Passione Gourmet La Veranda del Color - Passione Gourmet

La Veranda del Color

Ristorante
Via Santa Cristina, 5, 37011 Bardolino VR
Chef Fabio Cordella
Recensito da Gianpietro Miolato

Valutazione

13/20 Cucina prevalentemente classica

Pregi

  • La modernità della struttura, notevole.
  • Il servizio giovane e spigliato.
  • La carta dei vini, sebbene stringata, presta buona attenzione ai produttori locali.

Difetti

  • I prezzi assai elevati.
  • L’assenza in menù del pesce di lago.
  • Alcune preparazioni devono essere aggiustate.
  • Alcune carte di credito, come American Express, non sono accettate.
Visitato il 09-2020

A pochi passi dal Lago, un’elegante struttura alberghiera dal taglio moderno

Fabio Cordella, originario della provincia di Lecce, ha preso le redini de La Veranda del Color a fine 2016, anno di assegnazione della prima stella Michelin, dopo un trascorso come sous chef nella medesima struttura sotto l’egida di Giuseppe D’Aquino prima e Enzo Ninivaggi poi – a cui si deve il raggiungimento del primo macaron. Il locale è situato nell’omonimo hotel, una struttura moderna sita a poche centinaia di metri dal Lago di Garda, riva veronese, nel comune di Bardolino.

Nomen omen dal momento che la “veranda” sovrasta la splendida sala all’aperto, la quale accoglie nelle serate estive una clientela nella maggior parte dei casi alloggiata nell’hotel adiacente.

La precisazione non è peregrina ma inquadra il concept culinario cui sta dando seguito Cordella con la sua brigata: garantire l’immediatezza delle preparazioni a un pubblico più variegato possibile.

Sebbene l’intento abbia una propria legittimità imprenditoriale, e dia seguito a piatti che dimostrano una tecnica nella maggior parte dei casi corretta, è pur vero che, a un’analisi complessiva, presenta un effetto boomerang dagli esiti, ahinoi, discutibili: limitare la sperimentazione, mancando l’obiettivo di definire una riconoscibilità che identifichi la mano (e la mente) alla base dell’ideazione delle portate. Ed è un peccato, perché in almeno due casi le premesse erano assai interessanti.

Un percorso diviso in due, con un’identità da definire

Nella nostra visita abbiamo optato per il percorso da 8 portate, “L’Orizzonte”, proposta che affiancava i menu “Terra”, “Mare” e “Natura”, da 4 portate ciascuno. Per avere una panoramica più completa abbiamo indicato la preferenza per un servizio misto, tra carne e pesce – inspiegabilmente non di lago, per nostra sorpresa. Il risultato che ne è seguito è stato per lo più ben eseguito, ma solo in un paio di casi identitario e memorabile.

Ci riferiamo alla granseola, olio agli agrumi e caviale, in cui la dolcezza del crostaceo si è perfettamente sposata con la lieve acidità dell’olio e la lunghezza iodata del caviale in chiusura, piatto equilibrato ed elegante e, ancora,  ai fusilloni, pesto di aglio nero, stracciatella, scorza di limone, crumble di Parmigiano, il piatto migliore del servizio. La nota leggermente amara dell’aglio, la freschezza del limone, il gioco di consistenze del Parmigiano Reggiano, la struttura della stracciatella, ogni elemento si è sposato con l’altro, rilanciandolo e completandolo per il piacere del palato. Un piatto da mangiare e rimangiare, tanto era ben fatto.

Discorso a parte merita, invece, il risotto con maionese di dragoncello, gelato di ricci di mare, ‘nduja e lime, signature dish dello chef. Nato coi più nobili intenti, ovvero omaggiare la Puglia coi ricci di mare, la Calabria con l’nduja e Verona col riso, ha visto purtroppo concretizzarsi un’irrisolutezza complessiva a causa della presenza del gelato, il quale ha monopolizzato ogni contrasto gustativo, senza che nemmeno la piccantezza dell’nduja riuscisse a modificarne le sorti.

Confermiamo, quindi, il voto dell’ultima visita, coi migliori auspici che possa fungere da incentivo a osare un pochino di più, magari andando incontro al rischio di non risultare immediati a tutti ma avendo il coraggio di onorare la stella che fregia questa tavola e il suo chef.

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