Passione Gourmet Lio Pellegrini, Bergamo. Di Carlo Cappelletti.

Lio Pellegrini

Ristorante
Via San Tomaso 47, Bergamo
Chef Lio Pellegrini
Recensito da Presidente

Valutazione

14/20 Cucina prevalentemente classica

Pregi

  • La piacevolezza.
  • I curiosi soprammobili.

Difetti

  • Dal punto di vista strettamente gourmet una cucina un po' naif.
  • I 7 euro di coperto per chi cena alla carta.
Visitato il 04-2011

Ho una profonda invidia per i bergamaschi. Primariamente perchè vivono in una città che adoro, fresca e pulsante. E questo anche proprio grazie alla trascinante vitalità dei suoi abitanti, veri edonisti che escono, si divertono, vivono senza aspettare i momenti convenzionali per farlo. Non come i forzati meneghini dell’apero e del eppiauar, non come gli autoreclusi brianzoli, tappati in casa per risparmiare in attesa di chissacosa.. Ci son giorni in cui perfino io, sgombro dalle abituali pippe mentali, mi sento leggero, più de sura che de sota.  Mi piace allora uscire a pranzo o a cena a Bergamo e provincia, perchè entrando nei ristoranti si coglie al volo  la volontà, da parte tanto dei clienti quanto degli staff di sala, di divertirsi e far divertire, senza troppe pugnette e sovrastrutture ma non senza tutta la professionalità richiesta dalla bisogna. E allora parto in cerca di posti così, sperando ovviamente di trovarvi anche una cucina che mi mantenga aperto il sorriso. La cucina di Lio Pellegrini è buona quindi? Sì, senz’altro, però nella vita c’è sempre un però, come dice il lìder del Piddì? Ah non è lui? Azz, peccato, alle primarie quello l’avrei votato!

Il grosso “ma” è legato alla tipologia di cucina che si fa qui. Uno stile che non può, a questi livelli di notorietà, non essere raffrontato a quello delle mangiatoie più celebrate, ma che rispetto al resto del mondo gastronomico sembra essere rimasto indietro di quindici, venti anni. Prendiamo ad esempio l’antipasto crudo dal menù degustazione di pesce ordinato. Spada, tonno, gambero e alice. Buona qualità, soprattutto nel gambero, certo non quella che ti fa sobbalzare dopo che nella vita hai mangiato gamberi strepitosi sì, pagandoli però quanto l’intero menù o mangiandoli praticamente vivi. Sapori da ricercare lavorando di papilla e di machete nella giungla di limone, prezzemolo ed olio, olio che in un locale di impronta toscana come questo non mancherà mai.
Lo spaghetto allo scoglio!! Erano 10 anni minimo che non ne mangiavo uno indossando le scarpe. Però è fatto bene, sale persino una sorprendente nota di burro in mantecatura (non ho chiesto conferma ma ci è parsa evidente e tutt’altro che dissonante) a stuzzicare l’inconscio del nordico. Peperoncino e limone in dosi discrete ma, devo dire, perfette. Fresca, o meglio bien conservé la materia ittica, sicura la mano, e per sillogismo molto buona la zuppa di pesce (in copertina) che chiude la parte salata del menù comandato. L’olio certo abbonda, ma se non fossimo nel salutista nord che per avvelenarsi invece del gras sceglie il gas non ci faremmo neppure caso.
Visto che la faccenda è stata breve ci scappa l’inzertino, rigorosamente con la zeta. Due mezze porzioni, generosamente scalate a intere (spero, viceversa per l’intera richiederebbe la fiamminga e non il piatto), e ancor più generosamente offerte al momento di tirar le somme.
Agnello al forno, patate, spinaci, polenta fritta. Che bello ogni tanto ritrovare qualche cottura al forno! Un vero peccato, in Quaresima ed in città di comprovata fede, l’unto residuo nella polenta.
Buona la Tartare al peperoncino con verdure crude.
Un assaggio 🙂 di asparagi.

Il dessert accusa gli anni, specie se già non è uno Chanel Vintage di partenza. Semifreddo alla vaniglia, salse al caramello e al cioccolato, amarene Luxardo. Appiattito su tonalità tenuamente dolciastre, senza modulazioni nè cadenze virtuosistiche. Una nenia in fa maggiore.

Carta dei vini decisamente ristretta e poco profonda, per fortuna almeno a prezzi molto corretti. Gradevole, soprattutto a fronte della cifra richiesta (43 euro) il Blanc de Blancs di Simon Selosse, ammiocuggìno di Jacques in quel di Avize. Mica scemo neanche il parente, à mon avis.
Stuzzichino, bello ‘dde panza…
…ed entrata, frittatina imbalsamicata.

Tiriam due somme. Da Lio Pellegrini si mangiano piatti eseguiti in maniera più che corrretta, che attingono ad una tradizione che tradizione non è perché troppo recente per far sobbalzare il cuore, e non stuzzicano la curiosità di chi è in cerca non dico di innovazione, ma almeno di contenuta rivisitazione. Lo consiglierei caldamente? Dipende da chi me lo dovesse chiedere. Ci tornerei a breve? Dalla cucina cerco altro, ma mi son divertito, ma perchè no? . La prossima volta però, si lascia la Clio in garage e si viene con la Delorean.

Lio Pellegrini

4 Commenti.

  • Il Guardiano del Faro13 Maggio 2011

    Ciao Carlo, tutto bene? Che tu sappia, quella sobria etichetta di Champagne è distribuita anche fuori Bergamo ?

  • breg14 Maggio 2011

    arkè gambellara http://www.vininaturali.it/

  • Il Guardiano del Faro14 Maggio 2011

    Merci! ;-)

  • Carlo15 Maggio 2011

    pensa Roby che l'ho incontrato di nuovo meno di una settimana più tardi in un'altra carta in quel delle Marche :-)

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