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Domaine Alexandre Bonnet Les Riceys

Grandi Champagne all’insegna del Pinot Noir

Ci troviamo nella parte più a sud della denominazione, in quella regione della Champagne meno conosciuta che è la Côte des Bar, nel dipartimento dell’Aube. Una terra che nelle cartine ufficiali viene solitamente collocata a parte, quasi a voler evidenziare il distanziamento da Épernay e la sua famosa “Avenue de Champagne”, l’iconico viale ove svettano le imponenti sedi delle più grandi maison, una sorta di Rodeo Drive del Metodo Champenoise. Una distanza da cui la Côte des Bar, a ben vedere, ha tutto da guadagnare.

È proprio questa lontananza dallo sfavillante epicentro della denominazione, infatti, ad aver permesso alla Côte des Bar di preservare la sua autenticità; autenticità fatta di antiche case, costruite con la pietra calcarea prelevata nei vigneti circostanti, che oggi danno vita a piccoli borghi da cartolina. O ancora ai boschi di conifere che svettano sugli “envers” e che proteggono dalle masse di aria fredda proveniente da nord i pendii situati dirimpetto, gli “endroit”, dove si coltiva l’uva. Tuttavia, a rendere veramente singolare questa regione, è lo stretto intreccio che essa vive con la vicina Borgogna, alla quale, nel corso dei secoli, è stata ‘annessa e disannessa’ più e più volte, facendo sì che in questa zona si abbracciassero le tradizioni di entrambe le regioni.

Tutto ciò è particolarmente evidente nel comune di Les Riceys, un pittoresco villaggio adagiato sul fiume Laignes, che oggi possiede la più importante superficie viticola di tutta la Champagne, con 866 ettari di terreno coltivati a vigna. La dualità tra Borgogna e Champagne, qui, è visibile ancora oggi.

A Les Riceys, infatti, le case hanno tinaie con due ingressi, poiché all’epoca della loro costruzione, uno si trovava lato Champagne e l’altro lato Borgogna e, a seconda dell’anno, il vino veniva fatto uscire da una porta o dall’altra, in base alle offerte ricevute dalle due provincie. Fu solo nel 1927 che i vini bianchi dell’Aube vennero definitivamente integrati nella denominazione Champagne, ma i vigneti di Les Riceys mantennero comunque vivo il loro attaccamento alla Borgogna e in particolare al Pinot noir, del quale storicamente si servirono per la produzione del famoso Rosé des Riceys, un vino che leggenda vuole sia stato apprezzato e reso enormemente famoso da Re Luigi XIV.

Domaine Alexandre Bonnet – Les Riceys

Uno dei principali interpreti di questo territorio è il Domaine di 47 ettari Alexandre Bonnet a Les Riceys, facente parte del Gruppo Lanson BCC assieme ad altre iconiche referenze, come quella di Philipponat. Un nome che servendosi del termine “domaine”, tradizionalmente appartenente alla Borgogna, vuole mostrare come qui si prenda il meglio da entrambe le regioni. Sotto la guida del presidente Arnaud Fabre l’obiettivo tracciato per il futuro aziendale è stato infatti chiaro fin da subito: concentrarsi sul territorio, sulle vigne di proprietà e le uve che queste producono, perseguendo la migliore qualità possibile.

A differenza di molte Maison di Champagne, dove il vino viene fatto prima in cantina, qui non si cerca uno stile della Maison, ma la migliore espressione del terroir di Les Riceys, secondo un approccio che ricorda più la parcellizzazione borgognotta. L’Enologo Didier Mêlé e lo Chef de Cave Irvin Charpentier lavorano per produrre vini che riflettano appieno il terroir, in primo luogo preservandolo e adottando pratiche sostenibili, come la rinuncia a erbicidi e insetticidi, la piantagione di frutteti e la creazione di maggesi fioriti per le api. Dopodiché adottando metodi di vinificazione a basso intervento, con un uso limitatissimo – e da ultimo pressoché assente – di solfiti.

In linea con questa filosofia, il vitigno principe non può che essere il Pinot noir, storico vitigno locale che occupa il 93% delle vigne, disponibile in una decina di diverse varietà provenienti sia dalla Champagne che dalla Borgogna. Queste sono impiantate in quelle che qui si chiamano le “Contrée”, parcelle che differiscono l’una dall’altra per orientamento, pendenza, esposizione e così via, i cosiddetti “Lieu-dit” della Champagne, o “Climat” della Borgogna. Due i cru di particolare rilievo, “La Forêt”, e “La Géande”. Con la prima che dà vita a quattro diversi vini (Rosé des Riceys, il Coteau Champenois e due champagne, il Rosé de Saignée e il Blanc de Noirs) e la seconda utilizzata come vigna-laboratorio per studiare il comportamento dei sette vitigni storici della Champagne (Pinot Noir, Meunier, Chardonnay, Blanc Vrai, Buret, Arbane, Petit Meslier), proposti in un’omonima cuvée.

Les Riceys e Alexandre Bonnet rappresentano un connubio straordinario tra le tradizioni di Champagne e Borgogna. Con radici che affondano nella storia e un occhio rivolto al futuro, l’azienda continua a produrre Champagne di alta qualità che riflettono il terroir unico di Les Riceys. In un mondo dove la tradizione e l’innovazione si incontrano, Alexandre Bonnet dimostra che è possibile abbracciare entrambi, creando vini che sono veri capolavori di eccellenza e identità.

La Degustazione

Il terroir di Les Riceys gode di una struttura geologica molto particolare nella Champagne, formatasi nel Kimmeridgiano, all’epoca del Giurassico superiore, e per questo è molto simile alla zona dello Chablis, in Borgogna. Il sottosuolo è essenzialmente di tipo calcareo-marnoso o calcareo-argilloso, con ripidi pendii ed esposizioni molto diverse che drenano naturalmente il terreno. Il clima è semi-continentale fatto di inverni freddi ed estati calde, con precipitazioni moderate. Condizioni che agiscono favorevolmente sull’eleganza del vino, sulla generosità del frutto e sulla formazione degli aromi, dati evidenti in ogni calice degustato.

Champagne Les Riceys Rosé

Si tratta di un “rosé d’assemblage”, Extra-Brut, da Pinot Nero in purezza, che si contraddistingue per la grandissima piacevolezza di beva. Al naso spiccano il ribes, le spezie, in particolare il pepe nero, e un cenno di scorza d’arancia sanguinella. Un vino vivace, delicatamente tannico e decisamente gastronomico.

Champagne Vigne Des Riceys “La Forêt” Rosé de Saignée

Un “rosé de macération” Extra-Brut, da Pinot Nero in purezza, proveniente dalla Contrée “La Forêt”. Un’etichetta importante che, al naso, denota un vino più complesso e intenso rispetto al precedente. Anche qui ritroviamo i frutti di bosco, la scorza d’arancia e il pepe nero, sentori ai quali si aggiungono la ciliegia e la curcuma. La grande freschezza ne fa presagire l’immenso potenziale di invecchiamento, quello stappato oggi è, in effetti, ancora un bambino.

Champagne Vigne Des Riceys Blanc de Noirs

Il vino bandiera del Domaine, espressione delle uve di Pinot Nero provenienti dalle migliori Contrée. Al naso ritroviamo il ribes nero, poi la prugna gialla, il caprifoglio, la crosta di pane, note agrumate e balsamiche. Una bella complessità che al palato è esaltata dalla sapidità e dalla verticalità di questo vino.

Champagne Les Riceys Blanc de Blancs

Un assemblaggio di Blanc Vrai (Pinot Bianco) e Chardonnay nel quale ritroviamo la grande piacevolezza di beva che contraddistingue le etichette di questa azienda. Il naso vira verso note più esotiche, con un bel mango in evidenza che si aggiunge ai sentori più tipici di prugna gialla, erbe di campo, tiglio e mandorla. Anch’esso nettamente sapido, con un bel finale lungo.

Champagne Vigne Des Riceys “La Géande” 7 Cépages

Cuvée dei sette vitigni storici della regione: Pinot Noir, Chardonnay, Meunier, Pinot Blanc, Pinot Gris, Arbane et Petit Meslier. Al naso è un tripudio di dolci note di miele, marzapane, pasticceria e tabacco con intense incursioni mentolate e floreali che ne ampliano il ventaglio gusto-olfattivo. Il più sapido tra tutti i vini in degustazione, di grande eleganza, freschezza e lunghezza.

* I vini del Domaine Alexandre Bonnet sono distribuiti da Sarzi-Amadè

Quando il tempo si fa luce

La maison Henriot nasce ufficialmente nel 1808, quando Apolline, erede di una famiglia di vigneron in Champagne sin dal 1640 e moglie di Nicolas-Simon Henriot, rimane da sola a condurre l’attività vinicola creata insieme. Henriot diverrà, nel XIX secolo, fornitrice di diverse corti reali, e consoliderà definitivamente la sua posizione negli anni ‘70 sotto la guida di Joseph, uno degli uomini più importanti della Champagne. Sarà lui ad acquistare la P. & Ch. Heidsieck nel 1976, che rivenderà nel 1985 a Rémy Martin, e verranno, nello stesso periodo, venduti anche gli splendidi 125 ettari di vigneti a Veuve Clicquot per 11% delle azioni; maison di cui Joseph Henriot diventerà, successivamente, il Presidente. Joseph Henriot lascia infine Veuve Clicquot nel 1994 e rientra in Henriot, intraprendendo, sin da subito, un ambizioso programma che vede l’acquisto di vigneti nei migliori villaggi Grand Cru di Chardonnay nella Côte des Blancs e di Pinot Noir del Nord della Montagne. Passerà poi il timone della Maison prima al figlio Stanislas (1999), poi al minore Thomas che, tuttavia, abbandona a marzo 2016.

Oggi la maison è entrata definitivamente nel Gruppo Artémis Domaines di François Pinault che, dal 1 gennaio 2023, possiede anche l’intera proprietà di Jacquesson. Nel ruolo di Directeur Général troviamo Richard Moreau e, come cheffe de cave, la talentuosa Alice Tetienne (precedentemente in Krug).

Henriot vanta 36 ettari di proprietà e acquista uva da circa 140 ettari a Chouilly, Avenay, Mutigny, Ay, Verzy, Verzenay per il 45% a Chardonnay, il 40% a Pinot Noir e il rimanente a Meunier. Per tutti la certificazione è HVE e VDC e, l’obiettivo successivo, è la certificazione AB. La vinificazione è sempre in acciaio, con svolgimento della malolattica; l’assemblaggio vede, da sempre, non meno del 50% di Chardonnay, preziosa uva bianca pilastro dello stile Henriot.

I loro sono champagne lucenti, rigorosi, ricchi e vinosi ma mai pesanti, bensì tesi, eleganti e in grado di aggiungere, con il tempo, setosità e luce a una materia di una capacità evolutiva ineguagliabile. Una Maison che gode di ottima reputazione in tutto il mondo, riconosciuta e stimata per la sua serietà, per lo stile classico, il fascino nobile. Vini che scelgono di muoversi su livelli di assoluta eccellenza per una crescita in grado di donare, da più di due secoli, ormai, Champagne di piacevolezza e costanza inconfutabili.

Ed è stata affidata alla splendida, e ricercata, cucina di Andrea Aprea dell’omonimo ristorante a Milano, la presentazione dell’attesissima Cuvée de Prestige Hemera, qui nella ormai mitica annata 2008. Precedentemente Cuvée des Enchanteleurs, nel 2017, oltre a saltare alcune annate significative come la 2002 e la 2004 passando direttamente dalla 2000 alla 2005 per una serie di complicazioni in azienda, questa Cuvée cambia nome in “Hemera”, in onore alla Dea greca che personificava il giorno e, con esso, la luce. Luce che ritroviamo in ogni edizione di questo prezioso champagne, come vedremo dagli assaggi. A condurre la degustazione, Alice Tetienne, che, prima, ha prima condotto in un piccolo viaggio nel tempo con l’assaggio della Cuvée de Hemera nelle annate 2006 e 2005.

La degustazione

2005

Dopo un inverno rigido e le gelate primaverili, l’annata 2005 è stata caratterizzata da temperature piuttosto miti. Anche se l’estate è stata piovosa e poco soleggiata, la vendemmia è avvenuta in buone condizioni, fresche e asciutte. 50% Chardonnay, 50% Pinot Noir da uve 100% Grand Cru: Verzy, Verzenay, Mailly-Champagne per la Montagne de Reims, Avize, Chouilly, Le Mesnil-sur-Oger per la Côte de Blancs. Minimo 12 anni sui lieviti – Dos. Inferiore a 5 g/l

Intenso all’olfatto e suadente nelle sue note di pasticceria, crema, limone, nocciola alle quali si appoggiano, di tanto in tanto, note iodate, gessose. Per una bocca piena nel tessuto e ben foderata dalla carbonica, dalla golosa succosità agrumata e con una salinità che nutre e illumina la beva, oltre che la persistenza. 

2006

La stagione è cominciata con un inverno asciutto e una primavera fresca. L’estate è stata inizialmente calda, con temperature elevate, lasciando poi posto ad un agosto fresco segnato da violenti temporali. Il bel tempo è ritornato giusto per la vendemmia, che è iniziata il 13 settembre sotto un bellissimo sole. 50% Chardonnay, 50% Pinot Noir da uve 100% Grand Cru: Verzy, Verzenay, Mailly-Champagne per la Montagne de Reims, Avize, Chouilly, Le Mesnil-sur-Oger per la Côte de Blancs. Minimo 12 anni sui lieviti – Dos. Inferiore a 5 g/l

Una lastra di burro di Normandia (salato) e note iodate aprono su un olfatto complesso, ampio, che prima presenta note di nocciola, caramella mou, limone, verbena e, con l’evoluzione, profumi di balsami e  resine. Affascina, coinvolge. Così il sorso. Di sontuosa ampiezza tattile, sprigiona luce , succo e sapore in tutte le fasi dello sviluppo, in una trascinante energia motrice che allunga in un finale caratterizzato da suggestioni iodate e agrumate. Appassiona.

2008

Il 2008 Hemera è un perfetto esempio di una classica annata in Champagne. Il tempo è stato fresco e incerto, sia in inverno che in primavera ed estate. Il ritorno del sole e del bel tempo all’avvicinarsi della vendemia è stato provvidenziale: le condizioni erano perfette: cielo blu e venti che spiravano da nord-nordest. La raccolta ha beneficiato di questa svolta positiva degli eventi. La maturità ha superato qualsiasi aspettativa, con un equilibrio inedito ed eccezionale. Le viti erano in perfetta salute. Un’annata che entrerà negli annali della Champagne come una delle migliori. 50% Chardonnay, 50% Pinot Noir da uve 100% Grand Cru: Verzy, Verzenay, Mailly-Champagne per la Montagne de Reims, Avize, Chouilly, Le Mesnil-sur-Oger per la Côte de Blancs. Minimo 12 anni sui lieviti – Dos. Inferiore a 5 g/l

Una veste luminosa e regale trova piena corrispondenza in un registro aromatico che spiazza nelle sue rinfrescanti note prima burrose, poi balsamiche – resine, aghi di pino, felce – infine idrocarburiche. Per una bocca dalla definizione da applausi, esplosiva all’ingresso e di estrema purezza nei suoi rimandi agrumati e fruttati, con un’energia acido/salina che allunga il sorso per un finale, ampio, minerale, quasi salato. Hemera brilla di luce propria, ed evolverà magnificamente.

2012 in Champagne

Le riflessioni sulle grandi annate che iniziate con l’articolo precedente, mosse anche dalle considerazioni scaturite dal periodo pandemico e tutto ciò che è arrivato dopo, non valgono ovviamente solo per il territorio italiano. Se la volta scorsa il focus è stato sull’annata 2016 e in particolare su Barolo e Barbaresco, in questo caso faremo un passo indietro alla 2012, altro grande millesimo se pensato in terra di Champagne.

In precedenza, grazie anche all’ottimo territorio di confronto che è Champagne Experience, la due giorni modenese che ogni ottobre si dedica alle bollicine francesi per eccellenza, avevo esplorato la 2008, memorabile per tutti gli appassionati, soprattutto per la sua esemplare acidità che ne ha fatto un millesimo certamente estremamente longevo. Proprio a Champagne Experience, giunto alla sua quinta edizione, grazie a una riuscita suddivisione grafica tanto essenziale quanto di facile approccio, è possibile muoversi fra i banchetti dei distributori che esplorano la regione della Champagne dalla Montagne de Reims all’Aube. Un unico padiglione della Fiera di Modena è dedicato agli espositori, 141 per la precisione con 650 cuvée in degustazione. Non solo; sono infatti presenti tre sale adibite a varie Masterclass a tema, su prenotazione e con accesso a pagamento (oltre il ticket di ingresso, volutamente non proprio a buon mercato, ma si tratta necessariamente di filtrare il pubblico nelle due giornate, fra cui una domenica, visto l’interesse che da sempre lo Champagne ha per tutti gli amanti italiani delle bollicine). E nelle Masterclass si alternano sempre nomi importanti, come può essere stato in passato per l’Ambassadeur du Champagne Andrea Gori, oppure recentemente per Alberto Lupetti, giornalista del mondo del vino dedicato in particolare allo Champagne. Proprio con Lupetti, già nell’edizione 2021 di Champagne Experience, in una delle Masterclass è stato possibile dedicarsi al tema delle lunghe soste sui lieviti. In quell’occasione in degustazione erano presenti ad esempio Charles Heidsieck Blanc de Millénaires Brut 2006, sulla scia dell’annata 2004, altro millesimo che possiamo ricordare con nostalgia. Oppure l’eccellente Bruno Paillard N.P.U. 2008 che proprio in quei giorni usciva in anteprima. Oppure ancora Louis Roederer 2013, memori nel degustarlo del punteggio massimo che lo stesso Lupetti aveva dato alle loro annate 2008 e 2012. Proprio quest’ultima, su cui intendiamo riflettere, può essere definita come un’annata basata sul suolo, rispetto alla 2008 basata sull’acidità. Certamente è stata un’annata con rese inferiori, talvolta anche del 40% a causa di gelo e grandine, ma con un agosto che ha concesso un grande recupero per trovare condizioni di maturità ottimale. Cosa che non è valsa per tutti i vigneron, rispetto alla 2008, inizialmente difficile, umida e con peronospora diffusa; però agosto e settembre, in pieno recupero hanno poi portato questo millesimo agli ottimi risultati che ben conosciamo, praticamente per tutti i produttori. Ne sono derivati Champagne stilisticamente classici con fresca se non proverbiale acidità, lo dicevamo, in equilibrio con la giusta maturazione raggiunta a fine stagione.

Prima di entrare nel dettaglio di alcune bottiglie significative del millesimo 2012 in Champagne, torniamo ancora per un momento sul metodo che può guidare a una scelta del vino. Lo scopo è quello di identificare un criterio che aiuti il consumatore a investire il proprio budget su vini soggettivamente ottimali. Ed è importante capire proprio l’aspetto della soggettività, pur comprendendo perfettamente che il dare un criterio guida significa indurre l’appassionato, l’esperto o il neofita verso una scelta pilotata. L’obiettivo non è pretendere di formulare un teorema universalmente valido, però l’idea di facilitare un acquisto con una preselezione, ha di certo un significato. Altrimenti perderebbero di senso tutte le innumerevoli guide che il mercato offre in fatto di vino. In fondo il giudizio dato dagli esperti, cioè il voto, tanto quanto i commenti dei buyers sui numerosi siti dedicati, portano a un risultato che farà propendere per una bottiglia piuttosto che un’altra, nello scaffale effettivo o virtuale dell’enoteca o dello shop online. In questo contesto, anche in ragione del cambiamento climatico, che forse sarebbe più corretto definire “nuovo ciclo climatico”, un’annata eccellente, fra altre non altrettanto significative, giustifica certamente il prezzo maggiore. Tanto quando i millesimi minori si devono concedere al consumatore con un costo decisamente più accattivante e vantaggioso. Fra l’altro oggi, in questa fase climatica, nel mondo del metodo champenoise, si cerca la maturità naturale del vino, riducendo sempre più l’aggiunta di zucchero. Dunque l’annata è un giusto criterio di guida all’acquisto. Sicché il lavoro ideale dell’informatore, sia esso giornalista o addetto al marketing all’interno delle aziende di produzione, può essere proprio quello di avvalorare le annate migliori, contribuendo -perché no- al volano di crescita del valore della bottiglia e al contempo, diciamo per simmetria contraendo il prezzo delle annate minori porterebbe a stimolare una certa parte di  consumatori ad alzare l’asticella e investire in marchi usualmente di fascia più alta della loro comfort zone di acquisto. 

Ciò premesso, auspicando di essere riuscito a creare una certa emozionante atmosfera d’attesa, esploriamo alcune Maison con il millesimo 2012. Lasciandoci pure guidare dal criterio distributivo di facile lettura che caratterizza Champagne Experience, partiamo così dall’Aube dove fra gli altri si distingue Devaux con Stenopé, 52% di Pinot Noir, 48% di Chardonnay, 96 mesi di sosta sui lieviti e dosaggio di 4 gr/l. Spostandoci in Côte Des Blancs sono certamente di rilievo i due Champagne di Boizel: oltre a Grande Vintage 2012, 50% Pinot Noir, 40% Chardonnay, 10% Pinot Meunier, 96 mesi anch’esso di sosta sur lie, dosaggio 4 gr/l, per la gioia degli amanti dell’annata 2008 troviamo Joyau de France, 3 gr/l, con ben 144 mesi di affinamento sui lieviti, davvero un traguardo assai raro. Sempre nella stessa area, vale certamente la sosta il Nicolas Feuillatte con Collection Vintage Brut con taglio 1/3 Pinot Noir, 1/3 Chardonnay, 1/3 Pinot Meunier e spalle più morbide con i suoi 8-10 gr/l, per una sosta di 108 mesi sui lieviti.

Nell’area centrale della rassegna modenese contraddistinta dal colore marrone, denominata Maison Classiche (dunque non espressamente dedicata a una delle zone d’origine), sono presenti alcuni fra i nomi più rinomati delle bollicine francesi. Qui, vuoi perché ci si trova esattamente al centro del padiglione, vuoi perché certe notissime Maison attirano facilmente chiunque e del resto non tutti hanno possibilità di stappare bottiglie a certi livelli, l’occasione si fa dunque molto ghiotta. Talmente ghiotta che incontrare ad esempio Deutz, fra i nomi più gettonati è praticamente impossibile. A onor del vero il distributore italiano D&C mette a disposizione pochissime bottiglie di Amour de Deutz (appuntamenti con orario fisso al mattino e al pomeriggio, per le due giornate) in questo caso il millesimo 2011. Troppo poco, se ci relaziona con le migliaia di visitatori che il biglietto l’hanno pure pagato caro. Una ragione in più per stimolare Lorenzo Righi, direttore della Società Excellence (di cui D&M non è socia) che organizza l’evento a ritagliare almeno una mezza giornata dedicandola ai soli professionisti di settore e stampa. Non una critica, visto che di Champagne Experience possiamo parlare solo bene, solo un suggerimento.

Ma torniamo all’annata 2012 e alle bottiglie che sono di fatto raggiungibili, fra cui spicca certamente Pannier con Égérie de Pannier, 50% Chardonnay, 45% Pinot Noir, 5% Pinot Meunier, anche in questo caso 96 mesi di sosta sui lieviti e dosaggio di 3-4 gr/l. Paillard è presente con Grand Cru 2012 Extra Brut Millésime Assemblage, 60% Pinot Noire 40% Chardonnay, sosta di 84 mesi e dosaggio di 4,5 gr/l. Thiénot fa il bis presentandosi ancora con la memorabile 2008 Alain Thiénot che raggiunge i 144 mesi di sosta sui lieviti e con il Brut Vintage 2012, 65% Pinot Noir, 25% Chardonnay, 10% Pinot Meunier, 96 mesi sur lie e 6 gr/l il dosaggio. Henriot affascina con 2012 Millésime, 54% Chardonnay, 46% Pinot Noir, nuovamente 96 mesi sui lieviti, dosato 6 gr/l. Arriviamo alla postazione di Joseph Perrier che ha messo in degustazione due espressioni dell’annata 2012, entrambe di rilievo, prossime al traguardo dei 7 anni sui lieviti: Cuvée Royale Brut Vintage, 54% Pinot Noir e 46%Chardonnay, dosato 3 gr/l; La Cote a’ Bras Blanc de Noirs Brut Nature, 100% Pinot Noir non dosato. Charles Heidsieck lascia il segno con 2012 Brut Millésime, 60% Pinot Noir e 40% Chardonnay, 96 mesi di sosta con un generoso dosaggio di 8 gr/l. Non sono da meno le due versioni dell’annata 2012 di Mandois: Victor Brut Blanc de Blancs, Chardonnay in purezza e 6-7 gr/l per oltre 8 anni sur lie; Victor Extra Brut Rosé Millésime composto al 90% da Chardonnay e 10% di Pinot Noir, 5 gr/l.

Certo, districarsi fra oltre 140 espositori con spesso oltre 4 cuvée da poter assaggiare per ogni Maison, soprattutto per il semplice appassionato non è per niente facile. Dunque il consiglio può essere quello, in rassegne come questa, di predisporsi in anticipo una road-map, consultando il catalogo della manifestazione che nella maggior parte dei casi, per gli eventi più significativi si trova online. Organizzarsi significa selezionare prima, anche dovendo sacrificare qualcosa, ma sappiamo che solo i palati (e i nasi) più allenati sono in grado di esprimere un giudizio attendibile dopo decine di assaggi. L’olfatto può andare letteralmente in saturazione, ovvero pur continuando a stimolare il naso, non si è più in grado di percepire differenze significative. Come comportarsi in questi casi? La voglia di far rendere il più possibile il prezzo del biglietto, bevendo tanto è comprensibile, ma non dimentichiamo pure l’aspetto dell’alcol, perciò la sputacchiera è d’obbligo ed è una di quelle cose che tracciano un solco fra il bevitore per passione e il professionista assaggiatore come può essere ad esempio un sommelier. È improponibile pretendere di sentire ad esempio 40 vini o più, per quanto la dose di assaggio sia responsabilmente minima, deglutendo e pensando di poter stare in piedi, magari concentrando gli assaggi in solo un paio d’ore. Chi sarà l’autista sacrificato a riportare a casa il gruppo di amici dopo una manifestazione dedicata al vino come Champagne Experience? Nulla di male dunque nell’imparare a usare la sputacchiera, non bisogna di certo vergognarsi e un buon allenamento ci consente di capire bene il vino trattenendolo nel palato il tempo necessario per poterne ipotizzare anche la persistenza. E prendersi tempo, facendo qualche break è sicuramente una strategia vincente. Tutto è proporzionato alle proprie capacità, sicché può certamente essere utile avere il supporto di un amico esperto, lasciandosi guidare lungo un percorso fatto di assaggi mirati. Un altro criterio può essere quello di concentrarsi su di una sola annata, proprio come è stato in questo caso per la 2012 concedendosi, perché no, qualche digressione sulla 2008, se una Maison ce la presenta ancora. Però in eventi come Champagne Experience prevalgono le bottiglie sans année che spesso rappresentano una fascia di prezzo più abbordabile per le bollicine francesi; inducono il consumatore medio a confrontarsi più con etichette così, cioè con Champagne che potrà comprare più facilmente, lasciando stare i millesimati. Un altro semplice criterio può essere il gusto personale, ovvero se già sappiamo che prediligiamo ad esempio bollicine costituite in prevalenza da Chardonnay, oppure con un dosaggio di zuccheri moderatamente basso come può essere un Extra Brut, sarà inutile perseguire altre strade, se non per il solo scopo esplorativo, rischiando però di assaggiare vini che non ci colpiscono particolarmente.

Finiamo dunque questa esplorazione, entrando nelle altre due aree di Champagne Experience; in Montagne de Reims è da rilevare Lanson con Le Vintage 2012, 52% Pinot Noir, 48% Chardonnay, quasi 10 anni sui lieviti e dosaggio di 2-3 gr/l; Mailly si fa notare con Les Échansons, altra sosta lunghissima sui lieviti per questo taglio 75% Pinot Noir e 25% Chardonnay, 4-6 gr/l il dosaggio. Lascia un ottimo ricordo di sé anche Rochet-Bocart che però in questo caso è ancora presente con il Millésime 2008, 100% Chardonnay e ormai 168 mesi sui lieviti, solo 2 gr/l il dosaggio. Paul Bara vale il nome prestigioso guadagnato nei decenni, con 2012 Comtesse Marie de France Grand Cru, Pinot Noir in purezze e sosta di 132 mesi sui lieviti, dosato 8 gr/l. Payelle Père et Fils con Cuvéè Du Pomponne Brut Grand Cru 2012, metà Pinot Noir, metà Chardonnay, 96 mesi di sosta e 6 gr/l è davvero un raggio di luce, al pari degli ultimi -ma non ultimi- quattro Champagne di questo piacevolissimo cammino nel millesimo 2012, appartenenti alla zona rimasta della rassegna modenese, la Vallée de la Marne. Sono H.Blin 2012 sia in versione Brut che Extra Brut, con taglio 50-50 Pinot Noir e Chardonnay, 96 mesi sur lie e 7 gr/l oppure Blanc de Noirs con sosta a cavallo dei 90 mesi e solo 3 gr/l di zuccheri; Olivier Père & Fils in degustazione con 10.05 La Cinquantieme, 50% Pinot Noir, 25% Chardonnay, 25% Pinot Meunier, 100 mesi di sosta sui lieviti e dosaggio zero; Jaques Copin con Cuvée Millésime Les Origines Brut Nature rimane sull’annata 2008, mentre per la 2012 presenta Cuvée Polyphénols, taglio 50-50 Pinot Noir e Chardonnay, 108 mesi di sosta e dosaggio di 4 gr/l; Henri Goutorbe con Brut Millésime Grand Cru, 75% Pinot Noir, 25% Chardonnay, 96 mesi sui lieviti e dosaggio di 9 gr/l.

Molte Maison presenti a Modena non sono state citate, fra cui alcune assai note, semplicemente perché hanno portato millesimi più giovani. E qui ci stiamo occupando solo del 2012. Ma non perdiamoci d’animo, le annate successive saranno certamente un motivo in più per tornare a Champagne Experience alla prossima edizione (15-16 ottobre, le prevendita è aperta), giusto un pretesto in più per poter scoprire che presto l’annata 2012, dopo la 2008, troverà una rivale.

Devaux – Stenopé: 92/100

Boizel – Grande Vintage: 94/100

Nocolas Feuillatte – Collection Vintage Brut: 93/100

Joseph Perrier – Cuvée Royale Brut Vintage:92/100

Joseph Perrier – La Cote a’ Bras Blanc de Noirs Brut Nature: 93/100

Mandois – Victor Brut Blanc de Blancs: 94/100

Mandois – Victor Extra Brut Rosé Millésime: 94/100

Lanson – Le Vintage: 92/100

H.Blin – Extra Brut: 93/100

Olivier Père & Fils – 10.05 La Cinquantieme: 96/100

Jaques Copin – Cuvée Polyphénols: 91/100

Suite per Krug Clos du Mesnil 2008

Com’è noto, in Krug ogni nuova uscita corrisponde a una sinfonia e questa, composta da Ryuichi Sakamoto, venne concepita alla fine del 2019. Ma il sodalizio tra la Maison e il grande artista giapponese non si esaurisce con Krug Clos du Mesnil 2008 che, come vedremo tra poco, appare già monumentale. Piuttosto, è sembrato loro imprescindibile concentrarsi anche su Krug 2008 e su Krug Grande Cuvée 164ème Édition (base 2008) per indagare al meglio le caratteristiche di questa straordinaria annata.

Ebbene, interessante registrare che, nel proprio processo creativo, il compositore abbia inconsapevolmente deciso di adottare lo stesso metodo usato dalla Maison nella realizzazione delle cuvée, completando per primo il terzo movimento, il più complesso, eseguito da un’orchestra sinfonica completa, per poi lavorare a ritroso, con una selezione di archi e fiati per Krug 2008 fino a stilizzarsi, facendosi sempre più minimalista e intimista, per Krug Clos du Mesnil 2008. Un lavoro di lima durato 18 mesi il cui risultato – profondo, trasognato, finanche romantico – si può ascoltare cliccando a questo link dei Krug Echoes.

Quanto all’annata 2008 “non abbiamo registrato nemmeno un momento stress. Perfetta dall’inizio alla fine, ci ha permesso di mettere una crocetta su tutte le caselle” commenta con tangibile nostalgia la Chef des Caves Julie Cavil. Negli annali, infatti, s’è trattato di un’annata classica, ovvero piuttosto fredda, e con vendemmia culminata il 18 settembre, di cui Krug Clos du Mesnil 2008 rappresenta la più pura e carismatica versione: uno champagne caratterizzato da tinnula precisione, freschezza adamantina e scintillante e un finale lunghissimo, prossimo alla non finitezza, propulsivo e vibrante.

Un solista potentissimo e delicato al contempo, insomma, proveniente da un singolo appezzamento (Clos du Mesnil), da un singolo vitigno (Chardonnay), e dal raccolto di un singolo anno (2008): un vigneto di appena 1,84 ettari (4,5 acri) la cui produttività, attestata sin dal 1698, è incastonato da muri di cinta (Clos) nel cuore di Mesnil-sur-Oger, uno dei borghi più caratteristici della Champagne e rinomato per il suo Chardonnay.

All’assaggio colpisce per la freschezza, croccantezza e immediatezza alla beva. Come diceva un grande maestro dell’assaggio “i grandi vini sono buoni subito“. Per questo Krug Clos du Mesnil 2008 è tutto quanto confermato. Bolla fine, elegante, che apre ad un ingresso citrico, che lascia subito spazio a note di mela cotogna, una punta di mandorla pizzuta, con un finale leggero di pasticceria secca e croccante. Un grande Krug, buono ora ma dalla vita molto lunga a nostro avviso.

Il presidente e la Grande Cuvée

Quando mi è stato proposto di intervistare Manuel Reman, nuovo Presidente di Krug dallo scorso 1 aprile, avevo pensato tutto fuorché di trovarmi di fronte a una persona reale. Prevenuta? Forse, fatto sta che credevo che registro e sceneggiatura dell’intervista sarebbero stati decisi a priori dalla corporate, cosa che accade quasi in automatico quando si ha a che fare con gruppi di questo tipo.

Ebbene, sbagliavo.

Complice, forse, il ritardo con cui sono arrivata, imbarazzatissima, al nostro appuntamento, sin dai primi istanti del nostro contatto visivo mi sono trovata di fronte una persona reale i cui cristallini, liquidi occhi sembravano farsi più trasparenti se pizzicati, con le mie domande, dalle emozioni.

Potrebbe venire dalla luna Manuel Reman e invece è umano nel senso più squisito del termine.

Figlio di madre francese e di un “self-made Indian father” è cresciuto in Normandia, “lontano dalle vigne ma vicino alla natura“, con sua nonna, “una delle migliori persone mai incontrate. Quando ero piccolo – mi confida – trascorrevo le vacanze nella sua fattoria: ebbene già allora, come adesso che ha 96 anni, restavo incantato dalla sua adesione diretta e totale col mondo naturale, di cui le poche, misurate ma rilevantissime parole erano l’esatta rappresentazione.

Da lei Manuel deve aver mutuato l’intrinseca luminosità, mi dico; dal padre, “che lavorava tutte le notti per potersi permettere di studiare medicina in Francia“, la risolutezza nonché la prima tra le forme di gratitudine: quella verso se stessi.

Curioso il fatto che generosità, luminosità e risolutezza, insieme a un’irresistibile, smodata volontà di piacere, siano poi anche le caratteristiche salienti della nuova Krug Grande Cuvée 170ème Édition, mercuriale combinazione di complessità e immediatezza, grandezza e semplicità. Ma l’associazione o, meglio, l’identificazione tra individuale e universale, privato e pubblico, continua anche su un altro livello perché “tra la Maison e il sottoscritto – spiega Reman – c’è da sempre una grandissima affinità. Krug è, difatti, un’azienda piccola, composta da pochi elementi e rari, curatissimi marketing projects che impongono semplicità nei rapporti nonché l’assenza di qualsivoglia sovrastruttura…. È tutto molto reale“, insiste, come a togliermi le parole di bocca.

Colpisce, dunque, la verosimiglianza tra l’uomo e la sua impresa, che diventa chiarissima, tuttavia, dopo una rapida scorsa dei suoi trascorsi.

Manuel Reman, difatti, in Moët Hennessy ha ricoperto, negli ultimi 18 anni, tutti i ruoli possibili: dall’Head of Special Projects degli esordi al Financial Controlling di LVMH Holding nel 2010, per poi tornare in Champagne e, presso Moët & Chandon, Dom Pérignon, Mercier e Ruinart, gestire un gruppo di 450 persone, coinvolte in tutte le operazioni pratiche, dall’imbottigliamento all’etichettatura. Quindi, dopo una parentesi a Barcellona nel ruolo di amministratore delegato di Moët Hennessy Iberia, torna in Francia per diventare presidente di Moët Hennessy Champagne Services (MHCS): lavora a contatto coi vignerons, stavolta, e coordina tutte le strategie di acquisto dell’uva per garantire coerenza tra le Maison. Non ultimo, dal 2020 Reman è anche rappresentante delle Maison di Champagne LVMH presso il Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne (CIVC) dove s’impegna a servire non solo le ragioni del gruppo, ma quelle della Denominazione tutta.

Quanto allo stato dell’arte di Krug, oggi, la Maison, come detto, ha appena presentato al mondo la 170ème Édition della sua Grande Cuvée e lo ha fatto, come di consueto, associandole una traccia musicale che, sempre secondo Reman “rende accessibile la codifica, complessa, della Grande Cuvée grazie al linguaggio, universale, della musica“.

La musica di Krug Grande Cuvée 170ème Édition

Ascoltandola, colpiscono in sequenza tinnuli battiti di un triangolo che, poi, s’articolano in una fuga di violini, in un’ascesa di oboe e in un gioco di flauti, pur nell’ancoraggio, nuovo perché non ricordo di averlo sentito nelle eco della 169ème e nemmeno nella 168ème, di un basso preciso, vibrante: un pulsare veloce, quasi tentato da reminiscenze di tipo techno sotto una coltre di voci bianche, calde di contralto.

Alto e basso, insomma si fondono con conturbante magnetismo in questa Grande Cuvée 170ème Édition dove, nel mosaico dei 195 vini utilizzati – 12 annate, dalla 1998 alla 2014, che ne costituisce la base (al 55%) – la 2013 è stata usata precisamente all’uopo di infondere struttura e sostrato a una materia che, altrimenti, sarebbe stata fin troppo aerea date le ingenti perdite subite sul Pinot noir, proprio nella 2014.

Un’intelaiatura forte e flessuosa – più di tendini che di ossa – che consente al vino di esprimersi con un’eloquenza totale e affabulatoria, civettuola e molto, molto “francese”. Quanto ai descrittori, infatti, la Grande Cuvée 170ème Édition magnifica tutto il suo sciovinismo facendo esperire al degustatore la più classica tra le petit dejeuner: marmellate di agrumi, burro, burro salato di Normandia, croissant e croste di pane tostato sono presagio di un sorso abitato da pari generosità e slancio, allungo e ampiezza e una progressione al palato ritmata e avvincente: trascinante.

Il nuovo coffret in edizione limitata in vendita da fine giugno.