Passione Gourmet Le Meurice, Chef Yannick Allèno, Parigi, di Norbert - Passione Gourmet

Le Meurice, Chef Yannick Allèno, Parigi, di Norbert

Ristorante
Recensito da Presidente

Valutazione

17/20 Cucina prevalentemente classica

Pregi

Difetti

Visitato il 04-2024

Recensione ristorante.

Ah la grandeur dei francesi…
Non quella millantata, spesso sinonimo di arroganza e snobismo che è solo una delle facce dell’ignoranza.
Ma quella vera, che permea anche i luoghi lasciandone trasparire la storia, sia nelle forme che nelle atmosfere, e che non può non colpire l’esteta assetato di bellezza come pure il navigato frequentatore di tavole.
Se ci si siede in questa sala maestosa, ricca di specchi, ottoni, cristalli, boiserie osservando i giovanili e impeccabili commis intenti, come in un valzer, a officiare la liturgia del servizio, si percepisce quasi tattilmente, nella luce che inonda la magnifica location, questa grandezza, imbevuta di passato, e l’armonia di cui grazia ed eleganza sono i canoni principali.
Anche la bontà, che rischia di fronte a certe manifestazioni di passare in secondo piano, qui afferma vigorosamente se stessa grazie all’opera di Yannick Allèno, enfant du pays che ha passato tutta la sua carriera nella ville lumière dove, dal 2003, dirige la cucina del Meurice qui a Rue de Rivoli, nel cuore della Parigi da bere e da visitare.
Trois macarons? Bien sur dal 2007. E, come è ormai caratteristica di tante grandi tavole d’oltralpe e non solo, presi con uno stile molto attuale che non indulge certo in ruffiane pesantezze di sorta, ma che veicola un gusto pieno e alleggerito, tanto da far gestire in scioltezza il suo menu degustazione grande.
Una cucina per definire la quale userei anche il termine classica, aggettivo che, pur volendo a volte dire tutto senza dire niente, in questo caso, è doverosamente riferito agli evidenti e solidi fondamenti su cui lo chef ha basato la sua moderna proposta gastronomica.
Dalla carta dei vini discretamente sciovinista, tanto è sparuta e simbolica la rappresentanza delle altre nazioni, e cara quanto si potrebbe immaginare, ho scelto l’ottimo Pur sang 2004 di Dagueneau buonanima.
Arrivano subito stuzzicanti e rassicuranti bocconcini di formaggio, quasi delle mini crocchette, mentre più interlocutorio è stato l’amuse bouche con gelatina di lumaca di mare, marshmallow alle nocciole e gelatina al vino. Più interessante, decisamente, la mousse al finocchio e ricci di mare accompagnata da mini baguette con burro salato ed alghe essiccate.
Veramente ottima la prima portata del degustazione: il granchio con erbe di campo accompagnato da una splendida salsa al vino bianco di acidità da manuale e da una tuile croccante di alga nori. Di livello assoluto anche gli agnolotti di capesante con salsa al basilico e schiuma all’aglio dolce a nobilitare e animare la texture, solitamente inerte, del mollusco.
Di consumata professionalità il consommé con foie e daikon lesso come pure l’altrettanto nazionalista astice con cavolfiore, patate novelle e crostini di grano saraceno; due piatti ineccepibili che però mi hanno dato la sensazione di un momento di lieve stasi in una fase del menù che sembrava poter decollare verso mete più alte.
Si riparte con lo squisito civet di piccione del Maine e Loira con sedano rapa e tartufo nero, bacon, aglio dolce e carote. Cottura a regola d’arte ma, ancor di più, è da sottolineare, anche qui, lo splendido corredo d’ordinanza, da non dare mai per scontato, di salsa e ortaggi da manuale.
Notevole, infine, la costata con gelatina al basilico e tartufo nero accompagnata da pomodoro alla provenzale che termina le portate salate.
Il formaggio è presentato in forma di ottima mousse di Fourme d’Ambert con liquore alle noci e gelatina alle pere e preclude ai dolci anticipati da una variazione all’arancia con mango e zenzero di cui è da menzionare la divina e commovente crema.
L’acidità del pompelmo rosa domina, seppur mitigata sapientemente da una superba gelatina di limone alla vaniglia, nel primo dolce del degustazione, mentre nel secondo la fa da padrone la rustica classicità di una torta al cioccolato e caramello.
Mal me ne incolse, nel tentativo, dalla carta, di assaporare un dolce con la frutta che mi aveva incuriosito, la cocotte di mela, pera e mela cotogna in fricassea con gelato ai berlingot nantesi, la cui stucchevolezza senza soluzione di continuità, coerente a quella delle caramelle che compongono il gelato, mi ha lasciato un pò perplesso.
Perplessità finale che non fuga la certezza di aver fatto un grande pasto in un ristorante che è una pietra miliare della ristorazione parigina.

Ingresso (foto di apertura)

Sala

Sala

Pane

Burro

Pur Sang 2004

Mise en place

Amuse bouche 1

Amuse bouche 2

Amuse bouche 3

Granchio con riduzione al vino bianco

Agnolotti di capesante con salsa al basilico e schiuma all’aglio dolce.

Consommè con foie e daikon

Astice blu con cavolfiore, patate e crostini di grano saraceno.

Civet di piccione con sedano rapa, tartufo e bacon

Costata con gelatina al basilico

Pomodoro alla provenzale

Mousse di Fourme d’Ambert con gelatina di pere e liquore alle noci.

Predessert

Pompelmo rosa con meringhe e gelatina di limone alla vaniglia.

Torta al cioccolato e caramello

Cocotte di mela, pera e mela cotogna in fricassea con gelato ai berlingot nantesi.

Petit fours

Piccole madeleine.

Pregio: un pezzo di storia gastronomica nel cuore di Parigi.
Difetto: la sensazione che si poteva volare più su.

Restaurant Le Meurice
Rue de Rivoli 228 Paris
Tel +33 (0)144581055
Menù degustazione grande 240 euro, alla carta 250-300 euro circa.

www.lemeurice.com

Visitato nel mese di novembre 2011


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Norbert

10 Commenti.

  • Luciano Perotti25 Gennaio 2012

    19/20 al "Povero diavolo" e 17/20 a questo cuoco straordinario!

  • Luciano Perotti27 Gennaio 2012

    Sono stupefatto dal disinteresse per la recensione sul Meurice. Quasi sempre si sprecano i commenti per cuochi-mezze cartucce e ristorantucoli di provincia. Qui invece si parla - in termini riduttivi secondo me - di uno dei più grandi ristoranti del mondo, e a nessuno gliene frega nulla.

  • divadivina30 Gennaio 2012

    Un 17 .... solo .... .... ma pazienza ... abbaimo capito che i racensori di questo sito hanno altri metri di valutazione .... poverini,.....

  • Davide30 Gennaio 2012

    Non credo che i "recensori" di questo sito abbiano bisogno di essere difesi. Ma due parole forse si possono dire. Pensi che non avrebbe neanche la possibilità di sfogarsi, chiamandoli "poverini", se non avessero deciso, un bel giorno, di condividere le loro esperienze...Cos'è un voto? E' una valutazione opinabile. Opinabile in vari modi, anche molto civili, come il racconto, il resoconto, qualche argomento, per esempio. Credo che questo non sia un luogo dove si impongono le cose, ma un luogo di scambio di storie, di esperienze e di idee. Mi scusi, ci faccia salivare, raccontandoci cosa ha mangiato lei, dal signor Alleno e spiegandoci perché meriterebbe di più. Non è più interessante di un mezzo insulto?

  • Caporalgourmet31 Gennaio 2012

    Ma basta! E' mai possibile che quando uno ha un'opinione diversa dalla nostra deve essere insultato. Comportamento tipicamente italiano, e poi ci lamentiamo di chi ci governa. I gusti sono gusti e tutti nobili, quindi scriviamo se abbiamo da argomentare, se no stiamo zitti. Saluti.

  • Emanuele Barbaresi23 Ottobre 2012

    Forse ci si può far incantare dall'intarsio di stucchi, affreschi, marmi e specchi. Forse ci si può far distrarre dalla danza del personale di sala, lieve e veloce, quasi perfetta, persino piu precisa che nel ducassiano Plaza Athénée, anche se priva di quel tasso supplementare di charme che rende unico il Louis XV. O forse no, e allora, in quel caso, se si riesce a separare il contenitore dal contenuto, il responso è inevitabile: il Meurice non è uno dei migliori ristoranti del mondo e i giudizi delle 2 principali guide francesi sulla cucina di Alleno sono insensati. Nella zuppa di verdure al pesto i sapori non decollano, non esplodono, sono quasi trattenuti. Buonina, ma un po' moscia. Ottimi, invece, i ravioli apparenti di gamberi al lardo di Colonnata in abbinamento, da mangiare con le mani, anche se non è ben chiaro che senso abbiano sotto il profilo del completamento del piatto. Molto meglio l'altra entrée, elegante e finissima, questa sì da palace tristellato: tartare di branzino, bouillon di rape, alga Nori gelatina di yuzu.

  • Emanuele Barbaresi23 Ottobre 2012

    Il commento precedente è partito per sbaglio, ovviamente non era completo... Proseguiamo. Con i secondi si scende, e di molto. Davvero banale la canette delle Dombes alle rape, tagliata sottile e servita con una tatin di cipolle. Ancora peggio, questa volta anche per l'esecuzione, la fricassea di scampi ai girolles e zucchine, latte di mandorla ai fiori di arancio (fatturata 115 euro). Grigia, insapore, gravata da un fastidioso sottofondo dolciastro. Un piatto che, per il suo stile, per un attimo mi ha fatto pensare di non essere in rue de Rivoli, ma in cima a Monte Mario... del resto si tratta di ristoranti che per la Michelin hanno la stessa valutazione... Si risale, com'era immaginabile, col dolce, un impeccabile torta fondente di cioccolato allo yuzu con gelato di caffè. Nel complesso, una cena da 16, con punte da 18, ma i piatti principali da 15. Insomma, alla fine, tutto sommato, ho avuto nostalgia del casino dell'Agapé Substance...

  • Piermario24 Ottobre 2012

    Ti ringrazio molto del resoconto, che aggiunge un po' di sana perplessità al coro di consensi sinora registrato (ma anche nella rencensione di Norbert, a ben vedere, si percepisce qualche 'scricchiolio' nel meccanismo messo in piedi da Alleno). Posso chiederti come collocheresti questa cucina rispetto, ad esempio, a quella di Le Cinq che, ancor più di Ducasse, costituisce, per me, il riferimento parigino all'interno di questa tipologia di locali?

  • Emanuele Barbaresi24 Ottobre 2012

    Purtroppo non sono mai stato a Le Cinq. Metterei il Meurice sullo stesso piano del Plaza Athénée dell'era Moret, ora da Lasserre (che provo stasera). Forse solo un po' più inventivo. Una cucina di palazzo, laccata e cesellata, che fa il suo dovere, ma quanto a carattere lontana dal livello dei vari Passard, Gagnaire, Troisgros, Guérard e Marcon. Restando ai palace, comunque, anche nel più regressivo Louis XV si mangia sicuramente meglio.

  • Piermario27 Aprile 2015

    Un recente passaggio nella nuova casa di Alleno al Pavillon Ledoyen, mi lascia con una supposizione e una certezza. La supposizione (per fare affermazioni più nette mi manca l'esperienza del "prima") è che fuori dal grande albergo di lusso Alleno abbia trovato una sua più consona dimensione espressiva; la certezza è che si tratti di un cuoco il cui percorso merita assolutamente di essere seguito. Il lavoro sulle salse, sulle estrazioni che si fa in questa tavola non credo che abbia molti paragoni nel panorama, certo non asfittico, dell'alta cucina a Parigi. Se piatti come il pollo e soprattuto l'homard, di cesellata perfezione nelle cotture, parlano di una haute cuisine più viva che mai, altre proposte come il civet di triglia coi ricci di mare, la zuppa di midollo e caviale, il soufflé di aringa parlano di qualcosa di più ambizioso e penetrante, di un tentativo di spingersi "oltre" che - tranne forse che per l'eccezione rappresentata da Gagnaire - non si può certo dire che faccia parte del tipico "profilo genetico" del tristellato parigino.

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