Passione Gourmet Davide Bertellini Archivi - Pagina 3 di 5 - Passione Gourmet

D’O

D'O, Chef Davide Oldani, Cornaredo, Milano

Davide Oldani ci aveva visto giusto in quel lontano 2003. Il primo esponente in Italia del movimento dell’alta cucina pop, tesa a democratizzare un concetto ed un percorso sino a quel momento considerato elitario.
Antesignano di un movimento che è quanto mai attuale e contemporaneo. Un percorso, quello dello chef di Cornaredo, che però non si è arrestato affatto all’atto dell’ideazione. La continua e costante crescita del D’O è lì a provarlo.
Tanto tempo è trascorso e tanta strada è stata fatta nella direzione della pulizia stilistica e gustativa. Oggi i piatti del D’O sono molto più precisi, puliti e gustativamente equilibrati di un tempo. Il dosaggio della nota dolce, connotazione tipica di Oldani, è oggi addomesticata e resa sottilmente elegante, tenuemente presente. Lasciando più spazio a contrasti e ad un caleidoscopio di sapori decisamente più complesso ed articolato. Lo spessore del rigore tecnico, mai mancato o venuto meno, è stato affiancato anche da un percorso di ammodernamento e di avanguardia teso alla leggerezza e pulizia delle preparazioni.
Certo, l’impronta classica di Oldani è ancora marcatamente evidente nelle portate principali, che risentono ancora di un timbro che è connaturato nella storia e nel percorso dello chef. Ma a ben vedere è anche un tratto distintivo intrigante.
Così come intrigante e personale è la timbrica gustativa di questa cucina, adagiata sul sucré-salé ma senza per questo esserne sopraffatta.
Se proprio dobbiamo, quindi, eccepire qualcosa alla cucina di Oldani lo dobbiamo fare sui secondi piatti che rispetto agli antipasti e ai primi risentono più di tutti di quel classicismo appunto in cui i fondi, lo sappiamo, la fanno da padrone e rischiano a tratti di tenerlo un po’ imbrigliato.
Davide Oldani in questi due lustri è riuscito a fare qualcosa di unico e difficilmente replicabile e cosa più importante è riuscito a non rimanere confinato nel suo personaggio e nella sua cucina, che per definizione è appunto pop ma in continua evoluzione.
Sicuramente Davide Oldani è però anche pronto a cimentarsi in qualcosa di diverso e di più complesso, magari in quella Milano che lo ha amato sin dal primo giorno. Ci ha visto bene Re Giorgio (Armani) che ha scelto Oldani per la recente cena di gala in occasione della sua “One night only” di Parigi. E chi sa che un re indiscusso della moda non ne incoroni uno, della cucina.

Mise en place
mise en place, D'O, Chef Davide Oldani, Cornaredo, Milano
Cipolla caramellata, Grana Padano riserva D’O caldo e freddo: un classico a cui non ci si può sottrarre.
cipolla caramellata, D'O, Chef Davide Oldani, Cornaredo, Milano
Cotto-crudo, morbido-croccante, acido-basico: barbabietola un bel gioco per il palato.
barbabietola, D'O, Chef Davide Oldani, Cornaredo, Milano
Insalata amara, carciofo e manioca al profumo di carbone: bei contrasti e bella nota fumé.
insalata amara, D'O, Chef Davide Oldani, Cornaredo, Milano
Panettone e riso alla milanese: nella nuova versione rivisitata il panettone è sbriciolato anziché a pezzetti e il risultato è migliore.
panettone e riso alla milanese, D'O, Chef Davide Oldani, Cornaredo, Milano
Vellutata di cavolo viola e rosso, pisarei, sardine e fichi secchi: un grande piatto che ci ha lasciato senza parole per impatto e consistenza.
vellutata di cavolo viola, D'O, Chef Davide Oldani, Cornaredo, Milano
Pistacchio, bergamotto, matcha e riso in due forme: per noi un po’ troppo dolce.
pistacchio, bergamotto, D'O, Chef Davide Oldani, Cornaredo, Milano
Cassoeula D’O: un classico della cucina milanese ben interpretato da Oldani.
cassoeula, D'O, Chef Davide Oldani, Cornaredo, Milano
Sfera di oliva nera, mela, cavolfiore setato, buccia di lime e uovo affogato.
sfera di oliva nera, cavolfiore, D'O, Chef Davide Oldani, Cornaredo, Milano
Pavé di “Fario” dorato, vino e scorzanera amara: il piatto con meno appeal del nostro pranzo.
fario dorato, D'O, Chef Davide Oldani, Cornaredo, Milano
“Carpione” di sgombro, emulsione di frutta all’olio, alette di pollo e puntarelle amare.
carpione di sgombro, D'O, Chef Davide Oldani, Cornaredo, Milano
Babà al cioccolato, succo di zenzero, carota ed arancia: per golosi incalliti.
babà al cioccolato, D'O, Chef Davide Oldani, Cornaredo, Milano
Crema bruciata di cardi, “Zephir” bianco, origano e tamarindo.
crema bruciata di cardi, D'O, Chef Davide Oldani, Cornaredo, Milano
Barbajada.
barbajada, D'O, Chef Davide Oldani, Cornaredo, Milano

L’ambiente è veramente “unico”: siamo nel ristorante metropolitano più alto d’Italia, all’ultimo piano del grattacielo WJC di Milano. Arredo high-tech e vista a 360° sulla città meneghina. Senza dubbio un locale d’effetto.
Fabio Baldassarre è al ponte di comando di questa astronave ed è riuscito ad imporre un suo stile, una sua linea che corre sul filo della tradizione legata alle sue origini abruzzesi senza trascurare la sua permanenza a Roma, che l’ha praticamente adottato, e le sue esperienze all’estero che gli hanno dato modo di scoprire ingredienti e accostamenti insoliti. (altro…)

Una famosa massima ci ricorda che “dietro a un grande uomo c’è sempre una grande donna”. Contestualizzando l’aforisma in ambito gastronomico il monito si traduce in “dietro a un grande chef dovrebbe esserci sempre un grande maître”.
Già, quella del maître è una figura che è sempre rimasta ingiustamente relegata in un secondo piano (almeno in Italia) rispetto a quella della star della metà nascosta di un ristorante. Oggi per fortuna non sembra più così e il maître sta avendo il suo momento di celebrità. Degno rappresentante della categoria è sicuramente Alessandro Pipero, protagonista assoluto di questo locale quasi omonimo. Pipero è un vero fuoriclasse della sala: in ogni campo ci sono persone normali e altre straordinarie, lui appartiene a quest’ultimo gruppo, senza dubbio.
Molto del successo del Pipero al Rex è sicuramente dovuto a lui. Se è fondamentale che la cucina sia abitata da uno chef di valore, è altrettanto importante che in sala ci sia qualcuno capace letteralmente di “vendere” i piatti ai clienti. E in questo Pipero non lo batte nessuno: sarebbe capace di farvi comprare un’automobile mentre ordinate una carbonara, solo se lo volesse.
Controllo assoluto della sala, attento, premuroso, gentile al punto giusto, bravissimo nel rimanere in bilico su quel sottile filo che separa la gentilezza dall’invadenza, l’attenzione dall’ossessione. Un talento che ci ricorda una scuola d’eccellenza in fatto di pubbliche relazioni a cui Pipero deve molto, quella di Antonello Colonna.
Dato a Pipero quel che è di Pipero, arriviamo giustamente a Luciano Monosilio, un cuoco che interpreta per ora il suo ruolo con altrettanta intelligenza e che ha margini di miglioramento rispetto al buon livello già raggiunto oggi.
La sua è cucina d’impatto immediato, che ti prende subito per la gola. Tanto per capirci la nostra esperienza inizia con lardo di patanegra e mosto cotto, a seguire un marsh mallow di parmigiano, arancio e nocciola.
Tra i ricordi migliori senza dubbio gli stratosferici tortelli d’abbacchio, menta e pecorino, che abbiamo apprezzato per la loro leggerezza e che dimostrano la felice mano di Monosillo nel dosare ogni abbinamento anche in presenza di ingredienti “difficili”. Quindi sapori decisi, ma anche tecnica e bravura nel domarli e presentarli ad una tavola di livello superiore. Tra i consigli che vi lasciamo c’è certamente quello di non mancare l’incontro con la mitica carbonara a cui Pipero deve parte della sua fama.
La cantina dei vini è all’altezza del locale con ricarichi adeguati al contesto: per noi Pipero ha scelto Tignanello e Fiano Ciro Picariello.
Ancora una massima in chiusura, questa volta coniata proprio dal duo Pipero-Monosillo: “essere gourmet è un dovere di tutti… riuscirci un onore di pochi”. Concordiamo.

Lardo di patanegra e mosto cotto.

Marsh mallow di parmigiano arancio e nocciola.

Ferratelle con foie gras di fiori con vino dolce in gel.

Crudo d’oca mela e senape.

Lumache lenticchie e whisky.

Gambero e porcino.

Tortelli d’abbacchio, menta e pecorino.

Linguine mantecate di mare.

Carbonara.

Il cracker di gianduia frizzante e sale maldon.

Piccola pasticceria.

Pane e focaccia.

Ananas pinacolada.


“Un viaggio nelle varie culture e sapori del mondo, la scoperta di una cucina unica con le migliori materie prime provenienti da tutto il mondo”.
Esordisce così la carta di Wicky Pryan, isola felice nel grigio panorama della ristorazione nipponica milanese.
Una personalità complessa e affascinante quella di Wicky. Originario dello Sri Lanka, laureato in criminologia, debutta allo Zero Contemporary Food di corso Magenta a Milano dove diventa la vera star dietro al banco sushi. Dopo qualche anno, alla fine del 2011, fa il grande salto in un periodo dove molti sarebbero rimasti alla finestra a guardare, e apre il suo locale dietro a corso Genova.
Aprendo la carta, il menù è suddiviso in onde, come quelle del mare, e la cena è una cavalcata infinita di profumi e sapori dal mondo.
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Questa valutazione, di archivio, è stata aggiornata da una più recente pubblicazione che trovate qui

Recensione Ristorante

Senza Valutazione

Dopo un periodo di turbolenze che hanno visto il ristorante Trussardi alla Scala nel centro del mirino di critici, food bloggers, giornalisti e chi più ne ha più ne metta, finalmente è tornata la calma e il nuovo chef Luigi Taglienti,  con un background di tutto rispetto, da pochi mesi alla guida del ristorante, ha in mano sicuramente tutte le carte giuste per giocarsela al meglio. Ce la farà? Chi lo sa. E’ troppo presto per dirlo. I presupposti ci sono tutti: una proprietà importante alle spalle: i Trussardi; un consulente esterno, che fa da mentore ispiratore e da supervisore, che non ha bisogno di presentazioni: Carlo Cracco; una location importante ed esclusiva che tanti colleghi invidierebbero. Ma anche il peso di tanta responsabilità. Detto questo, fatta salva l’altezza che sembra essere una prerogativa indispensabile per diventare chef del Trussardi alla Scala, è ferma volontà del nuovo corso dare un’impronta differente al ristorante e alla cucina proposta. E lo chef ha sicuramente la giusta esperienza alle spalle per poter realizzare il progetto.
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