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Da Lucio

La Romagna ancora in fiore

Raccontarne nuovamente, in così breve tempo dalla nostra ultima visita, significa sicuramente una cosa: ovvero che la trattoria Da Lucio, nel cuore pulsante della cittadina romagnola di Rimini, incalza nella voglia di poter esprimere la sua vis gastronomica. Della tecnica della frollatura della materia ittica è già stato scritto, ma ciò che in questa nostra nuova visita ci ha colpito maggiormente è la valorizzazione del concetto di diversità operata da Jacopo Ticchi e del suo team. Un concetto unico, ma declinato a nostro parere in tre accezioni.

Diversità come territorio…

Anni addietro lo stereotipo turistico aveva relegato la Romagna e suoi territori circostanti ad un conformismo gastronomico secondo cui il diktat gustativo si esauriva in pochi elementi, spesso banalizzati. Oggi la Riviera romagnola e il suo entroterra vivono fulgide primavere, celebrate con prodotti e preparazioni che valicano colline e si gettano a capofitto tra le onde del litorale. Ecco un garusolo abbinato alla polenta con lo squacquerone, a sfatare il mito come già in molte tradizioni regionali italiane, secondo cui formaggi e pesce non quagliano. La carnosità del mollusco, raccoglie il sontuoso intingolo per sposarsi con la cremosa dolcezza dello squacquerone, il tutto ravvivato dalla balsamica nota del finocchietto selvatico che dalle colline e dai lidi romagnoli sembra già proiettarsi verso le adiacenti Marche, dove quest’erba è protagonista.

…diversità tecnica…

La frollatura del pesce rompe gli schemi di quello che poteva sembrare un paradigma meramente terrestre, ma la diversità di Picchi passa anche per un piatto che, in sé, racchiude un bouquet tecnico di vero spessore. Parliamo del riso alla brace con triglia, il suo fegatino ed erbe di campo. Un riso sgranato sì alla vista che ma che in bocca rivela l’uniforme nota croccante data dal passaggio sulla brace rovente. Un blocco di partenza vincente su cui adagiare la triglia appena scottata dal lato della pelle per preservarne la delicatezza delle carni fino a prendere il volo grazie alla salsa di fegato di triglie con le erbe di campo (un ricordo dei golosi ripieni dei cassoni) donando un contrappunto perfettamente centrato al piatto.

…diversità ritmica

L’idea di porre il carboidrato sul versante finale permette di agevolare quel processo di valorizzazione della materia ittica degustata nella sua vera essenza senza arrivare “affaticati” dal carico di pasta e di riso. Ecco dunque la spoja lorda, antica preparazione romagnola che, nella sua irriverenza storica, fa il verso all’opulenza delle paste ripiene emiliane. Romagna vs Emilia, magnifica tenzone. La spoja viene spalmata di un sottile velo di pasta di pomodoro arrosto e poi tagliata nella sua tradizionale forma a losanga. La preparazione è impreziosita da gamberi rosa, fave e piselli. Peccato per l’eccesso di bisque in mantecatura della spoja che tende a sovrastare la delicatezza dell’elemento vegetale.

Unica criticità che tende ancora a manifestarsi, una certa lentezza e insicurezza del servizio, in questo caso sul versante del dolce che ha esatto tempi eccessivamente lunghi, ma che nel computo finale di questa esperienza si rivela minimale.

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La famiglia Ridolfi e il suo Paradise

Un bagno con bar e cucina che, durante la stagione estiva, a pranzo serve i bagnanti dei dintorni e la sera si trasforma in un ristorante di grande qualità e di grande effetto. È il Paradise, dove la famiglia Ridolfi ha il suo regno incontrastato, fatto di pescato locale che in pochi possono vantare, e una mano sulle preparazioni davvero lieve e delicata, nel pieno rispetto di questi straordinari ingredienti.

La carta dei vini annovera etichette davvero importanti ed è seguita personalmente dal fratello dello chef, Luca, che si occupa elegantemente e amabilmente anche del servizio.

Ma sono le preparazioni a parlare per questa splendida scoperta, avvenuta un sabato di metà estate, che ci hanno letteralmente colpito nel cuore. Un uso sapiente delle sapidità, mai in eccesso, e delle panure per la gratinatura, di qualità e mai abbondante e carica. Cotture millimetriche del pesce, quasi un crudo ma cotto, nobilitano gli ingredienti rendendoli veramente eccezionali.

La riscoperta di pesci poco noti nella grigliata, la gola e il filetto di un’orata pescata nelle acque di fronte, che ricorderemo a lungo; delle capesante fenomenali oltre a un crudo di branzino ottimamente abbinato. E poi, ancora, una pasta dalla cottura, mantecatura e sapidità pressoché perfetta.

Dolci all’altezza e servizio informale, sbrigativo ma cortese e molto attento. Da non perdere assolutamente se siete in zona, magari alla sera, per godervi uno straordinario tramonto sul Mare Adriatico.

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Kolibrì: un mondo da raccontare

Ci sono belle storie da scrivere in giro per lo Stivale. Storie di passioni, di fatica, di “testa bassa e pedalare”, di tagli e sorrisi. Storie di uomini alla ricerca di un proprio posto. E il mondo delle cucine non fa differenza, anzi: questo è un mondo dove il sacrificio è pane quotidiano. Ovvio, non si salvano vite dietro a un fornello, ma di sicuro si rinuncia a un grosso pezzo della propria vita personale e questo non può che generare profondo rispetto da parte di chi, come noi, ne gode spesso e volentieri.

Allora, girando per questo mondo del cibo dalle mille sfaccettature, può capitare di imbattersi nella storia di Irvin Zannoni, cuocone nel pieno della maturità con le mani del lavoratore vero, uno di quelli che non ha vissuto da giovanissimo la ribalta mediatica eppure sa dare del “tu” agli ingredienti. Dopo una lunga esperienza alla Capannina di Casal Borsetti si riparte da un altro luogo, apparentemente improbabile, eppure con del potenziale. Basta avere visione.

La sua si è formata sul campo tra le cucine della Riviera Romagnola, dove si impara a stare in trincea e fare numeri, e ferie invernali passate a studiare alla “scuola” di Giancarlo Perbellini. E certamente la lezione dello chef veronese gli è rimasta appiccicata addosso: in alcuni passaggi, al Kolibrì, sembra proprio di tornare ai primi anni 2000, seduti in un tavolo di Isola Rizza. E lo si prenda questo come un grande complimento…

Gusto e sapore

Nello scampo, foie gras, crumble al pepe e salsa alla camomilla c’è tutto quel mondo e quel sapore, quella dolcezza che non stanca ma anzi coccola e avvolge perché supportata da una corretta freschezza. Lo stesso si può dire per il crostino con sgombro e foie gras, boccone lussurioso in cui lo chef riesce a domare il grasso con grande maestria.

Una cucina certamente con un buon carico lipidico, ma non per questo pesante. Magari senza colpi di genio assoluto, ma con una dote impagabile: la pienezza dei sapori. Irvin Zannoni ha palato, ha senso del gusto, e queste sono doti che o ce le hai o non te le inventi. È il senso del gusto a sostenere un fantastico spaghettone dove il guanciale è sostituito dall’anguilla (davvero un grande piatto) o il gambero rosso crudo abbinato alla pesca e alla vaniglia, in cammino spericolato sul crinale tra giusta dolcezza e saturazione del palato.

Di strada da fare ce n’è tanta, in verità più nel contesto del locale, che deve riuscire a trovare una propria identità, smarcando in qualche modo la proposta del menù fine dining da quella dei numeri, di cui il Kolibri ha vissuto e continuerà bene a vivere.

Del resto, si parla già adesso di un ingresso dedicato, di migliorie varie, di revisione della carta dei vini. Insomma, lavori in corso. Nel frattempo, sia che siate seduti nella piccola saletta dedicata al menù gourmet che in quella grande dello storico locale, potrete ordinare indifferentemente le due proposte, quella più tradizionale fatta di grigliate e cappelletti e quella più creativa dello chef Irvin.

Noi teniamo gli occhi ben puntati su questo cuoco dalle indubbie capacità, perché di cucine di impronta classica, ben fatta come questa, non è che ne sia pieno il Bel Paese….

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Pesce di alta qualità nel cuore della Riviera Romagnola

Il vasetto collocato sulla scrivania all’ingresso del locale, ricolmo fino all’orlo di lecca-lecca, dice tutto sulla capacità dei romagnoli di accogliere i clienti: un semplice gesto, dal costo limitato, ma che permette di conquistare qualunque bambino (e, con lui, mamma e papà). Sono i dettagli a fare la differenza, come sempre: la gentilezza, i sorrisi, la voglia di far star bene la gente.

Qui all’Onda Blu hanno capito tutto questo.

Un locale bello, un ex bagno fronte mare ristrutturato in maniera elegante ma prestando sempre attenzione a non intimorire il cliente, tutto giocato sui toni del bianco per lasciare la scena alla luce che entra dalle ampie vetrate che circondano la sala. Una carta dei vini ben costruita, sia per le proposte sia per la correttezza assoluta dei prezzi.

E poi pesce, pesce e ancora pesce. Selvaggio, tutto. E dall’Adriatico, prevalentemente.

Una cucina semplice e piena di gusto

Ricette semplici, che lascino parlare gli ingredienti di alta qualità: niente fondi, ma cotture rapide ed espresse. Proposte rassicuranti, con quel pizzico di estro che permette di scacciare la noia ma al contempo piene di solidità e, vivaddio, di gusto.

Quel soaso al forno non lo dimenticheremo facilmente: un concentrato di mare, carni sode e succose che lasciano apparire anche una buona mano in cucina oltre alla grande abilità nell’approvvigionamento del pesce.

Un locale che ci sentiamo di consigliarvi a occhi chiusi: il prezzo può essere importante (e parlando di pesce pescato, non c’è da meravigliarsi) ma la soddisfazione sarà garantita al 100%.

“Non tutti i locali della riviera romagnola propongono scarsa qualità, esistono luoghi come da Beppe, in darsena a Cesenatico, che fanno della qualità la loro bandiera”

La darsena di Cesenatico è un luogo davvero magico, pieno di locali e stimoli, di imbarcazioni d’epoca e carico di un fascino d’altri tempi. L’ideale per una passeggiata serale e, perchè no, per uno spuntino a tutte le ore, o per onorare il pranzo -ancor meglio la cena- in riva all’acqua.
Da Beppe è già di per sé un locale atipico. Molto conosciuto dagli indigeni è in realtà leggermente defilato dal trambusto e dal chiasso della riva-darsena. E’ però uno dei luoghi magici, pochi a dire il vero, dove la qualità regna sovrana. Qui troverete difficilmente posto a sedere senza prenotare in una qualsiasi sera d’estate, ma anche nella stagione invernale.

Crudi imperiosi, selezionati tutti i giorni dal giovane proprietario che si reca personalmente all’asta del pesce di Cesenatico. Una qualità del pescato invidiabile, ricca e sapida come solo l’Adriatico sa regalarci. Ecco allora comparire un tripudio di mazzancolle, sardoncini, calamaretti ma anche rane pescatrici, gamberi, pesce san pietro, scorfani, mazzole (qui chiamata gallinella) e chi più ne a più ne metta.

E il risultato nel piatto si fa decisamente sentire. Se poi uniamo una griglia davvero gestita da manuale ed un fritto talmente leggero e croccante da non apparire quasi reale il gioco è decisamente fatto. Peccato per la non perfetta cottura delle paste e per i dessert sottotono rispetto al resto delle preparazioni. Ma anche questo disegna chiaramente i tratti distintivi di un locale in cui crudo, griglia e fritto la fanno da padrone.

Con lo sfoggio e l’esibizione di un unico e importante protagonista: la qualità del pescato, prevalentemente di provenienza autoctona.

Il buon servizio, solo leggermente in affanno a locale pieno, e la buona selezione dei vini, con una discreta attenzione alle bollicine e ai bianchi, completano l’offerta di un luogo che anche sul prezzo, tutto sommato, ha il suo cavallo di battaglia, per l’offerta proposta. Da visitare, certamente.