Arnaud Donckele rappresenta uno dei talenti più puri prodotti dalla gastronomia francese contemporanea. Cresciuto nelle cucine di vere e proprie leggende come Michel Guerard, Alain Ducasse e Jean-Louis Nomicos approda alla guida del ristorante La Vague d’Or, di Saint Tropez ,a soli 27 anni, nel 2004, e a 35 diventa il più giovane Chef tristellato di Francia.
Oggi gestisce due ristoranti a tre stelle Michelin, dopo l’apertura di Plenitude a Parigi (sempre all’interno di un hotel della catena Cheval Blanc), il quale ha ottenuto gli ambiti tre macarons dopo un solo anno d’apertura, senza che ciò l’abbia minimamente distratto dalla sua precedente insegna, che resta il centro e il cuore pulsante del suo progetto. La cucina di Donckele è classica e moderna al tempo stesso, con piatti complessi, stratificati, estremamente tecnici e studiati nella composizione ma non manieristici perché sempre votati alla centralità del gusto, con un’attenzione maniacale a uno dei capisaldi della cucina francese, le salse, che egli sa assemblare come un grande equilibrista, donando ricchezza e spessore al piatto ma senza mai appesantirlo grazie a un perfetto utilizzo delle note iodate e agrumate.
L’influsso di Ducasse è poi sicuramente presente nella capacità di declinare il classicismo francese in una veste mediterranea, leggera e, talvolta, decisamente fresca nonché nella dedizione assoluta verso il prodotto, che sia esso animale, ittico o vegetale grazie alla collaborazione con una fittissima rete di allevatori e pescatori locali, nonché al proprio personale orto (le Jardin de la Piboule), il tutto per una materia prima autenticamente a chilometro zero.
Il percorso degustazione in cinque atti “Balade Epicurean” si apre con una sequenza di petit four di notevole impatto tra cui spicca l’Ostrica con crema di finocchio con le sue note fresche e iodate e un perfetto fiore di zucchina croccante a fungere da cracker. Si prosegue quindi con l’arrivo del pane il quale, da solo, costituisce già un manifesto programmatico: Pomodoro, basilico e, ad accompagnare, l’olio extravergine d’oliva al posto dell’onnipresente burro. Inizia quindi la sequenza dei piatti principali in cui materia prima e salse di accompagnamento danzano in perfetta sintonia: ecco quindi susseguirsi la Leccia e il granchio marinato agli agrumi con salsa ai “coralli” e bergamotto, piatto fresco e agrumato; l’Acciuga, patate e carciofo con zabaione tiepido di pesce girella, rouille e mandarino in cui il gusto pungente dell’acciuga è magistralmente smorzato dalla ricchezza del setoso “zabaione effimero”; infine, l’incredibile San pietro, uno dei migliori mai assaggiati, con zucchine in varie forme e colori, salsa di aliotide montata all’olio d’oliva e limone, vapore d’ostrica, caviale e vongole, in cui ancora una volta è la salsa a rubare la scena.
Non meno incisivi i piatti di terra, ricchi ma allo stesso tempo equilibrati, come nel caso della Pasta Zitone con tartufo nero, foie gras, carciofi, cappuccino al basilico e salsa perigourdine, omaggio a Jean-Louis Nomicos, e il Medaglione di filetto e animella di vitello con salsa con olive, capperi, salvia e pomodori accompagnato da una Tartelletta di cornetti e cipolle, di ispirazione Provenzale, elaborato a partire da una ricetta della madre di Thierry Di Tullio, impeccabile maître e anfitrione.
In conclusione, La Vague D’Or è oggi un ristorante imperdibile per comprendere la direzione intrapresa dalla cucina francese contemporanea, sospesa tra classicismo e modernità. In tutto questo, non possiamo concludere senza dire due parole sulla location, di grande fascino, sulla baia di Saint Tropez, e sull’impeccabile servizio in sala che consegna un’esperienza senza punti deboli e con pochissimi eguali, in Francia e nel mondo.
Quella della “Résidence de la Pinède” è la storia di un grande successo imprenditoriale, la storia di una famiglia che, partendo dal basso, ha saputo reinventare il modo di fare hotellerie in Costa Azzurra.
E’ la storia di Nicole e Jean-Claude Delion, la coppia dell’Auvergne che ha riportato a nuova vita questa perla dell’ospitalità Tropézienne.
La Rèsidence ha un vissuto travagliato: nasce infatti nel 1936, un periodo in cui Saint Tropez non era ancora quella perla conosciuta oggi in tutto il mondo.
Negli anni 70 e 80 la struttura è in forte decadenza, fatiscente per la gestione disattenta dei proprietari di allora.
Ma Jean-Claude Delion vede in questa hotel alle porte di Saint Tropez un potenziale enorme: la piscina, la spiaggia privata, la magnifica pineta, ogni dettaglio andava solo rimesso a fuoco.
Il grande imprenditore fa questo, vede quello che gli altri ancora non vedono.
Ecco che arriva, nel 1985, la decisione di acquisire la Residence.
Sarà una cavalcata verso il successo.
In tredici anni, Delion riesce a quadruplicare il fatturato con un flusso di cassa di circa 3.000.000 €.
Ma non si accontenta: nel 1996, anche la mitica Réserve à Beaulieu entra a far parte della collezione Delion.
La quinta stella ottenuta dalla Residence nel 2012 è la ciliegina di un percorso netto e folgorante.
Successo dettato anche dall’attenzione della proprietà verso la ristorazione, vero fulcro su cui gira tutta la proposta dell’albergo.
Dall’amico Ducasse, Delion ha appreso al meglio una lezione formidabile: o l’eccellenza, o niente.
Dal 2005 la cucina è affidata al giovane Arnauld Donckele: in 8 anni, questo ragazzo di Rouen è riuscito a ottenere tutti i maggiori riconoscimenti, facendo della Vague d’Or un importante polo di attrazione.
Per capire quante energie sono state dedicate all’aspetto ristorativo, basti sapere che qui è possibile ordinare qualcosa dalla cucina 24 ore su 24.
Il ristorante gastronomico è aperto solo a cena, ma la cucina non si ferma mai, variando la sua proposta nel corso della giornata.
Di grande livello il bar e la qualità dei miscelati: dal classico Americano, fino ai cocktail più creativi (notevole quello al pata negra), la scelta è ampia e la qualità alta.
Americano servito con la Fever Tree a parte
La nostra esperienza
All’arrivo è subito disponibile un servizio di valet parking: il parcheggio è scoperto ma compreso nel prezzo della camera.
L’albergo si trova in una posizione leggermente defilata, ma il centro è comunque raggiungibile a piedi con una comoda passeggiata di una decina di minuti o usufruendo della navetta dell’hotel (ma a pagamento, 5 euro a tratta, richiesta economica davvero fuori luogo in una struttura di questo livello).
L’accoglienza è di altissimo livello ed è probabilmente il punto forte della struttura: lo staff dell’intero albergo è composto da ben 90 persone, tutto il personale è preparato ed estremamente amichevole, il sorriso non è merce rara. Ci si sente a proprio agio dal primo minuto.
La Hall
Il bar
Il concierge parla anche italiano, una risorsa in più per farsi consigliare sulle attrattive da non perdere.
La spiaggia è piccola (è una porzione della spiaggia della Bouillabaisse), ma è l’unica privata a Saint Tropez. Lo stesso dicasi per la piscina, non di grande dimensioni ma riscaldata, quindi utilizzabile anche nelle giornate più fresche.
La spiaggia privata
La piscina riscaldata
Ci sono solo 39 tra camere e suite ed è questo che permette un servizio veramente su misura
Noi abbiamo provato la camera superior con la vista sul cortile: la vista non è ovviamente paragonabile a quella delle camere poste lato mare, ma il doppio terrazzino con sdraio è comunque una buona risorsa. La camera è molto ampia e arredata in modo classico, forse risente un pochino degli anni ma mantiene comunque un buon fascino.
Ottimo il set da bagno (Acqua di Parma).
Nel frigo bar invece i prodotti non sono del livello atteso.
Perfetto il servizio wifi, sia in camera che in tutta la struttura si può navigare ad alta velocità.
La cena alla Vague d’or è una occasione da non perdere: impagabile la possibilità di un cocktail pre-cena vista mare e poi la possibilità di lasciarsi andare a cena sapendo che solo una rampa di scala vi divide dal letto.
Colazione buona, ottimi prodotti, ma per il prezzo extra richiesto (40 euro) potrebbe essere più personale.
I punti forti: servizio, grande barman, spiaggia privata, ristorante
I punti deboli: ogni extra risulta costosissimo, piscina di piccole dimensioni, mancanza di una spa
Cosa fare a Saint Tropez
Noi non possiamo che darvi consigli legati al mondo del cibo.
Quindi niente di meglio che perdersi tra le viuzze della città vecchia, tra boutique di grandi firme della moda e piccoli negozietti con proposte più personali.
Immancabile un assaggio del dolce per eccellenza a Saint Tropez: la Tarte Tropézienne, una pasta brioche aromatizzata all’essenza di fiori di arancio guarnita di zucchero e farcita con una crema al burro ed una crema pasticcera alla vaniglia.
Vi consigliamo due indirizzi:
Marcel et Cavazza
Probabilmente la migliore pasticceria di Saint Tropez. Laurent Cavazza, allievo di Lenôtre, propone la classica tarte in diversi formati: la sua versione prevede zucchero a velo e non semolato. Da non perdere anche i suoi croissants pignons.
21, rue Georges Clemenceau
Tel. 04 94 97 83 53
Aux deux frères
3, rue des Commerçants
Panificio-pasticceria : tutta sostanza e poca forma. Non è certamente una boutique il negozio dei due fratelli André et Thierry Delpui. Ma il pane è molto buono, in particolare le michette fatte con la fecola di patate. E la tarte è da non perdere, brioche morbidissima e profumata.
Se vi trovate a Saint Tropez il martedì o il sabato mattina, non perdete una visita al mercato di Place des Lices. Profumi e colori della Cote concentrati in poco spazio.
Il banco giusto in cui fermarsi è quello di Loic de Salneuve: formaggi di capra, frutta biologica, una tapenade da urlo (molto carica di acciuga) e la crema di castagne da dipendenza.
Pillole da Saint Tropez
Résidence de la Pinède – Plage de la Bouillabaisse 83990 Saint-Tropez | Tel.: 04.94.55.91.00 | Camere a partire da 400 euro | Aperto da aprile a ottobre
Al netto di doverose considerazioni riguardo al costo che comporta un’esperienza del genere non si può non valutare la “Vague d’or”, ristorante del Rèsidence de La Pinède, e il suo grande chef Arnaud Donckele, per quello che sono: una di quelle mete da raggiungere, possibilmente, almeno una volta nella vita con il fine di regalarsi emozioni indimenticabili.
Tutto, dal servizio di sala condotto da Thierry Di Tullio (probabilmente uno dei migliori al mondo), alla location au bord de mer, alla cucina, trova nella classe, nell’eleganza e nella finezza il minimo comune denominatore.
Soprattutto in cucina, poi, ed è ciò che a noi più preme, tutto è giocato in punta di fioretto.
Il percorso di crescita dello chef è stato oltremodo istruttivo e significativo.
Donckele infatti nasce, figlio di un pizzicagnolo, a Rouen in Normandia e passa anni da Michel Guerard, al Louis XV di Ducasse e Cerutti a Monaco e da Nomicos al tempo del Lasserre a Parigi, prima di trasferirsi definitivamente in costa azzurra in una zona di Saint Tropez distaccata dal congestionato e frenetico centro cittadino.
L’excursus professionale è importante per sottolineare ancora una volta, ovemai ce ne fosse bisogno, che anche i cuochi più talentuosi necessitano di solide basi e maestri che le sappiano inculcare.
A questo impianto così valido, dall’imprinting certamente classico, Donckele ha aggiunto una capacità tutta personale di operare con raffinato equilibrio e vivace freschezza, firme indelebili della sua cucina.
Altro pregio non da poco dello chef è l’abilità a coniugare felicemente elementi appartenenti a territori diversi come il Var, in primis, che ospita Saint Tropez, e in senso più ampio la Provenza e il Mediterraneo, operando un mirabile blend fra ingredienti e influssi differenti.
La perfetta sintesi di tutti questi componenti è la sua cucina, forse non clamorosamente azzardata, senz’altro, però, espressione di una levità e di un gusto straordinari.
Nel menù provato nulla è men che soddisfacente e curatissimo nei particolari: basti pensare a una variazione di pomodori che accompagna la leccia, tutti di diversa e adeguata acidità o alla “semplice” oliva ricostruita con acciuga affumicata e nappata da una gelatina al nero di seppia o, ancora, alle verdure selezionate per il pot au feu, tutte di qualità eccellente.
Se poi si va sui fondamentali, qui non ce n’è per nessuno: cotture da manuale, fritture dall’impalpabilità tutta giapponese, salse tirate senza indulgere in eccessiva grassezza, nuance dosate col bilancino definiscono un quadro di livello assoluto.
Persino un passaggio dalla golosità palesemente ostentata e apparentemente fuori contesto come gli ziti al tartufo e foie cela in sedicesimi i principi ispiratori della cucina di Donckele: salse alleggerite ma dal gusto intatto, proporzioni impeccabili, per non parlare della cottura perfettamente al dente del maccherone in un omaggio evidente a Jean-Louis Nomicos ma che chiaramente si riallaccia agli insegnamenti della cuisine minceur di Michel Guèrard.
Il pasto, ambientato in una cornice incantevole, scorre, così, sospeso in una dimensione separata dove gli affanni e le inquietudini appaiono lontani e indefiniti.
Mise en place.
Primo, scenografico, amuse bouche: Marshmallow con arachidi e rosmarino, oliva ricostruita con acciuga affumicata e gelatina al nero di seppia.
Tuile croccante alle alghe e sugo di crostacei.
Tempura di acciughe.
Grande salsa bèarnaise al pomodoro.
Calamaro e polpo in brodo al basilico thai, tartelletta al pomodoro ed erbe.
Selezione degli ottimi pani.
Servizio di burro al timo e olio.
Leccia appena grigliata, avocado e variazione di filetti di pomodoro confit. Grande salsa con bonito essiccato, Lambrusco ed erbe.
Scampo arrostito, verdure crude, dressing di carapace alla maggiorana e pomodoro, gocce di limone…
…gazpacho con le chele…
….ed eterea tempura
Particolare.
Ziti ripieni di tartufo estivo e foie gras, carciofi, nuvola di basilico, leggero pesto, salsa al tartufo. Momento massimamente goloso. Omaggio a Jean Louis Nomicos.
Branzino cotto in alghe, spinaci, caviale, nappata con squisita salsa di abalone.
La guancia con caviale, salicornia, polpa di granchio e nuvola di vervena.
Sorbetto al finocchio su granita di limone e timo con assenzio.
Faraona e aragosta servite con un pot au feu di verdure e un infuso squisito, in stile tè, dei due protagonisti con erbe. La foglia di spinaci cela, in un boccone da re, le interiora della faraona.
Convincente mix dessert formaggio:
Brousse du Rove, formaggio di capra, Yogurth marsigliese di Les Caillols, pera al vino, miele allo zafferano di La Mole (località alle porte di Saint Tropez).
Albicocca e mela verde…
…in solido con infuso di combava…
…e in forma di eccellente soufflé.
Petit fours con, in evidenza, una notevolissima tarte tropèzienne seguita da kumquat e arancia e tartelletta di cioccolato e vaniglia.
Deliziosa mousse di aloe vera e pompelmo a chiudere.
Gran Chenin bianco in purezza, ricco di personalità scelto da una carta dei vini che non brilla causa ricarichi proibitivi (a tratti folli) e con poca personalità sul versante Borgogna e Bordeaux.
Blanc & jaune….
Tramonto di lusso sul lusso….
Vague d’Or reloaded – Roberto Bentivegna
Siamo ripassati in questa oasi alle porte di Saint Tropez in un fine settembre di avvolgente tepore, quasi a farsi beffe di una estate 2014 che non ricorderemo certamente per il sole.
Una cena alla carta questa volta, per approfondire ancora meglio la conoscenza di questo trentaseienne della nuova cucina francese.
Il giudizio è stato solo confermato.
Incredibile il servizio guidato da Thierry Di Tullio, che sfidando ogni conformismo ha voluto con sé una squadra quasi tutta al femminile: uno dei migliori servizi di sala di tutto il panorama europeo.
Stupefacente il team di cucina, con il pastry chef Guillaume Gaudin su tutti, da sempre al fianco dello chef Donckele, pasticcere di cui si sentirà molto parlare in futuro: la sua millefoglie ai dieci agrumi è un vero capolavoro.
E poi la grande cucina di Arnauld Donckele, capace di dare una nuova lettura della cucina classica francese, rivestendola di freschezza e rendendola attuale con una semplicità disarmante.
Mediterraneo da scoprire e gustare in tutte le sue sfumature.
Piatti complessi, completi, volutamente lontani dal minimalismo imperante. Forse non sempre ancora completamente a segno, ma abbiamo chiaramente visto in lui le caratteristiche del fuoriclasse.
Nel segno della assoluta eccellenza.
Una eccellenza che non va ricercata negli abbinamenti inconsueti o nei contrasti sorprendenti, ma nella perfezione dei singoli dettagli, tale da rendere tutta l’opera memorabile.
Gamberoni del Mediterraneo
Sottile fette marinate nel cedro Mano di Buddha, corallo ghiacciato.
Medaglioni e ravioli vegetali in un brodo fatto con le teste e olive
La coda leggermente scottata in un carpaccio multicolore di pomodori
Giardino d’estate e scampi alla maggiorana
Scampi arrostiti, vegetali croccanti al cedro
Tempura
Salsa choron con buccia di limone e corallo
Pasta Zitone accompagnata da una supreme di pollo
Primo servizio: cotto lentamente nella sua vescica
Secondo servizio: cosce, ali, boccone del prete e punta di petto in un brodo infuso come un the.
Agnello in due servizi
Primo servizio: barone di agnello al timo selvatico, jus all’olio di argan, melanzane siciliane con pomodoro e marmellata di cipolle
Secondo servizio: piede, trippe, spalla, animella e rognone
Millefoglie di 10 agrumi leggermente mentolata
Cioccolato nero e lamponi del Var, alcuni al naturale e altri marinate nel cedro Mano di Budda.