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L’Osteria Francescana in trasferta da Luigina

L’Osteria Francescana nella campagna modenese

Che l’Osteria Francescana abbia un posto nell’empireo della gastronomia contemporanea è indubbio, ma non è scontata la maniera in cui questo primato venga difeso anno dopo anno anche in seguito alle chiusure forzate. Alla corte di Massimo Bottura, invece, la prima impressione è stata quella di trovarsi in un luogo perfetto, come se tutto fosse a regime, collaudato già da molto tempo. Eppure, era tutto o quasi una novità, a cominciare dalla location: l’Osteria Francescana si è infatti trasferita, per il mese di maggio, in campagna da Luigina, la “polisportiva” di Casa Maria Luigia, come ama definirla il suo creatore.

Degli ex fienili restaurati e arredati con le museali opere d’arte della collezione personale dello chef e con le auto che hanno fatto la storia dell’automobilismo. Tutto ciò generalmente fa da cornice a una palestra, al biliardo e al calcio balilla, ma per qualche settimana si sono aggiunti i tavoli dell’Osteria con vista sulla campagna Modenese.

With a little help from my friends en plain air

Il menù With a little help from my friends si ispira alla musica e riprende il percorso proposto prima della chiusura, ma si arricchisce di nuove creazioni e di qualche classico rimaneggiato (come l’Aulla in carpione e Chicken Chicken Where Are You?): una degustazione studiata nei dettagli, con le giuste pause, proprio come in uno spartito musicale, dove colpisce per intensità Autumn in New York, una morbidissima anguilla arrosto abbinata al cetriolo e al caviale, mentre Strawberry Fields spiazza il palato col celeberrimo contrasto del risotto alle fragole, fresco e acido, amplificato dalla nota dolce del gambero rosso e dal sentore fumé dato dalla salsa di mozzarella.

Il merluzzo in salsa di curry è, invece, un viaggio vero e proprio nel Sud-Est Asiatico, fortemente evocativo, qui curry, cocco, basilico e coriandolo si alternano armonicamente senza oscurare l’eccezionale merluzzo. Ma nel percorso c’è anche spazio per l’opulenza di una zuppa di piselli e fave con lumache e royale di foie gras ricoperta da una millefoglie di Parmigiano Reggiano: un omaggio a Paul Bocuse a all’Emilia, come a farci presagire il menù che lo chef dedicherà, di qui a poco, ai grandi cuochi della sua vita.

Tra le portate dolci, ci limitiamo a dire che la nuova versione della Vignola rasenta semplicemente la perfezione col suo intenso gelato di amarene e l’eccelsa ciliegia di cioccolato.

Un’esperienza sublimata dal servizio e dalla sala, diretta da Beppe Palmieri, e composta da ragazzi con una genuina passione per l’accoglienza che si alternano ai tavoli con i giusti tempi, instaurando abilmente un rapporto empatico col commensale. Un’esperienza a tutto tondo per i cinque i sensi e per l’intelligenza emotiva che abita ciascuno di noi.

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A Modena, una villa dal fascino irresistibile

La casa in campagna, il brunch della domenica, il fumo e l’orto. Ecco gli ingredienti che combinati insieme regalano un’esperienza unica di spensieratezza gourmet a Casa Maria Luigia, la dimora di Lara e Massimo Bottura, immersa placidamente nel paesaggio agreste a ridosso di Modena, in cui gli ospiti possono respirare, toccare, assaggiare e vivere il genius loci emiliano e con esso le passioni dei padroni di casa a cominciare da quella, condivisa, per l’arte contemporanea – incredibili pezzi d’autore si affacciano con discrezione e nonchalance ovunque – e da quella di Massimo per la musica jazz declinata in millanta vinili che compongono una collezione da sogno. Qui, dove durante l’anno va in scena “Francescana at Maria Luigia” il menù di 9 portate iconiche create da Bottura in 25 anni di attività, le domeniche d’estate sino al 5 luglio sono all’insegna del “Tòla Dòlza Brunch” (mentre il Tòla Dòlza al Tramonto, a partire dalle 18:30, è decollato il 12 luglio destinato a restare in volo fino al 30 agosto, tornando in formula brunch dal 6 al 20 settembre, a 90€).

Una festa la colazione della domenica

Anche il brunch rispecchia la casa, racconta di Massimo, di Lara e, ovviamente, di chi lo prepara in cucina. Gli ingredienti del territorio, in primis le verdure dell’orto curato da Lara, a due passi dal giardino in cui viene servito, e la cultura gastronomica del luogo vengono tutti interpretati dalla nebbia dell’affumicatore e dal forno a legna, governati con disinvoltura e perizia dalla canadese Jessica Roval che infila qua e là i propri ricordi (a 5 anni con papà faceva camping nel bosco e legno e fuoco dunque le sono congeniali) e gli spunti tratti della cucina del paese di origine, come si fa in una conversazione fluida e distesa.

La tavola è apparecchiata con accurata semplicità, il servizio è di confortevole e confortante informalità senza rinunciare alla precisione; in generale, sull’approccio rilassato dell’insieme la dice lunga il titolo dato al percorso: “tòla dòlza”, un chiaro invito in famigliare dialetto modenese che suona come “take it easy”. Il menù scorre via sulla scia della pienezza dei sapori forgiati dal fumo dolce dell’affumicatore e dalla cottura a legna e sull’onda dell’armonia conviviale delle migliori domeniche in famiglia, quando in tavola arriva, per la gioia di tutti, una serie di sfizi da gustare uno dopo l’altro o anche da combinare in libertà, a cominciare dalla crème fraîche con ricotta di Rosola ed erba cipollina che dà sprint acidulo alla ghiotta focaccia o al pane-piada sofficione ed elastico e alleggerisce la pancia di maiale marinata nello sciroppo d’acero, fondente a puntino e, in bilico tra dolce e salato, amabilmente smoked.

Casa Maria Luigia
Stradello Bonaghino, 56, 41126 Modena MO
Telefono: +39.059.469054

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We all are connected under one roof

Partiamo con il titolo, molto evocativo, e quasi paradigmatico, di uno dei piatti simbolo di questo nuovo percorso dell’Osteria Francescana perché è qui che tutto, a nostro avviso, ha inizio. È l’inizio di una nuova era, dopo una tragedia che ha segnato tutto e tutti, ma in cui i grandi condottieri sono un esempio e un traino per la collettività intera. Massimo Bottura, da uomo, crediamo abbia sofferto quanto ogni essere umano degno di questo nome per i momenti difficili appena trascorsi. Eppure il suo innato entusiasmo, unito a una grandissima dose di talento e di responsabilità, gli ha fornito un’energia unica e intensa nello studio e nella progettazione di questa rinascita.

Studiato durante il lockdown con la sua brigata, questo menù è opera di quell’unico agente collettivo che è l’Osteria Francescana. Un leader, del resto, si riconosce dalla capacità di tracciare la via. Questo, Bottura, ha fatto coi suoi ragazzi. Discutendo, stimolando, imprimendo energia creativa e mettendo a disposizione il suo straordinario palato, fisico e mentale. Ecco quindi, ancora una volta, il superamento del limite, il posizionamento dell’asticella ancora più in alto. Fin dal titolo e dall’ispirazione, arrivata da uno degli album più rivoluzionari della storia della musica pop-rock e che sarebbe riduttivo, del resto, confinare al mero ambito musicale.

Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” è stato, da tanti punti di vista, un album rivoluzionario che ha cambiato e connotato anche gli equilibri stessi all’interno dei Beatles. Cosa c’entra questo con la nuova primavera sbocciata in via Stella? C’entra che questa “stella” brilla e infonde energia all’intero Paese  con un menù costruito con una tecnica sopraffina, ma ben celata, e il contributo poliglotta di tutta la brigata in una sinfonia perfetta guidata da un direttore d’orchestra tanto geniale quanto folle, benché in maniera impeccabile.

Il ritorno del menù

Dal punto di vista più generale, si tratta di un menù con un senso compiuto dall’inizio alla fine, in cui ogni passaggio è sequenziato e cadenzato alla perfezione. Non solo una straordinaria sequenza di piatti, dunque, ma una sinfonia d’insieme in cui ogni passaggio ha una connessione profonda tra il precedente e il successivo. E poi la distanza da cui Bottura ha osservato l’Italia. Come ha giustamente descritto l’amico Gabriele Zanatta in questo splendido articolo l’Italia ma, sopratutto, Modena, è questa volta un vero e proprio filtro visivo, una lente che arrangia, osserva e traduce il mondo intero. Non s’è mai vista così poca “modenesità” in un menù di via Stella, ma solo apparentemente, appunto, è così. Perché ogni passaggio è imbevuto di storia, di cultura, di tecniche dal mondo guardate sempre e comunque attraverso gli occhi di un italiano e, per la precisione, di un modenese.

Ecco quindi che gli straordinari dumplings, realizzati con una pasta talmente sottile da sciogliersi in bocca al contatto con la saliva, sono ripieni di una pancia di maiale cucinata al barbecue e laccata con sciroppo d’acero e con una salsa New England clam chowder con delle vongole stratosfericamente provenienti da Goro. Un giro del mondo su un ottovolante dei sapori che tocca l’Asia, poi l’America, arriva prepotentemente in Europa e approda in Emilia-Romagna. Un tripudio di sensazioni e di sapori che solo un palato assoluto come il suo sa mettere a punto così formidabilmente.

Ma potremmo citare anche il risotto fragole e Lambrusco, irrisione di un classico kitch anni Ottanta – oltre che piatto simbolo della nouvelle vague culinaria italiana- in cui la mozzarella affumicata è fondamentale per arrotondale gli spigoli di un abbinamento, fragole e lambrusco, davvero formidabile. Oppure un merluzzo al curry verde da commozione, in cui non finiresti mai di attingere da quella salsa paradisiaca.

Nemmeno il pane, posto all’inizio del pranzo, con la sua sfogliatura delicata e il tocco dolce del miele di Casa Maria Luigia, non dimentica di assestare il suo, di colpo. Insomma, una serie di elementi, e potremmo continuare ancora, forse all’infinito, che si susseguono con un ritmo spaventosamente importante, intenso, profondo.

Un’esperienza, quella all’Osteria Francescana, che non si deve mancare per nessun motivo, anche grazie al connubio ancor più stretto tra  cucina e sala. Qui Beppe Palmieri ha svolto, con Massimo e con tutto il gruppo, un lavoro straordinario di coesione sugli abbinamenti: abbandonato quasi totalmente l’alcol (in stagione estiva ancor di più), presente in dosi omeopatiche, ha compiuto un’opera di unione inscindibile con la cucina elevando addirittura alcuni piatti già straordinari come con il grande e geniale uso dell’acqua aromatizzata alle erbe di Casa Maria Luigia, due gocce di Riesling tedesco e acqua tonica, nonché un tripudio come il Sauternes, perfetto nelle sue imperfezioni scorbutiche, a nobilitare i dumplings di cui si parlava dianzi, in maniera eccelsa.

Terminiamo dunque come l’ultima volta: il migliore menù in Francescana di sempre? Sì, ancora una volta, è primavera! Evviva!

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Ode al gusto nel segno modenese

Una galassia di riconoscimenti, il vertice delle classifiche, ma anche convegni, partecipazioni accademiche, progetti solidali. Nell’universo culinario di Massimo Bottura, il self made chef trova il tempo di prendersi cura, affidando a una brigata capitanata da Bernardo Paladini,  della Franceschetta 58, sorella minore, in nome e in riconoscimenti per ora, ma non in qualità della celeberrima Osteria Francescana.

La parentela tra queste due realtà è facilmente intuibile mirando al gusto in primis, e alla consapevole valorizzazione della tradizione gastronomica italiana poi. Tradizione che porta fortuna, classica ma non per questo banale, storica ma non intoccabile. Il solco gastronomico italiano/regionale si delinea perfettamente in tutta la carta della Franceschetta: archetipo del Bottura prima di tutto modenese, e poi internazionale.

Il fil rouge dei piatti volutamente famigliare

I piatti esprimono quell’italianità precisa intrinseca nella memoria di ciascuno che li assaggia. Vi è qualcosa di familiare e ben riconducibile alle nostre tavole. Il menu viaggia infatti dal Nord al Sud dell’Italia, attingendo alla tradizione e cogliendone la sua portata: alleggerire dove oggettivamente necessario o amplificare dove piacevolmente richiesto.

Dunque, il Merluzzo mantecato del Settentrione incontra il Peperone crusco lucano, con ceci e nocciole, sposandosi in quella dolcezza che racconta sapori per almeno due terzi dello Stivale. La Cernia con pesto di pomodori secchi, olive, capperi e brodo di cipollotto rosso, sconfina apparentemente nell’orientale con la presenza del daikon, ma nell’attimo riaffiora la conturbante mediterraneità di sapori, che fondendosi tra loro riposizionano il gusto, nel tipico calore meridionale.

Con l’Emilia Burger poco da dire, molto da godere. Modena one bite: impasto del cotechino, salsa verde (spettacolare!) e maionese rigorosamente all’Aceto Balsamico Tradizionale, il tutto racchiuso da un soffice panino da hamburger. Il difetto: purtroppo Troppo buono! Ci sono poi i Tortellini in crema di Parmigiano Reggiano, con unica nota stonata data dall’eccessiva stagionatura scelta del formaggio usato nella fonduta: troppo forte in relazione al ripieno già molto saporito del tortellino.

Il dolce non eguaglia il salato, eppure il tutto è in perfetta armonia. La Zuppa inglese, simbolo in Emilia di golosità zuccherina, in questa veste è ariosa nella parte solitamente più pesante della crema grazie all’impiego del sifone, trovando ulteriore spazio nell’infuso speziato in completamento del piatto.

In una narrazione gustativa la ring composition nel viaggio della Franceschetta è curiosa, dinamica, divertente, fa arricchire e, come tutte le cose alle cui si è affezionati, ritorna alla mente grazie ai suoi sapori. Durante il pasto, quasi proverbiale, la sguardo ogni tanto va alla vetrata del ristorante dove capeggia quella scritta in rosso fiammante, nel tipico layout newyorkese, “I ♥ Modena”, e allora capiamo davvero quanto di nascosto possa essere svelato in quella tradizione che ha così tanto da raccontare con maestri e chef come questi.

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La maturità

Ecco Osteria Francescana oggi. Ecco Massimo Bottura. Ecco Giuseppe Palmieri. Andrea e Luca Garelli. Davide Di Fabio, Denis Bretta, Kondo Takahiko.
Ecco il refettorio, le mani aperte verso il prossimo, mani pronte a  dare ma anche a ricevere: un luogo dove uscire diversi da come si è entrati. Food for soul, il pensiero dietro al gesto, l’epidemia di entusiasmo. Il pensiero (nato in tempi non sospetti) di spezzare l’abbinamento piatto-vino, magari servendo un cocktail.
E la convinzione che tutto questo non sarebbe stato possibile senza l’Osteria Francescana. Senza quelle good vibrations che si avvertono nell’aria, che si vedono negli occhi vivi di chi ha deciso di passare buona parte della propria giornata in questo luogo. Questo è il laboratorio, la bottega rinascimentale.
Dove si è raggiunto un tale grado di consapevolezza da non avere più paura di niente, perché non si può essere più incasellati in qualcosa di specifico. E quando non si può più essere incasellati, allora si è liberi e capaci di tutto.

“Tutto”, come il nome dell’ultimo incredibile menù in casa Francescana.

La maturità è una fase ideale in cui interfacciarsi con il mondo. La maturità non è la completezza, la chiusura precisa di un percorso. Anzi, trova la sua forza proprio nella consapevolezza della propria incompletezza, della propria necessità di tendere a qualcosa di più grande. L’interiorizzazione di una verità: di non essere il centro di sé stessi, ma di esistere in quanto in comunione con gli altri, nel gesto quotidiano del dare e ricevere. La maturità è la libertà. La libertà di non gonfiarsi o sgonfiarsi a seconda di quello che dicono gli altri, la libertà di fare qualcosa in modo diverso, anche se si è sempre fatto così, la libertà di saper tornare indietro senza sentirsi in colpa, di girare a sinistra anche se tutti dicono di girare a destra. La libertà della lista di attesa, del servizio “a modo mio”, del sottovuoto e della piastra rovente. La libertà data dalla convinzione e dall’equilibrio.

Il nuovo menù: ancora un passo in più

L’ennesimo, assurdo e impensabile rialzo dell’asticella. Il servizio al tavolo di un liquido nel comporre ogni piatto di portata richiama la Francia nella forma, ma nella sostanza se ne discosta anni luce. Acidità, umami, profumi inebrianti e un viaggio senza meta tra Oriente e Occidente, tra passato, presente e futuro.

La classicità di un dessert al cioccolato tecnicamente perfetto e la transavanguardia di una sogliola mediterranea che spezza e riallaccia ponti.
Il viaggio nella cucina rinascimentale estense con la Tarte tatin di frattaglie di germano, piccione e pernice e poi il Riso tra un’anatra all’arancia e un’anatra alla pechinese, con la grattugiata di arancia bruciata, che è gesto, sostanza, forma e pensiero.
Il migliore menù in Francescana di sempre?
Sì, ancora una volta.

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