Valutazione
Pregi
- Una tavola degna di nota in una zona in cui c'è ben poco.
- Prezzi encomiabili.
Difetti
- Qualche preparazione con un uso ridondante di alcuni ingredienti.
- Manca un percorso degustazione.
Saracena è un paesino del cosentino, nell’entroterra settentrionale calabrese, con poco meno di quattromila anime. Un borgo che, francamente, non rientra nella cerchia dei più affascinanti della regione, ma riesce comunque a godere di una natura che diventa particolarmente suggestiva salendo verso il Piano di Novacco, alle pendici del Parco nazionale del Pollino.
Saracena non è un paese di passaggio, né giungervi è il massimo della comodità.
A far concorrenza a pizzerie e qualche agriturismo locali, sembra a dir poco eroica l’impresa della giovanissima coppia Gennaro e Rossana Di Pace (poco più di cinquant’anni in due) che dopo lunghi periodi di apprendistato in Romagna, in Svizzera e a Bologna, è rincasata in un territorio difficile, noto a pochi e soltanto grazie alla produzione del Moscato Passito, rarità enoica italiana, presidio Slow Food.
Gennaro è giovanissimo, ha sicuramente passione e soprattutto testa, perché crede giustamente nelle potenzialità di un territorio vastissimo ma ancora trascurato dal turismo culinario.
La sua cucina, con i piedi ben piantati al suolo, è sostanziosa e rispettosa delle stagioni, fatta con tecnica e con cuore, espressione genuina di un territorio patria di eccellenze rinomate a livello mondiale come ‘nduja, cipolla di Tropea, bergamottoIl bergamotto è un agrume coltivato quasi esclusivamente in Italia, in particolare nella provincia di Reggio Calabria. Ha forma sferica o a pera ed è di colore giallo. Il frutto viene raccolto tra novembre e marzo. Non è commestibile (il gusto acidulo della polpa è assai sgradevole), ma è molto ricercato per la sua aromaticità. Se ne ricava un olio... Leggi e liquirizia.
Materie prime a chilometro zero quindi, menzione d’onore per il suino nero di Calabria e lo straordinario manzo locale di podolica, senza dimenticare il pescato del vicino Jonio o del Tirreno, e poi ancora il riso di Sibari e le patate della vicina Sila.
I piatti sono concepiti per piacere, pertanto lungi dall’essere cervellotici, nonostante abbiano una base concettuale che, a nostro avviso, potrebbe essere ancor più evocativa della tradizione.
Crediamo che ci sia ancora da limare qualcosa in termini di raffinatezza, controbilanciando con spinte meno monocordi alcuni piatti in cui rubano la scena note grasse e dolci, e potenziare la concentrazione di alcuni ingredienti per ora soltanto fini a se stessi (vedi polvere di prezzemolo sul risotto o le briciole al nero di seppia sui paccheri, quid pluris soltanto a livello cromatico). Un processo di maturazione che, vista l’ètà del cuoco, è assolutamente normale.
La sala, gestita con garbo da Rossana, è molto curata e caratterizzata da una sobria eleganza.
La familiarità tipica di un’osteria di paese convive con la modernità delle opere d’arte dell’artista locale Claudia Zicari, per una sinergia giovane che fa sempre bene allo sviluppo del territorio.
All’Osteria Porta del Vaglio c’è molta voglia di fare, c’è fermento in una regione ancora in letargo. La nostra speranza è che Saracena, come la Catanzaro di Abbruzzino, diventi nell’imminente futuro un’altra tappa gourmet per la quale valga la pena fare qualche chilometro.
Gli scenografici grissini al burro, oltre che belli, sono anche buoni. Su tutti ricordiamo quelli alla liquirizia e alla ‘nduja.
Burro all’olio emulsionato con limone e rosmarino e…
…pane e panini, tutti degni di nota.
Benvenuto: cannolo di patate e ‘nduja ricoperto di mais con cuore di aceto balsamico e spuma di erborinato profumato al tartufo estivo locale. Molto buono.
Tortino di semolino, miele e moscato di Saracena con salsa alla senape grezza e melanzane saltate. Una composizione che, per i troppi ingredienti dolciastri, non lascia presagire grandi cose ma, in verità, è sembrata ben bilanciata in un’alternanza di sapori del territorio.
Il polpo al pistacchio su crema di ceci e polvere di pancetta ha un gusto anch’esso rotondo ma è decisamente più banale rispetto alla preparazione che lo precedeva .
Piatto difficile e riuscito il riso di Sibari mantecato all’olio d’oliva con curcuma, lavanda, zucchine e, tutt’altro che ridondanti, gamberi rossi locali.
L’intento dei paccheri con crema di peperone fine, pancetta saltata, alici e pane profumato alle erbe e al nero di seppia è quello di reinterpretare la classica pasta “aglio, olio e peperoncino”. E’ un piatto dai sapori decisi, smorzati dalla sottostante crema al prezzemolo. Della pancetta, però, si può fare anche a meno nell’insieme.
Orata farcita di melanzane con acqua di pomodoro. Piatto stagionale, semplice, forse estemporaneo.
Di pregevole esecuzione il filetto di maiale nero di Calabria profumato al pino in crosta di mandorle.
C’è una buona mano anche sui dessert, molto tradizionali, le cui basi di preparazione restano principalmente quelle di pasticceria classica.
Aspic al moscato di Saracena e pesche su panna cotta alla canapa.
Tortino di grano saraceno con frutti di bosco e yogurt bianco. La foto non rende giustizia. Dolce davvero piacevole.
Da una carta dei vini volutamente regionale (registriamo un paio di champagne e singole etichette rappresentative di Sicilia, Puglia, Toscana e Veneto) optiamo per il Grayasusi (100% gaglioppo) di Ceraudo.
E, ovviamente, non ci facciamo sfuggire l’occasione di gustare il notevolissimo moscato passito Viola.
Tavolo.
Una delle opere d’arte.
Ingresso.