele di castagno e cannella, sublima il lato poetico della nostalgia.

Marie Courtin è una piccola azienda della Côte des Bar, alle cui redini vi è Dominique Moreau, una vera donna del vino fedele ai principi della biodinamica, che ricerca con i suoi champagne – tutti monovitigno, a singola parcella e millesimati – una lettura autentica e personale del terroir di Polisot.

Indulgence, ne è la conferma: un rosé de saignée frutto della macerazione di quattro giorni di uve 100% Pinot noir, elaborato tramite il sistema antico della pigiatura con i piedi, e che matura sui propri lieviti per almeno 36 mesi.

Il risultato è uno champagne succoso ma estremamente raffinato, che grazie alla tecnica del salasso e all’assenza di dosaggio offre sia struttura e vinosità che sfumature aromatiche, articolandosi, con ricchezza gustativa e carattere, verso un finale di estrema freschezza.

Se Rino Gaetano, con i suoi accordi, idealizza l’amore non corrisposto rendendo estremamente attuale il sentimento dell’ossessione, Dominique Moreau, con il suo rosé, ne offre un antidoto, realizzando uno champagne concettualmente sofisticato che racconta con dolcezza e indulgenza l’impossibilità di un distacco definitivo, in questo caso dal terroir.

Supponiamo è già tardi

Devi andare ma non vuoi

La nuova collezione cuvée prestige firmata Piper-Heidsieck

È il 31 Dicembre 1970, Paul McCartney chiede ai suoi avvocati di presentare un’istanza presso l’Alta Corte di Londra per decretare lo scioglimento dei Beatles.

È un fulmine a ciel sereno, scende ufficialmente il sipario su quella che è considerata l’epoca delle grandi rivoluzioni sociali, culturali e musicali che hanno consacrato i 4 baronetti a simboli assoluti. Il 1971 spaventa, incarna l’ignoto, è l’anno del “nessuno mai dopo i Beatles”, qualcuno per strada brucia vinili. Tuttavia, cominciano a farsi riconoscere per la loro innovativa e pionieristica maniera di fare musica nomi come i Pink Floyd, Genesis, Led Zeppelin, Deep Purple, considerati i padri del rock progressivo e dell’hard rock, artisti che diventeranno i giganti dei ’70 sfornando pietre miliari mai più uscite dalle classifiche di vendite.

Nello stesso anno, arrivano letteralmente dallo spazio David Bowie, i Queen, Elton John e i Roxy Music con quello che è considerato un vero e proprio caleidoscopio con cui guardare la musica da quel momento in poi: è il Glam Rock che inonda le radio e i club di tutto il mondo, inarrestabile e travolgente. Infine, è l’anno di Imagine, Lennon squarcia gli animi più gelidi anche senza i compianti soci con una ballata che diventerà inno di pace per generazioni intere. Il 1971 anticiperà un decennio che lascerà a tutti noi un’eredità che, dopo quasi mezzo secolo, continua a essere fortemente sentita, reinterpretata. Per tutti questi motivi, ma anche qualcun altro, son felice di essere nata anche io nel famoso “anno del rock”.

Così, immaginate la mia felicità quando mi è stata data la possibilità di assaggiare, alla Fondazione Achille Castiglioni di Milano, la reinterpretazione di un blend di Piper-Heidsieck che risale proprio nell’anno magico di 50 anni fa: Hors-Série 1971

Questa straordinaria bottiglia porta la firma di Émilien Boutillat che, nel 2018, a soli 35 anni, ha assunto il ruolo di Chef de Cave alla Piper-Heidsieck. Giovanissimo e talentuoso, Émilien, nato in Champagne e formatosi in Sudafrica, Cile, California, Nuova Zelanda per poi passare a Château Margaux e nella Maison Cattier, si è conquistato, nel 2021, il premio Sparkling Winemaker of the Year dell’International Wine Challenge, riconoscimento che suoi illustri predecessori si sono aggiudicati precedentemente in passato. Piper-Heidsieck è, infatti, la Maison di Champagne più premiata del secolo: i suoi enologi hanno ricevuto, dal 1984 ad oggi, il premio di ‘Miglior enologo internazionale di vini spumanti’ per ben 10 volte. 

Avendo ricevuto dalla Maison carte blanche per creare uno champagne davvero unico, Émilien ha scelto di rivisitare un millesimo storico per la prima edizione di Hors-Série: il 1971, annata considerata tra le migliori nella storia della maison e composta dagli gli stessi 12 Cru utilizzati nel blend storico che Florens-Louis Heidsieck presentò a Maria Antonietta nel 1785, diventando champagne di corte. Il momento è immortalato nel celebre dipinto che troviamo nella Collezione privata della Maison Piper-Heidsieck di Reims.

Ma questa è solo la prima di una nuova collezione: l’idea è, infatti, quella di rilasciare ogni due anni una edizione limitata, un impegno di Piper-Heidsieck per uno Champagne in grado di stabilire un dialogo continuo tra passato e presente, come dichiara Émilien Boutillat: “Ho realizzato questa annata insieme a Claude Demière, che si occupò dell’assemblaggio nel 1971. Hors-Série 1971 rappresenta l’eredità che mi è stata trasmessa dalle precedenti generazioni di Chef de Cave e ho voluto reinterpretarla con una nuova sboccatura, per poterla condividere con tutti. Credo sia una splendida opportunità per regalare un viaggio nel tempo”. 

Proprio come accadeva nel 1971 è stato scelto un dosaggio specifico di 10 grammi prodotto da uno Chardonnay del 2019 senza fermentazione malolattica. A febbraio 2021, al momento della sboccatura, la liqueur si è trovata in perfetta armonia in un vino in cui l’evoluzione ha conferito a ciascuna bottiglia di Hors-Série 1971 una sua personalità, una sua singolarità precipua.

Uno champagne dal disegno aromatico sensazionale, intenso e complesso, ma con eleganza, garbo, senza nessuna esuberanza. Appena versato al calice è netta la nota di idrocarburi che va ad anticipare nitide note di spezie, cumino, curry, tabacco, prugna disidratata, fico, fino a sfumare su quelle balsamiche e mentolate. In bocca è carnoso e profondo ma succoso, infiltrante, elastico e, soprattutto, freschissimo. Con una persistenza che sfuma su vibranti sensazioni di agrume e sale.

Infine, l’habillage: artigiani bretoni di Rennes e la loro maestria nella nobile arte dell’intaglio hanno realizzato la confezione di Hors-Série 1971 con una selezione di solo legno di rovere massiccio invecchiato 50 anni. Le venature e le tonalità del legno regalano un pezzo unico per ogni confezione, proprio come il vino che contiene. Le tinte audaci e le forme eccentriche ispirate al pop design degli anni ’70 delineano il monogramma proposto sulla capsula della gabbietta, rivelando tutta la sua originalità che è già una rarità per gli appassionati collezionisti. 

Hors-Série 1971 è prodotta in edizione limitatissima, solo 2021 esemplari numerati in etichetta di cui 40 destinati al mercato Italia.

Maison Piper-Heidsieck

Fondata nel 1785, Piper-Heidsieck è un’antica Maison di Champagne di grandissimo valore, la più premiata del secolo, grazie allo spirito audace che la contraddistingue da sempre e alla sua continua ricerca del perfetto equilibrio tra autenticità, modernità e innovazione. Dopo l’indimenticabile Daniel Thibault e il mitico Règis Camus, ora è Émilien Boutillat a infondere nuova energia alla Maison, orgogliosa di possedere una doppia certificazione di sostenibilità nei suoi vigneti, VDC e HVE, e consapevole della propria responsabilità nei confronti dell’ambiente, con l’obiettivo di sviluppare pratiche al 100% sostenibili entro il 2024. 

Con sede a Reims, dal 2011 è di proprietà della famiglia Descours, da cui attinge i valori di artigianalità, continuità e savoir-faire del lusso francese. 

In Italia Piper-Heidsieck è distribuito da BS International

Chiudiamo un anno intenso, movimentato dalla ripresa degli eventi e dalla frenesia del poter nuovamente comunicare. Ma in maniera differente. Abbiamo ripreso a girare per cantine, e a presenziare agli eventi con una nuova consapevolezza: ossia quanto sia prezioso il nostro tempo. Nei dodici mesi che ci lasciamo alle spalle abbiamo avuto l’opportunità di ponderare il significato di molte parole. E allora ci ispiriamo alla definizione di “Champagne” data da Flaubert…

“Distingue la cena fastosa.
Fare finta di detestarlo, dicendo: «Non è un vino!».
Suscita l’entusiasmo della gente modesta.”

…per ripensare ai consumi, e ai gusti di nuovi target, che si stanno approcciando al vino. E ai mercati che mutuano in continuazione. L’elenco dei nostri migliori assaggi include esperienze sublimi, reminiscenze di metodi di vinificazioni del passato, anteprime e fotografie attuali. Il tutto sempre guidato da una sola cosa: la passione.

Alberto Cauzzi

Mauro Mascarello – Barolo Monprivato Docg 2004

Il nostro paradigma di Barolo si svela con questo Barolo Monprivato 2004. A dispetto dell’alcol, assai presente, i suoi 13,5 gradi sostengono un vino acceso da un color rosso rubino scarico, tipico di queste zone con, al naso, note di fiori di campo secchi e l’immancabile viola, timbro  originale dei Mascarello più nobili, e una punta di oliva nera, che denota al termine la sua quasi impercettibile evoluzione. Il tannino levigato, ma ancora incredibilmente persistente e aggressivo, dona freschezza gustativa supportata da una prugna secca in evidenza e un finale setoso e armonico, davvero grande anzi di più, immenso.

Drappier – Champagne Brut Nature Sans Soufre

100% Pinot noir, vanta note ossidative pronunciate, nonché una piacevole e lieve bollicina, che incalza la degustazione. Al naso, i sentori di fragoline di bosco mature unite a una punta di crema pasticcera e all’immancabile mela cotogna, caratteristica più o meno saliente di tutti gli Champagne della Maison, sfociano in un profumo agrumato e sapido, davvero potente. Un mosaico che si ritrova assai nitidamente anche all’assaggio dove la nota sapida, molto persistente, incalza una beva straordinariamente scorrevole e, ça va sans dire, anche molto piacevole.

Château Le Pin – Pomerol 1998

Al naso l’incipit è un tripudio di amarene macerate, cassis, cioccolato fondente, tartufo e un tocco di melassa. La nota verde e sottile della foglia di fragola si affaccia timidamente, fino a diventare prorompente nel prosieguo e anche al palato, dove si trova conferma dei sentori e dei profumi avvertiti poc’anzi, e in cui diventa prevalente la nota ferroso-ematica, di brodo dashi, con l’alga in evidenza. Un sostegno umamico importante, questo, che termina con una punta di piccate, di mostarda, e un lieve sentore di salsa di soia. In bocca è teso, persistente e lungo, lunghissimo, ma con tannini avvolgenti e voluttuosi. In poche parole, un grande Merlot!

Andrea Grignaffini

Trinoro – Tenuta di Trinoro 2018

In memoria del genio di Andrea Franchetti un assemblaggio di Cabernet Franc e Merlot che rappresenta lo stile personale ma internazionale del suo creatore. Una sorta di omaggio a Bordeaux in un sorso potente, ricco ma sfaccettato. 

Arnaud Lopez Hautes-Côtes de Nuits Rouge Pinot Noir 2019

Una micro produzione su quattro etichette e tre diverse denominazioni per questo produttore biodinamico che macera a grappolo intero per tre settimane e affina in barrique usate. Il Pinot Noir è verace e profondo con gli umori della terra e dei suoi piccoli frutti.

Avanguardia Triple ANuovo Paradisetto Rosso 2020

Dalla nuova azienda agricola delle Triple A e dalla mente combinata di Luca Gargano e Fabio Luglio un vino, imbottigliato nella mitica bottiglia di Caroni, che ha il soffio del mare e un sorso fragrante di frutti rossi che invoglia a quello successivo.

Orazio Vagnozzi

Vega Sicilia – Unico 1970

Vino dall’intensità aromatica prodigiosa e dall’integrità stupefacente, Vega Sicilia Unico 1970 da una parte esprime forza e poderosa struttura, dall’altra eleganza sublime. Immenso.

Rousseau – Chambertin Grand Cru 2010

Modello di purezza ed eleganza lo Chambertin 2010 di Rousseau un vino che incapsula tutto quello che rende i vini di Borgogna così avvincenti, grazie a un profumo intenso di lampone e amarena e un sorso in cui dolcezza, setosità dei tannini, acidità succosa e sapidità stanno in vibrante equilibrio. Magnifico.

San Salvatore – Paestum Fiano “Pian di Stio” 2016

Dall’azienda agricola San Salvatore di Boscoreale, nel cuore del Cilento, un grande Fiano, il Pian di Stio 2016, dall’ammaliante impatto olfattivo di pesca, fico, susina, menta e dal sorso morbido, fresco e sapido e avvolgente e dal finale lunghissimo. Eccellente scoperta. 

Leila Salimbeni

Krug 2008

Uno dei più maestosi, imponenti, autorevoli vintage degli ultimi anni. Apparentemente freddo, scalda il palato di un ardore quasi piccante ma freschissimo: un’accelerazione vorticosa, rapinosa nella successione di fiori bianchi, quasi narcotici, ed irresistibili eco mentolate e balsamiche. Il palato è una sciarada fittissima, e pertanto irrisolvibile, di acqua di mare e dolce di sorgente, vivificata da un’acidità pura e tagliente, adesiva, che ne magnifica tutta la struttura, ancora in nuce.

Marqués de MurrietaCastillo Ygay Gran Reserva Especial 2010

Da un’azienda leggendaria, con sede in uno degli edifici industriali più antichi d’Europa, un vino innocente e vivo, abitato da una grazia serafica e una giovinezza fruttata ma imprevedibile, capace di zigzagare tra note nere ma luminose, e potenti suggestioni vegetali. Il palato, innervato di un succo fresco, è attraversato da una striatura tannica salata e ritmata.

AccorneroBricco del Bosco Vigne Vecchie 2016

Berrei vini come questo dalla mattina alla sera. E non perché sia un vino facile, né perché sia, tantomeno, un vino piccolo. Piuttosto, si tratta di un vino dalla grandissima presenza scenica, ma mascherata da una disinvoltura e da un carisma irresistibile, che fa finire la bottiglia in un baleno. Non ho preso appunti di degustazione ma ho solo scritto, da qualche parte, “l’amore che strappa i capelli“. Un deliquio di carne e spirito.

Gae Saccoccio

NATALINO DEL PRETE – VINO QUOTIDIANO NEGROAMARO DA LITRO A 10.5%

Vino salmastro. Agli antipodi dalla Puglia delle melasse e dei vinoni stucchevoli. Il vino come il pane è nutrimento giornaliero. Negroamaro da litro a 10.5% di Natalino Del Prete, vignaiolo a San Donaci in Salento. Bevanda quotidiana, a ricordare che il vino come il pane è un alimento giornaliero, nutrimento della pancia, energia solare per lo spirito. Succoso, beverino senza risultare banale. Si rischia di berne un litro da soli ad accompagnare un pasto frugale.

Junpei Fukunaga – Vino -Shu 2014

Tempo fa nei pressi di Kobe (prefettura di Hyōgo) in una fucina dove forgiano lame nella maniera tradizionale giapponese, mi viene incontro Ryoici Aoki  che anni fa ha lavorato all’Osteria dell’Arancio a Grottammare dal mitico oste Michele Alesiani. Una volta rientrato in Giappone come ha chiamato il suo ristorante? Osteria dell’Arancio! Vino naturale giapponese di Junpei Fukunaga, Botanical Life: Vin-shu 2014 da uve Muscat Bailey A. Junpei-san ha cominciato da zero, senza aiuti ne finanziamenti, poco a poco affittando appezzamenti in disuso di Muscat Bailey A, ridandogli vita. Frutto integro e croccante, acidità erbacea, succulenza. Leggero e dissetante. Bailey A fu introdotta nell’era Meiji proprio nella regione del Kansai per produrre vino e poi finire come uva da tavola. Gli anziani in giro per il villaggio dicono spesso che facevano fermentare uva a casa di nascosto.

Drogone Lambic – Cantillon 

“Drogone Lambic”. Vino e birra. Daniela & Antonio De Gruttola di Cantina Giardino in collaborazione con Jean Von Roy di Cantillon. Perché una Lambic da vinacce di Drogone è per sempre. Le uve, prima di essere unite al lambic, hanno subito una macerazione pellicolare di 3 mesi in botti di castagno. Cantillon Drogone Lambic (precedentemente etichettato come Aglianico con un’etichetta generica di uva) è un lambic di tre anni macerato per 10 settimane con 300 chilogrammi di vinacce di uva Aglianico in lambic fermentato con fecce lorde di Cantina Giardino ad Ariano Irpino. 

Vania Valentini

Annamaria Clementi 2009

Un Franciacorta in grado di raggiungere, con il tempo, un’intensità e una complessità senza pari. Il millesimo 2009, riassaggiato a qualche anno dall’uscita, impressiona per definizione, profondità ed espressività delle sensazioni olfattive, con le note iodate che si miscelano a quelle, ormai sempre più intense, di torrefazione, incenso. Infine, una bocca avvolgente, salda e freschissima, dalla carbonica raffinata e dalla persistenza tenue, penetrante. Una vera fortuna trovarlo in carta.

Erick Schereiber – Grande Reserve

Chi lo ha detto che i vini biodinamici non possono essere elegantissimi? Il Grande Reserve di Erick Schereiber, pionere della biodinamica champenois a Courteron, Aube, è uno di quegli champagne che stupisce, oltre che per forza ed energia, per eleganza, classe. Una bocca costruita con mano virtuosa, decisa, che si esprime in un sorso scalpitante, dinamico e intriso di sale, agrumi, dallo sviluppo omogeneo e cristallino, puro e roccioso come acqua di sorgente. Buonissimo.

Benoît Lahaye – (Magnum) Brut Nature

Uno dei più bei Pinot Nero (anche se vi è una componente del 10% di Chardonnay ad illuminare la scena) di terra di Champagne bevuti quest’anno. Un vino lirico, che profuma di peonia, viola, frutti rossi e polvere di grafite per un sorso vellutato, ampio e freschissimo. Sa di agrumi, piccoli frutti rossi, è succoso e appagante, di infinita persistenza. Merita la Magnum ma anche un calice ampio per lasciar emergere fino in fondo il suo talento odoroso più raffinato.

Angelo Sabbadin

Lis NerisTal Lùc .1.2 Vino Passito Friulano

Difficile fare di più col Verduzzo, Alvaro Pecorari riesce ad interpretarlo in maniera magistrale. Le sfumature aromatiche fondono note esotiche di fichi, datteri, frutta secca, miele di castagno, agrumi canditi, croccante, biscotto, orzo, cannella, cioccolato bianco e a finire un soffio di zafferano e mirra. Il sorso ha un’avvolgenza straordinaria, vellutata e caldissima la materia ricca che esprime, un viaggio sensoriale che si traduce in un viaggio dei sensi, finissimo, complesso, voluminoso.

Giuseppe QuintarelliRecioto della Valpolicella Classico 1988

Vino che va oltre ogni dimensione, incredibile sotto ogni punto di vista, mai sentito niente del genere. Al naso un gioco di sfumature che partono con marasca, lampone, mora di rovo, mirtillo, prugna che poi virano verso il floreale di rosa e violetta, poi entrano dolci note di humus, corteccia bagnata, fungo…e poi evolvono ancora in un finale che gioca fra il pellame pregiato, legno dolce, ruggine, paprika, incenso, mirra e l’ultimo soffio mentolato. La bocca ha una dimensione, una compattezza e una compostezza indescrivibile, inavvicinabile da qualsiasi vino. Entra con avvolgenza, una parte morbida composta che delizia il palato, un tannino composto di una delicatezza estrema solletica e  gioca con una scia fresco-sapida che lascia senza fiato, impensabile per un vino dolce.

Russiz SuperioreCol Disore 2017 DOC Collio

In ricordo del compianto Roberto Felluga che ci ha premeturamente lasciati. Col Disore al naso è impressionante per ricchezza e intensità, sfilano frutta matura, spezie dolci, fiori gialli, burro fuso, note tostate, di ponka, iodate. Sul palato è voluminoso, cremoso, ricco, opulento, di grande struttura. Il Collio racchiuso in bottiglia con tutta la sua forza e complessità.

Erika Mantovan

Domaine Leflaive – Puligny Montrachet Clavoillon 2002

La vigna vecchia e un’informazione del suolo segnalata da tempo con un’alchimia tra frutto e la sua parte tessitura che non crea armature ma te ne fanno vedere i segni, permanenti, di una capacità di contrastare il tempo con grande classe ed energia. Scintille minerali, talco, un sorso generoso. 

Cogno – Barolo Ravera Vigna Elena Docg 2016

Un esemplare di eleganza, raffinatezza, una sorta di rivolta del nebbiolo che riesce a unire florealità, tannino, morbidezza e capacito di invecchiamento. Una porzione della denominazione che diventa un archetipo di questa MeGa di Novello magnificata in una grande annata.

Vietti – Barolo Brunate Docg 2018

Un’anteprima, tra qualche giorno disponibile nel mercato, che sfoggia un solletichio tannico che fa ammaliare il succo, rendendolo profondo e di densità che non si ferma anzi rimarca uno sfondo balsamico. Persistente e strutturato, il vigneto si palesa più della stilistica aziendale. 

Gianluca Montinaro

Al di là dei sommi nomi di Borgogna e di Bordeaux, sono tre i vini che – quasi sentimentalmente – mi hanno colpito in questo 2021. Fra gli italiani senz’altro un magnifico Chardonnay Curtefranca Doc 2000 di Ca’ del Bosco: uno dei pochissimi grandi bianchi del nostro Paese, magistralmente pensato pour la garde, capace di rivaleggiare alla pari con molti fra i più celebri Mersault.

Spostandomi Oltralpe, indicherei due etichette della Champagne, prodotte solo nelle annate favorevoli e solo in pochissime migliaia di bottiglie: Paul Bara Special Club rosé 2014 e La Côte aux Enfants 2012 Coteaux Champenois di Bollinger. Cremosa nella bolla, suadente negli aromi, piena, tesa e lunga nel sorso la prima; sconvolgente per mineralità, finezza e freschezza la seconda, frutto di una storica parcella en monopole di Pinot Noir di quattro ettari, situata ad Ay.

Riccardo Corazza

Terre Bianche Dolceacqua DOC 2020

Una versione di Rossese memorabile per equilibrio e concentrazione, frutto di un’annata da incorniciare. Ha un naso di geranio, ribes rosso e melograno, poi arriva la macchia mediterranea e le sensazioni di liquirizia amara. La bocca è succosa e piena, salmastra e tesa, con finale sulle note del chinotto.

Palladino – Barolo DOCG Ornato 2017

Uno degli emblemi del terroir di Serralunga, in una versione benedetta. Naso ermetico e riservato, mirtilli, poi sottobosco ed eucalipto, la bocca invece è muscolare, tannini salati, con bellissimo ritorno balsamico a chiudere. Persistenza clamorosa, con un finale ancora sulle note balsamico-fruttate.

Isole e Olena – Chianti Classico DOCG 2018

Un vino che assomiglia semplicemente a sé stesso. Naso molto sfaccettato, note di ribes e fragola nera, poi sottobosco e tocchi balsamici, di eucalipto, con finale sulle note della radice di liquirizia. Bocca di persistenza e tensione e chiusura con ritorno della liquirizia e anche del sottobosco.

Adriana Blanc

TerenziMadrechiesa 2018

Una vera sorpresa in quella zona poco conosciuta, enologicamente parlando, che è la Maremma. Pulito, sottile, di estrema eleganza. Al naso scorza di arancia rossa, in bocca freschezza e sapidità che si infondono in una trama tannica di velluto. Ancora un filo giovane, ma certamente una promessa per gli anni a venire.

Giorgio Mercandelli“U” 2007 Vino biotico rosso

Un vino che racconta una storia incredibile, fatta di viti di oltre 150 anni e delle cure affettuose riservate loro da Giorgio Mercandelli. Uva, storia e filosofia si fondono in un solo fluido che percorre voluttuosamente il calice e infonde benessere nello spirito. 

VenissaBianco 2016

Un’altra storia che merita di essere raccontata, quella di Venissa. Nella piccola isola di Mazzorbo, nel solo ettaro vitato, ogni anno la Dorona di Venezia sfida sale e acqua alta per dare vita a questo vino prodotto in sole 3500 bottiglie. Un’etichetta in foglia d’oro lo rende poi bellissimo, oltre che buonissimo.

Thomas Coccolini Haertl

Montevertine – Le pergole Torte 2018

Dal 1977 è un punto di riferimento fra i toscani, merito di Sergio Manetti e ora del figlio Martino, ma anche di Giulio Gambelli, con la tipica etichetta del pittore Alberto Manfredi. Fra i primi supertuscan che hanno generato questo nome, Sangiovese 100%, l’annata 2018 si fa ricordare. 

Bosio – Franciacorta Rosé Pas Dosé Riserva Girolamo Bosio 2011

È il risultato di 3 giorni di macerazione dopo aver lasciato l’uva più a lungo sulle piante, una cuvée per 2/3 vinificata in bianco; poi 7 anni sui lieviti (sboccatura gennaio ‘19) e 100% Pinot nero. È lo spumante rosé che vorremmo bere sempre.

Anna Beatrice – Vulpis in fabula 2018

Omaggio ai colli reggiani, le mie terre, Anna Beatrice è una piccola cantina di qualità. Un metodo classico rosso da uve 100% Lambrusco Maestri (sboccatura marzo ‘20), prima fermentazione da soli lieviti autoctoni, non è solo una rarità: è soprattutto un ottimo spumante.

Sara Comastri

Marta ValpianiRomagna Albana DOCG “Madonna dei fiori” 2018

È un’espressione fuori dagli schemi per questo vitigno, volta a restituire l’impronta del territorio, piuttosto che a rincorrere la sua potenziale alcolicità e opulenza fruttata. Eleganza composta (fiori, agrumi e spezie), freschezza vibrante, intrigante scia sapida; questo ci donano le vigne vecchie, ubicate sull’antico letto di un fiume. 

Cantina ScuropassoButtafuoco Storico DOC “Vigna Pianlong” 2017

È una dimostrazione delle grandi potenzialità qualitative dell’Oltrepò Pavese. Un uvaggio della tradizione (Croatina, Barbera, Ughetta di Canneto e Uva Rara), un rosso potente e tannico in felice connubio con eleganza e bevibilità. Consigliate almeno due bottiglie: una da godere nell’immediato, e una per testarne la longevità.

Marco de BartoliTerzavia Metodo Classico Brut Nature

Rappresenta la modalità espressiva più innovativa del Grillo della mitica contrada Samperi. Un sorso intriso di Sicilia e di mare, agrumi e macchia mediterranea, una salinità intensa e scalpitante, che stupisce e rapisce.

Laura Bonato

Fattoria San Lorenzo – “Il San Lorenzo Bianco” Igt 2008

Rara e personalissima espressione di verdicchio di Jesi, che solo nelle migliori annate viene lasciato riposare per oltre 12 anni sui propri lieviti. Beva materica, ricca, balsamica e persistente. Da condividere o con cui meditare. Un vino che… “nel concavo cielo sfavilla” e, scoprendoci bambini, ci spinge ad esprimere un desiderio.

Bérêche et Fils – Champagne Rosé Extra Brut

Champagne fine, potente e cerebrale, che colpisce e affonda anche i palati più diffidenti ai rosé. Il timbro e la sensibilità del giovane Raphael, astro nascente nel panorama spumantistico francese, caratterizzano questa cuvée a prevalenza di pinot nero, che si incaglia tra i ricordi per il sorso teso, ricco negli aromi e persistente in bocca, grazie alla lenta fermentazione in barrique e al basso dosaggio.

Veuve Fourny & Fils – Champagne Rosé Extra Brut

Une Famille, un Clos, un Premier Cru” recita l’etichetta di questo rosé de saignée, fortemente autentico e genuino, ottenuto da solo mosto fiore di pinot nero dopo una lenta macerazione delle bucce. Riflessi salmonati e perlagé finissimo, naso sottile e di grande mineralità, sorso pulito e fresco. Una foto senza filtri dei terreni gessosi di Vertus.

In occasione de L’Académie du Champagne, evento organizzato annualmente dal Bureau du Champagne Italia, che quest’anno si è tenuto virtualmente l’1 dicembre, sono stati tanti i nuovi spunti e gli approfondimenti che hanno solleticato la mente dei partecipanti meglio delle bollicine sul palato. Ad esempio vi siete mai chiesti perché “ostriche e Champagne” stiano tanto bene assieme? Il motivo c’è ed è provato dalla scienza.

A fianco degli interventi di Domenico Avolio, direttore del Bureau, di Gaëlle Egoroff, direttrice della denominazione Champagne e coordinatrice dei Bureau du Champagne nel mondo, e di Marco Chiesa, Ambasciatore dello Champagne per l’Europa nel 2010; al centro dei lavori vi è stato l’approfondimento scientifico proposto dal professor Barry C. Smith del ‘Centre for the Study of the Senses‘ della University of London.

Il dato di partenza? Un assunto lapalissiano, talmente evidente da costituire un dogma dell’analisi sensoriale: ostriche e Champagne è un abbinamento perfetto. Ma vi siete mai chiesti il perché? Ecco quindi che il noto professore londinese ci ha fornito la sua spiegazione: un contributo prezioso per comprendere le meccaniche del gusto e, in ultimo, qualcosa di più di quel misterioso tema che è l’abbinamento cibo-vino. Ma procediamo per gradi.

Lo Champagne sta bene con tutto… e con niente

Se quello del connubio con l’ostrica è un binomio particolarmente felice, è ormai dimostrato come lo Champagne si abbini bene a molti alimenti, tanto da essere uno dei vini più facilmente bevibili a tutto pasto. Ma è possibile fare un passo in più. Gaëlle Egoroff ha messo in luce come il consumo di Champagne sia cambiato e, specie in tempo di pandemia, questo vino abbia preso sempre più le sembianze di un ‘comfort food’, un piccolo piacere che le persone si riservavano per sopravvivere alla quotidianità.

E in effetti è celebre la frase del secolo scorso di Madame Bollinger, a testimonianza della versatilità del nettare dorato: “Lo Champagne lo bevo quando sono contenta e quando sono triste. Talvolta lo bevo quando sono sola. Quando ho compagnia lo considero obbligatorio. Lo sorseggio quando non ho fame e lo bevo quando ne ho. Altrimenti non lo tocco, a meno che non abbia sete”. Insomma, lo Champagne sta bene con tutto, ma pure da solo è in grado di donare piacere e appagamento.

Non è solo questione di moda

Bevo solo Champagne” come i più accaniti seguaci dei reality trash sapranno, è il mantra di alcune casalinghe sfacciatamente abbienti che popolano gli schermi dei nostri giorni. Se qualche perplessità permane sulle conoscenze enologiche delle signore in questione (l’avranno mai provato, chessò, un Trentodoc?), il dato che emerge è come questo vino, oltre a simboleggiare una sorta di ‘status’, piaccia davvero un po’ a tutti nel mondo.

Le mode però, si sa, sono effimere, non durano nel tempo; mentre qui abbiamo testimonianze del favore che circonda questo vino provenienti da questo e dallo scorso secolo. Per non parlare del successo che lo Champagne ha avuto in tempi ancor più remoti, quando le referenze più altisonanti presenziavano doverosamente sulle tavole allestite per i banchetti dei potenti e di come anche in Italia lo Champagne rappresenti tutt’oggi la bottiglia delle grandi occasioni. Cos’è dunque a renderlo così unico, prezioso e infungibile, tale da raccogliere consensi trasversali, trascendendo confini geografici e cronologici?

Te lo dice il professor Barry C. Smith

La risposta è nella scienza e, più specificatamente, risiede nel concetto di umami, il gusto di recente scoperta che, a differenza degli altri, piace un po’ a tutti. Uno dei primi gusti del quale l’essere umano abbia conoscenza in effetti, dal momento che è contenuto in dosi massicce nel latte materno. Alcuni studi dimostrano che quello che viene oggi definito come “il quinto gusto” e che normalmente identifichiamo in un cibo quando lo descriviamo come “saporito”, sarebbe presente, in quantità modeste, anche nello Champagne. Questo grazie all’affinamento prolungato sui lieviti, poiché sarebbe il contatto con le fecce a produrre l’acido glutammico, responsabile del gusto umami. Cercando di semplificare si può dire che quello di cui si parla è definito umami essenziale ed è dovuto appunto alla presenza di acido glutammico o di ribonucleotidi (“5’-ribonucleotidi”).

Se i livelli di acido glutammico trovati nello Champagne erano piuttosto bassi, solo leggermente percepibili in termini di umami, i ricercatori hanno scoperto che la loro percezione, e quindi la percezione dell’umami, poteva essere aumentata esponenzialmente qualora si fosse abbinato allo Champagne un altro alimento contenente ribonucleotidi. Un esempio su tutti? L’ostrica. Ed ecco, signore e signori, l’umami sinergico.

Pensavo fosse amore, invece era umami sinergico

Parafrasando il titolo del celebre classico della cinematografia italiana, l’umami sinergico sarebbe dunque alla base di tutti gli abbinamenti meglio riusciti nella storia della gastronomia: spaghetti al pomodoro e Parmigiano Reggiano, uova e bacon, ostriche e Champagne. Ricapitolando, prendi un alimento contenente acido glutammico, abbinalo con un altro alimento contenente nucleotidi e avrai una bomba organolettica pronta a mandare in visibilio i sensi. Attenzione però, perché affinché il trucco funzioni, entrambi i tipi di “umami essenziale” devono essere presenti. Se fosse entrambi dello stesso tipo, per creare un “umami sinergico” dovreste eventualmente aggiungere un terzo ingrediente all’abbinamento.

Solo in questo modo “oltre a conferire un gusto sapido desiderabile, i composti umami possono anche influenzare la percezione di altri composti gustativi, come aumentare il gusto dolce e mascherare l’amaro, rendendolo un attributo gustativo desiderabile in cibi e bevande” (“La sinergia Umami come principio scientifico dietro l’abbinamento di gusto tra champagne e ostriche” – Charlotte Vinther Schmidt ,Karsten Olsen &Ole G. Mouritsen).

Champagne con…

Ed ecco dunque che perfetti per inebriare i sensi assieme al nettare dorato saranno un sashimi di tonno, le capesante con purea di piselli, o ancora un Risotto al Parmigiano. E perché non una pizza, magari con pomodoro e acciughe per creare quella formula – chimica – magica che tanto piace ai nostri sensi.

Una volta individuati gli alimenti con le giuste caratteristiche potrete sbizzarrirvi senza temere di dare vita ad abbinamenti troppo audaci: è tutta questione di umami, lo dice la scienza.