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Acquerello

Silvio Salmoiraghi, o del talento 

Il talento di un cuoco è il palato, senza palato non è nulla”. Questa frase, presa in prestito a Mauro Uliassi, definisce perfettamente cos’è, secondo noi, il talento culinario. Potrebbe apparire riduttivo, a tratti scontato, ma in realtà i cuochi con un palato raffinato sono pochi. Uno di questi alberga e officia in quel di Fagnano Olona. Palato non solo inteso come dote fisica, che è ben presente, con la capacità compositiva dei sapori più inediti e la ricerca del bilanciamento perfetto. Palato inteso anche come sensibilità mentale, e culturale (anche qui, definizione presa in prestito dal nostro Gianni Revello). Ciò significa una profonda conoscenza delle tecniche, della storia, delle preparazioni della cucina classica. Solo così un cuoco riesce, nella sintesi di tutte queste doti, a fare la vera differenza.

Silvio Salmoiraghi, trascorsi importanti con il maestro Gualtiero Marchesi, docente per lungo tempo alla scuola ALMA, lo ripetiamo spesso, è tra i cuochi più sottovalutati dello Stivale. Gli si rimprovera spesso, anche noi lo facciamo, che la sua cucina, seppur fantastica e non ordinaria, è spesso statica e uguale a se stessa. Vero è che i piatti e le preparazioni sono quasi sempre le stesse, in carta, ma ad ogni visita che farete troverete sfumature e importanti variazioni su proporzioni, geometrie e ingredienti. Il piatto evolve, insomma, e lo fa continuamente, al punto che non è mai uguale a se stesso. Ricordiamo nitidamente un grandissimo colpo da maestro che inflisse Salmoiraghi con Vongole e fichi, abbinamento apparentemente assurdo che, però, portò molti colleghi presenti al consesso di Spessore, in Romagna, a strabuzzare occhi e palato.

Salmoiraghi è capace di questo, di infliggere colpi gustativi come nelle Lumache alla finalina o nell’Omelette suprise, in cui il gioco è indovinare tutti gli ingredienti presenti per comprendere sino in fondo dove arriva il talento di questo straordinario cuoco. L’equilibrio degli abbinamenti e delle proporzioni è tutto, e proprio in questo piatto l’esercizio di stile lascia il passo alla meraviglia del gusto. Gusto tutt’altro che ordinario e confortevole, ma con la giusta e moderata spinta amarotico-sapido-acida. Per poi approdare, infine, a una rilettura contemporanea, anzi proiettata nel futuro remoto, del Filetto alla Rossini in cui il fondo vegetale, la melanzana e il sedano rapa sostituiscono la proteina animale egregiamente. Un piatto vegano di una bontà e profondità uniche e inarrivabili.

Un plauso anche al socio e co-chef Choi Cheulhyeuk, ormai in simbiosi totale con il maestro varesino e suo stimolo costante. Cosa manca affinché pubblico e critica si accorgano che, qui, esercita tutto il suo talento uno dei più straordinari cuochi dell’era contemporanea ? Secondo noi, nulla.

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La vera prova dei cuochi di alta cucina è sulle pietanze popolari, che riservano spesso gradite sorprese

Metti una domenica a pranzo, quando la bruma ed una leggera pioggerellina avvolge la provincia varesotta. Quale giornata migliore per un tripudio di bolliti?

Locale pieno, sold out da tempo. Con tanta convivialità, un rumore assordante, parecchia voglia di fare festa. E con l’accoppiata magica, bolliti e Champagne. Uno internazionale e l’altro, che Champagne non è, l’intruso italico non convenzionale. E poi un Pommard, vino ruvido e scalpitante di Borgogna, a chiudere il cerchio.

Il menù della giornata si articola partendo dagli animali da cortile… Galletto e anatra per poi approdare ad un tripudio di fassona, con il cappello del prete di manzo, lo stinco anteriore di vitello e il biancostato di fassona.

Non può mancare infine un tour completo del quinto quarto: lingua e testina di vitello, lampredotto, mortadella di fegato, sanguinaccio fatto come un marzapane (pane e sangue, non patate) e cotechino. Per finire in dolcezza, qualche pezzo selezionato di esofago e stomaco.

E per i dessert… piccola pasticceria (tegole alle mandorle, tegole alla liquirizia, madleine de commercy, cannoncini) e una duplice golosità a base di linzer tart e croque en bouche.

Ci vogliono giornate come questa, la domenica che torna domenica della tradizione italiana.

Speriamo in altri appuntamenti di questo tenore, e non soltanto qui!

Troppo spesso ci troviamo a giudicare cucine creative che non fanno i conti con la storia. Troppo spesso godiamo assaggiando piatti che vivono di emozioni estemporanee, verticali e fatue. Gusti decisi, giovani, nervosi ma poco profondi, facilmente dimenticabili, che creano un divertimento nell’immediato spesso fine a se stesso.
Si rischia di farci l’abitudine: anche il gourmet più preparato tende a lasciarsi trasportare da questo moto effervescente, ma anche poco virtuoso.

Poi succede di accomodarsi alla tavola di uno chef lombardo, Silvio Salmoiraghi, che in punta di piedi ristabilisce l’ordine che i grandi maestri della storia della cucina avevano sapientemente creato.
Uomo schivo e introverso, Salmoiraghi, cela dietro gli occhi stanchi di chi non smette mai di pensare una profondità ed una finezza tranquillamente definibili come straordinari.

È nella semplicità che si esprime la genialità di un autore, che in questo caso si “limita” a creare un’epitome di tutte le opere scritte dai grandi maestri di cucina, alleggerendole, contestualizzandole e rendendole stupefacenti per gusto e umiltà di presentazione. Un racconto che cita Escoffier, Fernand Point, Artusi, Marchesi e Pierangelini. Una storia narrata da una voce esterna tranquilla, calda e rassicurante che accompagna il commensale passo dopo passo immergendolo all’interno della più alta cultura gastronomica degli ultimi tre secoli.

Non ha paura Silvio Salmoiraghi di rimanere vittima della timidezza, postponendo la sua personalità alle citazioni che si sente in dovere di offrire in continuazione. Una cena all’Acquerello è un elegantissmo film di costume, con tempi dilatati e dialoghi caustici, in cui la provocazione è sempre dietro l’angolo senza però essere mai espressa direttamente, cercando di stimolare il senso di malizia nascosto in ogni avventore.

I trompe-l’oeil che accompagnano le pareti della sala sembrano essere messi lì apposta per introdurre ad una sorta di fase ipnagogica attiva, creando così un distacco cosciente dalla realtà tangibile, al fine di lasciarsi completamente avvolgere dalla magia proposta dallo chef. Spezie orientali, tecniche di cottura giapponesi, ricette riprese da manuali ottocenteschi e rinominate in chiave squisitamente italiana. Questa in sostanza la cucina di Silvio Salmoiraghi, che non ha bisogno di spiegazioni perché si dichiara da sé, che non può lasciare interdetti perché è tecnicamente perfetta e gustativamente travolgente, che non può che far riflettere perché questo infondo è forse il suo fine primo. La mugnaia di carne è una geniale intuizione per nobilitare una ricetta comunemente bistrattata, utilizzando la cottura shabu shabu per la carne di vitello e il cervello scottato in padella per ricordare la classica cremosità della versione ittica originale. Il risultato è sbalorditivo per consistenze, gusti e richiami alla memoria.

La delicatezza e il tatto sono il filo rosso di una degustazione fatta di soli colpi da fuoriclasse, in grado di essere compresi dal neofita come di lasciarsi interpretare e studiare dall’appassionato, in un gioco di profondità complesse, da scoprire poco a poco.

L’educato servizio di sala è un puro accompagnamento formale di una cerimonia che specchiandosi non si trova bella come in realtà gli altri la vedono, che vorrebbe di più quando il di più forse non c’è, che probabilmente è inconsapevole della sua levatura e per questo si nasconde in una dimora troppo umile per le sue potenzialità.

Silvio Salmoiraghi è un cuoco eccellente oltre che un uomo intelligente. Basta poco per riuscire a capirlo, basta poco per rimanere folgorati dalle sue qualità, basta accomodarsi ad un tavolo della sua casa e lasciarsi trasportare dalla sua saggezza.

Cocktail di scampo. La salsa fatta con il corallo dello scampo trova il suo bilanciamento nel fiore di pepe fritto, che dona una piacevole nota piccante, acida e speziata. Un cocktail a base di carciofo, cognac e interiora di scampo è stato il perfetto sposalizio di un classico anni ’80 reinterpretato alla perfezione.

cocktail di scampo, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese

Uovo in agrodolce. Una cialda di polenta, pane e aceto copre la preparazione a base di uovo, curcuma, zenzero e peperone. Giochiamo ancora sui toni classici: il benvenuto perfetto.

uovo in agrodolce, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese

Il pane nero.

pane, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese

Il burro, eccezionale.

burro, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese

La mugnaia di carne, semplicemente splendida. Il finger lime dona una nota esotica ad una preparazione che si discosta radicalmente dall’originale, riuscendo comunque a rievocarne gusto e consistenze. Un bell’apporto di spezie ne allunga la profondità, rendendo il tutto ancora più intrigante di quanto lo stravolgimento della ricetta non avesse già fatto.

mugnaia di carne, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese

Il gratin, omaggio a Fernand Point. Passaggio giocato sul caldo-freddo dettato dalla temperatura del piatto (caldo) e della salsa (fredda) a base di menta e parmigiano (citazione a Fulvio Pierangelini). I carciofi, le vongole, la menta, i piselli secchi ed il parmigiano danno vita ad un rincorrersi di sensazioni gustative che variano dal dolce all’amaro, mantenendo una tensione straordinaria. Chapeau!

fernand point, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese

Sorbetto di rabarbaro, genziana, cioccolato bianco e pompelmo.

sorbetto, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese

Si cambia tipo di pane.

pane, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese

Piccione alla milanese con indivia, petto di piccione crudo, acciughe e senape in grani. Davvero grande.

piccione alla milanese, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese

Il secondo servizio del piccione. Questa volta sono le cosce, che fanno da ripieno alle spugnole coerentemente fritte. Non manca mai la nota speziata che fa volare in medio oriente.

secondo servizio piccione, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese

Le anatre, cotte allo spiedo, che nell’arco dei successivi tre servizi ci verranno servite declinate in diversi modi.

anatre, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese

Primo servizio: anatra, caviale, frutto della passione e porro. Millimetrica.

anatra, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese

Secondo servizio: Dim Sum di coscia, con brodo d’anatra e tè nero. Avremmo bevuto tre litri di brodo a testa!

dim sum, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese

Terzo servizio: sovracoscia piccante, catalogna, gamberi e spezie. Il finale perfetto di una cena perfetta.

Terzo servizio, anatra, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese

La piccola pasticceria.

piccola pasticceria, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese

Radicchio, frutta secca, latte di mandorla e Vov. Chiusura di pasto decisamente sopra le righe. I ricordi del tabacco e della liquirizia affiorano subito alla mente. Dessert assolutamente non banale, molto virile, correttamente eseguito sebbene estremamente sapido: la percezione personale, più o meno acuita, di questo gusto ha diviso la tavolata in perplessi ed entusiasti, con un vantaggio a favore di questi ultimi.

Radicchio, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese

Le bottiglie della serata.

vino, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese

vino, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese

meursalt, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese

vino, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese

Il panorama gastronomico italiano è sicuramente in una fase stimolante: da una parte, grandi chef che riescono a portare avanti con successo le loro maison pur essendo molto presenti nella comunicazione, anche generalista; dall’altra, giovani leoni che, girato il mondo, sono tornati in città e in provincia e contribuiscono con vigore a un rinnovamento davvero appassionante.
Ci sono poi, in angoli nascosti, delle gemme di cui si discute poco, talvolta per conformismo e scarsa curiosità di andare fuori dalle rotte più battute, talaltra per desiderio consapevole degli stessi protagonisti.
E’ il caso dell’Acquerello, il cui chef, Silvio Salmoiraghi, ha scelto con decisione, quasi con testardaggine di non apparire mai, di non usare i media tradizionali o innovativi per far parlare della sua cucina, fidando sui suoi notevolissimi mezzi tecnici e sul richiamo che la sua proposta può avere di per sé.
Non siamo certi che la sua scelta paghi dal punto di vista economico, ma non possiamo non dire che per l’appassionato curioso questo locale un po’ retrò ai margini di Busto Arsizio è una tappa obbligatoria.
La cucina di Salmoiraghi è uno straordinario esempio di personalità e anche il richiamo a Paolo Lopriore, con il quale l’affinità è evidente, rischia di non fargli giustizia: i due chef sono anime affini, ma ognuno con una voce originale e penetrante può toccare cuore e cervello del gourmet e lasciargli, a ogni visita, un ricordo indelebile.
Difficile in un pranzo pieno di sorprese nascoste sotto nomi da trattoria (“uovo al pomodoro”, “spaghetti alla carrettiera”) trovare lo zenit, perché di piatti formidabili ce ne sono tanti: forse il coniglio all’ischitana (come direbbero a Napoli “fuiuto”, perché di carne non ce n’è, mentre ce ne sono tutti i sapori, persino le sfumature) si staglia sul resto perché è un esercizio di profondità e leggerezza davvero da maestro. Una cucina così merita solo applausi e, a dispetto dei desiderata dell’autore, che se ne parli anche tanto perché epifanie del genere possano essere godute da più persone possibili.
Lo chef, a voce bassa, presentando alcune delle sue creazioni più avanguardiste minimizza – “faccio cucina italiana” – e nel paradosso c’è anche verità: i richiami sono alla nostra memoria, non localista ma italiana nelle sue varie espressioni, ma mai in modo pedissequo o fintamente innovativo. Non si tratta qui di “rivisitazioni”, titolo elargito con generosità a banali variazioni sul tema, spesso peggiori degli originali: troverete invece lampi, stoccate o nuance sottilissime a rammentarvi piaceri passati in forme nuove.
Carta dei vini non amplissima ma con proposte interessanti, specialmente sulle bollicine d’oltralpe: per noi, un Blanc de Blancs di Pascal Doquet che è un compagno, dissonante e perciò perfetto di una cucina così.
Ambiente in tono un po’ dimesso e servizio “con i suoi tempi” (è normale, a parte qualche aiuto è un one-man-show) non possono compromettere il piacere della visita, che ripeteremo con frequenza perché questo chef ha davvero tanto da dire, suo malgrado.

In apertura, fra gli altri, un soufflé di erbe amare che è un manifesto programmatico in miniatura.
Soufflé, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese
Uovo al pomodoro: più accattivante del seguito, ma già acidità e sfumature aromatiche non comuni, in contrasto col titolo tranquillizzante, fanno capire a che tipo di tavola ci siamo seduti.
Uovo al pomodoro, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese
Insalata di cicoria: piatto formidabile tra amaro della cicoria e sapido-iodato delle altre uova (caviale e uova di persico) che si scoprono sotto la verdura. Ad arrotondare, ma non troppo, il burro alle fragole.
cicoria, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese
Spaghetto alla carrettiera: si può fare diventare elegante un piatto “rozzo” per definizione? Lo si può fare senza usare una pasta di grande qualità? Un paradosso e una sfida con se stesso, vinta.
spaghetti, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese
Insalata di rinforzo: ancora un piatto da ricordare, altro gioco con i nomi della tradizione per un abbinamento tra cappasanta e contrappunti vegetali di rara complessità e “mobilità” in bocca. Un piatto dalle mille sfaccettature.
Insalata di rinforzo, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese
Carpione di mare: un classico dello chef che coniuga bontà della materia, precisione nelle preparazioni (il fritto di calamari spillo è soave) e bellezza della presentazione.
Carpione di mare, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese
Pompelmo, genziana e sedano: la pulizia della bocca in una pralina da re. Genziana dosata al milligrammo ed effetto raggiunto.
Pompelmo, sedano, genziana, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese
Lumache alla finalina: viaggio in un’altra Italia e virata sapida controllata.
lumache alla finalina, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese
Mugnaia: vitello crudo e midollo, piacere quasi primordiale.
vitello crudo e midollo, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese
A seguire, il fantastico coniglio all’ischitana, già in copertina.
coniglio all'ischitana, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese
Friandises, servite prima del dolce principale.
Friandises, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese
Asparagi, cioccolato bianco e cedro: acidità, vegetale, toni amari sapientemente controllati ma non addomesticati. Un dolce non dolce che è un pezzo di bravura anche per chi ama chiusure più classiche.
Asparagi cioccolato bianco e cedro, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese
Due dei buonissimi pani serviti (Salmoiraghi sa fare davvero tutto).
due dei buonissimi pani serviti, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese
Pane, Acquerello, Chef Silvio Salmoiraghi, Fagnano Olona, Varese

Ci sono cuochi dotati di grande talento, per lo più istintivo. In cui la conoscenza delle tecniche non è approfondita, così come la cultura storico-culinaria. Molti non sanno cos’è e come si prepara una salsa Maltese, o non conoscono le motivazioni storiche che hanno portato alla creazione di molte ricette della cucina classica, sia essa quella italiana o quella ancor più importante di stampo francese. E poi ci sono cuochi che invece hanno basi tecniche straordinarie, monumentali, un rigore ed una conoscenza storica approfondita ma, ahimè, una mano poco felice. Quando si riesce a coniugare entrambi questi aspetti abbiamo la certezza di essere al cospetto di un professionista con la P maiuscola. Se poi ci aggiungiamo anche la capacità di saper insegnare tutto questo beh… probabilmente siamo di fronte ad un rarissimo caso di grande levatura.
Silvio Salmoiraghi da Busto Arsizio è tutto questo. E fa specie ritrovarlo in un ristorante della periferia bustocca senza ancora i doverosi e dovuti riconoscimenti che merita.
Ricorda tanto uno dei suoi maestri, quel Luciano Tona da Casatenovo, grandissimo cuoco, sensibile ed innovatore, tra i più sottovalutati interpreti che ci è capitato di incontrare sulla nostra strada. Mai capito ed apprezzato quanto avrebbe dovuto essere.
Riconoscimenti non pervenuti nei tempi giusti, per entrambi, forse anche per via del loro carattere schivo, burbero, apparentemente scostante.
Silvio però se imparerete ad ascoltarlo e piano piano a conquistare la sua fiducia, vi apparirà come un piccolo, geniale, limpido grande uomo. E grande cuoco. Nulla a lui è sconosciuto. La materia, la tecnica, le preparazioni.
Ecco perché la sua cucina oggi è in grado di indurre provocazioni, seppur sempre ponderate e moderate, di tal levatura. Proprio perché, come dice il sommo Bottura, altro grande esponente di questa piccola e ridotta categoria, bisogna conoscere a fondo le tecniche e la storia culinaria per poi poter disperdere tutto quanto e creare una cucina personale, incisiva, graffiante, elegante.
Silvio Salmoiraghi è il condensato di questo pensiero. Cucina graffiante, ma come un gatto, anche ruffianamente accarezzevole. Intrigante e stimolante ma al contempo rassicurante. Precisa, tecnica ma ricca di pathos ed amore, tutt’altro che fredda ed algida.
E poi, infine, coraggiosa. Perché è raro da parte di un cuoco dedicare un piatto ad un collega, Paolo Lopriore, vedendolo quasi commosso e riuscendo, con la grande sensibilità di cui è dotato, a carpirne i tormenti ma anche le profondità più nascoste.
Con l’aggiunta, costante, di provocazione. Perché, essendo conscio dei suoi mezzi e delle sue capacità, non vi farà mancare qualche passaggio per mettervi alla prova, ma è giusto che sia così.
E se poi in sala troverete un angelo diventato umanamente terreno come la dolce e graziosa Giulia dalle Vedove, beh, che altro aggiungere.
Un applauso ad un grande interprete della nostra cucina. Silvio Salmoiraghi, cuoco da Busto Arsizio.

Eleganti entrate…

Storione, Rape, Uova di trota, Olive.

Dripping e Carpione di mare? Gamberi crudi, rossetti fritti, salsa al miele e aceto di riso. Un grande classico dello chef dall’equilibrio fantastico.

Asparagi e Uova.
Asparago bianco e uova di coregone in salsa bernese, Asparago selvatico e missoltini, uovo di quaglia nappato, bottarga.

Dedicato a Paolo Lopriore …
Semi di zucca, polvere di ceci, crema di tabacco, agretti, olive verdi, polenta.

Imperioso shabu shabu di Foie Gras d’anatra, prezzemolo, mirto, salsa al mirto e noci.

Pollo della Valversa in due servizi.
Dim Sum di farina di riso e brodo all’anice.

Coscia alla diavola ai 5 pepi.

Probabile dedica al Maestro Tona.
Cioccolato bianco, gorgonzola… racchiuso in un raviolo di caramello e frutta secca.

Brodo di cacao, the nero e spezie.

E per finire…