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Rebelot

Un bistrot con cucina d’autore nel caos dei Navigli milanesi

Rebelot in dialetto milanese significa caos, confusione e rende alquanto l’idea dello spiazzamento ( in senso certamente positivo) che potrebbe colpire gli avventori del Bistrot voluto da Maida Mercuri – già fondatrice del vicino Pont De Ferr –  e Alberto Cirla.

Un posto vivace, giovane, dinamico, non banale come lo chef Matteo Monti. Passione da vendere, ottimo talento e curriculum di tutto rispetto con importanti esperienze, tra gli altri, da Paolo Lopriore e Davide Scabin. Difficile definire che luogo sia precisamente il Rebelot. Visto da fuori potrebbe sembrare uno dei tanti ristorantini, spesso senza arte né parte, che affollano il naviglio di Ripa di Porta Ticinese.

Gli interni in legno e mattoni, fitti di bottiglie infondono una piacevole sensazione di calore. I tavoli sono piccoli, la mise en place spartana e su tutto fa bella mostra di sé il bancone bar da cui il bravissimo Nicola Onorato miscela i suoi fantastici cocktail. Si beve bene al Rebelot. Grazie ai drink di Nicola e a una carta dei vini che di scontato e banale non ha nulla. Si beve bene al punto che qui si può venire anche solo per gustare un drink, accompagnandosi con snack o con taglieri di salumi o formaggi davvero ottimi.

Ma al Rebelot c’è anche una cucina davvero interessante. Nella seconda sala, alle spalle del Bar, c’è la piccolissima cucina a vista in cui Matteo Monti con il suo staff, muovendosi alla velocità della luce, prepara quelli che in Carta sono definiti timidamente  “piattini”,  ma che in realtà sono portate in grado di comporre percorsi di degustazione di ottimo livello. E basta poco per comprendere che non siamo nel solito dozzinale  localino da movida dei Navigli, ma siamo al cospetto di un fior di chef.

Qui si beve bene e si mangia meglio

Fantastico il Bollito di cui Monti presenta una versione assolutamente impeccabile e rispettosa della tradizione. Intrigante l’Animella al burro con Topinambur e Panettone, piatto goloso e originale, da rimarcare anche la cottura perfetta della lussuriosa Anatra alla Ticinese.

Una serie di assaggi molto stimolante, una cucina che non annoia mai, una sequenza che non segue necessariamente un filo logico, ma che è capace di recapitare notevoli stimoli al palato, piatti equilibrati, ma ricchi di contrasti di temperature e di consistenze.

Certo, non tutto è perfetto. Al Polpo non ha giovato la temperatura troppo bassa della stracciatella e il brodo Thai, servito in accompagnamento all’eccellente Bollito ci è parso fin troppo scarico. I dessert, poi, nel complesso non ci sono sembrati all’altezza del resto. Ma ci sentiamo di definirli, nel complesso dell’esperienza, dettagli.

La verità è che al Rebelot si beve bene e si mangia meglio. Al punto che abbiamo per un attimo avuto la tentazione di chiedere a Monti cosa volesse fare da grande….ma poi abbiamo desistito.

La galleria fotografica:

Quasi un Rave Party: Monti, Barker e Costardi al Rebelot

Prendete quattro chef, bravi e creativi, chiedete loro di immaginare un menu divertente e metteteli a lavorare gomito a gomito in una mini cucina. Aggiungete una sessantina tra amici, parenti e gente curiosa, unite della buona musica, versate dei buoni vini e degli altrettanto buoni cocktail, agitate e servite: il risultato è una miscela dalla forza dirompente che inchioda al tavolo, posate alla mano, dalla prima all’ultima portata.
Piatti nuovi, interessanti, mai visti, dagli accostamenti a volte improbabili, eppure di successo. È accaduto la sera di giovedì 13 luglio al Rebelot, ristorante e cocktail bar affacciato sul Naviglio Grande. Il resident chef, Matteo Monti, su suggerimento di un’amica, ha aperto la cucina a Cameron Barker, chef atterrato direttamente da Bangkok, e ai Costardi Bros, i sovrani del risotto.

Barker ha assestato il primo colpo con “Gambero esot(er)ico”, ovvero un gambero scottato in burro nocciola, nappato con un estratto di testa di gambero sopra a un’insalata condita con una salsa thai a base di lime, peperoncino e salsa di pesce thailandese, per poi proseguire con “Ostrica & cavolfiore al cumino”, con l’ostrica scottata in latte di cocco e curcuma, il cavolfiore tostato e una granita di alghe per restituire la nota iodata. Ha infine terminato con “Insalata di fegato e diaframma”.

I Costardi, quattro mani e un solo cervello (no, non è dispregiativo: a loro dire vivono in simbiosi totale), hanno coccolato tutti con il loro “Carnaroli in grigio”, o meglio un risotto al grigio di calamaro e lime,  e uno strepitoso dessert, “Invidia”, composto da una foglia di indivia belga riempita con una crema alla liquirizia e una granita alla mandorla, preparata al momento con l’azoto liquido.

Lo chef Monti, per riequilibrare le dosi di pugni e carezze dei colleghi, ha creato altri tre piatti: “Anguilla, guacamole, limone”, in cui la grassezza dell’anguilla e della guacamole sono bilanciate dall’acidità del gelato al limone; “Lingua, gorgo e cozze”, dove la lingua lessata è di Cazzamali, il gorgonzola è in crema e le cozze sono in carpione. Infine il predessert, “Carne”, ovvero una serie di spume a base di burro nocciola, di aglio e timo, che sono poi gli ingredienti di base per la cottura della carne, che nel piatto non c’è.

L’augurio è di vedere ancora, al Rebelot ma non soltanto, imprese simili.

Matteo Monti e il Rebelot.

Confusione? Disarmonia?

Tutt’altro.

Questo giovane chef piacentino si riconosce nei suoi due grandi mastri: Paolo Lopriore e Davide Scabin. Da loro ha sicuramente appreso tanta tecnica, senso del gusto (anche innato, o lo possiedi o è difficile costruirlo) e un pizzico… forse più di un pizzico, di sana follia.

Ci ha tanto divertito il folle piacentino, che ha a disposizione una cucina mignon in cui lavora una piccolissima brigata di collaboratori fidati. E con questo indiscutibile limite, di cui occorre tener conto, Matteo sforna a tratti dei veri e propri piccoli capolavori gustativi, persistenti e divertenti. Ma, siccome i suoi maestri gli hanno insegnato il gusto per il rischio, inciampa anche in qualche passo falso, alle volte. Ma ci sta dato che il coefficiente di difficoltà, considerando sempre i mezzi a disposizione, non è di poco conto.

Ci hanno colpito il calamaro, la rivisitazione della casseoula e il cervo che, pur con molti elementi, ha trovato una chiusura gustativa davvero intrigante. Non ci ha convinto invece l’anatra, sicuramente troppo coperta, ed il foie gras, curioso ma forse però troppo sbilanciato sulla componente lipidica.

Buoni anche i piatti cosiddetti “normali”, che abbiamo alternato al percorso gastronomico fatto di 5 portate.

Nel complesso un luogo e una cucina piacevole e stimolante. Se poi aggiungiamo che il servizio giovane è molto solerte e preparato, e l’angolo cocktail sforna interessanti proposte molto ben realizzate… sicuramente il Rebelot è uno di quei posti da tenere in considerazione per un’uscita milanese.

Insalata di verdure cotte e crude, un caleidoscopico viaggio nel mondo vegetale con estrazione di verdure verdi a rinforzare.

Insalata di verdure, Rebelot, Chef Matteo Monti, Navigli, Milano

Primo piatto del menù gastro: Albese d’anatra, carciofo, bottarga e camomilla. Qui l’anatra non riesce a stagliare, in mezzo all’amaro del carciofo. Bottarga che aiuta un pochino la sapidità, camomilla poco presente. Forse un’anatra più wild avrebbe completato degnamente la preparazione.

Albese d'anatra, Rebelot, Chef Matteo Monti, Navigli, Milano

Baccalà mantecato, buono.

Baccalà, Rebelot, Chef Matteo Monti, Navigli, Milano

Secondo piatto del menù gastro: panino di pane di patate, foie gras marinato all’americano e nduja, filone di manzo alla milanese. Ottima lettura del foie gras, divertente e non scontato. Toni amari piacevoli che rincorrono un velo di piccantezza donato dalla nduja e a terminare un po di grasso e fritto per stemperare l’amaro. Qui il “grasso su grasso” risulta un connubio forse un po’ troppo pesante ma vincente. Fa tutto la proporzione del piatto, a boccone.

panino, foie gras, Rebelot, Chef Matteo Monti, Navigli, Milano

Il vino.

vino, Rebelot, Chef Matteo Monti, Navigli, Milano

Terza portata del menù gastro: l’ottima rivisitazione della cassoeula. Costine di maiale, burrose e gustose, nappate di salsa alla cassoeula e accompagnate da lattuga di mare, a donare una leggera nota sapido-iodata. Finisce il piatto un estratto verde di verza. Preparazione davvero molto buona.

cassoeula, Rebelot, Chef Matteo Monti, Navigli, Milano

Cassoeula, Rebelot, Chef Matteo Monti, Navigli, Milano

Zuppa di legumi, nduja e crostini alle erbe.

Zuppa di legumi, Rebelot, Chef Matteo Monti, Navigli, Milano

Quarto appuntamento del menù gastro: un ottimo e burroso calamaro con sfoglie di friggitelli, salsa al passion fruit  e cioccolato bianco a donare una punta di grasso e rotondità. Anche qui altro colpo centrato.

calamaro, Rebelot, Chef Matteo Monti, Navigli, Milano

Intermezzo con granita d’acqua d’ostrica, ostrica cotta pochè nel grasso d’anatra, velo di rognone, lattuga di mare e gazpacho di fragola freddo. Un colpo molto ben assestato.

ostrica, Rebelot, Chef Matteo Monti, Navigli, Milano

Un piatto “storico” del Rebelot, costina d’agnello e cacao.

costine d'agnello, Rebelot, Chef Matteo Monti, Navigli, Milano

Ultimo passaggio del menù gastro: Cervo, crumble di panettone, radicchio brasato e sedano rapa. Equilibri centrati e trovati con il millimetrico uso dei vari componenti. Nota amara in lieve evidenza. Altro passaggio davvero interessante.

cervo, Rebelot, Chef Matteo Monti, Navigli, Milano

Carne: tutto quanto può sentirsi dopo la cottura in padella. Gelato all’aglio dolce, rucola, crema di burro nocciola, crumbe di mandorle amare. Quando uno chef ha senso del gusto: forte, da palati non deboli ma centrato. Sembra di degustare il fondo di cottura di una gran bistecca.

gelato all'aglio, Rebelot, Chef Matteo Monti, Navigli, Milano

Ancora una volta senso del gusto e proporzioni: una semplice panna cotta arricchita da aceto balsamico, polveri vegetali, chips di topinambur, cipolla glassata, grue di cacao, campari, olio e mille altre diavolerie. Ogni boccone diverso.

panna cotta, Rebelot, Chef Matteo Monti, Navigli, Milano

C’è confusione sui navigli. Una zona urbana in cui, tra bar e pub che sfoderano happy hour a cinque euro, paninari ed etnici “all you can eat”, l’eccellenza gastronomica non è proprio di casa.
A fare giustizia nella movida notturna, regalando a Milano e alla fazione cittadina dei gourmet una valida alternativa al nulla, c’ha pensato la vena imprenditoriale e vincente della signora Maida Mercuri, proprietaria e oste dell’ormai celebre Pont de Ferr, al tempo talent scout di quel bravo e simpatico chef uruguagio che è Matias Perdomo, l’anima creativa di questo nuovo progetto.
Il loro Rebelot (che in dialetto lombardo è sinonimo di “confusione”) è un locale che punta a reinventare, in chiave evolutiva, l’ormai approssimativo aperitivo milanese (che spesso si protrae fino alla cena), missione questa che, a poco più di un mese dall’apertura, sembra già vinta col pienone che si registra ogni sera.
Gli ingredienti vincenti sono ormai quelli più ricorrenti nella nuova ondata di locali cittadini: grandi numeri, location strategiche e costi contenuti. Il tutto all’insegna della qualità, elemento che, per sbaragliare la concorrenza, in quest’epoca di crisi è la base imprescindibile per il successo.
Ma in questo caso c’è di più. Sono infatti pochissimi i potenziali competitors di questa nuova insegna che fonde la cultura gastronomica spagnola con l’informalità tipica del bistrot.
Il Rebelot è, infatti, un autentico tapas-bar, probabilmente l’unico degno di nota e non soltanto nel panorama cittadino. Un locale decisamente vivace, economico e, appunto, chiassoso ma, allo stesso tempo curato nei dettagli, a cominciare dalla prolifica proposta gastronomica di sorprendente qualità.
A districarsi dietro i fornelli c’è Mauricio Zillo, trentaduenne brasiliano che, fino a poco tempo fa, era tra le prime linee della cucina dell’adiacente Pont de Ferr. Zillo, che porta con sé un notevole curriculum internazionale nel quale si registrano esperienze in Sudamerica al DOM di Alex Atala e in quel di Sant Celoni dal compianto Santi Santamaria, ha una mano notevole e le sue tapas mostrano un’ampia conoscenza di diverse culture gastronomiche pur avendo, a tratti, una personalità incerta a causa dei diversi rimandi a stili già visti (è probabilmente anche l’unico difetto di Perdomo).
Piccoli assaggi dal gusto tradizionalmente iberico rivisti in chiave moderna con intelligenti innesti di ingredienti e sapori tipicamente italiani e qualche influenza della cucina classica francese. Una cucina dall’identità internazionale che, ove fosse confezionata in maniera più opulenta e curata, sarebbe a tutti gli effetti molto simile a quella proposta da Perdomo.
Ad arricchire la già allettante offerta c’è anche il bellissimo cocktail bar, con una proposta che snobba i soliti miscelati e propone cocktails ripensati da un esperto barman (Oscar Quagliarini), per un’alternativa differente e nuova che sta prendendo sempre più piede anche in ambito gourmet.
Un paio di avvertimenti ci paiono doverosi: occhio a non esagerare con le ordinazioni anche se è un tapas bar. Si rischia, infatti, di vedersi arrivare un conto abbastanza impegnativo. La scelta migliore per evitare spiacevoli sorprese e per farsi un’idea complessiva di come si mangia è quella di puntare sui menù da quattro a sei portate, appositamente studiate per contenere il costo dell’esperienza, una serie di tapas selezionate dallo chef (cambiano frequentemente) e con le quali si può restare in una fascia prezzo che non supera i 30 euro. Inoltre attenzione ai momenti di pienone del locale, in cui (e l’abbiamo riscontrato in una ulteriore visita) la qualità non potrebbe essere la medesima, il servizio potrebbe andare in affanno e le cotture e i piatti potrebbero subire imprecisioni ulteriori.


A regola d’arte il gazpacho.

Leggermente troppo sapido il merluzzo con pata negra.

Eccellente invece il Calamaro con la sua tinta, crema di mandorle e cedro, piatto semplice, capace di toccare le corde gustativo-emotive di tutti.

Buono il Tonnetto dell’Adriatico con zucchine trombetta, olive taggiasche e ricotta di pecora.

Ancora un assaggio di mare: Polpo grigliato con manioca fritta,

Per poi approdare in Spagna con un grandissimo piatto (sebbene soltanto d’assemblaggio): Tartare di vitello con anguilla affumicata, con l’insieme gustativo che rievoca il gusto tipico dello chorizo spagnolo. Abbinamento terra-mare riuscitissimo.

Poi c’è un intermezzo un po’ avulso dal contesto, ma anch’esso di riuscitissima fattura: la Scaloppina di foie gras, ciliegie, polvere di alga nori e cioccolato amaro in cui il classico abbinamento francese foie/frutta estiva viene sdoganato con l’utilizzo dell’alga.

Gustativamente parlando, si colloca tra Italia e Spagna la guancia di Maiale con peperone e salsa al pomodoro e peperone, il piatto più rustico e dal gusto più tradizionale della serata.

Si rimane in Spagna con la costoletta di agnello dei Pirenei con una salsa bbq fatta in casa e sentore di cannella. Altro piccolo pezzo di bravura.

Interessante, infine il Controfiletto di vitello arrosto con taccole e salsa allo chorizo.

Dolci freschi e prevalentemente a base di frutta di stagione: Albicocche glassate, mandorla e rosmarino.

Panna cotta alla liquirizia e ciliegie.

Pesca caramellata, panna e basilico.

e, a chiudere, Albicocca, rucola e yogurt.

La nostra bottiglia di accompagnamento (siamo tradizionalisti, non riusciamo proprio a pasteggiare con i cocktail).

Tavolo al bancone.