Passione Gourmet Restaurant Frédéric Simonin, Paris (F). Carlo Cappelletti

Frédéric Simonin

Ristorante
25 Rue Bayen, Paris, France
Chef Frédéric Simonin
Recensito da Presidente

Valutazione

16/20 Cucina prevalentemente classica

Pregi

  • Una certezza per gli anni a venire.

Difetti

  • La moquette ed in generale l'ambiente reso claustrofobico dal troppo nero.
Visitato il 03-2011

390

La scena parigina muta a ritmi impensabili per noi italiani. Certo le aperture, i cambiamenti, e talvolta le chiusure procedono a ritmo serrato per il grande fermento creativo, ma è innegabile che anche la maggiore velocità nell’arrivo dei riconoscimenti e la maggiore reattività della rossa siano un ottimo corroborante per l’espressione dei talenti locali. Per chi non segue da vicino gli accadimenti luteziani il nome di Frédéric Simonin potrà probabilmente suonare nuovo, ma questo 35enne bretone, forte di esperienze presso Le Meurice, Ledoyen e Taillevent, nonchè di recente chef alla Table di Robuchon, in pochi mesi di attività è riuscito a conquistare immediatamente la stella, la terza della sua già lunga carriera. Stella che a nostro parere si sentirà presto sola e avrà bisogno di compagnia. In questo momento infatti l’unico interrogativo che la nostra ottima cena lascia aperto riguarda il legame col cordone ombelicale dell’immenso Joel, tant’è che in carta troveremo non solo il celebre puré, ma anche un dessert già documentato dal nostro oscurocoltello in quel dell’Atelier di hot cotture parigino. Le citazioni sono in carta quindi non si può certo parlare di mancanza di personalità, ma ritengo anche che a questi livelli di talento (e di perfezione tecnica) la sola purea sia già un omaggio sufficiente alla grandezza del Maestro. Volendo esaurire subito gli appunti aggiungo anche che il servizio, simpatico e disponibile, si è reso però protagonista di un numero di errori che a questo livello di cucina, ma anche di prezzi, è davvero difficilmente accettabile. A parte un volo di pani per tutta la sala e l’arrivo dei vini in costante ritardo sui piatti, devo segnalare che l’agognato puré è stato completamente dimenticato ed è giunto in tavola, dopo che lo abbiamo reclamato, quando le nostre fantastiche portate principali erano ormai state terminate. Non è comunque superfluo segnalare che non ci è stato addebitato in sede di addizione.

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Un’altra cosa che salta all’occhio è l’estrema parsimonia nell’arricchire la comanda di quei dettagli che ormai riteniamo quasi diritti inalienabili. Nulla infatti accompagnerà l’aperitivo, l’amuse bouche sarà piuttosto striminzito, e non ci saranno né predessert né piccola pasticceria, se escludiamo le due praline che accompagneranno i nostri caffè.

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La carta dei vini è null’affatto scontata, né per scelte né ahimè per prezzi, già al livello delle ambizioni della cucina. Noi ci affideremo ad una scelta di calici, trovando nel bicchiere vini dal rapporto qualità prezzo ottimo per l’acquisto in enoteca, prezzati tuttavia al calice in maniera davvero poco conveniente. Le note negative, che non riguardano minimamente la qualità di ciò che abbiamo degustato, finiscono qui, perché dalla cucina di questo ristorante sono usciti piatti che, pure non aprendoci nuove prospettive, ci hanno fornito un notevole esempio di ciò che significhino la cura delle cotture, la scelta delle materie prime, l’attenzione per i dettagli.

Si apre con un’impeccabile crema di fegato d’anatra con gelatina al porto e schiuma al parmigiano a stimolare molte zone del palato,

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per proseguire, sullo stesso tema, con la terrina di fuagràdecanar al vin cotto accompagnata da una marmellata di fichi “Sollies-Lerida”.

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Vigorosi e di carattere gli splendidi gamberi “façon marinière” al vino d’Arbois e pepe di Cayenna, al servizio di una materia prima fantastica (foto di copertina).

Non è da meno il San Pietro al burro di yuzu con vongole al cardamomo e cipollotti, piatto in cui è palese la matrice orientalrobuchoniana, finissimo ed equilibrato in ogni componente.

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Più materica senz’altro ma di soddisfazione impareggiabile la costoletta di vitello, dalla cottura inevitabilmente perfetta, con il suo jus alla salvia, presente anche nelle croccanti rissoles in accompagnamento, e patata confit.

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Impeccabile anche il già citato soufflé allo yuzu con gelato al caramello, il cui gioco di temperature e la cui perfezione esecutiva erano già state a buon titolo lodate nella scheda dedicata all’Atelier.

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Guardando al lato culinario “assoluto” per Frédéric Simonin la valutazione potrebbe perfino risultare stringata, ma attendiamo con fiducia che il processo di “svezzamento” si completi e che il ristorante finisca di prendere la propria direzione definitiva prima di lanciarci verso le vette più alte.

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1 Commento.

  • Giovanni Lagnese15 Maggio 2011

    A me, visivamente, quella costoletta di vitello fa chiudere lo stomaco. E anche quel foie mi mette molta tristezza, visivamente parlando. Ma le foto a volte ingannano. Giovanni

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