Cachi, kaki, caco
Il paradigma dell’autunno
Chiamato legnasanta in napoletano – pare infatti che il frutto aperto ospiterebbe la caratteristica immagine del Cristo in croce – legata all’iconografica cristiana è anche la sua interpretazione sicula, nel cui seme spaccato dimora un germoglio che somiglierebbe, appunto, alla mano della Vergine Maria. Prodigo tanto di superstizione quanto di virtù (diuretico, energizzante, integratore di vitamine e protettore del fegato), il caco è il paradigma indiscusso dell’autunno, ma nelle cucine d’autore campeggia quasi sempre tra i dolci…
Ouverture
Moma, Andrea Pasqualucci e Federico Cucchiarelli, Roma
Nonostante la lapalissiana dolcezza su cui insiste questo antipasto, da lodare è senz’altro il tentativo da parte dei due chef di delocalizzare un frutto che, proprio nella sua manifesta natura, se opportunamente contrappuntato potrebbe prestare il fianco a tutto il pasto.
Lume, Luigi Taglienti, Milano
Uno dei più grandi interpreti de La Grande Cucina italiana capace di condensare Liguria, Piemonte, Lombardia e tutta Milano, in un sol boccone. Un piatto, questo “minestrone”, capace di parlare sottovoce dell’impressionate talento e della personalità di Luigi Taglienti.
Il piacere della carne
Idylio by Apreda, Francesco Apreda, Roma
Una cucina che dimostrato di poter fare fusion in maniera intelligente e audace, mantenendosi sul filo del minimalismo e del manierismo, con classicità e personalità. Come queste costine di vitello, quintessenza di sapori tardo-autunnali.
Pre-dessert
La Madia, Pino Cuttaia, Licata
Tutto un piccolo compendio di autunno nella cucina delle memorie d’infanzia di Pino Cuttaia. Qui, le castagne si trasformano in wafer da inzuppare in una zuppa di caco e chicchi di melograno.
Enigma, Albert Adrià, Barcellona
Stupirà attribuire questo piatto al re dell’avanguardia. Eppure pochissima audacia alberga nel caco di Albert Adrià, se non la sua collocazione, in un decrescendo di sapidità tra l’ultima portata salata, a base di pomodoro, e la carrellata dei dolci.
Villa Naj, Alessandro Proietti Refrigeri, Stradella
Una cucina dinamica e creativa, territoriale ma capace di svincolarsi, guardando altrove e soprattutto a Oriente, da cui attinge spunti e contrappunti acidi e amari, nonché il rinnovato interesse per l’elemento vegetale, ora centrale, come in questo delizioso predesset, tutto frutta e spezie.
…e tartufo
La Peca, Nicola Portinari, Lonigo
Un grande ristorante, che continua a scrivere la storia dell’alta cucina di “lusso” con un quid tutto suo: il senso di familiarità che solo la vera eleganza sa trasmettere. Emblematico, questo piatto, quintessenza di topos autunnali sia ricchi che poveri; sia alti che bassi.
Kaki e cacao
Trattoria Visconti di Roberto Visconti ad Ambivere
Quando la tradizione gastronomica bergamasca si miscida con la passione per l’orto, da’ vita a una cucina semplice, ma squisitamente agreste e domestica.
Dulcis in fundo
L’Osteria all’Orologio, Marco Claroni, Fiumicino
Un dolce eccezionalmente buono, capace di giocare in punta di fioretto sulla falsariga dolce-salato, non lesinando sulle tonalità aromatiche officinali date dall’intuizione di addizionare di rosmarino il Pan di Spagna.
Pakta, Albert Adrià, Barcellona
Parlando di contrappunti, da sottolineare il delizioso contraltare offerto dallo strategico umeboshi sulla dolcezza del caco, enfatizzato dalla combinazione con la sensazione salata e acida delle prugne. Un dolce tutto in levare.
Enigma, Albert Adrià, Barcellona
In questa occasione, anteriore di un anno rispetto alla precedente, il caco trova una sua degna collocazione tra i dessert, e, precisamente, questa combinazione con rafano e zucca occhieggia tra una banana ossidata e foie gras e un cioccolato e yuzu.
All’Enoteca, Davide Palluda, Canale
Una eccellente rivisitazione del Montblanc da parte del re delle rivisitazioni, Davide Palluda. Un’interpretazione accurata, vestita di tutto punto di altri orpelli autunnali tra cui spicca, oltre alla castagna, proprio il caco.
28 Posti, Marco Ambrosino, Milano
Tutti nel solco del dolce-non dolce sono i dessert di Marco Ambrosino, molto coerenti con la sua personalità votata alla sperimentazione sulle fermentazioni tra cui spicca, per originalità e carattere, proprio questo gelato di miso di tumminia, tempeh di orzo e gel di kombucha di cachi.
Marta in Cucina, Marta Scalabrini, Reggio Emilia
Versione “nostrana” del Mont-Blanc, il Monte Cusna di Marta Scalabrini è l’emblema di come elementi chiave della tradizione locale siano utilizzati per dar vita a preparazioni contemporanee, talvolta inaspettate.
Il Portico, Paolo Lopriore, Appiano Gentile
Il senso sociale come struttura formale dell’esperienza gastronomica: questa, una delle ultime strade imboccate dal grande chef allievo di Gualtiero Marchesi, fautore di una cucina conviviale dove il processo creativo viene restituito all’avventore.
Il luogo di Aimo e Nadia, Alessandro Negrini e Fabio Pisani, Milano
Una cucina elegante, classica nel senso più puro e ispirato del termine, che utilizza la stagione in corso per realizzare un affresco dalle tinte vivaci e accattivanti, come questo dolce: una irresistibile miniatura d’autunno.