Un’interessante rappresentante di avanguardia enologica
Nato inizialmente come un’attività di ricerca enologica pilotato dal prof. Attilio Scienza (Ordinario di Viticoltura dell’Università degli Studi di Milano), grazie al prezioso contributo della cantina Arrighi, e soprattutto del suo patron Antonio, il progetto Nesos si è rapidamente trasformato in un’interessante rappresentante di avanguardia enologica.
Un file rouge che unisce un passato antico di 2500 al presente. L’idea è quella di far rivivere, ai tempi nostri, il vino che veniva prodotto sull’isola greca di Chio, considerato all’epoca come una vera e propria eccellenza. La particolarità di questa produzione, oltre all’affinamento in anfora, è principalmente riferibile al tempo che le uve di Ansonica passano in profondità nello splendido mare dell’arcipelago toscano ad una profondità di 10 metri. L’uvaggio utilizzato non è da ascrivere esclusivamente al territorio, ma soprattutto alle caratteristiche dell’acino che, grazie alla sua struttura, è risultato l’unico in grado di sostenere, senza deperire, il periodo in immersione.
La degustazione
Il risultato è un vino naturale, dalla spiccata sapidità, acquisita grazie all’osmosi derivante dai cinque giorni nell’acqua marina, dal colorito aureo. Nesos all’olfatto si presenta inebriante, le note eteree sono importanti così come, anche se secondario, il bouquet floreale, ma la predominanza è come preventivabile, un’importantissima nota iodata. Assaggiandolo il vino si trasforma, una morbidezza inattesa accompagna la salinità subito evidente, la quale scompare rapidamente, per poi riapparire, mai eccessiva, dopo qualche istante, lasciando sempre inalterata la freschezza del palato. Nel complesso l’esperienza che regala è senza dubbio coinvolgente; la giovane età del progetto e la necessità in una preparazione tutta da scoprire, di migliorarsi grazie a continui tentativi e sperimentazioni, consentiranno di smussare il risultato finale e regalarci un vino sicuramente unico.
La produzione è estremamente limitata (circa 240 bottiglie all’anno), anche in considerazione della complessità della lavorazione, consentendo di poter replicare, oltre al gusto, anche l’antico appellativo coniato da Plinio il Vecchio che lo definiva “il vino dei ricchi”.