Passione Gourmet Plénitude - Passione Gourmet

Plénitude

Ristorante
la Samaritaine 8, Quai du Louvre
Chef Arnaud Donckele
Recensito da Claudio Marin

Valutazione

18.5/20 Cucina prevalentemente classica

Pregi

  • La rilettura della cucina classica francese operata da uno dei più grandi cuochi contemporanei.
  • Il lavoro sbalorditivo su salse vinaigrettes, brodi e jus.
  • La parte dolce di Maxime Frédéric.
  • Un servizio di sala impeccabile.

Difetti

  • I prezzi di Parigi.
  • Molto difficile prenotare (necessario attivarsi con sei mesi di anticipo).
Visitato il 04-2022

Arnaud Donckele e Cheval Blanc: un binomio vincente

La fortunata collaborazione tra lo Chef Arnaud Donckele e la maison alberghiera Cheval Blanc – prima limitata a La Vague d’Or di St-Tropez – ha dato alla luce un’altra gemma, Plénitude, il ristorante di alta cucina situato all’interno della nuovissima sede parigina che, a soli sei mesi dall’apertura, è stato premiato con tre macarons, conseguendo un risultato più unico che raro (l’ultimo esordio in guida con il massimo riconoscimento era rappresentato dal Pavillon Ledoyen di Yannick Alléno). Peraltro, occorre sottolineare come le offerte gastronomiche dei due ristoranti siano ben distinte e originali, ciascuna fortemente influenzata dal contesto d’appartenenza, l’una mediterranea e focalizzata sull’ingrediente, l’altra più tesa a celebrare la classicità della Ville Lumière: in tal senso, non è azzardato affermare che, con l’apertura di Plénitude, il cuoco di Rouen abbia inaugurato un percorso inedito. Un plauso merita, poi, la parte dolce del percorso, affidata a Maxime Frédéric, uno dei più grandi pasticceri francesi – allievo di Cédric Grolet e già responsabile dei dessert de Le Cinq – a cui è stato altresì affidato il Limbar, la pâtisserie-boulangerie situata all’interno dell’albergo.

Un nuovo approccio alle salse: come proiettare nel futuro la cucina classica francese

Il manifesto del ristorante parigino di Arnaud Donckele è chiaro: proporre una visione personale e contemporanea della cucina francese – in particolare, quella della Capitale – attraverso una rilettura dei suoi capisaldi, ovverosia salse, vinaigrettes, brodi e jus. Queste ultime sono le vere protagoniste del menù, in un’inversione della gerarchia classica che, invece, le concepirebbe come accompagnamento dell’ingrediente principale. Infatti, Il personale di sala invita calorosamente l’ospite ad assaggiare innanzitutto la salsa – a cui è costantemente dedicato un servizio di grande impatto estetico, teso a valorizzarla – e, solo in un secondo momento, la portata nella sua interezza. Questo scambio di ruoli tra protagonisti e co-protagonisti ha implicato un lavoro maniacale su complessità – l’elenco dettagliato degli ingredienti di ciascuna salsa è sbalorditivo – finezza e leggerezza, quest’ultima raggiunta mediante l’eliminazione dei “leganti” classici, sostituiti da ingredienti nobili.

Un esempio fulgido in tal senso è rappresentato da Langoustine/Artichocke/Buddha’s Hand, in cui il crostaceo (dalla cottura ineccepibile) è affiancato da una Vinaigrette “Cornaline” che, oltre ad amplificare il sapore dell’ingrediente principale – presente sotto forma di brodo e di uova, queste ultime utilizzate altresì per legare la salsa – aumenta la complessità del boccone con una trama straordinariamente fitta di sentori agrumati, in perfetto equilibrio tra sapidità, acidità e dolcezza (limone macerato, sciroppo di cedro, succo di yuzu, olio di verbena, etc.). Il risultato più entusiasmante è però rappresentato da Trout/Clam/Caviar e brodo “Ode à l’iode”, indovinato connubio tra le note di terra del pesce d’acqua dolce e quelle tipicamente marine (“ode allo iodio”, per l’appunto): sul piatto, si trovano trota, caviale, molluschi, nocciola e salicornia; dall’altro lato, il brodo è invece preparato con una base di pesce, limone caramellato, ramo di melissa, polvere di plankton, succo di abalone, ostrica piatta e olio al limone. In sparuti passaggi – soprattutto in Veal/Morel/Wild Garlic e nei benvenuti iniziali – si è invece avuta la sensazione che la costruzione della portata e il governo della complessità avessero preso il sopravvento sul risultato finale: un assolo in cui al numero mirabolante di note suonate non corrispondono eguali emozioni.

Da ultimo, il dessert, memorabile: un’insalata di agrumi su cui è poggiata una rosa di meringa ripiena di crema al basilico e limone, cui viene aggiunta – in perfetta coerenza col resto del percorso – una salsa denominata Esquisse d’endocarpe (limone macerato, endocarpo di limone, olio d’oliva e di mandarino), a conferire altresì un’elegantissima nota amara.

In conclusione, Plénitude conferma l’enorme talento di Arnaud Donckele, un cuoco capace di costruire piatti tanto complessi quanto ragionati (e, in quanto tali, passibili di più gradi di lettura), il cui livello – lo si ribadisce, già eccezionale –  evidenzia ulteriori margini di perfezionamento.

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