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Le Giare

Cucina e sala: una coppia eclettica e affiatata per gourmet “anarchici” a Bari

Bari è riassumibile in una passeggiata per le vie del centro, addentando una focaccia. Un giro per la città vecchia alla ricerca delle sgagliozze o ancora in coda per mangiare i migliori panzerotti. Qui a farla da padrone è sempre stato lo street food. Solo un “folle”, quale Antonio Bufi da Molfetta, chef de Le Giare, poteva pensare di ritornare “a casa” e proporre una cucina ambiziosa, complessa ed estrosa, fatta di tecnica e spasmodica volontà di far mangiare la terra pugliese, nel senso più letterale del termine.

Antonio Bufi da Molfetta ha girato parecchio: in Francia, allievo di Michel Roux, diverse esperienze in Europa e Asia, fino all’incontro con Moreno Cedroni e Gualtiero Marchesi. Il prototipo dello chef tatuato che non lascia indifferenti: cuoco, artista, scrittore, cantante.

A sorvegliarlo a vista, l’altrettanto eclettica e rigorosa compagna, Lucia della Guardia: cuoca, fotografa e ballerina. Custode di una sala sobria ed elegante, con grandi vetrate in cui si muove con naturale scioltezza. Un bel connubio di intenti, maestri di #SerialKitchen – la brigata – e promotori di un’idea ben definita di cucina: fatta di ortaggi di stagione, dell’utilizzo di fermentazioni piuttosto spinte; di incursioni di buon mattino nella murgia barese per raccogliere radici e spezie. Ma, anche evadendo con il pensiero oltre il territorio, nel lontano Oriente, in cerca di quelle contaminazioni capaci di valorizzare e amplificare il gusto.

A Le Giare “Il cliente è un anarchico che decide come e cosa mangiare”

Non lasciatevi ingannare dal nome Le Giare. L’insegna può trarre in inganno: come se sulla porta del Circolo delle Belle Arti di Madrid ci fosse scritto “Casa Di Riposo per Artisti”. La cucina è matura, tanto anarchica quanto essenziale, sulla falsariga di quella semplicità difficile da costruire nel piatto tanto cara a un fuoriclasse come Niko Romito. Il menu è un percorso degustativo generato dall’anarchia mentale dello chef.

Il servizio del pane, già fornisce una bella introduzione del resto del pasto: 18 ore di lievitazione, lievito madre e kefir accompagnato da un olio extravergine di oliva biodinamico da cultivar coratina. Il ricordo al palato di pane spalmato con ricotta forte si va vivo e riporta indietro nel tempo. Il piatto Radici sintetizza al meglio l’idea di semplicità e tecnica: un alternarsi di consistenze e giochi di cotture, con elementi che vanno dalla scorzonera, al topinambur cotto al cartoccio, passando per la pastinaca, il prezzemolo, la cicoria selvatica, il fungo cardoncello. Montagne russe gustative e dinamismo ad ogni boccone

Non meno interessante lo spaghettone Verrigni con crema di anemoni di mare, emulsione di prezzemolo e un sorso di sakè: il gusto robusto degli anemoni di mare, ingentilito da un tocco di oriente per conferire maggiore rotondità al piatto. I dolci chiudono l’esperienza, coerenti al resto del percorso: esecuzione ed estetica sono degne di nota sia nella torta di castagne con cioccolato, marron glacé, gel di alloro e caco fermentato; sia nel riccio di mare rivisto in forma di dessert.

Grazie a due ‘folli’ interpreti del territorio pugliese, anche Bari oggi vanta un valido approdo per ‘anarchici del gusto’. E il risultato merita la tappa senza esitazioni.

La galleria fotografica:

 

Gialuca Gorini è un predestinato. Ha talento, tanto, sensibilità ed una faccia pulita che è lo specchio del suo carattere. Sereno, schivo, gentile, garbato. Ne farà tanta di strada questo cuoco, cresciuto nell’ombra di un altro grandissimo talento, Paolo Lopriore.

E’ buffo osservare come, nello scambio di opinioni a fine pasto, sia evidente il segno che il suo mentore ha lasciato in lui. Il tono della sua voce, finanche le movenze delle mani, la gestualità sono un susseguirsi di citazioni al suo maestro. E’ questo sinonimo di riverenza, riconoscenza, stima e ammirazione. Gianluca riconosce in Paolo certamente il suo più importante Maestro.

Ma non si può dire lo stesso della sua cucina invece. Che si sta facendo di giorno in giorno più scaltra, sfacciata, irriverente e prorompente. E si sta piano piano smarcando, a passi lievi ma distesi, da quella del Maestro. A nostro avviso ci vorrà ancora molto tempo per vedere il vero Gorini, perché l’anima schiva ed umile che alberga in lui deve ancora trovare la sua piena quadratura e identità in cucina. Sia chiaro, lui non copia affatto. E’ semplicemente molto ispirato, finanche innamorato, dei concetti e delle strade percorse da Lopriore.

Quando comprenderà che è già in grado di camminare completamente con le sue gambe, di tessere tele proprie perché enorme è il talento e la stoffa che dimostra, beh… allora avremo trovato un altro nuovo grandissimo autore della nuova cucina italiana.
Senza esitazioni alcune lo gridiamo a gran voce.
Un esempio? Quel brodo, ancestrale, in cui i cappelletti risultano quasi pleonastici. Un brodo primordiale che sa di carne, concentrato e finissimo, senza essere venuto al ben che minimo contatto con la carne. Un insieme di elementi vegetali e aromatici che, per concentrazione, assurgono ad una essenza-umami sensazionale… questo vogliamo!

Già oggi siamo di fronte ad un grandissimo professionista che con stile ed eleganza propone una cucina tutt’altro che banale e scontata. Ancora un po’ troppe le reiterazioni stilistiche, l’utilizzo degli amari, la scomposizione nei piatti in polvere/concentrato per estrazione/ingrediente, a chiudere il piatto. Ancora una cucina in cui il rapporto ingrediente centrale-contorno è a favore del primo. Quando saprà ricreare una nuova proporzione tra i due elementi, rendendo comprimario il primo, e quando abbandonerà le concentrazioni del secondo sullo schema polvere-salsa, questa cucina avrà un salto qualitativo elevatissimo.
Ma, e ne siamo certi, siamo di fronte ad un futuro prodigio.

La favolosa vista.
Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Forlì-Cesena
Il benvenuto dalla cucina: porro essiccato, crema di capra e sesamo nero. Lattuga, bergamotto e polvere di semi di zucca tostati. Tetragonia, aceto affinato in anfora, bottarga di tonno rosso. Nerobitter, arancio, capperi e menta.
Benvenuto, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Forlì-Cesena
Lumachine di mare, estratto al pepe, finocchietto selvatico, finocchio marino, crema di patate cotte alla cenere montate all’olio.
Lumachini di mare, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Forlì-Cesena
Il pane.
pane, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Forlì-Cesena
Scarpette sporche, senape nera, spinacio all’aceto di lamponi, la sua crema e la sua polvere.
Scarpette sporche, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Forlì-Cesena
Cavolfiore all’aceto, aringa e le sue uova, chiodi di garofano in polvere e in estratto.
Cavolfiore all'aceto, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Forlì-Cesena
Spaghettoni di Gragnano, uva fragola, formaggio di fossa e burro all’acciuga.
Spaghettoni, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Forlì-Cesena
Ravioli allo scalogno, cicoria appassita, caprino.
Ravioli allo scalogna, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Forlì-Cesena
Immenso e devastante brodo di semi di zucca tostati, foglie verdi, topinambur e soia con gocce di pepe garofanato, limone al sale e cappelletti ripieni di mora romagnola.
cappelletti in brodo, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Forlì-Cesena
Animella al burro, erba cipollina, te matcha, capperi sotto sale e bietola.
animella al burro, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Forlì-Cesena
Verza, nocciola e mandarino… un lieve incompiuto in cui la marmellata di mandarino non dona abbastanza nerbo acido.
Verza, nocciola, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Forlì-Cesena
Colombaccio, salsa all’alloro, cipolla fondente, salsa alla cipolla soffiata.
Colombaccio, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Forlì-Cesena
Leprotto, Ginepro, rosa canina e corbezzolo. Grande tecnica nella lavorazione del rotolo, in cui l’involucro -il filetto- è contornato da uno strato fatto con il resto delle carni e del quinto quarto. a riprendere quasi un polpettone e a irridere, al contrario in reverse, la farcitura della lièvre à la royale. Rivisitazione, per una volta, riuscita.
leprotto, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Forlì-Cesena
Rognone di coniglio, carciofo e rosmarino.
Rognone di coniglio, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Forlì-Cesena
Pera cotogna, foglie essiccate, tartufo nero, the nero fermentato, mandorla.
Pera Cotogna, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Forlì-Cesena
Spuma di menta, granita di mela verde e liquerizia.
Spuma di menta, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Forlì-Cesena
Lampone, rabarbaro marinato al gin, crema di mandorla amara e gelato al lampone.
Lampone rabarbaro, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Forlì-Cesena
Piccola pasticceria.
piccola pasticceria, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Forlì-Cesena

LEPRE AL SANGIOVESE CHINATO E RADICE DI RABARBARO

“Non c’è tensione in un quadro, se non c’è lotta con l’oggetto… Nell’arte astratta invece, non essendoci più il riferimento alla realtà, rimangono solo l’estetica del pittore e le sue povere sensazioni. Non c’è tensione”. Non valgono solo per Francis Bacon, queste considerazioni sul figurativismo. Che in cucina significa aggancio a una ricetta codificata: un rimando alla tradizione che per chi pratica avanguardia può significare un livello espressivo in più, oltre il libero gioco gustativo.
È il caso di Gianluca Gorini, che da due anni si diverte alle Giare di Montiano a gettare guanti della sfida ai nostalgisti. I tortelli burro e salvia come l’agnello con i carciofi e altri classici regionali, icone del comfort food condotte oltre la soglia della disobbedienza. La stessa operazione di questa lepre, che segna il primo approccio da chef alla cacciagione.
La materia è familiare fin dalla trattoria marchigiana, che il papà e lo zio cacciatori rifornivano di tordi da infilare sullo spiedo e lepri da tuffare nel salmì. Approfondita al fianco di Paolo Teverini e Paolo Lopriore, a Montiano viene trattata in modo contemporaneo: appena una leggera frollatura per fare maturare i profumi e un passaggio sottovuoto con una bacca di ginepro, senza quel ricorso alla marinatura che segna la culturalizzazione dell’ingrediente estraneo. “Mi piaceva l’idea di mettere in carta una carne così nobile, che era rimasta un po’ relegata al focolare di casa, forse per ragioni burocratiche. Perché in Italia la caccia è cultura, ma secondo me dopo maestri come Teverini e Pompili si era un po’ perduta. Mi sono messo in cerca di lepri che sapessero di selvatico, dal corredo olfattivo non addomesticato, neppure pulite tanto bene. Le ho trovate a Monzuno, da Zivieri: non più solo ungulati da caccia selettiva dell’Appennino tosco romagnolo, ma da quest’anno beccacce, colombacci, alzavole, pernici e lepri dei nostri boschi, secondo la stagione. Le lavoro come il coniglio: le cosce e le spalle per il ragù; a parte il lombo e le costoline appena spadellate nel burro. Una cottura leggerissima, volta a preservare la carica ferrosa ed ematica”.
A scortarle guarnizioni che evocano la classicità: al posto di jus e fondi, che pure Gorini ha sperimentato, una riduzione del Sangiovese chinato uscito dagli alambicchi di Baldo, carismatico alchimista romagnolo. Il minimo indispensabile per una consistenza lucida e sciropposa, in grado di esaltare le note amare della china e del cacao che l’aromatizzano; più qualche goccia di centrifugato di corteccia di china. Lepre, vino rosso, spezie e cioccolato: mancherebbe solo la frutta, se non ci fosse la purea di rabarbaro, cotto in forno e poi passato al setaccio.
La più classica delle idee sottoposta a svolgimenti moderni, nelle cotture e nella integrità degli ingredienti. Alla ricerca della sua carica disobbediente: quella collisione fra amarezza e acidità che rappresenta un diabolus in bucca, capace di restituire agli abbinamenti tramandati la loro originaria carica di trasgressione

 lepre al sangiovese chinato e radice di rabarbaro, Chef Gianluca Gorini

Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Cesena

Il mondo della critica gastronomica si muove spesso alla stregua di un insieme apparentemente disordinato di corpi celesti.
Come per gli astri, però, accade che anche opinioni abitualmente distanti finiscano periodicamente per allinearsi sulla medesima linea di entusiasmo verso una nuova cucina, talvolta con rincorsa al baudiano “l’ho scoperto io!”, e Gianluca Gorini è, in ordine di tempo, l’ultimo chef riguardo al quale non si sia ancora sentita una voce fuori dal coro di elogi.
Il fatto suona in prima battuta sorprendente, non certo perché Gorini, da circa un anno al comando della cucina delle Giare, non meriti il giusto riconoscimento del proprio considerevole talento, quanto perché in fondo la cucina di Gianluca non rinnega affatto il forte legame dello chef con Paolo Lopriore, divisivo per eccellenza della ristorazione italiana.
In un secondo momento, però, ossia quando dalla lettura e dalla vista dei piatti si passa all’assaggio delle preparazioni, la mano di Gorini si rivela in realtà meno spigolosa, coraggiosa sì nell’azzardare qualche soluzione inconsueta ma anche più cauta, in particolare negli antipasti.

Lo stile personale di Gorini ci pare si stia delineando mediante la giustapposizione dell’amaro prediletto da Lopriore e di componenti, soprattutto aromatiche, di maggior immediatezza, o all’aggiunta di un elemento estraneo, spesso di matrice acida o tannica, a ricette di tradizione. Il risultato è senz’altro meno estremo, non chiarissimo sul piano delle intenzioni in una quaglia dove non tutti gli elementi sembrano indispensabili, ma in alcune occasioni entusiasmante, con un piccione che resterà a lungo nella nostra memoria.

Nel nostro percorso guidato, il più ampio fra i tre a disposizione (denominato Cliffhanger), al di là di una veniale cottura sfuggita, non abbiamo potuto che ammirare una tecnica assai sviluppata.
Gli appunti più rilevanti, infatti, non vanno in realtà ai singoli piatti, che sono saliti di livello nel corso del pranzo, ma ad una costruzione d’insieme che potrebbe fare a meno di qualche ricorsività e meriterebbe di essere pensata in modo da permettere ai piatti di avere un maggior risalto.
In questo senso abbiamo trovato eccessivamente simili i primi due antipasti e soprattutto i due dessert, entrambi virati su temperature (assai) fredde.
Ciò non toglie che il Fucsia, alla fine del 2014, sarà probabilmente nella nostra top ten dei dessert dell’anno.

Classe 1983, e un livello già molto alto. Pensiamo sia presto anche solo per chiedersi se Gorini fra 5 anni sarà fra i primi tre chef italiani o “solo” fra i primi venti.
Di certo con la riapertura delle Giare l’Italia ha un altro ottimo ristorante in più. Per gli oracoli si prega di ripassare.

Piccolo giro di snacks, con a sinistra l’ottima gelatina di Bitter.
snacks, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Cesena
Particolare.
snack, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Cesena
Seppiolini ferro e fuoco, granita di lattuga di mare, salicornia, pepe, per un bell’inizio.
seppioline ferro e fuoco, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Cesena
Anguilla in insalata cotta al fumo di brace, insalata e spremuta di acetosa. A parte la cottura problematica nel piatto di uno dei commensali, anche la fruizione del piatto potrebbe esser resa migliore. Inoltre la scelta di presentarla come antipasto nel degustazione (in carta è un secondo) causa un leggero squilibrio nelle porzioni.
anguilla in insalata, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Cesena
Quaglia, camomilla, finocchio, finocchietto e mandarino. Molto accentuato il sentore della camomilla, soprattutto rispetto alla temperatura di servizio.
quaglia, camomilla, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Cesena
Il gioco di aggiungere un elemento disturbante ad una ricetta consueta funziona alla grande nelle eliche con lumachine e bergamotto…
eliche con lumachine e bergamotto, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Cesena
…così come nei tannici ravioli di erbe selvatiche con burro di malga, salvia e parmigiano 36 mesi affumicato.
ravioli di erbe selvatiche, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Cesena
Di tono classico il rombo con cozze e cipollotto alla brace.
rombo con cozze e cipollotto, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Cesena
Semplicemente sontuoso il piccione con ginepro, mirtilli e cassis.
sontuoso piccione, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Cesena
Predessert: sorbetto d’arancia (assai freddo), finocchio e liquerizia.
predessert, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Cesena
Il sensazionale Fucsia: rabarbaro, mandorla amara (che concentrazione!) e lampone.
fucsia, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Cesena
Pane, di notevole fattura.
pane, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Cesena
Piccola pasticceria, in cui spicca la gelée al frutto della passione.
piccola pasticceria, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Cesena
The Bitter end.
bitter, Le Giare, Chef Gianluca Gorini, Montiano, Cesena

390

Recensione Ristorante

“Quel naso triste come una salita,quegli occhi allegri da italiano in gita”

Così Paolo Conte raccontava a modo suo Gino Bartali, l’immortale campione dello sport più amato e praticato dai Romagnoli.
E alla fine della lunga salita che da Montiano porta a Montenovo la tristezza lascerà facilmente il posto all’allegria, la bellezza di quei luoghi dimorerà nel vostro spirito interiore più profondo. Bellezza di un panorama che racchiude le colline e i mari di una gran bella fetta di Romagna, quello che potrete godere dalla terrazza tutta legno, acqua e pelle delle Giare; l’allegria del lavoro di Omar Casali nel saper riportare nel piatto con semplicità e modestia il frutto della fatica e della passione dei tanti piccoli produttori locali (riportati in carta con tanto di indirizzo e numero telefonico).
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